sabato 30 novembre 2024

Un nuovo sito di rilevanza archeoastronomica a Bultei? L’ipotesi lanciata al XIII convegno “La misura del tempo” a Sassari. L’appuntamento organizzato da Circolo Aristeo e Società astronomica turritana



Un sito archeologico a Bultei, nel Goceano, potrebbe rivelare inediti legami tra monumenti preistorici e allineamento solare. Lo ha rivelato la XIII edizione del convegno di archeoastronomia “La misura del tempo”, ospitato venerdì 29 novembre nella sala conferenze della Fondazione di Sardegna a Sassari. Il sito di Pes’a culu, a circa mille metri di altitudine nell’agro di Bultei, nei pressi del confine con Pattada in provincia di Sassari, ospita infatti alcune strutture monumentali che hanno acceso l’interesse degli studiosi, come hanno spiegato l’archeologa Giuseppina Marras, Michele Forteleoni della Società Astronomica Turritana e Simonetta Castia del Circolo Aristeo. Oltre ad alcuni menhir, due massi affiancati (nella foto in alto) posti su un’area rialzata del sito presentano due cavità che, secondo i primi rilievi, potrebbero avere un legame con gli orientamenti solstiziali. Le strutture potrebbero essere state utilizzate come “calendario” degli antichi, all’interno di un’area semicircolare di recente individuazione, ma soltanto una verifica sul campo nell’esatto momento dell’anno potrà avvalorare questa tesi.
Il convegno, organizzato dal Circolo culturale Aristeo e dalla Società astronomica turritana con il sostegno e patrocinio della Regione Sardegna e con il patrocinio della Fondazione di Sardegna e del Comune di Sassari, è stato aperto dal sindaco di Sassari, Giuseppe Mascia, che ha lodato il lavoro degli organizzatori, invitandoli a collaborare con il Comune per la realizzazione di iniziative diffuse di divulgazione che coinvolgano la cittadinanza. 
Nel corso della giornata si è discusso di rilevanti aree archeologiche sarde. Simonetta Castia e Michele Forteleoni hanno preso in esame i siti di Monte Nuxi (foto a sinistra), Sa domu de Orgia e il recinto sacro di Santa Vittoria, nei pressi di Esterzili, aree sacre che sembrano avere tratti comuni e portare a nuovi spunti di rilievo archeoastronomico. 
La sessione pomeridiana dell’incontro, il più partecipato degli ultimi anni, è stata incentrata in particolare sulla Sardegna, con l’esame delle coppelle riportate sui menhir a Pranu Muttedu (foto a destra), nella zona di Goni, la cui funzione resta ancora ignota e che come ha spiegato Alberto Cora dell’INAF di Torino alcuni leggono come la riproduzione della costellazione di Orione. Flavio Carnevale dell’Università La Sapienza di Roma si è invece concentrato nell’esame del sito di Paule s’Ittiri a Torralba, un complesso che comprende un insediamento e un’area di culto, in insieme a Marzia Monaco sono state analizzate le quattro strutture presenti sotto il profilo archeometrico che ha portato all’individuazione di una unità di misura comune legata al cubito.
Di archeoastronomia nell’arte ha parlato Paolo Colona dell’Accademia delle Stelle, in particolare della Luna, rappresentata in forma realistica in un’eclissi soltanto nella “Piccola crocifissione” (foto a sinistra) di Matthias Grünewald, quadro conservato alla National Gallery di Washington. Grazie al raffronto tra le eclissi registrate nel periodo di realizzazione dell’opera e la sua analisi, è possibile con una certa sicurezza affermare che l’eclissi raffigurata sia quella del 30 gennaio 1515. Anche l’antropologo Domenico Ienna ha concentrato il suo intervento sulla Luna, connettendo astronautica e antropologia e considerando i quattro caratteri di quest’ultima in funzione dei viaggi spaziali e in particolare dello sbarco sul satellite terrestre del 1969.
Anche l’architettura conta esempi archeoastronomici, come ad esempio il mausoleo di Adriano, l’odierno Castel Sant’Angelo a Roma. L’archeologa Marina de Franceschini, autrice di uno studio con Giuseppe Veneziano, ha spiegato come la sala sepolcrale, oggi ingiustamente poco valorizzata e utilizzata come ambiente di passaggio, venga illuminata attraverso due finestre a bocca di lupo dal Sole, i cui raggi nel giorno del solstizio d’estate vanno a colpire delle nicchie dove anticamente erano presenti il monumento dell’imperatore e il suo sarcofago, oggi andato distrutto. 
Degli allineamenti possibili a cavallo delle Alpi ha parlato Elio Antonello, dell’Osservatorio astronomico di Brera - INAF, con un intervento sui siti alpini di Sion /foto a destra) e Aosta. Le due località distano 50 km l’una dall’altra e sono separate dalla catena montuosa, ma presentano estese arature simili che avevano probabilmente una funzione cerimoniale. Antonello ha spiegato come la disposizione delle vallate sia in direzione del solstizio d’estate, con buche allineate, stele e tombe orientate nella stessa direzione. Marcello Ranieri dell’Università La Sapienza di Roma ha ripreso i temi già trattati nelle passate edizioni del convegno, in particolare il busto di Nefertiti recuperato nel 1912 ad Amarna, dove un tempo sorgeva la città di Akhetaton in Egitto e oggi conservato al Museo Egizio di Berlino, provando che è stato realizzato secondo precisi schemi pitagorici, come molti altri reperti del periodo, smentendo quindi le teorie secondo cui sarebbe un falso. 
Andrea Polcaro, dell’Università di Perugia, ha invece parlato degli scavi che conduce nel sito di Gobekli Tepe (foto a sinistra) in Turchia, non lontano dal confine con la Siria, analizzandone gli allineamenti solstiziali che sembrano essere stati realizzati soltanto quando gli uomini da cacciatori diventarono agricoltori, e utilizzati quindi anch’essi come riferimenti temporali. 


mercoledì 27 novembre 2024

“La misura del tempo” alla Fondazione di Sardegna - Sabato 29 la XIII edizione del convegno di archeoastronomia


La possibile scoperta di inediti monumenti preistorici nel Goceano in relazione agli orientamenti astronomici sarà al centro del programma della XIII edizione del convegno di archeoastronomia “La misura del tempo”, in programma venerdì 29 novembre dalle 9 nella sala conferenze della Fondazione di Sardegna di Sassari. L’appuntamento, ormai un punto di riferimento nazionale per questa disciplina, è promosso e organizzato dal Circolo culturale Aristeo e dalla Società astronomica turritana con il sostegno e patrocinio della Regione Sardegna e con il patrocinio della Fondazione di Sardegna e del Comune di Sassari, d’intesa con le più accreditate istituzioni nell’ambito dell’archeoastronomia e della astronomia culturale.
I lavori sono articolati come da tradizione in due sessioni. Al mattino saranno esplorati temi di carattere nazionale e internazionale. Aprirà Elio Antonello, dell’Osservatorio astronomico di Brera - INAF, con un intervento sui siti alpini di Sion (nella foto a sinistra, i menhir) e Aosta. L’antropologo Domenico Ienna parlerà poi dell’esplorazione del cosmo: contesti scientifici, tecnologie e fattori antropologici. Marcello Ranieri e Flavio Carnevale dell’Università La Sapienza di Roma illustreranno quindi gli schemi armonici pitagorici nel busto di Nefertiti, mentre Andrea Polcaro dell’Università di Perugia interverrà sul tema del tempo, con i calendari di pietra del Mediterraneo orientale fra il Neolitico e l’Età del Bronzo.
Chiuderanno gli interventi del mattino l’archeologa Marina de Franceschini e l’archeoastronomo Giuseppe Veneziano sull’archeoastronomia nel Mausoleo di Adriano, l’odierno Castel Sant’Angelo a Roma.
Il pomeriggio, dalle 15.30, sarà aperto da Paolo Colona dell’Accademia delle stelle sull’individuazione di un’eclissi di Luna in un dipinto rinascimentale. A seguire, la Sardegna diventa protagonista: Alberto Cora dell’INAF di Torino parlerà della costellazione di Orione (nell'immagine a destra) a Pranu Muttedu (Goni), mentre Flavio Carnevale e Marzia Monaco della Sapienza sposteranno l’attenzione sull’analisi archeometrica preliminare del complesso nuragico di Paule S’Ittiri a Torralba. 
Simonetta Castia del Circolo culturale Aristeo e Michele Forteleoni della Società astronomica turritana si soffermeranno sull’analisi archeoastronomica preliminare del santuario di Domu de Orgia (nella foto a sinistra) e della fonte sacra di Monte Nuxi, a Esterzili, e insieme all’archeologa Giuseppina Marras, chiuderanno i lavori illustrando nuove prospettive sul sito megalitico, di recentissima individuazione, di Pes’a culu a Bultei.
Il dibattito di entrambe le sessioni sarà moderato dal giornalista Pier Giorgio Pinna. L’ingresso è libero e aperto a tutti, dagli studiosi ai semplici appassionati.

