Il
Museo archeologico nazionale
delle Marche si trova ad Ancona, all'interno
del cinquecentesco palazzo Ferretti. Documenta in modo
pressoché completo la preistoria e la protostoria del
territorio marchigiano; comprende ricche collezioni relative
alla civiltà greca, romana e a quella dei Galli Senoni. I
reperti relativi alla civiltà picena formano la più
completa raccolta esistente; per la ricchezza delle sue collezioni il
museo è uno dei più importanti musei archeologici d'Italia. Dal dicembre 2014 il Ministero per
i beni e le attività culturali lo gestisce tramite la Direzione
regionale Musei.
Il museo, con il nome di "Gabinetto
paleoetnografico ed archeologico delle Marche", fu istituito nel
1863 dalla Regia Commissione Conservatrice delle Marche.
Successivamente
le collezioni archeologiche furono ampliate da Carisio
Ciavarini, dal maggio 1876 Ispettore degli scavi e dei
monumenti del Regio Commissariato per i Musei e Scavi di Antichità
per l'Emilia e le Marche, e sistemate nel fabbricato delle
Regie Scuole Tecniche in via San Martino, dove Ciavarini
insegnava e dove il museo fu ospitato dal 1868 al 1877.
Fu quindi trasferito nella sede del Palazzo degli Anziani e
da qui, nel 1884, passò nell'ex Convento di San Domenico. Fu di
nuovo trasferito nel 1898 nelle più ampie sale
dell'ex convento degli Scalzi, in via Duomo n.12, dove rimase
fino al 1923.
Nel 1906, grazie alla ricchezza e
alla rappresentatività delle sue collezioni, l'istituzione ottenne
il riconoscimento statale e assunse la denominazione di Museo
Archeologico Nazionale delle Marche. Il riconoscimento dell'interesse
nazionale non va sottovalutato poiché all'epoca i musei archeologici
nazionali italiani erano pochi, tra cui i tre di Roma (Museo
nazionale romano, Museo nazionale preistorico, Museo
nazionale etrusco) e quelli
di Napoli, Firenze, Cagliari, Taranto, Parma e
di Portogruaro. Dopo l'apertura del museo di Ancona e di
quello di Matera (1911), il numero dei musei archeologici
rimase stabile sino agli anni settanta del Novecento.
Il museo rimase al convento degli
Scalzi fino al 1923, quando fu trasferito negli spaziosi locali
del convento di San Francesco alle Scale ed inaugurato il 9
ottobre 1927 alla presenza del re Vittorio Emanuele
III di Savoia. Secondo i criteri dell'epoca, i chiostri furono
trasformati in fiorenti giardini, gli arredi vennero realizzati da
esperti ebanisti, i sostegni delle vetrine furono ispirati ai
trapezofori pompeiani; tutto ciò rendeva l'ambiente del museo
all'altezza delle collezioni ospitate. Le sezioni erano
tre: preistorica, picena e gallica, mentre
specifici settori erano dedicati alla collezione numismatica e alle
ricche raccolte provenienti dalla necropoli picena
di Numana e da quella greco-romana di Ancona.
Durante la Seconda Guerra
Mondiale l'edificio fu pesantemente danneggiato
dai bombardamenti, con conseguenti danni alle collezioni che
improvvidamente non erano state inviate nei depositi allestiti
dal soprintendente Pasquale Rotondi a Sassocorvaro;
nel dopoguerra non fu dunque possibile riaprire subito al pubblico le
raccolte.
Per la riapertura del Museo
Archeologico Nazionale delle Marche si dovette attendere il 1958,
quando fu allestito nell'attuale prestigiosa sede di Palazzo
Ferretti. Il forte terremoto che
colpì Ancona nel 1972 costrinse ad una nuova
chiusura, protrattasi fino al 1988. A partire da quella data il
museo ha gradualmente riaperto le sue sezioni, iniziando da
quelle protostorica e preistorica, per proseguire con
quelle dell'Età del Rame e del Bronzo, a
quella ellenistica e infine (parzialmente) quella romana.
