domenica 27 luglio 2025

GRECIA - Museo Archeologico di Volo

 

Il Museo Archeologico di Volo, noto anche come Museo Archeologico Athanasakeion di Volo, è un museo che si trova a Volos in Grecia, che espone reperti provenienti da molti scavi realizzati in Tessaglia a partire dall'inizio del XX secolo fino ai giorni nostri. 
L'esposizione include gioielli, utensili domestici e attrezzi agricoli, provenienti dagli insediamenti neolitici di Dimini e Sesklo, oltre a statuette di argilla e un'ampia varietà di oggetti del periodo geometrico, un periodo di grandi eventi mitologici, come la spedizione degli Argonauti e la guerra di Troia.
Sono presenti anche statue, e rare statuette snodabili del periodo classico, rare stele con rilievi del periodo ellenistico, che presentano colori in buono stato di conservazione.
Tra le altre, sono esposte anche tombe trasportate nella loro interezza dai siti archeologici in cui furono scoperte, insieme allo scheletro umano e alle offerte poste attorno ad esso.
Appena fuori dal museo ci sono alcune interessanti ricostruzioni delle case neolitiche di Dimini e Sesklo.

GRECIA - Palazzo di Nestore


Il Palazzo di Nestore era un centro importante in epoca micenea, descritto nell'Iliade e nell'Odissea come il regno di Nestore nella "Pilo sabbiosa".
Il palazzo è apparso nella storia della Guerra di Troia, come Omero fa dire a Telemaco:
Pilo trovammo,
Ed il pastor de’ popoli Nestorre.
Qual padre accoglie con carezze un figlio
Dopo lunga stagion d’altronde giunto,
Tal me in sua reggia, e tra l’illustre prole

Il sito è il meglio conservato della Grecia micenea scoperta. Il palazzo è la struttura principale all'interno di un insediamento di epoca tardo elladica più grande, un tempo probabilmente circondato da un muro fortificato. L'edificio a due piani aveva magazzini, officine, bagni, pozzi di luce, sale di ricevimento e un sistema di fognature.
L'insediamento era stato a lungo occupato con la maggior parte dei reperti scoperti risalenti al 1300 a.C. Il complesso del palazzo fu distrutto da un incendio intorno al 1200 a.C.
Nel giugno 2016 il sito è stato riaperto al pubblico dopo che il tetto è stato sostituito da una struttura moderna con passerelle rialzate per i visitatori.
Il sito si trova sulla collina di Epanò Englianos, situato vicino alla strada 4 chilometri a sud di Chora e 17 chilometri a nord di Pilo, a 150 metri sul livello del mare e in una zona di 170 metri per 90 metri.
Nel 1912 e nel 1926 furono scavate due tombe tholos a nord della baia di Navarino. Una conteneva tre barattoli decorati e l'altro una collezione di vasi del primo Miceneo e del Medio Ellanico.
Una spedizione congiunta greca-americana fu formata con il Servizio archeologico greco e l'Università di Cincinnati e il 4 aprile 1939 iniziarono gli scavi di prova di Epano Englianos. Fin dal primo giorno muri in pietra, frammenti di affreschi, ceramiche micenee e tavolette iscritte furono trovate.


Durante lo scavo nel 1939 furono rinvenuti circa 1.000 tavolette in lineare B che, dopo la traduzione, dimostrarono che costituivano parte dell'archivio reale.
Uno scavo sistematico fu impossibile durante la seconda guerra mondiale e gli scavi ripresero nel 1952. Dal 1952 al 1966 il palazzo fu scoperto e furono esplorate ulteriormente le aree intorno all'acropoli.
Nel 2015 l'Università di Cincinnati ha scoperto un reperto straordinariamente ricco non lontano dal palazzo. Questa indisturbata sepoltura di un guerriero miceneo, chiamato il "guerriero del Grifone" dalla squadra di recupero, ha al suo interno anelli d'oro, armi di bronzo e molti altri manufatti. L'iconografia dei manufatti mostra una miscela di cultura minoica e micenea.
La domenica del 12 giugno 2016 è stato riaperto il sito archeologico (dopo la riqualificazione), e inaugurato con una nuova copertura protettiva che si estende sopra un'area monumentale di 3.185 m², che ha reso possibile visitar il palazzo su vestiboli sospesi.
Le tavolette d'argilla in lineare B confermano che il palazzo fu il centro amministrativo, politico e finanziario della Messenia micenea.