sabato 9 novembre 2024

Romana marmora. Storie di imperatori, dei e cavatori / Carrara, CARMI museo Carrara e Michelangelo / fino al 12 gennaio 2025

 

S'intitola Romana marmora. Storie di imperatori, dei e cavatori la grande mostra dedicata alla cava romana di marmo bardiglio di Fossacava e al suo ruolo all'interno del più ampio e noto fenomeno dell'estrazione del marmo lunense, in programma dal 25 maggio 2024 al 12 gennaio 2025 al CARMI museo Carrara e Michelangelo.
Promossa dal Comune di Carrara e dalla Soprintendenza ABAP per le Province di Lucca e Massa Carrara, con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara, l'esposizione è curata da Giulia Picchi, funzionario archeologo Soprintendenza ABAP per le Province di Lucca e Massa Carrara, e da Stefano Genovesi, direttore del Museo del marmo di Carrara e dell'Area archeologica di Fossacava.
«Raccontare i marmi romani e il bardiglio di Fossacava - dichiara Gea Dazzi, assessore alla Cultura - significa raccontare le origini del nostro territorio, legato all'escavazione del marmo e alla sua diffusione nel mondo, ma soprattutto legato alla grande perizia di uomini che qui si sono formati e hanno imparato mestieri unici come quello del cavare il marmo e quello di lavorarlo con una sapienza magistrale da diffondere e preservare. Input della mostra è quello di creare consapevolezza e conoscenza della nostra identità nei visitatori che ci auguriamo numerosi. Spero pertanto che le generazioni più giovani e gli studenti, anche grazie al taglio divulgativo pensato dai curatori, possano trarre informazioni importanti su un territorio unico al mondo».
«È un progetto culturale di alto livello e ampio respiro con importanti risvolti didattici, che abbiamo apprezzato sin dal momento in cui è stato proposto alla Fondazione Cassa di Risparmio di Carrara», spiega il presidente Enrico Isoppi. «Ne abbiamo quindi seguito gli sviluppi, sostenendolo con convinzione, perché siamo certi saprà dare lustro al nostro territorio e promuoverlo oltre i suoi confini, facendo conoscere la ricca e millenaria storia della città di Carrara e di tutta la provincia, che ha la sua antica culla legata proprio alla lavorazione del marmo, della pietra che ha reso famoso questo territorio nel mondo».
«I vecchi ritrovamenti e i dati dello scavo recente hanno reso Fossacava una delle cave di età romana oggi meglio conosciute», spiegano i curatori Giulia Picchi e Stefano Genovesi. «L'apertura al pubblico, avvenuta nel 2021, ha fatto registrare una presenza annuale di 10.000 visitatori, che ha confermato lo straordinario interesse per questo sito. Con la mostra Romana marmora si è voluto consolidare e ulteriormente rilanciare questo trend positivo creando, attorno alla cava, un evento che raccontasse ad un pubblico più ampio possibile la storia del sito e dei personaggi che vi ruotavano attorno. Gli imperatori di Roma, i loro schiavi e i loro liberti, gli appaltatori, i commercianti, e, ovviamente, i cavatori sono gli attori di un copione di grande fascino, nel quale la fatica e il sacrificio di molti uomini sono indissolubilmente legati alla propaganda politica e al lusso che il marmo era in grado di esprimere».
Il sito di Fossacava è tra le pochissime cave di età romana ad essere stato oggetto di uno scavo archeologico stratigrafico; le indagini, condotte nel 2015 dal Comune di Carrara e dalla Soprintendenza Archeologica della Toscana all'interno del bacino estrattivo, hanno permesso di ricostruire la storia della cava in tutti i suoi aspetti, in particolare in merito alla tipologia dei prodotti semilavorati che qui venivano estratti, del personale che vi lavorava e delle modalità con le quali la cava era gestita dall'amministrazione imperiale romana.
Nel 2021 il sito di Fossacava è stato aperto al pubblico con un percorso ampliato e rinnovato, incentrato su una graphic novel che illustra ai visitatori di ogni età la storia della cava in modo avvincente ed efficace. L'esposizione Romana marmora. Storie di imperatori, dei e cavatori intende, quindi, presentare ad un pubblico ancora più vasto la vicenda storica del sito, conferendogli un rilievo di respiro regionale e nazionale.
Partendo dalla storia della colonia di Luni, nel cui territorio si trovavano le cave di Carrara, si approfondiranno i temi delle antiche tecniche estrattive, dei prodotti semilavorati e della gestione delle cave, si mostreranno i diversi utilizzi del marmo bardiglio e la loro diffusione nell'ambito dell'Impero Romano, oltre a gettare uno sguardo sulla religiosità di quanti frequentavano i bacini estrattivi.
Il percorso espositivo si articolerà in quattro sezioni: Luni e le sue cave di marmo (sala 1), Fossacava. Storia di una cava, dall'età romana allo scavo archeologico (Sala 2), Gli dèi dei cavatori. La religione a Fossacava (Sala 3), La fortuna del bardiglio nell'Impero (Sala 4).
La Sala 1 è dedicata alla storia della colonia romana di Luni e a quella dell'estrazione del marmo lunense, tra la seconda metà del I secolo a.C. e il III-IV secolo d.C. Sarà inoltre posto in rilievo il ruolo determinante dell'imperatore, primo tra tutti Augusto, nello sviluppo dello sfruttamento delle cave di marmo di Carrara. Opera centrale della sala sarà la statua loricata di imperatore rinvenuta negli scavi Fabbricotti a Luni del 1889, in prestito dall'Accademia di Belle Arti di Carrara.
La Sala 2 è incentrata sul sito di Fossacava, del quale sarà raccontata la storia, dall'escavazione del marmo bardiglio in età romana fino allo scavo archeologico qui condotto nel 2015. Saranno messe a fuoco in particolare le tecniche di scavo, con l'esposizione di strumenti antichi, e le problematiche relative alla gestione delle cave da parte dello stato romano.
La Sala 3 è dedicata alla religiosità dei cavatori e degli altri personaggi che popolavano le cave di marmo di Carrara in età romana: grande risalto sarà dato alla statua della dea Luna rinvenuta a Fossacava, verosimilmente una replica della statua di culto del cosiddetto "Grande Tempio" di Luni. Nella sala saranno esposti inoltre l'altare dedicato alla Mens Bona, in prestito dall'Accademia di Belle Arti di Carrara, e un rilievo raffigurante il dio Silvano, il cui culto è molto attestato negli ambienti delle cave, proveniente da una domus di Luni e in prestito dal Museo archeologico nazionale di Luni.
La Sala 4 narra infine al visitatore la diffusione del marmo bardiglio a Roma, nelle città dell'Italia e delle province e in quali tipi di edifici e strutture esso sia stato utilizzato: sarà approfondito, in particolare, il suo impiego per i colonnati dei palcoscenici dei teatri e per la realizzazione di fontane (labra). L'allestimento di alcuni semilavorati e di altri reperti in marmo bardiglio illustrerà i diversi usi di questa varietà di marmo. Uno spazio sarà inoltre dedicato ad un progetto di archeologia sperimentale condotto con l'Accademia di Belle Arti di Carrara, nell'ambito del quale saranno scolpite, dagli studenti e dal personale docente, delle repliche in marmo di un semilavorato in marmo bardiglio e di un labrum finito.
L'evento espositivo sarà accompagnato da un apparato didattico dispiegato lungo il percorso di visita (pannelli, didascalie, grandi disegni di ricostruzione, video tematici). All'interno di quest'ultimo, sarà inoltre inserito uno storytelling dedicato ai bambini, nel quale uno dei personaggi attestati dalle epigrafi apposte sui blocchi semilavorati di Fossacava racconterà la propria storia, coinvolgendo i piccoli visitatori in una caccia al tesoro. La mostra potrà essere inoltre fruita per mezzo di laboratori e visite guidate rivolte alle scuole e per mezzo di iniziative, quali visite guidate in orario di apertura e in notturna e conferenze a tema, rivolte al pubblico degli adulti.
Nell'estate 2024 Carrara mette in mostra il suo passato e il suo presente attraverso due eventi di grande rilievo: da un lato Romana marmora, e quindi la tradizione della lavorazione artistica del marmo, che connota la città da 2.000 anni, dall'altro White Carrara, ovvero il presente del marmo, con opere iconiche realizzate da designer contemporanei.

