Il
Museo etrusco Guarnacci ha
sede in via Don Minzoni a Volterra, e contiene una delle più
belle raccolte di arte etrusca.
Nel 1776 il canonico della
cattedrale di Volterra Pietro Franceschini rinveniva nei pressi della
necropoli etrusca del Portone un ipogeo di notevoli dimensioni
risalente all'epoca ellenistica, contenente quaranta urne etrusche,
che nel 1777 donò al comune di Volterra. Questa
donazione fu il primo nucleo del Museo Civico che in breve tempo
raccolse molte altre opere rinvenute nei dintorni di Volterra e
che fino a quel momento erano state custodite in collezioni private
di nobili volterrani.
Tra le varie donazioni la più
importante e più consistente fu quella di Monsignor Mario
Guarnacci (1701-1785), un facoltoso sacerdote promotore di
numerose campagne di scavo archeologiche, che il 15
settembre 1761 donò la sua intera collezione al neonato
museo. A lui venne intitolato il museo che in oltre due secoli di
storia ha incrementato il suo patrimonio grazie a numerose campagne
di scavo promosse dalla Soprintendenza alle Antichità dell'Etruria.
Prima sede del museo fu palazzo
Ruggeri, abitazione del Guarnacci, in seguito venne trasferito prima
in alcune sale del municipio e poi dal 1877 nel
palazzo Desideri-Tangassi, attuale sede.
Primo Prefetto e Bibliotecario del
Museo Guarnacci di cui si ha notizia fu l'abate romano Francesco
Ballani, noto librettista del suo tempo, a cui succedette
nel 1805 Giuseppe Cailli fino alla sua morte
nel 1810. Francesco Inghirami (1772-1846) occupò
questa carica dal 1810 fino al 1815.
Il museo espone la più cospicua
collezione di urne etrusche al mondo. Tra le opere custodite più
interessanti si trovano:
Stele di Avile Tite
Ombra della sera, statuetta in
bronzo di struttura filiforme
Urna degli sposi, urna in
terracotta
Testa Lorenzini (
foto in alto)
La collezione etrusca, integrata da
numerosi reperti sia di età villanoviana che di età
romana, è dislocata su tre piani del palazzo ed costituita da 38
sale collegate in un percorso didattico che consente di percorrere le
tappe più importanti della storia dell'antica Velathri.
Piano
Terreno
Sala I
Nella prima sale a sono raccolti
reperti risalenti al periodo eneolitico (3000-2000 a.C.),
principalmente asce, pugnali di rame, punte di freccia provenienti
dalle tombe rinvenute a Pomarance, Guardistallo e Montebradoni che
testimoniano come il territorio volterrano fosse intensamente abitato
già in età preistorica.
Sono inoltre presenti reperti del
periodo neolitico e dell'età del bronzo (2000-1000
a.C.) e dell'età del ferro. I reperti di epoca
villanoviana (X-VIII secolo a.C.) sono costituiti da ziri e
ossari biconici e oggetti di corredo funebre quali punte di lancia,
morsi equini, fibule e vasi di impasto.
Al centro della sala è ricostruita la
cosiddetta Tomba di Badia, il cui corredo funebre è esposto in
una vetrina adiacente (
foto a destra).
Sala I bis
In questa sala il materiale esposto
proviene dalla necropoli delle Ripaie e venne rinvenuto negli anni
sessanta del XX secolo durante i lavori per la
costruzione dello stadio comunale. In quell'occasione vennero alla
luce diverse tombe di epoca villanoviana che sono state ricostruite
ai lati della sala.
La più interessante è la Tomba
Q1 con camera sepolcrale a pseudocupola; il suo corredo è
composto da due fermatrecce in argento, un fermaglio in bronzo
smaltato, varie fibule di ferro, una fuseruola e tre aryballoi di
epoca etrusco-corinzia. La tomba risale al VII secolo a.C.,
epoca di intenso scambi commerciali tra l'Etruria e Corinto.
Molto recente è l'allestimento degli
scavi della tomba del guerriero di Poggio alle Croci, scavata tra
il 1996 e il 1997, dalla quale proviene uno
straordinario elmo crestato (
foto a sinistra) e una fiasca bronzea che non ha
equivalenti al mondo per stato di conservazione.