GRECIA - Maroulas


Maroulas è un sito archeologico sull'isola di Citno. È un insediamento mesolitico situato a Loutrà e datato tra il 8.800 e il 8.600 a.C. Secondo gli archeologi impegnati nello scavo il sito fu utilizzato per alcuni secoli dall'inizio del IX secolo a.C. L'insediamento si attesta come il più antico della area insulare dell'Egeo.
Il sito nel 1975 era stato classificato come insediamento preneolitico. Una tesi questa fortemente contestata fino al primo sopralluogo del sito avvenuto nel 1995. Le ricerche sugli scavi si sono protratte per tutto il periodo dal 2001 al 2005 a cura dell'Università dell'Egeo e della Soprintendenza dei Beni Archeologici delle Cicladi. L'attività di scavo ha portato alla luce strutture architettoniche, sepolture, depositi di cremazione, utensili in pietra e resti di cibo animale e vegetale. Tutt'oggi si stanno compiendo notevoli sforzi per restaurare, proteggere e utilizzare l'insediamento come sito archeologico.
Maroulas è l'unico insediamento mesolitico esistente in un'area aperta di cui sono conservati elementi architettonici. È importante ricordare che il livello del mare nel periodo mesolitico in quell'area era più basso di circa 40-60 m. Oggi l'insediamento è vicino al mare e una parte significativa risulta distrutta. Sembra essere l'unico insediamento mesolitico dell'Egeo in parte salvato dall'innalzamento del livello del mare. Ciò è dovuto al fatto che all'epoca non era situato sulla costa.
Sulla base dei dati di emersi dallo scavo, gli edifici di Maroulas erano di forma circolare con un diametro variabile dai 3 a 4 m. La loro pavimentazione era ricoperta di pietre e alcune di esse si evince siano state riutilizzate più volte ai fini costruttivi. Le costruzioni in alcune parti del sito sono più concentrate, come nell'area dell'insediamento centrale, in altre meno. Di questi manufatti se ne contano da 15 a 31. Il numero maggiore delle abitazioni, anche se più danneggiate, si trovano sul lato orientale dell'insediamento, adiacente al mare. Il tipo di abitazioni circolari rinvenute a Maroulas era abitato da gruppi di cacciatori-raccoglitori con un grado di stanzialità non ancora certo, anche se alcuni studi in corso indicherebbero un uso abitativo di lunga permanenza. Simili tipologie di edifici del periodo mesolitico non si trovano in nessun'altra area dell'Europa sudorientale.
A Maroulas si osserva una grande diversità di costruzioni dei luoghi di sepoltura. La presenza di ossa lunghe (femori) e di una mascella sotto il pavimento di due case, come anche la concentrazione di ossa sul pavimento di un'altra struttura e l'assenza di teschi su alcuni scheletri, portano alla conclusione che si tratti di sepolture secondarie da riferirsi a pratiche funerarie della fase natufiana. Mentre il posizionamento della lastra sepolcrale sopra il defunto, ricorda i corrispondenti esempi di Ain Mallaha e El Wad. Le 26 sepolture di Maroulas (6 bambini, 19 adulti, 8 uomini, 2 donne) vanno ad aggiungersi a un insieme, numericamente limitato, di sepolture del periodo mesolitico dell'area greca. Da allora pratiche di sepoltura simili sono state osservate solo nelle grotte di Phragthi Argolide e Theopetra Trikala.
Gli strumenti in pietra di Maroulas erano realizzati principalmente in quarzo locale e in quantità minore in ossidiana di Milo e selce. La tipologia degli utensili consisteva in scaglie di piccola dimensione di quarzo e ossidiana, dentellature, raschietti, punteruoli e micro lame. La natura di questi strumenti induce a pensare che i gruppi cercassero di adattarsi all'utilizzo di materie prime disponibili in zona come il quarzo. Maroulas mostra somiglianze con altri siti mesolitici in Grecia, come quello di Fraghti, principalmente in termini di produzione di scaglie e per la minor presenza di strumenti microlitici. L'uso dell'ossidiana indica l'attività di navigazione nell'Egeo finalizzata alla fornitura di materie prime o strumenti già pronti provenienti dall'isola di Milo.
Resti di suini, lepri, volpi, furetti e uccelli sono stati rinvenuti nell'area dell'insediamento come pure è evidente che i gruppi si cibassero anche di pesce, ostriche marine e molluschi terrestri. I resti di cotture carbonizzate e tracce di ossa di maiale testimoniano l'utilizzo di specifiche specie di animali nel contesto delle diete alimentari.
Gli esami sulle ossa dei maiali, al fine di indagare sulla questione dell'addomesticamento degli animali, non hanno condotto a risultati significativi, trattandosi di un campione troppo piccolo. Poiché le popolazioni di maiali non sembrano essere originarie dell'isola di Citno, è verosimile che questi animali siano stati portati nell'insediamento dai residenti di Maroulas per essere utilizzati in attività venatorie.
I resti archeo-botanici sono limitati a campioni di semi di piante della steppa. Tuttavia, in un certo senso, il rilevamento di macine indica la presenza di popolazioni dedite alla coltura di cereali, sebbene tale tesi non sia stata confermata. Dopo aver analizzato i risultati degli studi sui resti di maiali e pesci, in base alla stagionalità delle nascite e al periodo della pesca, è possibile dimostrare che l'insediamento era utilizzato almeno dalla metà dell'inverno fino alla fine della primavera.