martedì 7 maggio 2024

Al Castello di Baia “La pittura della voce. L’alfabeto prima e dopo Cuma”. Mostra promossa dal Parco archeologico dei Campi Flegrei

 


Dal 6 maggio 2024 al 30 giugno 2024, il Museo archeologico dei Campi Flegrei nel Castello di Baia sarà il palcoscenico di un’affascinante esplorazione nel mondo dell’alfabeto e del suo impatto sui processi culturali nel mondo antico. La mostra “La pittura della voce. L’alfabeto prima e dopo Cuma” invita il pubblico a immergersi nell’epoca in cui l’alfabeto giunse sulle rive cumane, circa 2700 anni fa, portato in dote dalle genti provenienti dalla Grecia. Ma da dove arrivava quell’alfabeto e quali conseguenze ebbe questo approdo sulle comunità locali? Verso quali strade e forme si diressero i caratteri portati dall’Eubea? Queste domande, affascinanti e cruciali per comprendere l’evoluzione della cultura e della società dell’Italia antica trovano risposta in una serie di oggetti esposti, provenienti dai più importanti musei archeologici italiani, recanti iscrizioni di varia natura, redatte con alfabeti diversi ma strettamente interconnessi.
Se “la scrittura è la pittura della voce”, come ci spronava a immaginare Voltaire, la mostra trae ispirazione da questa affermazione. Se le lettere di un alfabeto possono essere immaginate come i colori nella tavolozza di un pittore, capaci di comporsi e armonizzarsi in una figurazione prima di tutto mentale e poi fonetica, l’esposizione utilizza i reperti per disegnare il racconto di una delle più rivoluzionarie e incisive invenzioni culturali della storia dell’umanità.
“La mostra – dichiara Fabio Pagano, direttore del Parco – nasce da un progetto condiviso con Carlo Rescigno e Matilde Civitillo dell’Università della Campania Luigi Vanvitelli. L’intento è quello di ribadire il ruolo centrale dei Campi Flegrei come centro propulsore di importanti innovazioni culturali nel mondo antico, di riflettere sui cambiamenti innescati nel momento in cui la scrittura ha iniziato a essere lo strumento essenziale per tramandare la memoria, ma anche di porsi domande sul ruolo della scrittura nel mondo di oggi e in quello di domani.”
L’esposizione, promossa con il fondamentale supporto della Regione Campania, sarà presentata il 6 maggio e aperta al pubblico fino al 30 giugno 2024 presso il Castello di Baia.
Parco archeologico dei Campi Flegrei
Rione Terra, Palazzo De Fraja – 80078 Pozzuoli (NA)

domenica 11 febbraio 2024

I capolavori della Collezione Torlonia al Louvre

 

I capolavori della Collezione Torlonia per la prima volta lasceranno l’Italia per essere proposti al pubblico in una mostra allestita presso il Museo del Louvre.
La più grande collezione privata di sculture antiche messa assieme dai principi Torlonia nell’Ottocento a Roma è stata mostrata per la prima volta al pubblico solo a partire dalla metà del Ventesimo secolo mediante una serie di eventi.
Adesso i preziosi marmi della collezione stanno per uscire per la prima volta dai confini nazionali per essere esposti al Louvre, all’interno degli appartamenti d’estate di Anna d’Austria da poco ultimati di restaurare e da lungi sede delle collezioni permanenti delle sculture antiche fin dalla nascita dello stesso museo.
La mostra mette in luce alcuni capolavori della scultura antica e dell’arte romana senza dimenticare di porre l’accento sulle origini dei musei nell’Europa dell’Illuminismo e dell’Ottocento.
Scaturita dalla passione per l’arte antica dei principi Torlonia, eredi delle pratiche nobiliari della Roma papale, la collezione Torlonia ambiva, in particolare con l’apertura del Museo Torlonia negli anni Settanta dell’Ottocento, a rivaleggiare con i grandi musei pubblici: Musei Vaticani, Musei Capitolini e Museo del Louvre.
La collezione Torlonia dal 2020 è oggetto di una serie di mostre-evento che offrono al pubblico la possibilità di riscoprire, dopo una lunga eclissi, l’eccezionale raccolta di sculture del Museo istituito da Alessandro Torlonia nel 1876 e chiuso a metà del Novecento.
La mostra mette in luce alcuni capolavori della scultura antica e dell’arte romana senza dimenticare di porre l’accento sulle origini dei musei nell’Europa dell’Illuminismo e dell’Ottocento.
Scaturita dalla passione per l’arte antica dei principi Torlonia, eredi delle pratiche nobiliari della Roma papale, la collezione Torlonia ambiva, in particolare con l’apertura del Museo Torlonia negli anni Settanta dell’Ottocento, a rivaleggiare con i grandi musei pubblici: Musei Vaticani, Musei Capitolini e Museo del Louvre.
La collezione Torlonia dal 2020 è oggetto di una serie di mostre-evento che offrono al pubblico la possibilità di riscoprire, dopo una lunga eclissi, l’eccezionale raccolta di sculture del Museo istituito da Alessandro Torlonia nel 1876 e chiuso a metà del Novecento.
Le due tappe della mostra, a Roma e Milano, con la curatela di Salvatore Settis e Carlo Gasparri con l’alta sorveglianza della Soprintendenza Speciale di Roma, ricostruivano la storia della collezione a ritroso.
La mostra sarà allestita negli appartamenti d’estate di Anna d’Austria e nel loro prosieguo naturale, la sala detta di Augusto, lo spazio che accoglie l’esposizione delle sculture romane al Louvre dal 1800 quando le sale furono completamente restaurate per ospitare il nuovo percorso espositivo delle collezioni romane del Louvre.
Il percorso espositivo che gravita attorno alla collezione Torlonia, rivelerà i generi emblematici della scultura romana, nonché l’eterogeneità dei suoi temi e delle sue formule stilistiche.
Ritratti, sculture funerarie, copie di celebri originali greci, opere ispirate ai modelli greci dell’età arcaica e classica: figure del tiaso dionisiaco e allegorie rivelano un repertorio di immagini e forme che sono la forza dell’arte romana mentre si instaura un dialogo tra due raccolte sorelle, le sculture del Louvre e quelle del Museo Torlonia, dal punto di vista della storia delle collezioni.
Le opere della Collezione Torlonia sono state restaurate dalla Fondazione Torlonia con il contributo di Bulgari.
La curatela generale della mostra è di Cécile Giroire, direttrice del dipartimento delle Antichità greche, etrusche e romane. L’esposizione è nata da un accordo tra il Ministero della Cultura con la Fondazione Torlonia che ha permesso di riscoprire dopo oltre 50 anni di oblio una ricca selezione delle sculture della Collezione.
La mostra aprirà i battenti al Louvre dal 26 giugno fino all’11 novembre 2024.

