L'
olpe Chigi è una ceramica
greca policroma (h 26 cm) realizzata a Corinto da
un anonimo artista intorno al 640 a.C. (tardo protocorinzio) e
trovata in Etruria, presso Veio. Già nella
collezione Chigi, è custodita presso il Museo nazionale
etrusco di Villa Giulia a Roma. Capolavoro della pittura
policroma del VII secolo a.C. avanzato, l'olpe è un
esempio della qualità cui giunse la ceramica del nord-est
del Peloponneso convenzionalmente designata come
protocorinzia. Quando questa olpe venne prodotta l'artigianato
corinzio era in un momento di grande splendore, del quale l'olpe
Chigi rappresenta un prodotto singolare e senza seguito: dopo
questo vaso la tecnica a figure nere rimase la principale
tecnica corinzia e il fregio continuo con animali il tema corinzio
per eccellenza.
Corinto era guidata in questi anni
dalla dinastia dei Cipselidi (Cipselo dal 657 al 627 a.C., il
figlio Periandro dal 627 al 585 a.C.), tiranni che
sostennero le arti e la prosperità artistica della città, attirando
i migliori artigiani dalle altre poleis greche.
I personaggi della scena che rappresenta il giudizio di
Paride sono identificati tramite iscrizioni in un alfabeto non
corinzio. Le iscrizioni didascaliche sono un elemento nuovo nella
ceramica protocorinzia, una pratica forse in uso nella grande
pittura, insieme a policromia e spazialità. L'olpe Chigi fu
creata in un periodo caratterizzato da nuove scoperte e
sperimentazioni e rappresenta uno degli esperimenti meglio
riusciti.
Ad alcuni studiosi è parso riconoscere la mano dell'anonimo
artista in altri vasi di dimensioni minori appartenenti allo stesso
ambito culturale. L'autore (chiamato convenzionalmente "Pittore
dell'Olpe Chigi"), è noto anche con il nome di "Pittore di
Ecfanto" (Ecfanto era il nome del pittore che secondo Plinio
il Vecchio fu il creatore della pittura policroma, inventata, a
suo dire, a Corinto o a Sicione ed è stato identificato
anche con il "Pittore di MacMillan", autore di
un ariballo a testa leonina della collezione MacMillan
del British Museum di Londra.
L'olpe Chigi proviene da una tomba di Formello, vicino
a Veio, dove fu ritrovata nel 1882. La tomba era formata
da tre camere: la prima saccheggiata da scavi clandestini che ne
avevano disperso il materiale, la seconda vuota e la terza, bloccata
dal crollo della volta, mai aperta. Quest'ultima conteneva, oltre
all'olpe, un'anfora di bucchero (anche questa conservata a
Villa Giulia) importante per l'alfabeto etrusco inciso sui suoi
fianchi. Altro materiale simile, con la stessa associazione di vasi
protocorinzi, anfore di bucchero a spirali e grandi anfore etrusche
orientalizzanti, decorate con animali fantastici, si trova in altre
due tombe, scavate a Veio e appartenenti alla stessa epoca.
Il vaso sembra mostrare le attività
nelle quali i giovani dell'aristocrazia corinzia potevano trovarsi ad
essere impegnati e in questo modo indicare quali fossero le virtù
che essi dovevano sviluppare.
Il fregio superiore (h 5 cm) rappresenta un
combattimento oplitico, all'epoca dell'introduzione della nuova
tecnica di combattimento e dell'istituzione della falange,
schieramento serrato di opliti in battaglia, che era la forza
delle poleis greche e la garanzia dell'integrità dello
stato. Nella scena, guerrieri armati con scudi blasonati e lance
procedono contro i nemici: la scena ha la stessa vivacità delle
scene sottostanti; sulla sinistra, mentre un gruppo di soldati si sta
ancora armando, un altro gruppo corre ad unirsi alla schiera già
formata, con una asimmetria sottolineata dalla posizione del
suonatore di doppio flauto (aulos), leggermente spostato
rispetto al centro.