GRECIA - Kamares

 
Kamares è la località di un sito archeologico di una grotta sacra minoica che si trova nella parte centro-meridionale dell'isola di Creta, in Grecia. La grotta sacra a Kamares è leggermente decentrata rispetto a un passo di montagna dei Monti Psiloriti, virtualmente allineata con la località della vicina Festo.
Alcuni dei migliori esempi di ceramica del Medio Minoico sono stati scoperti nella grotta di Kamares. La ceramica di Kamares datata al MM (periodo protopalaziale) ha preso il suo nome proprio dal sito. Questa ceramica è policroma con colori disposti chiaro su scuro, e con forme comprendenti giare e tazze. Le ceramiche dello stile “Kamares”, eseguite con l'utilizzo del tornio girevole, sono state denominate “a guscio d'uovo” per il loro esile spessore.

GRECIA - Grotta di Petralona

 

La Grotta di Petralona (in greco : Σπήλαιο Πετραλώνων ), detta anche Grotta delle pietre rosse (in greco : Σπήλαιο "Κόκκινες Πέτρες" ), è una formazione carsica che si trova a 300 m sul livello occidentale del monte Katsika, a poco più di 1 km dal villaggio di Petralona, circa 35 km a sud-est della città di Salonicco, sulla penisola Calcidica.
La grotta fu scoperta casualmente nel 1959 da Fillipos Chatzaridis, un pastore locale che cercava una sorgente. Nel suo tentativo di trovare una fonte d'acqua, trovò una piccola fenditura sulle pendici del Monte Katsika. Due uomini scesero nella cavità e in seguito descrissero un gran numero di camere e corridoi, per un totale di 8-10 metri di altezza con formazioni ricche e belle di speleotemi (stalattiti e stalagmiti).
Il sito divenne di dominio pubblico quando nel 1960 fu trovato un teschio di ominide fossilizzato, catalogato come Petralona 1. Nella grotta sono presenti imponenti formazioni di stalattiti e stalagmiti e con una grande quantità di fossili, la grotta attirò presto geologi e paleontologi. Dopo decenni di scavi la grotta è stata aperta al pubblico e il lavoro scientifico è documentato e presentato in un museo archeologico adiacente.
Il cranio umano è l'esemplare fossile più importante ritrovato nella caverna, da allora noto tra i paleoantropologi come il "Teschio di Petralona".
La grotta si è sviluppata durante il periodo mesozoico (giurassico), i suoi sedimenti sono divisi in diversi livelli stratigrafici. Le formazioni rocciose assomigliano a cactus giganti, perle rosa, robuste colonne o tende delicate, e in diversi punti gli stagni d'acqua sono alimentati da materiale di stalattite. Coprono un'area di 10.400 m2, la lunghezza dei corridoi è di circa 2.000 m e la temperatura durante tutto l'anno rimane stabile a 17 °C (± 1 °C). La prima ricerca del 1959 fu intrapresa dallo speleologo greco Ioannis Petrocheilos. Ha trovato numerose ossa di animali, molte delle quali ricoperte di corallo grotta.
Il Museo antropologico di Petralona espone una selezione degli oggetti che sono stati trovati nella grotta.


