L'
idolo di Šigir (in russo
Шигирский
идол, Šigirskij Idol) è la più antica scultura in
legno del mondo, si pensava creata nel Mesolitico, intorno al
9.000 a.C. ma ora datato a 11.500 a.C. È stata ritrovata
nei pressi di Kirovgrad in Russia, sul versante est
degli Urali, ed è conservata presso la Collezione Preistorica
del Museo di Storia Regionale dell'Oblast' di Sverdlovsk,
a Ekaterinburg, Russia. Prende il nome dalla località in cui è
avvenuto il ritrovamento.
L'idolo fu scoperto il 24 gennaio
del 1890 nella torbiera di Šigir,
approssimativamente a 100 km di distanza da Ekaterinburg.
Era sepolto alla profondità di quattro metri in una miniera d'oro a
cielo aperto, la Seconda miniera del Kur'ja. Le ricerche in
quest'area erano iniziate a metà del XIX secolo dopo la
scoperta di un certo numero di oggetti preistorici: ad oggi, gli
archeologi hanno trovato più di 3000 armi da caccia, arnesi da pesca
e utensili di osso e corno, oggi tutti conservati insieme all'idolo.
L'idolo fu estratto in frammenti, e il
proprietario della miniera d'oro, il conte Aleksej Stenbok-Fermor,
presentò la scoperta alla Società Naturalistica degli Urali. Il
professor D. I. Lobanov, curatore della collezione archeologica del
museo di Ekaterinburg, combinò i frammenti principali fino a
ricostruire una scultura alta 2,8 m. Nel 1914, l'archeologo Vladimir
Tolmačëv propose una variante di questa ricostruzione integrandovi
i frammenti inutilizzati. La ricostruzione suggerisce che la statua
originale dovesse avere un'altezza di 5,3 metri.
Secondo il professor Michail Žilin,
ricercatore capo dell'Istituto di Archeologia dell'Accademia Russa
delle Scienze di Mosca, la straordinaria conservazione dei
frammenti è avvenuta grazie a una combinazione di agenti
antisettici, tra cui lo stesso legno nel quale l'idolo fu intagliato,
il larice fitoncidico, e la torba in cui è stato
conservato, che è un ambiente anaerobico acido che uccide
i microorganismi e ha anche un effetto simile al tannino. A
partire dalla sua scoperta l'idolo ha vissuto alcune vicende
turbolente: alcuni dei frammenti (193 cm della parte inferiore)
sono andati persi in circostanze non chiarite nel corso del XX
secolo: di essi restano solo i disegni di Tolmačëv. Le parti
ad oggi sopravvissute sono la metà superiore e la base. La
conservazione dell'idolo successivamente all'estrazione dalla
torbiera è stata garantita da un trattamento effettuato con la cera
in epoca prerivoluzionaria, mentre dal 2003 la scultura è
esposta al pubblico in un contenitore di vetro riempito di gas
inerte, progettato per mantenere specifiche condizioni di temperatura
e umidità in modo da proteggere i frammenti da ulteriori
deterioramenti. L'apparato è stato realizzato modificando il
progetto di un'incubatrice per bambini nati prematuramente.
Poiché
l'idolo era stato trovato per caso le informazioni sulle condizioni
del ritrovamento erano scarse e contraddittorie, proprio come per la
maggior parte degli oggetti ritrovati a Šigir: per questo le prime
ipotesi degli scienziati erano molto diversificate, andando
dal Neolitico (V - VI millennio a. C.), all'Età del
Bronzo (II millennio a. C.), e perfino alla prima Età del
Ferro (I millennio a. C.). La prima datazione fu eseguita nel
1997 col metodo del carbonio-14 da G. I. Zajceva,
dell'Instituto della Storia della Cultura Materiale di San
Pietroburgo, e fu confermata dall'Istituto di Geologia dell'Accademia
Russa delle Scienze di Mosca, nel laboratorio del professor Leopol'd
Suleržickij: essa diede come risultato un'età di 9.500 anni. Per
la precisione, le misurazioni davano tre risultati, che combinati
restituivano una datazione compresa fra il 7820 e il 7590 a.C. Questa
prima misurazione era già di per sé una scoperta straordinaria,
poiché secondo questo risultato l'idolo risaliva al Mesolitico.
