L'
Atleta di
Lussino (in croato chiamato anche Hrvatski
Apoksiomen, cioè Apoxyómenos croato) è un'antica opera
scultorea greca in bronzo, databile tra il I secolo a.C. e
il II secolo d.C. Fu rinvenuta per caso nel 1996 da un
turista belga durante un'immersione subacquea nel mare
presso Lussino, ma il suo recupero fu possibile solo nel 1999.
Alta circa 192 cm, essa si inquadra nella ben nota tipologia
dell'Apoxyómenos, ovvero la rappresentazione di un atleta colto
nell'atto di detergersi il corpo da polvere e sudore per mezzo di
uno strigile.
Secondo l'accademico Nenad Cambi, dell'Università di Spalato,
l'opera sarebbe una copia di bottega ellenistica del II-I
secolo a.C., risalente a un originale scultoreo greco della metà
del IV secolo a.C.
Il professor Vincenzo Saladino, dell'Università di Firenze, ritiene
invece che il prototipo originale risalga a un'epoca ellenistica,
intorno al 300 a.C., di cui l'atleta di Lussino costituisce una
riproduzione in copia del I-II secolo d.C.
Un tentativo di attribuzione è stato compiuto dal prof. Paolo
Moreno, che ha ricondotto la tipologia della statua a un originale
di Dedalo di Sicione, «artista di scuola policletea di
terza generazione».

La statua fu scoperta nel 1996 da un turista belga, il sommozzatore
René Wouters, presso l'isola di Oriule Grande (Vele
Orjule), a una profondità di circa 45 m, adagiata tra due rocce
sul fondo sabbioso. La notizia venne inizialmente tenuta segreta per
motivi di sicurezza e solo nel 1998 venne portata a conoscenza del
Ministero della cultura croato. Il ministero deliberò di
affrontare una complessa operazione di prospezione subacquea, con
recupero della statua e messa in atto dell'opera di restauro.
Per ragioni di opportunità, il ministro Bozo Biskupic decise di
riportare in superficie la statua prima di dare inizio alle
esplorazioni, ad evitare così che immersioni illegali potessero
comprometterne la sicurezza. Fu così che il 27 aprile 1999 la statua
fu fatta riemergere, per essere sottoposta a un lungo ciclo di
desalinizzazione e restauro conservativo, condotto a Zagabria sotto
la guida del prof. Giuliano Tordi dell'Opificio delle pietre
dure di Firenze, del prof. Antonio Šerbetić, capo
restauratore e direttore del laboratorio per i metalli dell'Istituto
Croato per il Restauro di Zagabria e del prof. Andrea Šimunić,
dell'ufficio dell'Istituto Croato per il Restauro di Zagabria, con la
collaborazione di esperti dei Musei civici di Como.

Ultimati gli interventi conservativi,
la statua è stata esposta presso il Museo Archeologico di Zagabria
dal 17 maggio al 30 settembre 2006. Dal mese di ottobre 2006, e fino
al 30 gennaio 2007, l'opera è stata in tour in Italia: esposta a
Firenze nelle sale del Palazzo Medici Riccardi, è stata
visitata da circa 80.000 visitatori, facendo registrare un notevole
incremento della normale affluenza al museo.
La statua affondò in mare in un'epoca
sicuramente non vicina alla data della sua fusione, come è stato
rivelato dall'esame del materiale presente nella parte cava del
bronzo. Essa - in base alla radio-datazione al carbonio-14 del
materiale organico trovato all'interno della statua
(un nocciolo di pesca e un rametto) - risalirebbe
a un'epoca di prima età imperiale, tra il 20 a.C. e
il 110 d.C. All'inizio del II secolo d.C. la
statua atletica era quindi già antica ed era anche passata per
alcune traversie: alcuni danni ne avevano resa necessaria la
deposizione in orizzontale per qualche tempo, come dimostrato
dall'esistenza, nella parte cava, di una tana di roditori.
È possibile che, al momento dell'affondamento, la statua fosse in
procinto di essere trasferita in una grande città,
come Aquileia, Ravenna o Pola, viaggiando su una
nave che percorreva una rotta di cabotaggio.
Nei pressi del sito di ritrovamento è
stata compiuta una ricerca subacquea ad ampio raggio, estesa su
un'area di 10.000 metri quadrati, con uso di metal detector e
altri strumenti. È stata effettuata, inoltre, una prospezione con
sonde robotiche estesa su una più ampia area di 50.000 metri
quadrati, che non ha rilevato tracce di un antico naufragio, ma
ha portato alla luce solo parti di ancore romane in piombo, cinque
frammenti di anfore del II secolo d.C. e la base della
statua. Questi risultati fanno presumere che la scultura fosse a
bordo di una nave oneraria romana, dalla quale sarebbe
caduta accidentalmente per la rottura delle corde nel mare agitato, o
sarebbe stata deliberatamente abbandonata in mare per alleviare il
peso durante una tempesta. Ma l'esatto motivo che avrebbe indotto i
marinai a sacrificare proprio una parte così preziosa del carico
rimane ancora oggi oscuro.