Nelle foto, dall'alto:
Il Caprone MT. 441 Collezione Torlonia – ©Fondazione Torlonia
Testa di satyro, copia di tipo di Ercolano MT. 111 Collezione Torlonia – ©Fondazione Torlonia
Il Vecchio di Otricoli MT. 533 Collezione Torlonia – ©Fondazione Torlonia
Anadoumenos Amelung MT. 470 Collezione Torlonia – ©Fondazione Torlonia

domenica 4 febbraio 2024

Forme e Colori dell’Italia Preromana. Canosa di Puglia - Istituto Italiano di Cultura di Buenos Aires


Dopo il successo dell’esposizione di oggetti appartenenti al Museo Archeologico Nazionale di Taranto realizzata in collaborazione con il Museo Nazionale di Belle Arti, l’Istituto Italiano di Cultura di Buenos Aires espone, questa volta nella propria Sala Roma, la mostra Forme e Colori dell’Italia Preromana. Canosa di Puglia. curata da Massimo Osanna, Direttore Generale Musei (Ministero della Cultura) e Luca Mercuri.
A partire dal 2 novembre 2023 e fino al 14 febbraio 2024, il pubblico potrà apprezzare incredibili reperti archeologici originali preromani appartenenti alla cultura Dauna (IV e II secolo a.C.).
Armature, ceramiche, gioielli, ornamenti ed altri importanti reperti archeologici provenienti dalle colonie greche arrivate in Puglia prima della dominazione romana sono esposti nella Sala Roma dell’Istituto Italiano di Cultura di Buenos Aires.
Materiale proveniente dagli ipogei (gallerie sotterranee destinate ai riti funerari), conservati nei depositi dei Musei di Puglia o recuperati dal traffico illegale, compongono l’insieme dei reperti archeologici esposti in questa mostra. Dopo la prima tappa a Santiago del Cile, la mostra “Forme e Colori” arriva a Buenos Aires per poi raggiungere l’Istituto Italiano di Cultura di San Paolo e concludere il suo itinerario presso l’Istituto Italiano di Cultura di Città del Messico alla fine di agosto 2024.
La realizzazione di questa straordinaria mostra si inserisce nell’ambito del programma di valorizzazione e promozione del patrimonio culturale italiano all’estero denominato Il racconto della bellezza, frutto della collaborazione congiunta tra la Direzione Generale dei Musei del Ministero della Cultura (MIC) e la Direzione Generale della Diplomazia Pubblica e Culturale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI), rete di cui fanno parte gli Istituti Italiani di Cultura.
 

Informazioni sulla mostra

La penisola italiana, prima dell’unificazione avvenuta sotto il dominio di Roma, era abitata da popoli molto diversi tra loro dal punto di vista culturale. In Puglia, fin dalla seconda metà del VII secolo a.C., convivevano i coloni greci che avevano fondato Taranto qualche decennio prima, i Messapi nel sud della regione, i Peuceti nel centro e i Dauni nella parte più settentrionale.
La mostra illustra i tratti peculiari della cultura dei Dauni, attraverso materiali archeologici provenienti da uno dei principali centri della regione, l’area di quella che oggi è Canosa di Puglia. Qui, tra il IV e il II secolo a.C., i cosiddetti principi, personalità ai vertici delle elite locali, venivano sepolti in tombe di famiglia, scavate nel tufo locale, gli ipogei, con ricchi corredi funerari che ostentavano, davanti alla comunità, il loro status economico e culturale.
I pezzi selezionati provengono in gran parte dai depositi del Museo Archeologico Nazionale di Canosa di Puglia e del Museo Archeologico Nazionale di Taranto (MArTA), ma anche dai depositi della Soprintendenza di Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle province di Foggia e Barletta-Andria Trani, del Museo Archeologico di Santa Scolastica e della Soprintendenza Nazionale per i Beni Culturali Subacquei con sede a Taranto.

giovedì 1 febbraio 2024

FIDIA - Musei Capitolini, Villa Caffarellii,

 

