Industria era un'antica colonia
romana sita nell'odierno comune di Monteu da Po,
nella città metropolitana di Torino.
La colonia sorse probabilmente tra
il 124 e il 123 a.C., nell'ambito di una serie di
fondazioni di colonie nelle terre del Monferrato volute dal
console Marco Fulvio Flacco, presso il precedente
villaggio celto-ligure di Bodincomagus ("luogo
di mercato sul fiume Po", dal nome ligure del fiume, Bodincus)
citato da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis
historia. La città era iscritta alla tribù Pollia ed era
compresa nella regio IX dell'Italia augustea.
Grazie alla
sua posizione geografica, presso la confluenza della Dora
Baltea nel fiume Po, che la metteva in comunicazione per
via fluviale con la Valle d'Aosta e le sue miniere, fu un
centro commerciale e artigianale (metallurgia). Qui facevano scalo le
chiatte, cariche di lastre di pietra delle Alpi che poi
erano spedite nelle varie località della Repubblica romana.
La città venne abbandonata nel V-VI
secolo, probabilmente a causa delle ripetute incursioni unne nel
territorio, e nella località sorse una pieve.
Vi furono condotti scavi a partire
dalla metà del XVIII secolo. È stato riportato in luce un
santuario, dedicato a divinità orientali Iside e Serapide,
consistente in un cortile con portico semicircolare a un'estremità e
due ambienti rettangolari sul lato opposto. Nell'area sacra si
trovavano anche una struttura per la purificazione e le abitazioni
dei sacerdoti.
Il santuario fu costruito in
epoca augusteo-tiberiana e subì interventi alla metà
del I secolo d.C. e sotto l'imperatore Adriano. Il
santuario cessò le proprie attività nel IV secolo.
Negli scavi furono rinvenute numerose
statuette e oggetti in bronzo, conservati presso il Museo di
Antichità di Torino. L'area degli scavi di proprietà dello
Stato italiano, otre che sito archeologico è teatro anche di eventi
museali, musicali e artistici. Nel 2016 ha fatto registrare 2 989
visitatori.
Grazie alla
definitiva pacificazione della regione monferrina seguita alle
campagne militari del console Marco Fulvio Flacco (124-123 a.C.), la
città romana di Industria poté sorgere e svilupparsi nei pressi del
villaggio celto-ligure di Bodincomagus, sulle rive del Po,
vicino alla confluenza con la Dora Baltea. La posizione sulle sponde
del “fiume più ricco d'Italia”, secondo la definizione di Plinio
il Vecchio, in un punto favorevole agli scambi mercantili, si rivelò
fondamentale per l'economia della città, poiché facilitava il
trasporto e lo smercio dei prodotti delle attività estrattive
provenienti dalle miniere della Valle d'Aosta. La fiorente attività
manifatturiera e commerciale era gestita da famiglie di mercanti
italici, giunti sul luogo accompagnate da abile manodopera. Il
ritrovamento di numerosi oggetti bronzei, sia prodotti localmente,
sia d'importazione, le monete, le strutture di botteghe artigiane e
di abitazioni d'impronta signorile, testimoniano il livello di
agiatezza raggiunto dagli abitanti nel periodo compreso tra I e II
secolo d.C. Industria era inoltre un notevole polo religioso per la
presenza di un importante santuario, legato a culti di origine
greco-orientale.

La città romana di Industria subì una
notevole contrazione tra il IV e la fine del V secolo d.C., anche se
una parte dell'abitato continuò a essere utilizzata con la relativa
funzione cimiteriale.
Si suppone che il progressivo abbandono
non sia legato a una crisi demografica, ma piuttosto alla distruzione
dei grandi templi pagani e alla ridistribuzione degli abitanti in
nuclei sparsi sul territorio, facenti capo a un edificio religioso
(pieve). La comunità cristiana di Industria è antica ed è citata
in una lettera di Sant'Eusebio inviata
da Scitopoli (Palestina) tra il 356 e il 361 d.C. La
presenza di un edificio usato collettivamente dalla popolazione
favorì il mantenimento del nome, anche se modificato in Dustria
oppure Lustria e limitato all'area in cui sorse la chiesa, lungo
un'antica via di pellegrinaggio, dal Po verso i santuari pagani. Nel
X secolo la pieve di Dustria dipendeva dalla diocesi di Vercelli;
durante il Basso Medioevo l'abitato si concentrò sul colle vicino,
si dotò di una nuova parrocchiale e diede origine a Monteu da Po.
