Il
Museo civico archeologico
Ubaldo Formentini è custodito nel castello San
Giorgio a La Spezia.
Il castello genovese risale
ai secoli XIV-XVII e si trova sul colle che sovrasta il
centro storico cittadino, dove è sorto il primo nucleo della città.
Il Museo civico archeologico della
Spezia è stato fondato nel 1873 grazie ad un primo
nucleo di raccolte naturalistiche donate alla città da Cesare
Podenzana (1840-1884).
Con l'aiuto del geologo spezzino Giovanni
Capellini, il museo accolse reperti archeologici venuti in luce
durante gli scavi dei bacini e delle darsene dell'Arsenale
Militare e i documenti riguardanti la storia della città.
Il
continuo accrescimento per l'afflusso di materiali archeologici,
naturalistici ed etnologici ha comportato la necessità di ospitare
le raccolte in ambienti più ampi. Vari sono stati così gli
spostamenti della sede del Museo: dal piano terra del Teatro
civico, alle case municipali di Corso Cavour, alla sede del Liceo
cittadino, al Convento di Santa Chiara, al Palazzo Crozza fino
all'attuale sede nel Castello di San Giorgio.
Quest'ultima collocazione è stata
decisa dal Comune e dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici
della Liguria sulle basi del progetto F/O 1984 che sviluppa e
concretizza un'idea già degli anni trenta del Novecento,
dapprima per iniziativa del direttore Ubaldo Formentini, poi per
quella dell'amministrazione comunale che, negli anni tra il 1938 e il
1939, aveva fatto ristrutturare il Convento di Santa Chiara per
esporvi le raccolte museali. Il progetto non fu completato perché il
convento andò distrutto durante i bombardamenti del 1943.
Il recupero del rapporto tra il
Castello di San Giorgio e la città moderna trova attuazione
nell'ambito del più generale recupero del ruolo del centro storico
cittadino con il suo particolare percorso culturale che si snoda
lungo via del Prione per concludersi sulla collina del Poggio, nel
Castello - Museo dei più antichi reperti del territorio.
A partire dal 2005 la struttura ospita
un evento divulgativo interattivo, denominato Paleofestival, che
permette ai bambini di sperimentare le attività quotidiane
dell'antichità.
Il museo conserva numerosi reperti
provenienti dal territorio locale, che offrono testimonianze
dalla Preistoria al Medioevo. Le prime produzioni
di statue stele risalgono al IV millennio a.C.
La visita è programmata secondo due
percorsi complementari, conseguenti o alternativi: al piano inferiore
sono ospitate testimonianze della vita del territorio
dal pleistocene alla romanizzazione e sulla formazione
della stessa raccolta museale, al piano superiore sono conservati i
reperti romani provenienti dall'area di Luni (val
di Magra) e già facenti parte della collezione Fabbricotti.
Percorso
museale
La visita al piano inferiore si apre
con la presentazione della collezione archeologica acquisita dal
Museo civico e raccolta dal geologo spezzino Giovanni
Capellini che, alla seconda metà del XIX secolo, studiò
materiali preistorici, protostorici e classici gettando le basi
scientifiche della moderna archeologia grazie alla fitta rete di
relazioni tra intellettuali di tutta Europa.
Sala
IINella sala II ha inizio la
sezione dedicata al territorio della Lunigiana: vi si trovano reperti
di età neolitica come le accette levigate da San
Bernardino, Palmaria e capo Corvo. Sono inoltre
esposti i reperti eneolitici della Grotta dei Colombi dell'isola
Palmaria, scavata negli anni 1869-70, e dalla Tana della Volpe
di Equi Terme. Le cavità vennero utilizzate, nell'età del
Rame, come sede del particolare rito funebre consistente
nella deposizione dei cadaveri all'interno di grotticelle. I resti
umani e la tipologia dei loro corredi (soprattutto monili formati
da conchiglie e dell'industria su pietra ed osso) sono del
tutto affini a quelli ritrovati in altre inumazioni neolitiche
delle Alpi Apuane e del resto dell'Italia Settentrionale.
L'elemento di maggior importanza è
però costituito dalla raccolta di statue stele presentata
nelle due pedane perimetrali; le statue, pur denotando una
caratteristica e specifica connotazione locale, si inseriscono nella
corrente artistico-religiosa della statuaria antropomorfa europea
presentando caratteri analoghi ad altri gruppi archeologici come
quelli delle stele del Trentino-Alto Adige, Valle
d'Aosta, Sardegna, Corsica, Svizzera e Francia.
Le stele sono state ritrovate a più riprese, a partire dal XIX
secolo, nel bacino fluviale del Magra e dei
suoi affluenti e documentano la nascita ed il fiorire della
produzione nell'età del Rame (IV-III millennio a.C.) e nell'età del
Ferro. Di questi originali, diciannove sono conservati al Museo ed
esposti insieme ad alcuni confronti significativi realizzati in
calco.
Sala
IIINella sala III sono ospitate
le Steli dell'età del ferro.