Fidia
24/11/2023 - 05/05/2024
Musei Capitolini, 
Villa Caffarelli
La prima esposizione monografica dedicata al più grande scultore dell’età classica. Un percorso straordinario nella vita e nell’attività dell’artista, con oltre 100 opere, alcune esposte per la prima volta, tra reperti archeologici, dipinti, manoscritti, disegni, installazioni multimediali.
«Nessuno supererà mai Fidia»
Auguste Rodin, L’art, 1911
FIDIA. Protagonista dell’Atene di Pericle, il suo nome è noto a tutti per la realizzazione di opere come il Partenone e le sue decorazioni scultoree e i mitici colossi crisoelefantini dell’Atena Parthenos e dello Zeus di Olimpia, una delle sette meraviglie del mondo antico.
Il suo genio creativo ha impresso un marchio indelebile nell’immaginario collettivo e continua ad essere fonte di ispirazione per i contemporanei.
Una figura importantissima, quasi leggendaria, sebbene circondata da un alone di mistero. Molti dettagli della sua vita sono infatti poco noti e la conoscenza della sua opera si basa prevalentemente su repliche e su fonti letterarie.
La mostra “FIDIA” guida i visitatori in un viaggio inaspettato e sorprendente nella vita, nella carriera e nel clima storico-culturale in cui operò il grande scultore, attraverso una vasta e preziosa selezione
di oltre 100 opere - tra reperti archeologici, originali greci e repliche romane, dipinti, manoscritti, disegni, alcuni esposti per la prima volta.
La mostra inaugura un ciclo di cinque mostre, “I Grandi Maestri della Grecia Antica", dirette a far conoscere al grande pubblico i principali protagonisti della scultura greca. Un ciclo tanto più significativo a Roma, città da cui provengono importantissime testimonianze dell’attività di Fidia e della sua riscoperta dal Rinascimento in poi, tramite le preziose copie romane di capolavori originali per la maggior parte andati perduti.
Il percorso espositivo è articolato in 6 sezioni: Il ritratto di Fidia; L’età di Fidia; Il Partenone e l’Atena Parthenos; Fidia fuori da Atene; L’eredità di Fidia; Opus Phidiae:
Fidia oltre la fine del mondo antico.
Oltre ad opere provenienti dal Sistema Musei di Roma Capitale - Musei Capitolini, Centrale Montemartini, Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco e Museo di Roma – e da importanti istituzioni italiane, come il Museo Archeologico di Bologna, l’Accademia di Belle Arti di Ravenna, il Museo Archeologico di Napoli e l’Archivio Cambellotti, la mostra vanta prestiti provenienti dai più importanti musei del mondo, tra cui: Museo dell’Acropoli, Museo Archeologico Nazionale e Museo Epigrafico di Atene; Museo Archeologico di Olimpia; Kunsthistorisches Museum di Vienna; Metropolitan Museum of Art di New York; Musei Vaticani; Museo del Louvre e Museo Rodin di Parigi; Liebieghaus Skulpturensammlung di Francoforte; Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen; Staatsbibliothek e Staatliche Museen, Antikensammlung di  Berlino.
In alcuni casi si tratta di prestiti straordinari, ossia di opere mai uscite prima d’ora dalle loro sedi museali, come i due frammenti originali del fregio del Partenone, più precisamente un frammento dal fregio nord con oplita, un “soldato greco”, e un frammento dal fregio sud con giovane e bovino, concessi eccezionalmente dal Museo dell'Acropoli di Atene. A questi si aggiungono altri
due frammenti originali con cavalieri e uomini barbati provenienti invece dal Kunsthistorisches Museum di Vienna.
Tra gli altri reperti esposti si segnalano il vaso con incisa la scritta "Pheidiou eimi" (Sono di Fidia) proveniente dal Museo Archeologico di Olimpia, uno dei rari oggetti personali appartenuti a un personaggio celebre dell'antichità e giunti fino a noi; la replica dello scudo dell’Atena Parthenos, il cosiddetto scudo Strangford - copia di epoca romana in marmo pentelico dell’originale appartenente alla statua di Atena realizzata in oro e avorio e collocata nella cella nel Partenone - proveniente dalla collezione del British Museum; due statuette in bronzo che rappresentano la figura dell’artigiano (identificato forse anche con lo stesso Fidia), prestiti d’eccezione del Metropolitan Museum of Art di New York e dell’Archaeological Museum of Ioannina, in Grecia; la testa dell’Atena Lemnia in marmo, copia augustea di un originale fidiaco, del Museo Civico Archeologico di Bologna; il Codice
Hamilton 254 (Staatsbibliothek zu Berlin), manoscritto quattrocentesco contenente la prima immagine del Partenone arrivata in Europa. Di grande interesse il prestito del cosiddetto taccuino Carrey (1674) della Biblioteca Nazionale Francese, nel quale è riprodotta la decorazione del Partenone prima dell’esplosione che lo distrusse nel 1687. È inoltre proposto un Modello del tempio di Zeus a Olimpia realizzato nel 1997 da M. Goudin, una ricostruzione parziale in legno di tiglio e noce, prestato dal Musée du Louvre di Parigi.
A supporto dei visitatori anche installazioni multimediali e contenuti digitali: nella terza sezione, dedicata a “Il Partenone e l’Atena Parthenos” viene offerta l’occasione unica di essere trasportati indietro nel tempo e di rivivere la visita del monumento attraverso l’installazione Fidia e il Partenone. Un’esperienza interattiva e coinvolgente ispirata ai modelli della realtà virtuale e della realtà aumentata. Da una parte, il piano scenografico è costituito da una grande proiezione fotorealistica che ricostruisce in 3D Acropoli e Partenone e permette all’utente di muoversi in volo intorno al tempio, cambiando la luce del sole lungo l’arco temporale della giornata, dall’alba al tramonto; dall’altra, un’interfaccia touch offre una sorta di “radiografia” del Partenone e l’accesso a tutti gli approfondimenti scientifici, come l’esplorazione di alcuni
dettagli architettonici.
Tra le attività collaterali nell’ambito dell’esposizione, la Sovrintendenza Capitolina conferma l’impegno sui temi dell’accessibilità, con un programma di visite guidate integrate accompagnate da interpreti LIS - Lingua dei Segni Italiana - grazie alla collaborazione del Dipartimento Politiche Sociali, Direzione Servizi alla Persona di Roma Capitale.
Saranno presto disponibili, su prenotazione a richiesta, visite per persone ipovedenti e non vedenti. Sono stati concessi in prestito modelli dal Museo Tattile Statale "Omero" e un calco in gesso della Scuola di Arti Ornamentali di Roma Capitale tratto proprio dalla testa di Atena della collezione Palagi, oggi al Museo Civico di Bologna, che è stata scelta per il manifesto della mostra.
Infine, a corredo della mostra, il catalogo “FIDIA” edito da «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER. Saggi a cura di Claudio Parisi Presicce, Riccardo di Cesare, Giovanni Marginesu, Massimiliano Papini, Nikolaos Stampolidis, Alessandra Avagliano, Annalisa Lo Monaco, Elena Ghisellini, Eugenio La Rocca, Eloisa Dodero.


Nelle foto, dall'alto:
- locandina della mostra
- Frammento dal fregio nord del Partenone con oplita. Da Atene, Acropoli, Marmo pentelico, 447-438 a.C., Atene, Museo dell’Acropoli, inv. Acr. 3369. © Hellenic Ministry of Culture /Acropolis Museum
- Scudo di Atena Parthenos cd. Stragford. Da Atene, Marmo pentelico, III secolo d.C., Londra, British Museum, inv. 1864,0220.18. © The Trustees of the British Museum
- Statuetta di artigiano (Fidia?). Dal Nord Africa, forse Chercell (Algeria), Bronzo; occhi in argento, Intorno al 50 a.C., New York, The Metropolitan Museum of Art, inv. 1972.11.1. © The Metropolitan Museum of Art, New York - Rogers Fund, 1972 - www.m...
- Gemma di Aspasios. Dalla collezione Rondinini, Diaspro rosso, Seconda metà del I secolo a.C., Roma, Museo Nazionale Romano, inv. 108684. “Su concessione del Ministero della cultura - Museo Nazionale Romano”
- Testa di Atena nel tipo Carpegna. Provenienza ignota; a Roma, Villa Carpegna già nel 1717, I secolo a.C. (?), Roma, Museo Nazionale Romano, inv. 55051. “Su concessione del Ministero della cultura - Museo Nazionale Romano”
- Testa di Zeus. Dalla collezione Furtwängler, Terracotta, I secolo a.C., Francoforte, Liebieghaus Skulpturensammlung, inv.493. © Frankfurt am Main, Liebieghaus Skulpturensammlung / ARTOTHEK
- Testa di Atena Lemnia. Dalla collezione Palagi, Marmo pentelico, Tra I e II secolo d.C., Bologna, Museo Civico Archeologico, inv. G 1061. © Bologna, Museo Civico Archeologico
- Statua di Amazzone ferita nel tipo Sosikles - Roma, Musei Capitolini, Palazzo Nuovo, Salone Sezione IV - Fidia fuori da Atene © Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali    