Tuttavia diversi studiosi contestarono il risultato delle analisi,
sostenendo che la datazione al radiocarbonio poteva essere
inattendibile per diversi motivi: secondo lo storico dell'Accademia
delle Scienze Stanislav Grigor'ev, per esempio, gli incendi boschivi
e la presenza di granito nella zona avrebbero potuto alterare i dati,
e quindi rendere l'analisi molto meno precisa.[11] Poiché
quindi questa datazione non era stata riconosciuta dalla comunità
scientifica, fu richiesta una nuova datazione che facesse uso di
tecnologie più avanzate.

Nel 2014 sono stati quindi prelevati
sette campioni (0,3 g l'uno) e inviati al
laboratorio Klaus-Tschira del Reiss-Engelhorn-Museen di Mannheim,
dove il Professor Thomas Terberger, del Dipartimento
dell'Eredità Culturale della Bassa-Sassonia, ha impiegato un nuovo
metodo di datazione, la spettrometria di massa con acceleratore,
in collaborazione con gli scienziati russi. Al contempo Uwe Hoysner,
dell'Istituto Archeologico Tedesco di Berlino, ha
effettuato un'accurata analisi dendrocronologica. I risultati,
pubblicati nell'agosto 2015, rivelano infine che l'idolo di Šigir ha
un'età di 11.000 anni, dunque 1.500 anni in più di quelli della
stima precedente. Inoltre, dalla lettura dendrocronologica degli
anelli del legno, è risultato che l'albero in cui l'idolo è stato
intagliato aveva almeno 159 anni. Analisi approfondite dei segni
hanno evidenziato che la scultura fu intagliata nel legno verde: ciò
conferma ulteriormente la datazione, perché implica che la scultura
fu realizzata mentre l'albero era ancora vivo, o tagliato da poco,
non anni dopo, lavorando un pezzo di legno di larice invecchiato. Le
analisi tedesche retrodatano quindi l'idolo agli inizi dell'Olocene:
all'incirca la stessa età del più antico tempio in pietra mai
ritrovato, quello di Gobekli Tepe in Turchia.
Il professor Terberger ha dichiarato:
"I risultati sono andati oltre le aspettative. [...] Questo è
un dato estremamente importante per la comunità scientifica
internazionale. È importante per comprendere lo sviluppo della
civiltà e dell'arte dell'Eurasia e dell'intera umanità. [...]
Possiamo affermare che 11.000 anni fa i cacciatori, pescatori e
raccoglitori degli Urali non erano meno avanzati dei contadini
del Medio Oriente." Ha predetto inoltre che, in seguito ai
risultati degli ultimi test, l'idolo "otterrà un grande
riconoscimento della sua importanza nel mondo e dimostrerà che il
centro dello sviluppo culturale in Eurasia non era solo nel Medio
Oriente, ma anche negli Urali". Ulteriori ritrovamenti in
siti vicini e risalenti alla medesima epoca hanno infatti evidenziato
una grande diffusione di utensili di vari materiali e di elevata
fattura, utilizzati in particolare per la produzione di micro-lame
estremamente sottili che venivano fissate all'estremità di lance di
osso. Terberger ha affermato che simili strumenti appaiono nel
Mesolitico russo con secoli di anticipo rispetto ad altre aree
abitate della Germania del nord e della Scandinavia, dove si
svilupparono soltanto a partire dal 7000 a. C.: questo, insieme alla
prova di elevato sviluppo culturale e spirituale che l'idolo
fornisce, spinge a chiedersi se questo tipo di innovazioni si siano
diffuse in Germania e Scandinavia sotto un impulso giunto dal
territorio degli Urali.
La procedura di analisi impiegata in
quest'ultima datazione ha causato alcune controversie
politico-giuridiche in Russia. Nel corso del 2015 il Ministero della
Cultura di Mosca ha intrapreso un'azione legale contro il modo in cui
i campioni della statua sono stati prelevati e esportati dagli
scienziati tedeschi per l'analisi, in seguito a una segnalazione dei
funzionari del Ministero della Cultura per lo Sverdlovsk: è stato
quindi aperto un processo penale per il reato di "distruzione o
danneggiamento di siti di interesse culturale o beni culturali".
Secondo una fonte del Ministero a Ekaterinburg, non solo non vi era
stata coordinazione con il Ministero per l'organizzazione delle
ricerche, ma lo stesso direttore del Museo di Ekaterinburg Natal'ja
Vetrova non era informato sui metodi dell'esame. Nel marzo 2016 la
procedura di indagine è stata archiviata, in quanto non sono state
riscontrate dagli investigatori azioni da parte dei ricercatori tali
da costituire reato. Al contrario, gli investigatori hanno segnalato
irregolarità nelle procedure adottate dagli stessi funzionari,
evidenziando come la mancanza di procedure ufficiali per la
regolamentazione della ricerca sia stata una causa parziale
dell'errata segnalazione.