L'atleta di Lussino si presta a un
immediato confronto con altri celebri esempi della stessa tipologia
dell'Apoxyómenos. Esso differisce dalla realizzazione di Lisippo,
conosciuta da una copia romana ora ai Musei Vaticani (
nella foto a siistra), in primo
luogo per la diversa impostazione del gesto: l'atleta di Lussino non
deterge l'avambraccio sollevato ma, con gli arti rivolti in basso,
pulisce lo strigile con l'altra mano.
La
tipologia richiama invece un'identica statua bronzea, rinvenuta
a Efeso nel 1896, ora esposta al Kunsthistorisches
Museum di Vienna e dimostratasi essere il calco
bronzeo di altra opera in fusione.
La popolarità di cui, nell'antichità,
dovette godere la tipologia iconografica dell'Apoxyómenos, è
testimoniata dal gran numero di reperti frammentari che ripropongono
il medesimo tipo, forse tutte variazioni sul tema dell'esemplare
originario di Lisippo.
A causa della lunga permanenza in acqua
di mare, l'Apoxyomenos di Lussino, al momento del ripescaggio, si
presentava ricoperto da una spessa patina di concrezioni
minerali di origine organica, che ne aveva protetto la lega da
fenomeni di corrosioni di origine galvano-chimica. Per la
rimozione di tali incrostazioni non si è fatto alcun uso di prodotti
chimici. Tutto l'intervento di conservazione e restauro infatti, il
primo nel suo genere mai posto in essere in Croazia, si è servito di
metodologie esclusivamente meccaniche con l'uso di utensili di
precisione manovrati manualmente o, talvolta, con l'aiuto della
macchina.
La statua presentava una serie di
grandi fessurazioni e danni nell'area ischiatica della gamba
destra, che hanno richiesto un intervento di ricomposizione; si è
resa necessaria anche la realizzazione di una speciale struttura in
grado di sorreggere l'intera statua all'interno.
Il piedistallo originale
della statua si presenta decorato da ornamenti quadrati e
da svastiche.
Nella cavità interna della statua sono
stati trovati diversi materiali organici, come pezzi di legno, rami,
semi, pezzi di frutta, noccioli di olive e ciliegie,
e un nido di piccoli roditori, che, studiati da esperti dei Musei
civici di Como e dell'Università di Zagabria, hanno fornito
importanti informazioni sulle vicende e sulla datazione dell'opera.
Fin dalla scoperta della statua, gli
archeologi sono divisi sulla questione se il modello utilizzato
dallo scultore fosse mancino o destrorso. Il Ministro
della pubblica istruzione italiano Giuseppe Fioroni, medico
per professione, durante una visita alla statua all'epoca
dell'esposizione fiorentina, ha notato un più accentuato trofismo
dei muscoli della spalla sinistra rispetto a quelli della destra, una
circostanza che farebbe supporre un modello mancino.
L'intervento di restauro
sull'Apoxyomenos ha ricevuto dall'Unione europea il
premio Europa Nostra per la tutela del patrimonio
culturale.
ll 30 aprile 2016 a Lussinpiccolo è
stato inaugurato il museo appositamente ideato per l'esposizione
dell'Apoksiomen. La statua ha fatto così ritorno nell'isola il cui
mare l'ha conservata per così lungo tempo.