mercoledì 31 gennaio 2024

Trad u/i zioni d’Eurasia - al MAO di Torino


A Torino una mostra dedicata alle traiettorie artistiche e alle dinamiche culturali che hanno caratterizzato per secoli gli scambi tra Asia e continente europeo: in luce il ruolo cruciale del continente asiatico e del Mediterraneo quale fulcro di traduzione culturale e luogo di connessione, negoziazione e costante riproposizione.
Terzo esito del ciclo espositivo Frontiere liquide e mondi in connessione, la mostra Trad u/i zioni d’Eurasia in programma dal 5 ottobre 2023 al 1 settembre 2024 si inserisce all’interno di una progettualità di ricerca composita che prende avvio al MAO dal 2023 al 2024. La mostra esplora i concetti di traduzione, trasposizione e interpretazione culturale snodandosi attraverso una selezione di oggetti provenienti dall’Asia occidentale, centrale e orientale che permettono di interrogarsi su fenomeni quali la circolazione materiale e immateriale, le modalità di trasformazione del significato e la fruizione avvenute tra Asia ed Europa nel corso di duemila anni di storia.
Indagando la migrazione di idee, forme, tecniche e simboli, in un dialogo aperto e inclusivo la mostra mira a evidenziare la reciprocità osmotica tra continenti e mari, per creare nuove narrazioni della cultura visiva e materiale che siano puntuali e relative piuttosto che universalizzanti e generiche.
L’approccio scientifico riflette anche la percezione sensoriale della materialità: sul modo in cui questi oggetti sono stati visti, percepiti e desiderati per la loro allure visiva e peculiarità cromatica – a partire dall’oro e dal blu – o per il fascino delle loro superficie, dato dalle qualità riflettenti, splendenti o trasparenti.
Lungi dal voler raggiungere l’esaustività, la mostra presenta una selezione di manufatti che offrono alternative al paradigma eurocentrico dell’eccellenza artistica, riaffermando il ruolo cruciale svolto dall’Asia centrale nella creazione e nella trasmissione di idee su scala globale. Vitale per questo fenomeno di contaminazione reciproca è il mar Mediterraneo, inteso come spazio intermedio, creatore di confini ma anche fenomenale catalizzatore di esplorazioni e contatti: una frontiera liquida dove i continenti convergono, le espressioni artistiche e i fenomeni culturali sono costantemente reinventati.
La mostra sarà suddivisa in aree tematiche con una particolare attenzione al colore - blu, rosso e oro - e alla materia – ceramica, tessuti, metalli, carta e pigmenti coloranti.
Lungo il percorso espositivo, i visitatori potranno ammirare tra l’altro splendide sete provenienti dall'antica regione della Sogdiana, in Asia Centrale, snodo di numerose vie carovaniere, ceramiche bianche e blu prodotte tra il Golfo Persico e la Cina, una raffinata selezione di “panni tartarici”, preziose stoffe d’oro e di seta del XIII secolo prodotte tra Iran e Cina durante la dominazione mongola, ammirate dall'aristocrazia medievale e dall'alto clero d'Europa, rari esemplari di tiraz (Egitto, X secolo), tessuti con iscrizioni ricamate che evidenziano l'importanza della calligrafia in ambito islamico, e una serie di bruciaprofumi zoomorfi in metallo (Iran, IX-XIII secolo), a ribadire la centralità delle essenze nelle società islamiche medievali.
Il progetto si avvale di numerosi prestiti provenienti da importanti collezioni e istituzioni italiane, che sottolineano e valorizzano la presenza sul territorio nazionale di una storia multiculturale condivisa: accanto a oggetti dell’Asia Centrale della collezione del MAO troveranno spazio tessuti, ceramiche e miniature raramente esposti della Fondazione Bruschettini per l’Arte Islamica e Asiatica, metallistica khorasanica della Aron Collection e importanti prestiti dal Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, dalla Chiesa di San Domenico di Perugia, dal Museo delle Civiltà di Roma, dalla Galleria Sabauda - Musei Reali e da Palazzo Madama di Torino.
Intesa come piattaforma organica di studio e ricerca, la mostra si trasformerà gradualmente nel corso dell’anno attraverso la rotazione di diverse opere e l’introduzione di nuove tematiche e stimoli percettivi, con nuove commissioni e installazioni di artisti contemporanei; sarà inoltre arricchita da una serie di conferenze e da un public program musicale e performativo.
In aggiunta, indispensabile per la comprensione delle diverse sezioni della mostra, sarà pubblicato un booklet di approfondimento distribuito gratuitamente, secondo la formula ormai consolidata del MAO e fortemente apprezzata dal pubblico, con testi a cura del team curatoriale e contributi esterni di Yuka Kadoi, Maria Ludovica Rosati e Mohammad Salemy.
Come già accaduto per i precedenti progetti espositivi del MAO, anche la mostra Trad u/i zioni d’Eurasia propone un dialogo tra opere antiche e contemporanee.
L’artista internazionale Yto Barrada (franco-marocchina, nata nel 1971 a Parigi) collaborerà per “sovvertire” ulteriormente la museografia tradizionale, collegando la sua pratica all’attività museologica. La sua installazione site-specific si svilupperà gradualmente nel corso di un anno di esposizione, offrendo nuove potenziali riflessioni sul colore e sulla materialità delle opere esposte a partire dal libro di Emily Noyes Vanderpoel (1842-1939) Color Problems: A Practical Manual for the Lay Student of Color, pubblicato all’inizio del XX secolo, che analizza la proporzione di colore derivata da oggetti come piastrelle assire, tappeti persiani, la cassa di una mummia egizia e persino una tazza da tè e un piattino.
Il progetto di Yto Barrada è realizzato in collaborazione con la Fondazione Merz, dove l’artista realizzerà una mostra personale nell'autunno 2024. Yto Barrada è la vincitrice della quarta edizione del Mario Merz Prize, premio biennale istituito nel 2013 con l’intenzione di individuare e sostenere personalità nel campo dell’arte e della musica contemporanea in ambito internazionale.
All’interno della mostra troveranno spazio anche le opere MOSADEGH (2023) dell’artista iraniana Shadi Harouni, che utilizza la parola scritta per connettere la storia del suo Paese con l’esperienza universale legata alla perdita, alla repressione, alla guarigione e all'audacia, e l’installazione immersiva Shimmering Mirage (Black), 2018 di Anila Quayyum Agha.
Chiude il percorso una sezione editoriale a cura di Reading Room, spazio milanese dedicato alla diffusione e comprensione delle riviste contemporanee, con una selezione di pubblicazioni, zines e libri d’artista che propongono un approfondimento su alcune delle tematiche affrontate in mostra quali la trasparenza, il colore, l’artigianalità.
Grazie alla convenzione con L’Istituto dei Sordi di Torino, i contenuti della mostra saranno disponibili in LIS Lingua dei Segni italiana e in versione audio.
Trad u/i zioni d’Eurasia è il terzo esito del ciclo espositivo Frontiere liquide e mondi in connessione che apre la Galleria dei Paesi islamici e la collezione permanente del Museo a ulteriori direzioni interpretative attraverso altre collezioni e contaminazioni curatoriali, sia locali sia internazionali. A partire dal 2023 sono state presentate le seguenti mostre: Lustro e Lusso dalla Spagna Islamica, a cura di Filiz Çakır Phillip e in collaborazione con la Fondazione Bruschettini per l’Arte Islamica e Asiatica – dal 19 gennaio al 4 giugno – e Metalli Sovrani. La festa, la caccia e il firmamento nell’Islam medievale, a cura di Veronica Prestini e in collaborazione con The Aron Collection – dal 14 giugno fino al 12 novembre 2023.

le foto sono di Giorgio Perottino, con la cortesia di MAO Museo Arte Orientale Torin

Lo sguardo del tempo. Il Foro Romano in età moderna - al Tempio di Romolo fino al 28 aprile 2024

 

Inaugurato il 21 novembre 2023 (e fino al 28 aprile 2024 – tutti i giorni dalle 9.00 alle 15.30)  nel Tempio di Romolo il nuovo allestimento temporaneo Lo sguardo del tempo. Il Foro Romano in età moderna che si propone come introduzione storica alla vera e propria visita archeologica al Foro Romano.
Attraverso una ricca serie di testimonianze iconografiche riproposte in copia o in digitale (disegni, stampe, quadri, fotografie, filmati) e l’esposizione di una piccola raccolta di oggetti-memoria legati alla cultura materiale del Grand Tour e alla vita quotidiana e professionale di chi visse e lavorò nel Foro Romano (stampe, quadri, modelli, libri, micro-mosaici, ventagli, strumenti scientifici, etc.), l’allestimento racconta la storia del Foro Romano come paesaggio tra il Cinquecento e il Novecento, concentrando la sua attenzione su alcuni temi nodali: la riscoperta dell’Antico nel Rinascimento, ma anche l’uso del Foro Romano come cava di materiali per la Roma moderna, come paesaggio classico ideale e come spazio rurale (Campo Vaccino); il Grand Tour e l’interesse degli eruditi; i primi studi scientifici e progetti di sistemazione dell’area; l’uso civico e politico dello spazio durante l’età dei nazionalismi e nella contemporanea civiltà di massa.