L'idolo fu intagliato con strumenti di
pietra nel legno di larice o di abete siberiano,
capovolto per preservarlo dalla decomposizione. La testa
riproduce abbastanza fedelmente un volto con occhi, naso e bocca:
l'effetto visivo di questo volto, con la bocca spalancata, sembra
richiamare l'iconografia azteca, ma è solo perché il naso si è
rotto, ed è mancante. In realtà l'intaglio del volto rispecchia
l'aspetto che dovevano probabilmente avere i membri del popolo che lo
ha realizzato, con nasi dritti e zigomi alti. Il corpo è piatto
e rettangolare e motivi geometrici ne decorano la
superficie. L'estremità inferiore della figura, che si trova al
di sotto della parte andata perduta, è modellata a cono con una
rientranza alla base da cui fuoriescono sporgenze che potrebbero
rappresentare i piedi dell'idolo. Nella parte anteriore il cono è
appiattito, in quella posteriore inizia con un gradino inclinato.
Oltre al volto tridimensionale nella
parte superiore, diverse altre rappresentazioni di volti
bidimensionali sono visibili in vari punti del resto della
scultura. Lo studioso Tolmačëv aveva inizialmente individuato
cinque volti bidimensionali: tre nella parte anteriore e due in
quella posteriore, e li aveva rappresentati nei suoi disegni. La
perdita di una parte dell'idolo ha significato la perdita dei due
volti posteriori, del terzo volto anteriore, e del corpo del secondo
volto anteriore. Ma nell'agosto 2003 l'esperta Svetlana
Savčenko, curatore capo dell'idolo, durante le operazioni necessarie
per esporre al pubblico l'idolo nell'ambito di una mostra (vedi sopra
alla sezione "Conservazione"), scoprì un sesto volto
bidimensionale situato posteriormente: esso si trova sopra gli altri
due, quasi all'altezza del primo volto anteriore, anche se
leggermente più in basso. Il naso di tale volto è costituito da un
nodo nel legno che lo rende più corto ma più sporgente rispetto
agli altri. Il nodo era stato riprodotto nei propri disegni da
Tolmačëv, il quale però non aveva riportato le profonde cavità
orbitali individuate da Savčenko. Una parte del corpo di questo
nuovo volto scoperto doveva trovarsi nella parte dell'idolo andata
perduta. Infine, durante le analisi approfondite cui l'idolo è
stato sottoposto nel 2015, è stato scoperto un settimo volto
bidimensionale, mai individuato fino ad allora perché
riconoscibile soltanto al microscopio.
La testa dell'idolo e i sei volti
bidimensionali allora noti sono stati dettagliatamente descritti da
Savčenko e Žilin (2004). L'analisi di tre di essi, quello più in
basso nel lato anteriore e i due più in basso nella parte
posteriore, è stata possibile solo attraverso l'esame dei disegni di
Tolmačëv, perché erano raffigurati nella parte dell'idolo andata
perduta. I due studiosi hanno evidenziato che le figure sono state
realizzate con lo stesso strumento, un bulino a lama
affilata, e che i volti e le decorazioni sottostanti ciascuno di essi
rappresentano, pur con uno stile unitario, differenti figure poste
una sopra l'altra. Le decorazioni a linee orizzontali nel tronco
sotto la testa dell'idolo possono ricollegare la figura al mondo
vegetale oppure far pensare ad una cassa toracica, sotto la quale
sono raffigurati un rombo (le ossa pelviche) e delle linee a zigzag
(le gambe). Analoghe linee orizzontali si ritrovano anche nella due
figure inferiori della parte anteriore, mentre la figura anteriore
superiore presenta tre rombi che si intersecano e sotto di essi due
linee a zigzag che possono far pensare a un serpente o a una
lucertola. Il volto posteriore più in alto, forse a causa del naso
formato dal nodo nel legno, ricorda il muso di un animale. Le due
figure sottostanti possono invece essere individuate come una
rappresentazione femminile, per analogia con altre raffigurazioni del
paleolitico, e una maschile, presentando quest'ultima una linea
identificabile come un fallo.