Petralona 1 è il fossile di un cranio di un ominide scoperto nella grotta di Petralona in Grecia nel 1960 da Christos Sariannidis.
Il fossile è stato trovato inglobato nella parete di una piccola rientranza della grotta, chiamata "Strato 10", a circa 30 cm sopra il suolo. Il teschio, mancante della mascella inferiore, era incrostato di calcite marrone formatasi subito dopo la morte dell'individuo.
Il cranio ha una capacità cranica di circa 1230 cc.
Ancora dibattuta è la datazione del fossile, che per un'ipotesi risale a 700.000-620.000 anni fa, mentre per un'altra ad un periodo compreso tra 400.000-300.000 anni fa.
Anche la classificazione dell'ominide è dibattuta, tra chi lo ritiene un esemplare dell'homo heidelbergensis, o dell'Homo erectus o dell'Homo neanderthalensis.



GRECIA - Grotta di Psychro

 

La grotta di Psychro, conosciuta anche come grotta di Zeus, è un'antica grotta sacra minoica situata nel distretto di Lasithi, nella parte orientale di Creta. Essa viene associata alla grotta Dittea, quella che si dice essere stata il luogo di nascita di Zeus. Secondo Esiodo, Rea diede alla luce Zeus in una grotta del monte Egeo, nei pressi di Litto. Dalla fine del XIX secolo, la grotta che sovrasta l'attuale villaggio di Psychro è stata identificata con questa. Un'altra grotta tradizionalmente legata alla nascita di Zeus è quella sul monte Ida.
Psychro si trova a 1025 metri sul livello del mare, nel territorio della prefettura di Lasithi.
La grotta Dittea è famosa nella mitologia greca per essere il luogo in cui la capra Amaltea nutrì il neonato Zeus col suo latte. Gli scavi archeologici hanno dimostrato un lungo utilizzo del sito come luogo di culto religioso. La nutrice di Zeus, che Rea incaricò di allevare qui in segreto per nasconderlo al padre Crono (Krónos), viene chiamata anche Adrastea in alcuni contesti. La grotta Dittea si trova sul monte Ditte.
La grotta fu scavata la prima volta nel 1886 da Joseph Hatzidakis, presidente del Syllogos di Candia, e da F. Halbherr. Nel 1896, Arthur Evans studiò il sito. Nel 1899 J. Demargne e David George Hogarth della British School ad Atene effettuarono ulteriori studi. Il breve resoconto di Hogarth del 1900 fornisce una descrizione della distruzione operata da primitivi metodi archeologici: immensi blocchi caduti dal soffitto della grotta furono fatti saltare prima di essere rimossi; la preziosa terra nera era stata portata via. L'altare stuccato della grotta superiore fu scoperto nel 1900, circondato da strati di cenere, ceramiche e "altri rifiuti", tra cui vi erano offerte votive in bronzo, terracotta, ferro e osso, con frammenti di trenta vasi per libagioni e innumerevoli ciotole coniche in ceramica per le offerte di cibo. Le ossa ritrovate tra la cenere dimostrano l'esistenza di sacrifici di tori, pecore, capre, cervi e cinghiali.
Lo strato inferiore della caverna superiore rappresenta la transizione tra la ceramica di stile Kamares del Tardo Minoico e i primi livelli micenei, fino ad alcuni reperti di stile geometrico del IX secolo a.C. Scavi più recenti fanno risalire l'uso della grotta fino al Minoico Antico, e gli oggetti votivi dimostrano che si trattava del più frequentato santuario del Minoico Medio (MM IIIA).
La grotta inferiore scende rapidamente grazie a una scala scavata nella roccia fino a un lago, accanto al quale vi sono stalattiti e stalagmiti. "Molta terra è stata buttata di sotto da chi scavò la grotta superiore", disse Hogarth, "e in essa furono rinvenuti numerosi piccoli oggetti in bronzo". Nelle fessure verticali delle stalattiti più basse la squadra di Hogarth trovò modellini di "bipenni, lame di coltelli, aghi e altri oggetti in bronzo, posti qui come oggetti votivi. Anche il fango posto accanto al lago sotterraneo era ricco di oggetti simili, di statuette maschili e femminili e di pietre intagliate".
Nel 1961 John Boardman pubblicò una descrizione dei reperti trovati in questi e altri scavi.
Nonostante le statuette umane in argilla siano comuni nei santuari montani, la grotta di Psychro e quella del Monte Ida sono le sole a contenerne. Psychro è anche nota per il ritrovamento di una gamba di bronzo, unico oggetto votivo rappresentante una parte del corpo mai trovato in un santuario di grotta. Tra i più comuni reperti della grotta sacra di Psychro vi sono lampade in pietra e in ceramica.
Psychro ha fornito numerose pietre semi-preziose, tra cui corniola, steatite, ametista, diaspro ed ematite.
I reperti recuperati a Psychro sono in mostra presso il museo di Candia, l'Ashmolean Museum, il Louvre e il British Museum.