Sala II
In questa sala sono raccolti materiali
risalenti al periodo orientalizzante. Questa epoca non è molto
documentata a Volterra, questo perché gran parte delle tombe di
questo periodo vennero distrutte a seguito della costruzione della
cinta muraria del IV secolo a.C. che inglobò il territorio
su cui erano ubicate le necropoli dell'epoca.
Sono presenti una serie di bronzetti
arcaici risalenti agli inizi del VI secolo a.C., un attingitoio
di impasto buccheroide con al piede un'iscrizione e che risale al VII
secolo a.C., alcune belle fibule in elettro provenienti da
una tomba scoperta nel bosco di Berignone e una catena in oro
lavorata a filigrana lunga databile anch'essa al VII secolo a.C.
In questa sala è presente la Stele
di Avile Tite (
nella foto a destra), come è inciso in un'iscrizione posta sulla parte
sinistra. La stele rappresenta un guerriero dai capelli lunghi e
armato di lancia e spada con un'impugnatura a testa di uccello. La
stele è di stile greco-orientale e risale al VI secolo a.C.
Sala III
Al centro della sala è posta una testa
in marmo nota col nome di Testa Lorenzini perché
casualmente rinvenuta da Lorenzo Lorenzini durante dei lavori di
ristrutturazione in un suo edificio posto nel centro storico. La
statua raffigura una divinità, forse Apollo e viene datata
tra il 480 a.C. e il 460 a.C.; è la più antica
statua marmorea dell'Etruria settentrionale.
Nella sala sono presenti anche un
cratere attico a figure rosse del V secolo a.C., una serie di
urne molto semplici, alcune conservano tracce di pitture, risalenti
al IV secolo a.C., due sarcofagi provenienti dalla necropoli del
Portone (
nella foto a sinistra), che rappresentano un rarissimo esempio di sepoltura a
inumazione in un'area dove si usava solo la cremazione. Sono anche
presenti una serie di urne con decorazioni floreali, tra cui spicca
quella catalogata col numero 538 che presenta una figura femminile
dai lineamenti particolarmente aggraziati.
Sala IV
In questa sala, come nelle altre del
piano terra, ci sono cinerari esposti secondo lo stile in voga
nel XIX secolo. In quell'epoca si raccoglievano in un unico
ambiente materiali simili anche se provenienti da siti archeologici
diversi. Significativa l'urna numerata 37 nella quale è scolpita una
finestra semichiusa che rivela che l'urna fosse ritenuta dagli
etruschi dimora del defunto.
Sala V
Sono presenti urne con raffigurazioni
sulla cassa di animali fantastici come ippocampi e grifoni.
Sala VI
Sono qui raccolte le urne raffiguranti
le scene di commiato funebre.
Sala VII
In questa sala sono raccolte urne che
raffigurano il viaggio del defunto fino all'aldilà. Sull'urna 156 è
raffigurato un magistrato che saluta i congiunti in un clima di
sfarzo mentre nella numero 121 il defunto col volto semicoperto parte
a cavallo per l'ultimo viaggio accompagnato da un servo: ad
attenderlo trova una figura demoniaca Carun che impugna un
grosso martello.
Il giardino
Vi si accede dalla sala VII e vi sono
collocate urne, tombe barbariche e i resti di un calidarium. Vi
è posta anche una statua raffigurante forse Marco Tullio
Cicerone, conosciuta nella tradizione cittadina come Prete o
proto Marzio.
Dal giardino si può osservare
la chiesa di Sant'Andrea.
Sala VIII
Sono qui conservate le urne che hanno
per tema le scene del viaggio agli Inferi in carpento, un carro
coperto. Significativa l'urna 136 sul cui coperchio è raffigurato
l'aruspice Aule Lecu, nell'atto di esaminare un fegato ovino.
Notevole anche l'una 141 che presenta un'iscrizione A. Caecina
Selcia annos XII.
Sala IX
Qui sono raccolte le urne raffiguranti
scene di viaggio in quadriga, in nave e quelle raffiguranti il ratto
di Proserpina.
Piano Primo
Sala XIII
Al centro di questa sala è sposto un
mosaico policromo (
foto in basso a destra) di epoca romana proveniente dalle terme di San
Felice. Le urne di questa sala raffigurano i miti greci: Medea che
fugge da Corinto, la saga del Minotauro, Pelope e Ippodamia a
testimonianza che le leggende greche furono progressivamente
conosciute in Etruria a partire dal III secolo a.C.