Tesori etruschi. La collezione Castellani tra storia e moda - a Milano, Fondazione Luigi Rovati

 

La mostra Tesori etruschi. La collezione Castellani tra storia e moda ha aperto il 25 ottobre il programma autunnale della Fondazione Luigi Rovati. Realizzata in collaborazione con il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia di Roma, la mostra ha portato a Milano i più importanti reperti archeologici e gli straordinari gioielli della collezione Castellani, tra le raccolte antiquarie romane più ampie e prestigiose. 
Ospitare la più significativa collezione del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia, finora mai uscita nella sua completezza, è il risultato della collaborazione tra un‘istituzione pubblica e un‘istituzione privata che vede i due musei impegnati nel valorizzare il patrimonio etrusco e la storia del collezionismo che si sviluppa attorno ad esso.
L’attività di Fortunato Pio Castellani e dei suoi figli Alessandro e Augusto, orafi, collezionisti e mercanti di antichità, s’intreccia con la stagione delle grandi scoperte di scavo nei territori anticamente abitati dalle popolazioni etrusche e italiche. La famiglia Castellani avvia e sviluppa anche un’intensa attività di collezionismo e promuove scambi di antichità provenienti dalla penisola, in cui interesse storico, esigenze di studio, sentimento nazionale e commercio internazionale s’intrecciano.
La mostra approfondisce la storia della famiglia Castellani, della sua bottega orafa, che lancia la moda della gioielleria antica, e della sua straordinaria collezione raccolta negli anni e donata in parte al Museo di Villa Giulia nel 1919 e in parte disseminata nei musei di tutto il mondo.
I reperti arrivati da Roma - oltre ottanta - si affiancano alla collezione permanente del Museo d'arte in un processo di contaminazione che segue il metodo espositivo della Fondazione.
Le sei sezioni della mostra espongono numerosi gioielli antichi accanto a fedeli riproduzioni ottocentesche, come il pendente in oro a testa di Acheloo; ceramiche attiche, come la kylix attribuita al Pittore di Phrynos; e ceramiche mediterranee, come l’hydria prodotta a Caere e attribuita al Pittore dell’Aquila.
La Sala azzurra ospita un dialogo tra l'oreficeria etrusca, affiancata alla produzione ottocentesca della bottega Castellani, con i gioielli contemporanei di Chiara Camoni. L'artista presenta una serie di sculture-gioiello ottenute fondendo oggetti preziosi con un processo inverso, che "dalla forma ritorna verso l’informe, e dal quale si genera inaspettatamente altra bellezza". 
La mostra ha ricevuto la Medaglia di Rappresentanza del Presidente della Repubblica Italiana, prestigioso riconoscimento che viene attribuito a iniziative ritenute di particolare interesse culturale, scientifico, artistico, sportivo o sociale.
Il Museo Poldi Pezzoli di Milano custodisce nella sua collezione una preziosa demi-parure con collana e orecchini di turchesi cabochon e oro realizzata dalla Bottega Castellani per Rosina Trivulzio.
Con il biglietto della mostra è possibile accedere a prezzo ridotto al Museo Poldi Pezzoli (10 €, anziché 14€) dove poter scoprire la collezione permanente e la mostra in corso Oro bianco. Tre secoli di porcellane Ginori.  Viceversa, con il biglietto del Museo Poldi Pezzoli l’accesso al Museo d’arte è ridotto.

“Alle radici del territorio. La necropoli dell’età del Bronzo di Canegrate a 70 anni dallo scavo” a Legnano

 


Sabato 16 dicembre 2023 è stata inaugurata a Legnano la Mostra “Alle radici del territorio. La necropoli dell’età del Bronzo di Canegrate a 70 anni dallo scavo”.
La mostra, organizzata a Palazzo Leone da Perego dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città metropolitana di Milano e dal Comune di Legnano, con la collaborazione e il contributo del Comune di Canegrate, vuole celebrare la scoperta della necropoli dell’età del Bronzo di Canegrate (MI) a settant’anni dai primi scavi scientifici e in estensione, che permisero di farne conoscere la ricchezza e l’importanza nel quadro della preistoria dell’Italia nord-occidentale. Dal punto di vista cronologico, questo sito si colloca nel momento pieno e finale dell’età del Bronzo Recente, ovvero nel XIII secolo a.C. circa.
L’esposizione vuole riportare all’attenzione del pubblico questa importante scoperta, cercando di raccontare quali erano i costumi, le attività e la società di una popolazione alle radici del nostro territorio. Saranno esposte numerose tombe, alcune delle quali per la prima volta, composte dall’urna cineraria e da ricchi corredi di oggetti in bronzo. Attraverso gli oggetti di corredo si cercherà di fornire un’immagine più ampia dei defunti e di questa popolazione.
In questo racconto le storie antiche delle persone che vennero sepolte più di tremila anni fa a Canegrate si intrecciano con quelle più recenti degli studiosi e dei ricercatori che hanno permesso di riportarle alla luce: personaggi straordinari del mondo della cultura, della ricerca e dell’archeologia.
Oltre ai corredi rinvenuti a Canegrate, nella mostra trovano spazio anche altri oggetti provenienti dal medesimo areale geografico (Albairate, Turbigo, Milano, Monza, Gambolò) e riferibili anche alla cultura immediatamente precedente, detta della Scamozzina-Monza (XIV secolo a.C.). Sono oggetti frutto di ritrovamenti ottocenteschi e di recentissima scoperta, esposti per la prima volta in associazione tra loro. Oggetti che parlano di mobilità e di relazioni con altre culture, anche molto distanti. Oggetti che rivelano gesti e riti di un mondo lontano, il mondo prima di noi.
La mostra è stata realizzata con il contributo di Fondazione Cariplo e con il sostegno di Banca di Credito Cooperativo di Busto Garolfo e Buguggiate.


“La Colonna Traiana. Il racconto di un simbolo” - fino al 30 aprile 2024 al Colosseo

 

L’esposizione “La Colonna Traiana. Il racconto di un simbolo”, organizzata e promossa dal Parco archeologico del Colosseo e dal Museo Galileo – Istituto e Museo di Storia della Scienza con la curatela di Alfonsina Russo, Federica Rinaldi, Angelica Pujia e Giovanni Di Pasquale è visitabile dal 22 dicembre 2023 al 30 aprile 2024 al secondo ordine del Colosseo.
La Colonna di Traiano veniva inaugurata il 12 maggio 113 d.C., 1910 anni fa. Sin dalla sua progettazione e costruzione la Colonna rappresentò una sfida per l’ingegno umano: l’estrazione del marmo dalla cava di Carrara, il trasporto via terra, via mare e via fiume, e infine la lavorazione e posa in opera nel cantiere del Foro di Traiano rappresentarono le tappe di un ardito processo ingegneristico e tecnologico ancora oggi fonte di stupore e meraviglia. Nei secoli a seguire, grazie alla sua fortuna e ai numerosi tentativi di replicarla, disegnarla, riprodurla, essa divenne nei secoli simbolo universale a cui si ispirarono imperatori, Papi e sovrani. L’allestimento narra e spiega questa funzione simbolica con due registri narrativi: quello più propriamente storico e artistico, con l’ardita ricostruzione del fregio in scala 1:1 le cui spire si avvolgono sui pilastri del Colosseo e quello invece più specificamente tecnico, con le tappe del trasporto e lavorazione del marmo, fino ad arrivare alla idolatria e all’uso politico dei sovrani d’Europa che ne pretesero la riproduzione attraverso le riproduzioni e i calchi.
Per comprendere appieno il processo di costruzione della Colonna e con esso la fatica e la potenza muscolare di centinaia di uomini che contribuirono a realizzare questo indiscusso capolavoro, in un Colosseo fasciato di blu, sono esposti i principali strumenti antichi utilizzati per l’estrazione dei blocchi di marmo, per il trasporto su imbarcazione e per la messa in opera, assieme ai modelli ricostruttivi delle macchine da cantiere dell’epoca (gru, torri, ruote), realizzati da Claudio Capotondi, novello “Maestro delle Imprese di Traiano”.
Video e proiezioni su schermo realizzati dal Museo Galileo assieme ad una grafica coinvolgente e a testi che superano le dimensioni dei pannelli didascalici per divenire narrazione anche visiva di un’unica Storia, offrono un racconto più didattico oltre che una maggior comprensione degli oggetti esposti in mostra. A contribuire al racconto permanente della Colonna è stata anche realizzata una webAPP in lingua italiana e inglese e, grazie al prezioso coinvolgimento e alla collaborazione dell’Ambasciata di Romania, anche in lingua romena.