Nel 2022 devono ancora essere riaperte la sezione
altomedievale e la ricchissima collezione numismatica; deve
inoltre essere completata la riapertura della sezione romana. Il
Museo Nazionale ha sempre svolto un attivo ruolo nel contrastare il
fenomeno della vendita illegale all'estero di reperti che, come in
tutta Italia, è presente anche nelle Marche. Esemplare in questo
senso fu il recupero dei Bronzi dorati da Cartoceto di Pergola:
nel 1946, nonostante i disagi derivati dai bombardamenti che avevano
semidistrutto la sede del Museo, l'unico dipendente ancora in
servizio si recò sul luogo del ritrovamento e prese possesso dei
frammenti di bronzo dorato che erano appena stati scavati, mentre il
proprietario del terreno si era recato urgentemente a Roma;
sospettando che il viaggio improvviso fosse dovuto all'intenzione di
contattare il mercato antiquario clandestino, il dipendente sequestrò
i reperti nel nome dello Stato e fece in modo di farsi consegnare
altri frammenti precedentemente occultati. Fu così che fu possibile,
dal 1959, esporre al pubblico il celebre gruppo statuario.

In negativo, il ruolo del Museo è
deducibile dal fatto che, prima della sua istituzione, preziosi
reperti trovati nelle Marche finirono all'estero; valgano i seguenti
esempi.
alcuni crateri monumentali
da Numana, capolavori della ceramica greca, che finirono
al Metropolitan Museum di New York:
- il cratere a
calice con Amazzonomachia attribuito al pittore
dell'hydria di Berlino;
- il cratere a
campana con satiri e menadi, attribuito al
pittore di Methyse;
- il cratere a volute
con centauri e lapiti, attribuito al pittore dei
satiri villosi;
- la statuetta di bronzo del IV
secolo a.C. raffigurante Poseidon, proveniente da Ancona ed
ora conservata al Museum of Fine Arts di Boston
- la statuetta in ambra intagliata
con Afrodite ed Adone, proveniente da Falconara ed ora
al Metropolitan Museum of Art di New York, di arte
etrusca, risalente al 500 a.C. circa. In tale scultura Afrodite fa
innamorare Adone facendogli odorare un profumo contenuto
in un alabastron, come narra il mito (
foto qui in alto a destra).
- la lekythos con Amimone insidiata
da Poseidon, del pittore della phiale, datata al 430
a.C. circa, reperto testimoniante la fase più antica di Ancona
greca; proveniente da Ancona, anch'essa è conservata
al Metropolitan Museum of Art di New York.
Sezione
preistoricaLa sezione preistorica comprende
quattro settori, dedicati al Paleolitico, al Neolitico, all'Età del
Rame e all'Età del Bronzo.
Paleolitico
- Sala 1 - Prima dell'inizio del percorso cronologico, si trova la
sala della Venere di Frasassi (
foto in apertura, in alto); venne ritrovata nel
2007 all'interno della Grotta della Beata Vergine di
Frasassi, poco distante dalla Grotta Grande del Vento; è stata
realizzata utilizzando una stalattite. Si tratta di una figura
femminile dalle forme generose, con gli avambracci piegati in avanti
e con le mani congiunte, in un gesto di preghiera e di offerta; il
ventre mostra che la donna è incinta. Il reperto è una venere
paleolitica; in Italia esistono solo altri dieci esemplari
simili. Risale a circa 20.000 anni fa (Paleolitico superiore,
periodo Gravettiano o Epigravettiano antico).
- Sala 2 -
Sono qui esposti i reperti più antichi mai rinvenuti nelle Marche:
quelli della zona sommitale di Monte Conero, risalenti a circa
300.000 anni fa (Paleolitico inferiore). Si tratta
di bifacciali e di manufatti su scheggia di cultura
acheuleana. Più recenti sono i reperti realizzati con la tecnica
Levallois.
- Sala 3 - Sono esposti oggetti
realizzati con tecnica microlitica. Reperto specificatamente
artistico è il ciottolo graffito con la figura femminile avente
testa di lupo (
foto a sinistra).