Il fregio
centrale riporta scene all'interno di una fascia divisa a metà da
una figura di doppia sfinge (o Ker) con unico volto di prospetto:
entrambe le entità possiedono accezioni simili legate alla morte e
alla liminalità, che ben si addicono alla scena di caccia in cui uno
degli uomini viene azzannato dal leone; non è un caso che si
realizzi un collegamento verticale con la gorgone – anch'essa
legata alla morte – rappresentata nel fregio superiore. A sinistra
vi è un corteo con un carro, cavalli e scudieri (hippostrophoi:
identificazione proposta da Hurwit, Torelli, D'Acunto) che si
sovrappongono.

A destra vi è una sanguinosa caccia al leone in cui
sarebbero impegnati, secondo l'interpretazione di D'Acunto, gli
uomini (quattro cavalieri ed un possessore del carro, quest'ultimo
distinguibile per la cintura portata sul corpo nudo) assenti nella
scena a sinistra. Al di sotto dell'ansa si incontra l'unico elemento
mitico in un complesso di scene di vita reale: il pittore ha indicato
i personaggi con i nomi di Alessandro (Paride), Atena, Afrodite, Era
ed Ermes. Grazie alle didascalie a grandi lettere è possibile
identificare la scena come la prima raffigurazione del giudizio
di Paride.
Nel fregio inferiore, il tipico fregio orientalizzante, con gli
animali che si susseguono staticamente, è stato trasformato in una
movimentata scena di caccia alla lepre, in mezzo a cespugli che
appaiono come agitati dal vento. Oltre alla lepre si scorge una
volpe; un cacciatore inginocchiato dietro un cespuglio porta sulle
spalle due lepri già catturate e trattiene un cane pronto a
slanciarsi.

L'apparato decorativo prevede alcune aree a fondo nero, cui si
aggiungono fasce figurate a tecnica policroma sul fondo costituito
dall'ingobbio. La composizione è ottenuta con i quattro colori
fondamentali (nero, rosso-bruno, bianco e giallo-bruno chiaro,
quest'ultimo utilizzato per le carni maschili). Ai colori si
aggiungono i particolari, resi mediante l'incisione, come è tipico
per la ceramica a figure nere. L'insieme è di grande ricchezza
e varietà tonale e vi appare evidente, nei due fregi maggiori,
l'interesse precoce per la rappresentazione dello spazio e del
movimento. La profondità è suggerita dalla tecnica della
sovrapposizione, che indica la presenza di piani differenti: ciò
appare particolarmente evidente nella zona che si apre intorno al
flautista, determinata sia dalla sovrapposizione delle figure che lo
circondano, sia dallo scarto cromatico tra la sua tunica scura e i
colori circostanti.
L'olpe ripropone i principi decorativi che si trovano in tanti vasi
di piccole dimensioni del protocorinzio medio-tardo: una fascia
decorata con palmette e fiori di loto finemente incisi circonda la
bocca del vaso chiudendo in alto il fregio figurato superiore, altre
fasce decorative si trovano nelle zone intermedie, mentre una zona
verniciata in nero e una decorazione a raggi chiudono il campo
figurato presso il piede del vaso. La caccia alla lepre è tema
frequente nella ceramica protocorinzia, mentre la caccia al leone è
motivo assiro.
I guerrieri
dell'olpe Chigi possiedono l'armonia di certa produzione
in stile dedalico, ma sono scomparsi i capelli a ripiani e li
si vedono invece scendere divisi in trecce sulle spalle; sono una
versione evoluta dei guerrieri che decorano l'aryballos MacMillan,
meno sottili e incorporei rispetto a questi ultimi. Cavalli e giovani
cavalieri ricordano da vicino lo stile delle figure di Pegaso e
Bellerofonte sulla più antica coppa del Pittore di
Bellerofonte i cui frammenti sono conservati presso il Museo
archeologico di Egina (inv. 1376, h 14,7 cm).
La posizione marginale della scena con il giudizio di Paride è
l'emblema dell'indifferenza dell'arte corinzia orientalizzante nei
riguardi del mito e della narrazione in genere.