“Dacia. L’ultima frontiera della Romanità” - fino al 21 aprile 2024 alle Terme di Diocleziano


Dal 21 novembre 2023 il Museo Nazionale Romano ospita nelle Aule delle Terme di Diocleziano la mostra “Dacia. L’ultima frontiera della Romanità”, la più grande e prestigiosa esposizione di reperti archeologici organizzata dalla Romania all’estero negli ultimi decenni, per ripercorrere lo sviluppo storico e culturale del proprio territorio nell’arco di oltre millecinquecento anni, dall’VIII sec. a.C. all’VIII sec. d.C. 
 
La mostra, a cura di Ernest Oberlander direttore del Museo Nazionale di Storia della Romania, e di Stéphane Verger direttore del Museo Nazionale Romano, si riallaccia alle esposizioni di Madrid (Museo Archeologico Nazionale, 2021) e Bucarest (Museo Nazionale di Storia della Romania, 2022), ampliandone il percorso: a Roma infatti (fino al 21 aprile 2024) saranno presentati circa 1000 oggetti provenienti da 47 musei rumeni, oltre che dal Museo Nazionale di Storia della Repubblica di Moldova per la prima volta esposti accanto ad alcuni reperti del Museo Nazionale Romano. 
Tema della mostra è la costruzione della Romanità, già al centro di un’altra grande esposizione: “Tota Italia. Alle origini di una nazione” realizzata con la Direzione Generale Musei del Ministero della Cultura, curata da Massimo Osanna e Stéphane Verger (Roma, Scuderie del Quirinale, 14 maggio – 25 luglio 2021). 
La realizzazione della mostra “Dacia. L’ultima frontiera della Romanità” è stata possibile grazie all’Ambasciata della Romania in Italia, in partenariato con il Museo Nazionale di Storia della Romania e il Museo Nazionale Romano, al Ministero Romeno della Cultura, al Ministero degli Affari Esteri della Romania, al Ministero della Difesa Nazionale della Romania, all’Istituto Culturale Romeno tramite l’Accademia di Romania, al Ministero della Cultura italiano e alla Direzione generale Musei. 
Posta sotto l’Alto Patronato del Presidente della Romania e del Presidente della Repubblica Italiana, la mostra segna un doppio anniversario per i rapporti bilaterali romeno-italiani: sono trascorsi infatti 15 anni dalla firma del Partenariato Strategico Consolidato tra la Romania e l’Italia e 150 anni dalla costituzione della prima agenzia diplomatica della Romania in Italia.  
Per celebrare il doppio anniversario, l’ingresso alla mostra sarà gratuito per i cittadini della Romania e della Repubblica di Moldova. 
 
LA MOSTRA 
L’evento segna l’apice degli scambi culturali bilaterali e mette insieme importanti reperti, per seguire l’evoluzione storica del territorio dell’attuale Romania, lungo un percorso temporale di oltre millecinquecento anni, dall’VIII sec. a.C. all’VIII sec. d.C., raccontando i numerosi contatti e scambi avvenuti in questa regione, grazie all’abbondanza di risorse e alla posizione tra l’Europa e l’Asia. 
Ad aprire il percorso, il calco di una scena scolpita sulla Colonna Traiana (scena XXXII, spirale V), che ritrae tre arcieri Daci che tengono sotto tiro i Romani assediati all’interno di una città e che l’archeologo Ranuccio Bianchi Bandinelli fece colorare agli inizi degli anni ’70, dimostrando così l’esistenza del colore nell’architettura dell’antichità imperiale romana. 
Accanto sono esposti capolavori come il Serpente Glykon da Tomis, raffigurazione in marmo di un ‘demone buono’ che guarisce dalle epidemie; il magnifico elmo d’oro di Cotofeneşti di manifattura tracia, con varie scene di sacrificio; l’elmo celtico di bronzo da Ciumeşti, col sorprendente cimiero a forma di aquila che stupisce per l’unicità della fattura e progettualità; il tesoro gotico di Pietroasele del IV secolo d.C. con l’eccezionale phiale (coppa) d’oro lavorata a sbalzo e le grandi fibule; e ancora alcuni bracciali d’oro daci, le tavolette in bronzo della Lex Troesmensium e il donarium di Biertan. 
In mostra anche un’ampia selezione di importanti reperti – tra cui armi, vasi, ceramiche, monete, gioielli e corredi per i riti di magia – attraverso i quali è possibile scoprire la religione, l’arte, l’artigianato, il commercio e la vita quotidiana della antica Dacia. 
Come un viaggio millenario durante il quale vedere l’evoluzione degli antenati geto-daci verso i popoli geti e daci; la trasformazione di una parte della Dacia in provincia romana; l’integrazione di questo spazio nel mondo romano; la sopravvivenza della civiltà anche dopo l’abbandono del territorio dacico da parte dell’esercito e dell’amministrazione di Roma; la convivenza degli abitanti del territorio con le popolazioni migranti. 
Il fascino della mostra emerge dall’intreccio e dall’influsso reciproco delle civiltà, dalle trasformazioni profonde, dal processo di formazione e adattamento che ha portato alla creazione di un’identità culturale, per un lasso di tempo che va dalla fine della prima età del ferro e fino agli albori della civiltà europea attuale, in uno spazio percepito dai contemporanei del millennio delle migrazioni come “ultima frontiera della Romanità”, luogo dove il fondamento linguistico gettato dalla lingua latina e il nome dei romani sono sopravvissuti, nonostante le vicissitudini, fino ai nostri giorni. 
 
LE SEZIONI 
La mostra si articola in quattro sezioni: la prima è dedicata alla Dacia romana e illustra la conquista del territorio all’epoca dell’imperatore Traiano (101-106 d.C.), evidenziando lo stretto legame e le analogie tra i reperti provenienti dai musei rumeni e quelli del Museo Nazionale Romano. 
La sezione ha la duplice funzione di introduzione e spartiacque: le guerre daciche infatti segnano la conquista romana e l’annessione all’Impero, ma anche ‘un prima’ e ‘un dopo’. 
Si evidenzia una romanità di frontiera, che si rispecchia nei contesti di epoca romana presentati. Per tale ragione le altre sezioni sono strettamente legate al contesto storico del ‘prima’ e del ‘dopo’ rispetto alla Romanizzazione, per spiegare al meglio le specificità culturali di questa regione tra Oriente e Occidente. Dall’età del Ferro fino all’età bizantina la Romania è stata un incrocio di culture e la mostra permette di seguire appieno lo sviluppo e le caratteristiche attraverso un percorso cronologico: la seconda sezione racconta infatti la formazione della cultura dacica nell’età del Ferro con l’influsso dei Traci, degli Sciti e dei Greci delle colonie sul Mar Nero, e la terza sezione illustra il confronto tra civiltà urbane mediterranee e civiltà tribali e nomadi continentali e l’inserimento della Dacia nelle reti culturali ellenistiche mediterranee, dell’epoca di Alessandro Magno, e continentali, con nuove popolazioni centro europee quali i Celti, i Geto-Traci, i Bastarni di origine germanica. È il momento in cui Roma, a partire dalla conquista della Macedonia (con la battaglia di Pidna nel 168 a.C.), comincia ad avere un peso politico sulla regione. 
La quarta sezione si concentra sull’epoca della dissoluzione dell’Impero, con le difficoltà a mantenere sicuri i confini, le mescolanze di genti e l’emergenza di popoli come gli Unni, mentre il potere di Roma si sposta a Oriente con Bisanzio. 
In questa sezione viene sottolineato anche il ruolo della cristianizzazione e della diffusione della lingua latina, punti forti dell’eredità di Roma ed elementi federatori che preannunciano la Romania attuale. 
Tema costante delle sezioni è ‘l’intreccio di culture’, che spiega la ‘Romanità di frontiera’ e come di volta in volta sia riuscita ad adattarsi a questo contesto particolare, che si può paragonare alla situazione della penisola italica (si pensi alla mostra “Tota Italia”).











ARGENTINA - Cueva de las Manos

  La  Cueva de las Manos  (che in spagnolo significa Caverna delle Mani) è una caverna situata nella provincia argentina di Santa Cruz, 163 ...