GRECIA - Creta, Malia

 

Malia (in greco Μάλια) è un ex comune della Grecia nella periferia di Creta (unità periferica di Candia) con 6 212 abitanti secondo i dati del censimento 2001.
È stato soppresso a seguito della riforma amministrativa, detta Programma Callicrate, in vigore dal gennaio 2011 ed è ora compreso nel comune di Chersonissos.
Il territorio del comune si estende dalle falde dei monti Dikti e Selena a sud, fino alle coste del mare di Creta a nord. Il territorio è montuoso eccetto una breve striscia costiera dove sorge la cittadina di Malia. Vi si trovano numerose sorgenti termali alle falde dei monti Selena. L'economia si basa prevalentemente sul turismo. Gli oliveti danno un'abbondante produzione di olio d'oliva. Sono presenti stabilimenti per l'imbottigliamento di acqua minerale. L'accesso al comune è garantito dalla superstrada Heraklion - Agios Nikolaos.
A Malia si trova un importante palazzo minoico strutturato come gli altri a Creta e di cui condivise la sorte.
La presenza umana a Malia risale al periodo del Neolitico (6000-3000 a.C.) attestata da resti di mandrie, da grotte lungo la costa e da case del periodo prepalaziale (2500 a.C.-2000 a.C.) trovate sotto le fondazioni del palazzo. Il primo palazzo di Malia fu costruito tra il 2000 a.C. e il 1900 a.C. Questo fu distrutto nel 1700 a.C. e ricostruito nel 1650 a.C. nello stesso luogo del precedente e seguendone fedelmente il piano. Nel 1450 a.C. anche il nuovo palazzo fu distrutto insieme agli altri centri minoici di Creta. Il sito fu occupato per un breve periodo nel XIII secolo a.C. Bisognò quindi aspettare il periodo romano perché il luogo venisse nuovamente ripopolato. Malia e il suo palazzo vennero ricostruiti. La città venne anche ampliata tra cui la costruzione di una basilica ben conservata del VI secolo. Malia venne definitivamente abbandonata durante il medioevo.
Gli scavi furono intrapresi dall'archeologo Chatzidakis nel 1915 sulla collina Azymo ed ebbero il merito di portare alla luce l'ala occidentale del palazzo e tombe lungo la costa. Più tardi fu la scuola archeologica francese di Atene ad iniziare ricerche accentrate nella zona del palazzo, del villaggio circostante e nelle necropoli della costa. I reperti sono esposti al museo archeologico di Iraklio ma una piccola parte di essi si trova al museo archeologico di Agios Nikolaos. Le rovine del Nuovo palazzo, cui si accede attraverso una strada pavimentata intersecata da numerosi sentieri, le cosiddette vie processionali, sono oggi le meglio conservate.
Ogni fianco del palazzo aveva un'entrata. Il cortile centrale del palazzo aveva un altare al centro e portici ai lati. L'ala occidentale del palazzo era dedicata al culto e vi si trovavano gli appartamenti dei dignitari e i magazzini. Il cortile era dominato da una loggia. A fianco al Kernos, tavola in pietra circolare con 34 cavità probabilmente utilizzata per offerte votive stava un'altra gradinata che forse costituiva l'area del teatro.
A sud e a sud ovest si trovavano i diversi ambienti del tesoro reale.
Ad est le cucine e i magazzini dove venivano riposte le giare dell'olio e del vino.
Al lato nord che era quello più corto del cortile c'era la sala ipostila, a due file di tre colonne, preceduta da un'anticamera. Sopra vi era una sala di uguali dimensioni che forse era adibita a banchetti. Ad est vi era un corridoio che connetteva il cortile centrale con quello nord circondato da laboratori e magazzini.
Il cimitero del palazzo era dislocato in grotte della costa a nord est. La più importante di queste grotte era quella di Chrysolakko che ha restituito il famoso gioiello delle api sulla goccia di miele, oggi esposto al museo archeologico di Iraklio.