Neolitico (sale 4, 5 e 6). La sezione illustra
esaurientemente la Rivoluzione neolitica, verificatasi nelle
Marche nel VI millennio a.C. Espone infatti le prime
testimonianze dell'agricoltura (macine e macinelli),
dell'addomesticazione e dell'allevamento (ossa di animali
domestici), del commercio (oggetti realizzati
con ossidiana e steatite), della divisione del lavoro
(vasi fittili), della costruzione di villaggi (resti di
intonaco e di focolari domestici). Presenti anche i primi manufatti
in pietra levigata.
Età del Rame (sala
7). La sezione presenta i primi, rari esempi di uso e di
manipolazione dei metalli, oltre a splendide asce-martello in pietra
levigata. I reperti testimoniano come le comunità diventino sempre
più dipendenti dall'approvvigionamento dei metalli, disponibili
solo in alcune zone geografiche. Questa sezione al Museo è indicata
con il nome di "Prima Età dei Metalli", in quanto il rame
usato in questo periodo era sempre impuro e in lega con altri
elementi.
Età del Bronzo (sale 8 e 9). Sono esposti in questa
sezione reperti provenienti dal più antico villaggio sorto nella
zona di Ancona, al Campo della Mostra. Interessanti sono gli
insiemi di pugnali di bronzo ritrovati in nascondigli (produzione
locale dell'inizio del II millennio a.C.) e i frammenti di
ceramica micenea (della fase neo-palaziale) provenienti da
Ancona, che testimoniano i primi contatti tra la zona in cui sorge
la città e la Grecia.
Sezione
protostoricaLa sezione protostorica illustra
le civiltà che interessarono le Marche nell'Età del ferro: quella
picena, diffusa su tutto il territorio regionale dal IX al III secolo
a.C. e quella dei Galli Senoni, che invasero il territorio
piceno settentrionale nel corso del IV secolo a.C.
Civiltà picenaLe testimonianze della Civiltà
picena sono esposte nelle sale dalla 10 alla 27 e nella sala 32.
La collezione di reperti piceni del Museo costituisce la
più completa testimonianza della vita e dell'arte del popolo che
diede unità etnica alle Marche nell'Età del ferro e il
cui totem (il picchio verde) è raffigurato nello
stemma della regione. La collezione picena comprende anche una ricca
raccolta di ceramica greca e alcuni pregevoli oggetti
etruschi, frutto del commercio che i Piceni avevano con i
Greci e gli Etruschi.
Oggetti piceni del percorso
cronologico. Tra i reperti più interessanti si segnalano: i corredi
di armi, per le quali i Piceni sono famosi, i pettorali
bronzei e i dischi-corazza, oggetti
figurati nel tipico stile sintetico piceno, un coperchio bronzeo con
statuine di opliti e arcieri danzanti attorno ad
un totem, le ceramiche picene, di
originalissima foggia, una brocca realizzata
con un uovo di struzzo graffito di fattura orientale (
foto a sinistra), gli
avori scolpiti orientalizzanti, gli anelloni a nodi
oggetti di incerto uso presi a simbolo della civiltà picena, due appliques con il Signore degli animali,
alcune ambre scolpite. A proposito di questi
ultimi oggetti, si ricorda che il popolo piceno era stato
soprannominato "popolo dell'ambra" per l'amore che
mostrava nei confronti di questo materiale dal colore e dalla
luminosità solare e che il Piceno era un terminale della "via
dell'ambra" che partiva dal Mar Baltico ed arrivava
al Mediterraneo.
Un raro esempio di scultura italica preromana è la
testa di guerriero in calcare (
foto a sinistra). Nella sala 32 si possono
ammirare i vasi dello stile detto "alto-adriatico",
prodotto dell'estremo periodo piceno, ispirato alla ceramica greca,
ma in cui le figure, con la stilizzazione spinta dei profili e delle
acconciature, tendono quasi all'arte astratta.
Sale tematiche. Lungo il percorso
di visita, strettamente cronologico, sono presenti quattro sale
tematiche. Le sale tematiche 11 e 12 sono allestite all'interno
della suggestiva torre medievale del palazzo.
Nella sala 1 sono esposti i
reperti del villaggio protovillanoviano e poi piceno di
Ancona, legato alle attività della pesca, della caccia,
dell'allevamento e dell'agricoltura.