Pur non essendo possibile individuare
chiare corrispondenze tra l'idolo ed altre opere, la modalità di
realizzazione dei volti è tipica della scultura lignea antropomorfa
degli Urali e della Siberia, mentre la distribuzione a
piani delle figure si ritrova anche in un altro idolo rinvenuto nella
torbiera di Gorbunov e in manufatti ugrofinnici.
Un problema dibattuto tra gli
scienziati è il modo in cui l'idolo - alto più di cinque metri -
fosse tenuto in posizione verticale. Inizialmente alcuni studiosi,
tra cui lo stesso Tolmačëv, avevano ipotizzato che l'idolo fosse
infisso nel terreno. Tuttavia oggi i ricercatori del Museo di
Ekaterinburg, in particolare Savčenko e Žilin, ritengono che le
piccole dimensioni del cono all'estremità inferiore testimonino che
l'idolo non era infilato nel terreno, ma probabilmente fissato a un
albero o a un palo. Tuttavia non sembra neanche probabile che
sia stato tenuto appoggiato a un albero, perché questo avrebbe
coperto parte dei suoi ornamenti.
Non vi è consenso fra gli studiosi
riguardo a cosa effettivamente la scultura rappresentasse. Molti di
essi sostengono in ogni caso che le raffigurazioni sull'idolo
servissero a trasmettere un qualche tipo di informazione: secondo
Žilin "L'ornamentazione è ricoperta da nient'altro che
informazioni codificate. Le genti si trasmettevano la conoscenza con
l'aiuto dell'idolo". Il professor Terberger ritiene che la
scultura possa aver avuto una funzione totemica. Žilin e
Savčenko ritengono "ovvio che gli elementi dell'ornamentazione
geometrica avessero un qualche significato. La difficoltà
dell'interpretarli risiede nel simbolismo polisemico di questi segni
- in altre parole, nei possibili significati multipli correlati.
Secondo l'etnografia, una linea dritta potrebbe indicare la terra, o
l'orizzonte, il confine tra la terra e il cielo, tra l'acqua e il
cielo, o il confine tra due mondi. Una linea ondulata o a zigzag
simboleggiava l'elemento acquatico, o un serpente, una lucertola,
oppure determinava un certo confine. Inoltre la linea a zigzag poteva
indicare pericolo, come una lancia. Croci, rombi, quadrati, cerchi
rappresentavano il fuoco o il sole, e così via".
Savčenko ritiene che i volti della
struttura rappresentino informazioni codificate riguardanti la
visione che i realizzatori dell'idolo avevano della creazione del
mondo. Riguardo all'ornamentazione geometrica, la Savčenko e altri
esperti del museo hanno ipotizzato che tra i suoi scopi vi fosse
quello di essere una primitiva mappa, o navigatore. Le linee dritte,
ondulate, e le frecce indicavano le vie per arrivare a destinazione e
i numeri di giorni necessari per il viaggio, le onde simboleggiando
percorsi acquatici, le linee dritte indicando gole o burroni, e le
frecce colline.
Pëtr Zolin, citando il lavoro
scientifico della Savčenko e di Žilin, ha affermato: "I
personaggi raffigurati nell'Idolo non possono essere interpretati
senza ambiguità. Se si tratta di immagini di spiriti che hanno
abitato il mondo umano in tempi antichi, la posizione verticale dei
volti (uno sopra l'altro) probabilmente fa riferimento alla loro
gerarchia. Posizionare immagini sul davanti e sul retro dell'idolo
potrebbe indicare che essi appartengono a mondi differenti. Se
sull'idolo sono raffigurati miti sull'origine degli uomini e del
mondo, la disposizione verticale delle immagini potrebbe rispecchiare
la sequenza temporale degli eventi. Le ornamentazioni possono essere
segni particolari che contrassegnano qualcosa come significativo".
A proposito del valore artistico
dell'opera, il professor Žilin ha affermato: "questo è un
capolavoro, fonte di un'immensa forza emotiva. È una scultura unica
al mondo. [...] Gli uomini - o l'uomo - che hanno creato l'idolo
vivevano in totale armonia col mondo, avevano un avanzato sviluppo
intellettuale, e un mondo spirituale complesso. [...] È evidente che
possiamo trarre conclusioni sulla sofisticità del popolo che ha
creato questo capolavoro, [...] sebbene il dettaglio del suo
significato resti un totale mistero per l'uomo moderno".