Gli scavi ottocenteschi, eseguiti nell'area circostante la struttura,
portarono alla luce tombe, frammenti di ceramica e iscrizioni;
un'altra tomba altomedievale, priva di corredo, venne rinvenuta nel
1960. I resti murari attualmente visibili sono ascrivibili a due
fasi, la più recente delle quali è del XII secolo, e si inseriscono
in un complesso di edifici religiosi del Romanico astigiano, studiato
con particolare cura dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e
Paesaggistici del Piemonte per le sue notevoli caratteristiche
architettoniche. In tale gruppo, il cui capofila è rappresentato
dalla canonica di Santa Maria di Vezzolano, si inserisce la
vicina Abbazia di Santa Fede a Cavagnolo.
Per l'individuazione di Industria,
annoverata da Plinio il Vecchio tra le nobilia
oppida della regione augustea IX Liguria, fu fondamentale il
ritrovamento, presso il paese di Monteu da Po, di un'iscrizione in
bronzo riportante il nome degli antichi abitanti. La scoperta,
pubblicata nel 1745 a Torino nel volumetto Il
sito dell'antica città di Industria scoperto e illustrato, a cura
di Giovanni Paolo Ricolvi e Antonio Rivautella, diede
impulso a nuove indagini. Tra il 1811 e il 1813 gli
scavi condotti dal conte Bernardino Morra di Lauriano produssero
importanti risultati documentati da tavole estremamente accurate.
Vennero riportati alla luce un grande
edificio di forma semicircolare allora erroneamente interpretato come
un teatro oltre a una grande quantità di reperti, in particolare
numerosi bronzetti, alcuni dei quali di notevole raffinatezza. Nel
corso del XIX secolo il sito, in mancanza di leggi di
tutela, subì sistematici saccheggi.
Tornò a destare interesse scientifico
alla fine del secolo, grazie all'opera di Ariodante Fabretti,
direttore del Regio Museo Egizio e di Antichità, al quale si
deve la ripresa delle ricerche. In tempi più recenti (1961 –
1963) le campagne di scavo condotte dall'Università di Torino in
collaborazione con la Soprintendenza hanno portato, tra l'altro,
all'interpretazione della struttura semicircolare come tempio
dedicato ai culti orientali. Nell'ultimo trentennio la Soprintendenza
ha ampliato l'area di scavo e catalogato i reperti definendo la
cronologia precisa delle trasformazioni urbane.
Industria era un centro urbano di
piccole dimensioni, di forma pressoché quadrata (lato 400 m
circa), caratterizzata da un impianto rettangolare formato da isolati
rettangolari (40 x 70 m). L'area riportata alla luce misura
circa 15 000 m², corrispondente a un decimo della città
originaria; le strutture rinvenute, conservate solo a livello di
fondazioni, appartengono ad abitazioni, botteghe e luoghi di culto.
La strada, con andamento est-ovest che dà accesso all'area
archeologica, è fiancheggiata da abitazioni risalenti al I secolo
d.C. Nel gruppo di edifici sulla destra è presente una domus che si
sviluppa intorno a un cortile circondato da un porticato, il
peristilio, sul quale si affacciano gli ambienti residenziali; lungo
la stessa via sulla sinistra sorgevano case con laboratori artigiani
e botteghe. Svoltando a destra all'incrocio si percorre l'ampia
strada porticata che attraversa la città da nord a sud, separando i
blocchi abitativi dall'area sacra, sino a raggiungere un grande
ambiente di forma quadrata, presumibilmente destinato alle riunioni
dei fedeli.

Di fronte sorgono i resti di quello che
fu l'imponente tempio di Iside (metà I secolo d.C.). La struttura,
di pianta rettangolare, è inserita in un peristilio ed è preceduta
da un pronao (atrio) articolato in due camere; la cella è unica e la
scalinata d'ingresso è posta a est. Dietro all'edificio, alcune
strutture costituivano il percorso delle processioni durante le
cerimonie e immettevano nel tempio di Serapide (metà/fine II secolo
d.C.). Questo edificio monumentale si sviluppa con un grande cortile
centrale, circondato da un corridoio semicircolare e presenta una
cella poligonale ubicata in fondo, al centro dell'emiciclo, e
affiancata da due tempietti.