GRECIA - Rachmani

 
Rachmani è un sito archeologco preistorico vicino Volos, in Tessaglia (Grecia). Il sito fu scavato nel 1910 da Wace e Thompson, due archeologi inglesi, ed hanno evidenziato come sia stato abitato lungo un periodo che si eestende, almeno, dal neolitico all'età del bronzo. Il sito è una delle poche testimonianze materiali del passaggio dal neolitico al bronzo in Grecia. Gli scavi hanno dato alla luce resti di abitazioni, un'unica sepoltura, e diversi oggetti in ceramica. Sono stati indagati resti di case, costruite in mattoni crudi o pietre, di forma circolare o semicircolare. I ritrovamenti ceramici presentano caratteristiche riferibili a diversi facie culturali, temporalmente contigue, e presenti in alcuni siti archeologici vicini; ritrovamenti riferibili alla cultura di Sesklo, a quella di Dimini, ed altri caratteristici di una produzione locale.
Sulla base dell'evoluzione delle tecniche decorative delle ceramiche, si ipotizza tra le culture preistoriche europee che utilizzavano decorazioni dipinte, quella di Sesklo sarebbe la più semplice (bicolore), e quindi la più antica, seguita da quella di Dimini (tricromica), e quindi da quella della fase finale di Rachmani (la più recente), caratterizzata da decorazioni incrostate o verniciate.


GRECIA - Sesklo

 

Sesklo (in greco Σέσκλο) è un villaggio della Grecia appartenente al comune di Aisonia (periferia della Tessaglia). A seguito della riforma amministrativa detta Programma Callicrate in vigore dal gennaio 2011 è ora compreso nel comune di Volos. Conserva i resti di un abitato neolitico, scoperto alla fine del XIX secolo dall'archeologo greco Christos Tsountas; gli scavi hanno riportato alla luce almeno tre diversi strati abitativi, la cui esistenza si sono succeduti nel periodo tra il VII millenio fino al 4.400 a.C., quando l'abitato cessò di esistere, probabilmente, a seguito di un incendio.
Il villaggio di Sesklo ha dato il nome ad una civiltà, cultura di Sesklo, che precede immediatamente quella di Dimini, largamente diffusa in Tessaglia e nella Grecia centrale. Caratteristica di questa facies culturale è una ceramica ben cotta, a superficie rossa, dipinta in bianco o a sfondo chiaro con decorazione in rosso. I motivi ornamentali più frequenti sono quelli a fiamma, a scaletta e a scacchiera. Fra gli utensili e le armi in pietra si notano asce, mazze, coltelli, braccialetti di conchiglie o di perline in pietra. Molto diffusi sono anche gli idoletti in ceramica o in pietra, raffiguranti la dea della fecondità, nuda, in atto di sostenersi i seni. Le abitazioni più antiche, rettangolari e rotonde, consistevano di uno zoccolo di pietra, su cui poggiava l'alzato di frasche e fango. Le suppellettili domestiche più frequenti sono macine e pestelli, e i resti di ossa di animali mostrano che l'economia di queste genti era agricola con coltivazione di cereali e allevamento di ovini e suini, mentre il ritrovamento di rocchetti e fusaiole attesta che era già largamente praticata la tessitura.
I reperti ritrovati durante gli scavi sono oggi esposti al Museo archeologico di Volo.