Sala XIV
Anche qui le urne rappresentano miti
greci: Perseo e Andromeda, Centauromachia, la
caccia al cinghiale Calidonio e il ratto delle Leucippidi.
Al centro della sala è esposto un mosaico rinvenuto nei pressi
di Castagneto Carducci.
Sala XV
Sono qui esposte le urne raffiguranti
l'apparizione del coniuge defunto alla moglie o secondo un'altra
lettura viene qui rappresentato il mito di Erifile e Anfiarao;
al centro è esposto un mosaico romano.
Sala XVI
Le urne rappresentano episodi del Ciclo
Tebano quali l'assalto alla città di Tebe, Anfiarao inghiottito
nella voragine aperta da Zeus, Edipo e la Sfinge,
il duello tra Eteocle e Polinice, Cadmo e il
serpente, l'assassinio di Enomao e infine Atteone sbranato
dai cani e Dirce straziata dal toro.
Sala XVII
Al centro un mosaico scoperto nei
pressi della chiesa di San Francesco. Le urne qui raffigurano il
ciclo Troiano; il rapimento di Elena, il riconoscimento
di Paride, il sacrificio di Ifigenia, Telefo nell'accampamento
dei greci, le Amazzoni in soccorso dei
troiani, Filottete abbandonato nell'isola di Lemno e
i prigionieri troiani sacrificati per il funerale di Patroclo.
Sala XVIII
Le urne qui rappresentano il mito
di Oreste, teme della trilogia di Eschilo: Agamennone è
ucciso da Egisto e Clitennestra, Oreste vendica
l'assassinio del padre e le Furie perseguitano Oreste.
Altre urne rappresentano invece il mito
di Ulisse: l'accecamento di Polifemo, la seduzione
della maga Circe, il richiamo delle Sirene e
l'uccisione dei Proci
Sala XIX
Le urne presentano bassorilievi
raffiguranti scene di combattimento tra Galli ed Etruschi e
la fine di Mirtilo.
Sala XX
In questa sala è esposto uno dei
capolavori dell'arte etrusca: il coperchio in terracotta lavorata a
stecca raffigurante una coppia di coniugi e conosciuto come Urna
degli Sposi (
foto a sinistra). Notevole il realismo della raffigurazione del volto dei
due personaggi. L'opera è ritenuta risalente al periodo sillano (80
a.C.-90 a.C.) e quindi legata al ritratto romano repubblicano.
ntorno all'urna sono esposte ceramiche
non verniciate di uso quotidiano come anfore romane.
Sala XXI
Sono esposte delle ceramiche
provenienti da Serre di Rapolano, nei pressi di Chiusi. Si
tratta di vasi di buccheri pesante di colorazione nero lucente, una
manifattura tipica dell'area di Chiusi risalente al VI - V
secolo a.C. Altri vasi presentano figure nere (VI secolo a.C.) e
figure rosse (V secolo a.C.).
Sala XXII
In questa sala è esposta l'opera più
celebre del museo: il bronzo longilineo conosciuto come l'Ombra della
Sera (
nella foto a destra), secondo la definizione che ne dette Gabriele D'Annunzio.
Si tratta probabilmente di un ex voto
risalente al III secolo a.C. e proviene dalla collezione
Buonarroti di Firenze. Fu acquistato dal Guarnacci dopo che ne
era stata pubblicata un disegno da Anton Francesco Gori, uno
studioso di etruscherie, il quale sosteneva che la scultura
fosse stata rinvenuta in territorio volterrano.
La statua è alta 57,50 cm e
raffigura un giovane in modo enormemente allungato. Gli ex voto
allungati sono tipici del III secolo a.C. ma l'Ombra della
Sera per la sua moderna espressività è probabilmente opera di
un artista di grande sensibilità.
Sala XXIII
La sala presenta una raccolta di
oggetti in bronzo: fibule, cinture, bracciali, strumenti chirurgici e
un elmo a calotta del IV secolo a.C. . Sono presenti
inoltre una serie di monete di epoca etrusca, repubblicana e
imperiale.
Sala XXIV
Sono esposti una serie di oggetti in
avorio e osso e una notevole raccolta di ex voto in bronzo
raffiguranti animali, divinità e amuleti tutti realizzati tra
il VII e il V secolo a.C.