Nelle vetrine sono inoltre esposti i
ritrovamenti dell'età del Bronzo e del Ferro, provenienti
anche da necropoli e da particolari abitati conosciuti
come castellari.
Le tombe ad incenerazione di Pegazzano,
Ponzolo, Valdonica, Resceto e Limone Melara, sono presentate in
espositori che mostrano nella parte inferiore la ricostruzione della
struttura funeraria litica, la cosiddetta "cassetta", e
nella superiore i resti ed il corredo funebre dei cremati.
Sala
IIl primo percorso si conclude con
l'esposizione, nella parte posteriore della sala I, della
sezione paleontologica e coi materiali provenienti dalle ville e
dagli scali di Bocca di Magra (per concessione della
Soprintendenza per i beni archeologici della Liguria) e San Vito
di Marola alla Spezia.
Sala
VIl piano superiore è dedicato al
periodo romano e medievale del territorio.
Il percorso si apre con
la sala V e l'esposizione degli elementi
architettonici repubblicani ed imperiali provenienti
dall'antica Luna, colonia dedotta nel 177 a.C. a
conclusione delle guerre romano-liguri.
Le cave di
marmo delle Alpi Apuane, vennero presto sfruttate dai coloni e
Luna divenne uno dei maggiori centri di esportazione di pregiata
pietra da costruzione sino al generale riflusso del IV secolo
d.C..
Dopo un periodo di ripresa, nell'anno 643,
il longobardo Rotari distrusse Luna e la
ridusse a semplice villaggio di superstiti.
I materiali di
provenienza lunense provengono dalla collezione privata di Carlo
Fabbricotti e del figlio Carlo Andrea, industriali del marmo, che sul
finire del XX secolo indissero campagne di scavo per il
recupero delle testimonianze romane arricchendo poi la propria
collezione mediante l'acquisto di collezioni archeologiche private
come quella della nobile famiglia sarzanese dei Gropallo.
Sala
VIL'accesso alla sala VI introduce
il pubblico nello spazio dedicato al culto ed al rituale funerario.
La sezione riguardante il culto mostra arte, statue, frammenti di ex
voto dedicati a Luna, Silvano, Ercole e Venere collocando
in questo ambito diverse divinità di origini autoctone, romane ed
orientali.
Sala
VIIL'ambiente successivo, la sala
VII, oltre ad esporre altri elementi architettonici quali lacunari,
antefisse e frammenti di lastre decorative da parete, contiene
materiali inerenti alla vita sociale: vengono esposti oggetti che
rimandano all'ambiente delle terme, del teatro o,
comunque, a momenti di aggregazione come feste e rappresentazioni.
Sala
VIIILa sala VIII, con le statue, i
ritratti e le sculture, si allaccia alla tematica della sala
precedente per la percezione si sé da parte della società romana,
della propria raffigurazione e della proiezione all'esterno di
un'immagine accuratamente studiata per suggerire forza, equilibrio e
nobiltà, ma anche un sobrio gusto per il lusso.
I raffinati busti
di Tiberio e di un principe giulio-claudio erano concepiti,
qui come nel resto dell'impero, per essere esposti nei luoghi
pubblici con finalità di propaganda politica.
Sala
IXLa sala IX è dedicata alle
dimore e alla vita dei ceti signorili. Si trovano frammenti di
particolari strutture, gli esempi di decorazione parietale,
l'oggettistica di pregio e costosi ornamenti personali.
Sala
XProseguendo lungo il corridoio
della sala X si trovano a destra alcune lapidi
evergetiche.
Notevoli sono i resti di un grande e ricco pavimento
musivo con raffigurazioni di una pantera fra delle palme, maschere
teatrali, e geni alati.
A sinistra sono invece esposte
interessanti basi dedicatorie già collocate nel triportico
del Capitolium e più tardi riutilizzate nella costruzione
della Cattedrale da dove vennero recuperate durante gli scavi
condotti dal Groppallo nel 1891.
In alcune di queste basi è evidente la
pratica della damnatio memoriae che, a seguito di
rivolgimenti politici, consisteva nel scalpellare il nome del
personaggio di cui si voleva cancellare il ricordo.
Sala
XILa piccola sala XI, nella
troniera, è invece dedicata alla vita comune, all'instrumentum
domesticum (esempi di vasellame da cucina e da mensa
in terracotta, vetro, bronzo e pietra
ollare) e al mondo della produttività con numerosi reperti inerenti
alle lavorazioni del vetro e del marmo, alla pesca e alla
carpenteria.
Le varie ceramiche provengono da Luni e coprono un
arco cronologico che va dal II sec. a.C. all'Alto Medioevo,
soprattutto nel periodo compreso tra la metà del I sec. a C. e il
III d.C.
Il
corridoio finaleIl corridoio di uscita vede esposte le
testimonianze ultime della vita di Luni con frammenti marmorei
provenienti dalla Cattedrale e reperti databili all'alto
Medioevo.
Particolare rilevanza viene data agli elementi suntuari
del VI-VII secolo tra i quali spicca la serie di trentuno
lamine auree che dovevano essere cucite come ornamento di un capo di
vestiario o di un accessorio.