Nella sala 4 sono visibili i
reperti dell'isola culturale villanoviana di Fermo.
La sala 11 presenta la collezione
delle epigrafi picene scritte nei due caratteristici alfabeti usati
nella regione durante l'Età del Ferro, testimonianze fondamentali
della lingua picena meridionale e di
quella settentrionale.
La sala
12 espone testimonianze dei luoghi di culto; tra i reperti qui
conservati si segnalano le allungatissime figure in lamina di
bronzo, simili alle "ombre della sera" etrusche.
Tra i vasi greci acquistati
dai Piceni tra IV e V secolo (sale 22-27) ci sono sia vasi a figure
nere, sia vasi a figure rosse. Si segnalano soprattutto
il cratere a calice di Bacco, Arianna, Edipo e la sfinge
(
foto a sinistra), il cratere a volute a tre fasce
rappresentanti scene di guerra, corse di cavalli e un simposio, l'anfora di Zeus ed Hera, il dinos di
Prometeo, l'idria bronzea con protome leonina,
la pisside a fondo bianco con la nascita di Afrodite,
il dinos bronzeo con statuine di toro e di leone, il rhyton con scene dionisiache, il
piattello ad alto piede con Eracle giovane ricoperto dalla
pelle del leone nemeo, tipologia prodotta appositamente per il
Piceno, e numerosi altri.
Tra gli oggetti
etruschi acquistati dai Piceni (sale 12, 15, 16, 29, 30) si
segnalano i vasi bronzei, gli scudi, gli argenti e gli
avori. Notevole è la testa bronzea esposta nella sala 12,
capolavoro della bronzistica etrusca.
Civiltà
gallicaI reperti della Civiltà
gallica dei Senoni sono esposti nelle sale 28, 29, 30
e 31.
La collezione gallica è
costituita dai reperti relativi all'invasione dei Galli
Senoni nelle Marche settentrionali, molti dei quali in oro. Tra
i pezzi più significativi ci sono le caratteristiche torque, alcuni elmi e spade celtiche. Molto
ammirate dai visitatori della collezione sono le tre corone (
a sinistra nella foto) di
raffinatissima fattura realizzate con elementi vegetali in oro; esse rappresentano dei pezzi unici in Italia di una rara
tecnica orafa che era invece diffusa nei contesti regali della
Grecia.
Tra i numerosi oggetti che i Galli
acquistarono dagli Etruschi, si segnala una teglia con anse
raffiguranti guerrieri in duello ed alcuni oggetti di
ornamento.
Dal 2015 sono nuovamente esposte
al pubblico le sculture fittili del Tempio di Civiltalba, opera romana che rappresenta, tra le altre cose, alcuni
guerrieri senoni.
Sezione greco-ellenisticaLa sezione greco-ellenistica è
esposta nella sala 33.
Sono
esposti in questa sezione i ricchi materiali provenienti
dalla necropoli ellenistica di Ankón (Ἀγκών
in greco antico), ossia la città di Ancona durante la fase di
colonia greca. Tra questi reperti si segnalano: una delle sei monete
greche di Ancona conservate al Museo, oggetti in
vetro, statuette, oggetti di oreficeria, servizi domestici in
argento. Alcuni reperti sono testimonianze uniche nell'Adriatico
a nord della Magna Grecia e mostrano lo stretto legame
esistente in epoca ellenistica tra la Grecia ed Ancona,
che era in questo periodo simile ad un'isola culturale.
Le stele
funerarie figurate (
a sinistra nella foto), con iscrizioni in greco, provengono dalla
necropoli ellenistica di Ancona e sono reperti che trovano confronti
solo delle isole Cicladi. I testi delle iscrizioni di ciascuna
stele ed altri dettagli sono presenti nella voce "Scavi
archeologici di Ankón", al capitolo "Le stele figurate e
iscritte". Tra la sala ellenistica e quella romana è esposto
il Bassorilevo con suonatrice di khitara danzante, risalente
alla tarda fase ellenistica di Ankòn.