I dati archeologici sulla prima fase di
vita di Industria sono scarsi: le costruzioni più antiche presentano
una tecnica edilizia accurata in pietra locale sbozzata, con raro
impiego di laterizi. Dalla seconda metà del I secolo d.C. l'area è
dominata dal tempio di Iside, posto al centro di un sistema regolare
di strade, edifici e spazi aperti pianificati. All'inizio del II
secolo l'area sacra viene ampliata con l'edificazione di un grande
tempio semicircolare dedicato a Serapide, la conseguente
demolizione di precedenti edifici e la costruzione di un portico
intorno all'area del foro. Tra il I e il II secolo d.C. la città
vive un periodo di splendore, grazie alla florida economia e al
richiamo esercitato dall'importante centro religioso. Lo spazio
urbano viene abitato ininterrottamente fino alla fine del IV secolo
d.C.; in seguito le tracce di vita si fanno più labili. Con il
formarsi sul posto di una comunità cristiana, l'area pagana viene
abbandonata, saccheggiata e parzialmente distrutta. L'abitato invece
perdura nell'Alto Medioevo: vi sono tracce di abitazioni e
dell'utilizzo di aree pubbliche per sporadiche sepolture, tra le
quali una tomba longobarda dotata di corredo (inizi VII secolo d.C.).

Il culto della dea madre è presente in
tutte le religioni antiche. In Egitto la dea madre è Iside, la
quale forma con Osiride e Horus la triade che
rappresenta la vita oltre la morte. Con l'avvento della dinastia
tolemaica (323 a.C.) il culto di Iside si diffonde in tutto il
Mediterraneo, in associazione con Serapide, che unisce il greco
Zeus-Hades con l'egizio Osiride-Apis, divinità a forma
di toro adorata a Menfi, i cui animali sacri erano
sepolti nel Serapeo di Saqqara. Nello stesso periodo Horus,
sempre raffigurato come un bimbo, viene denominato anche Arpocrate.
Nel II secolo a.C. il culto isiaco si diffonde nell'Italia
centro-meridionale, raggiunge Roma dove viene istituito il collegio
dei pastophoroi (sacerdoti di Iside, letteralmente “portatori di
sacri oggetti”) e per il tramite del porto di Aquileia si diffonde
nel Nord Italia. A Industria approda insieme ai mercanti italici
accompagnati da manodopera servile di origine greca, da tempo
impegnati in traffici tra il mare Adriatico e la Grecia, tra i quali
spiccano le famiglie degli Avilii e dei Lollii (attestate anche
nell'isola di Delo e a Padova). La notevole quantità di manufatti in
bronzo restituiti dagli scavi condotti nell'area sacra comprende fra
l'altro la lastra che ricorda il locale collegio dei pastophoroi,
firmata dall'artigiano Trophimus Graecanus, un sistro, ossia uno
strumento musicale scosso ritmicamente durante le cerimonie, secondo
la descrizione fornita da Apuleio nelle Metamorfosi, e numerosi
piccoli tori offerti a Serapide.

Le strutture riportate alla luce a
Industria sono estremamente fragili e risentono dell'azione degli
agenti atmosferici; inoltre in anni recenti il sito archeologico è
stato penalizzato dall'espansione urbanistica. Ora la collaborazione
tra l'amministrazione comunale e la Regione Piemonte, grazie anche
al Sistema delle aree protette della fascia fluviale del Po,
apre nuove possibilità di tutela e valorizzazione. Nell'allestimento
del Museo di antichità di Torino si è dato
particolare spazio al materiale di Industria per la loro
straordinaria importanza storica, archeologica e artistica. I reperti
in bronzo sono esposti integralmente in più vetrine: alcuni sono
strettamente legati ai riti, come le statuine di Iside-Fortuna,
di Tiche (la sorte), un sistro e
una situla (sorta di secchiello votivo) a forma di testa di
giovane, oltre a lucerne votive (II secolo d.C.), torelli offerti a
Serapide e bronzetti raffiguranti altri animali. Si ammirano opere
estremamente raffinate: il tripode, decorato da figure i Bes, di
sfingi, di Vittorie alate, sormontato da piccoli arbusti di Bacco,
l'altorilievo con danzatrice velata, il complesso di statuine che
decoravano un balteo, ossia un pettorale da parata per cavallo,
raffigurante una scena di combattimento tra Romani e barbari. Il noto
Sileno, un pezzo di qualità straordinaria, è stato attribuito a
un'officina ellenistico-pergamena (II secolo a.C.). Ricordiamo infine
la lastra bronzea che riporta la dedica al collegio dei pastophoroi
(sacerdoti di Iside) da parte di L. P. Herennianus, di cui vengono
ricordate le cariche pubbliche, e una placchetta con l'immagine
di Arpocrate (IV secolo d.C.) che documenta la presenza di
fedeli della dea Iside anche in epoca tardo romana.