Sala XXV
Sono esposte oreficerie e gemme quali
cammei, anelli, sigilli spille, collane ecc. ecc.
Sala XXVI
Vi sono esposte opere di epoca romana
scoperte nell'area di Vallebona dove è posto il teatro romano. Vi è
un'iscrizione in origine collocata sul fronte scenico del teatro a
ricordo di Aulo e Caio Caecina che fecero costruire il
teatro nel I secolo a.C.
Sono presenti anche due statue
raffiguranti le teste di Augusto e della moglie Livia e
una ricostruzione di una tomba di età tardo romana.
Piano
Secondo
Sala XXVII
In questa sala, come nelle successive,
le urne sono circondate dal loro corredo funebre in modo da poter
ammirare il monumento funebre nella stessa composizione del
ritrovamento.
Sono esposte due urne con coperchio
displuviato, una in terracotta e una in tufo. Risalgono entrambe
al IV secolo a.C. e sono i primi esempi di raffigurazione
antropomorfa scoperti nel territorio volterrano.
Sala XXVIII
Sono qui ricostituite varie tombe a
camera. Quella sulla sinistra, risalente al II secolo a.C. è
stata scoperta nella necropoli di Badia e le urne rappresentano miti
greci. Quella di destra proviene dalla necropoli del Portone e
presenta un ricco corredo composto da vasellame, anelli specchi e
anch'essa risale al II secolo a.C.
Sala XXIX
È qui ricostruita una vecchia bottega
artigiana dove sono esposti coperchi di urne raffiguranti con i volti
dai tratti molto simili.
Sala XXX
Sono qui esposte una serie di urne che
provengono da botteghe artigiane di alto livello botteghe che sono
state identificate attraverso il nome del loro proprietario.
Interessanti quelle catalogate col numero 228 realizzata dal Maestro
di Mirtilo, le numero 245 e 427 realizzate dalla bottega delle
piccole patere e le numero 259 e 338 realizzate dalla bottega
delle rosette e palmette. Tutte risalgono al II secolo a.C.
Sala XXXI
Sono esposte le urne che rappresentano
le raffigurazioni più presenti nelle urne volterrane: miti greci e
viaggia gli inferi. I committenti che sceglievano il tema dei viaggi
agli inferi generalmente erano costituiti da un pubblico maggiormente
legato alle credenze religiose tipiche del popolo etrusco; chi invece
sceglieva i miti greci era generalmente un pubblico più colto.
Sala XXXII
In esposizione in questa sala ci sono
urne che raffigurano il defunto secondo gli schemi iconografici
macedone-orientale.
Sala XXXII a
Sono qui esposte urne con coperchi
raffiguranti volti dai tratti somatici molto accentuati.
Sala XXXIII
In questa sala sono esposti bronzi.
Specchi bronzetti votivi. Molto importante il bronzo raffigurante Il
Portatore d'Acqua che venne rinvenuto nella necropoli della
Docciola. Si tratta di una figura molto allungata che richiama lo
stile dell'Ombra della Sera.
Sala XXXIV
Sono qui esposte soprattutto monete
dell'etrusca Velathri risalenti tutte al III secolo
a.C.
Sala XXXV
In esposizioni steli funerari e cippi
talvolta con iscrizioni. Significativi due frammenti di statue
femminili in marmo di Carrara. Quella acefala raffigura una
donna col bambino; sul braccio destro vi è un'iscrizione che viene
interpretata io sono Larthi... Velchinei dedicò.
Sala XXXVI
In questa sala sono esposte ceramiche a
figure nere: skyphoi, kylikes, oinochoai, situle... Significativi i
grandi vasi decorati con motivi vegetali, la cui vernice è di un
nero molto lucente. Furono prodotti dalla Fabbrica di Malacena e
scoperti nei pressi di Monteriggioni.
Sala XXXVII
Sala delle ceramiche a figure rosse
risalenti al IV secolo a.C. e di produzione locale.
Sala XXXVIII
In questa sala sono poste urne
provenienti dalla tomba della famiglia Luvisu come riporta
un'iscrizione sul coperchio di un'olla cineraria in alabastro. La
tomba venne rinvenuta nel 1738 nella necropoli del Portone
da Monsignor Guarnacci.