Oltre ai reperti greci provenienti
dalla necropoli ellenistica di Ancona, il museo è ricco di notevoli
esemplari di ceramica attica ritrovati nelle necropoli picene e che
dunque non sono esposti nella sezione ellenistica, ma in quella
protostorica, nelle sale che vanno dalla 22 alla 27.
Sezione
romanaLa sezione romana non è
ancora visitabile completamente (2022), a 49 anni dalla sua chiusura;
il 19 dicembre 2013 ne è stata però aperta una prima sala;
oltre ai reperti in essa esposti, altre testimonianze romane sono
visibili in allestimento provvisorio oppure nella sala della
necropoli ellenistica di Ancona.
Reperti esposti nella prima sala della sezione romana. I reperti qui
esposti provengono tutti da Ancona. Si segnalano: le decorazioni in
avorio e in bronzo di tre letti funebri, il mosaico policromo
raffigurante la testa di Oceano, il Sarcofago del Vinaio (foto
45), con bassorilievo raffigurante una scena di compravendita di
vino (per il suo interesse ne è stata tratta una copia, esposta
al Museo della Civiltà Romana), il bassorilievo della Musa
citareda, il calco delle scene 58 e 59 della Colonna
Traiana in cui l'imperatore e il suo esercito si imbarcano per la
Dacia dal porto di Ancona, il modellino ricostruttivo dell'Arco di
Traiano di Ancona, i reperti provenienti dagli scavi del porto
traianeo di Ancona. Il pavimento della sala accoglie uno
splendido mosaico proveniente da Helvia Recina, recante
inserzioni di marmi colorati.

Dal 15 maggio 2015 sono finalmente esposte, nel panoramico
corridoio che conduce alla sala 33, le pregevoli
sculture fittili del Tempio di Civiltalba (
qui in alto, nella foto),
che raffigurano, tra l'altro, la scena del saccheggio del tempio
di Delfi da parte di soldati celtici, avvenuto nel 279
a.C.
Reperti visibili in allestimento provvisorio. Nella galleria vetrata
che corre intorno al cortile, si possono ammirare due magnifici
esempi di sarcofagi romani: il sarcofago con scene del mito di
Medea e quello con corteo marino di tritoni e nereidi;
nella stessa galleria è presente un bell'esempio di cippo funerario
figurato con iscrizione: la Stele del seviro Sesto Tizio Primo
da Suasa.
Reperti romani esposti nella sala
della sezione ellenistica. Si segnalano: un affresco
illusionistico con scene nilotiche e la testa marmorea
dell'Imperatore Augusto (Augusto capite velato), trovata nei pressi
della sede del Museo (
foto a sinistra), il modellino ricostruttivo
del Tempio di Venere di Ancona, i cui resti sono
visitabili nell'area archeologica sottostante il Duomo, l'urna
cineraria marmorea con volto dionisiaco, rinvenuta ad Ancona, in una
sepoltura ancora visibile lungo Corso Matteotti.
A piano terra sono esposte inoltre
le copie conformi dei Bronzi Dorati da Cartoceto; le loro copie
ricostruttive svettano dal tetto di Palazzo Ferretti come simbolo
dell'archeologia marchigiana. I Bronzi Dorati sono
stati esposti nel museo dal 1959 al 1972 e nel 1988.
Sezione
altomedievaleLa sezione altomedievale non
è ancora aperta (2022).
Comprende soprattutto le
testimonianze lasciate nelle Marche dagli Ostrogoti (fine
V secolo - inizi del VI secolo) e dai Longobardi (fine VI
secolo - tutto il VII secolo). I reperti comprendono armi, accessori
di abbigliamento e oggetti di oreficeria. È importante in quanto
non sono molto comuni in Italia i ritrovamenti di questo periodo.
Collezione
numismaticaLa ricca collezione numismatica non
è ancora aperta (2022).
Reperti
paleontologiciIl Museo nazionale, pur avendo
carattere archeologico, espone alcuni reperti paleontologici.
È esposto uno scheletro di orso
trovato all'interno delle Grotte di Frasassi (in sala 1) e
il calco dell'Ittiosauro di Genga (nella sala dei convegni).