GRECIA - Corinto, Fontana di Pirene

 


La Fontana di Pirene o Fontana inferiore di Pirene (in greco Πειρήνη?) è il nome di una fontana o una sorgente della mitologia greca, situata a Corinto precisamente all'interno del sito dell'Antica Corinto.
Si diceva che fosse l'abbeveratoio preferito del cavallo Pegaso, nonché luogo sacro alle Muse. I poeti viaggiavano lì per bere e ricevere ispirazione.
Nel II secolo, il viaggiatore Pausania descrive il mito di Pirene, amante di Poseidone, la quale si dissolse in fonte a causa delle morte del fratello ucciso da Artemide. Egli racconta così:
«Lasciando il mercato lungo la strada per Lecheum, si giunge a una porta d'accesso, sulla quale si trovano due carri dorati, uno che porta Fetonte il figlio di Elio, l'altro Elio stesso. Un po' più lontano dalla porta, a destra mentre entri, c'è un bronzo di Ercole. Dopo di che ci è l'ingresso alla fonte di Pirene. La leggenda su Pirene narra che lei fosse una donna che divenne una fonte a causa delle lacrime versate per suo figlio Cencria, che fu involontariamente ucciso da Artemide. La sorgente è ornata di marmo bianco, e sono state costruite delle camere come delle grotte, dalle quali l'acqua scorre in un pozzo all'aperto. È piacevole da bere, e dicono che il bronzo Corinzio, quando è rovente, è temperato da quest'acqua, finché il bronzo dei Corinzi sia forte. Inoltre vicino a Pirene c'è un'immagine e un recinto sacro ad Apollo; su quest'ultimo vi è un dipinto della vendetta di Ulisse contro i pretendenti
Esiste anche un'altra versione, secondo cui la fontana fu creata dallo zoccolo di Pegaso che colpiva il suolo. Ad ogni modo, la leggenda di Pausania è molto più diffusa.
La sorgente superiore di Pirene, legata al racconto eziologico di Pausania, si trova sull'Acrocorinto, acropoli di Corinto. Si ritiene che il primo re di Corinto Sisifo, cercando di risolvere il problema della scarsità d'acqua in città, si ritrovò nei pressi della rocca, dove vide Zeus con una bella ninfa di nome Egina che era figlia del dio fluviale Asopo, rapita dallo stesso Zeus. Il dio Asopo si presentò allora a Sisifo nelle sembianze di un vecchio e gli chiese notizie di sua figlia. Sisifo disse di averla vista, senza però rivelare subito chi l'aveva rapita preferendo chiedere una fonte d'acqua per la sua città in cambio dell'informazione. Asopo promise che gli avrebbe dato la fonte e Sisifo mantenedo il patto rivelò che la ninfa era stata rapita da Zeus. Soddisfatto, Asopo fece dono al re della sorgente perenne detta Pirene.
In questo abbeveratoio, Bellerofonte riuscì a domare il cavallo Pegaso grazie a una briglia d'oro donata da Atena, permettendogli poi di compiere l'impresa della chimera.
Le prime pietre della costruzione risalgono al periodo arcaico (VII secolo a.C. o, più probabilmente, al VI secolo), costituendo in virtù dell'epoca storica una delle prime costruzioni di Corinto, assieme al tempio di Afrodite sull'Acrocorinto e alle mura settentrionali. La fontana ha subito non meno di nove trasformazioni nella sua storia. L'attuale forma della fontana risale al restauro operato da Erode Attico (vissuto nel 101-177 d.C.) in epoca imperiale romana, ma vi sono anche ulteriori modificazioni realizzate nel periodo bizantino.


ARGENTINA - Cueva de las Manos

  La  Cueva de las Manos  (che in spagnolo significa Caverna delle Mani) è una caverna situata nella provincia argentina di Santa Cruz, 163 ...