giovedì 29 maggio 2025

EGITTO - Crocodilopoli


 

Crocodilopoli (talvolta anche Crocodilopolis o Krokodilopolis, che è il nome greco-latino in uso presso altre lingue; dal greco Κροκοδείλων πόλις) o Tolemaide Evergete o Arsinoe (Ἀρσινόη), era una città dell'antico Egitto, capitale del XXI distretto (Sicomoro del nord) dell'Alto Egitto.
Il suo antico nome egiziano era Shedyet (Šdy.t) e una leggenda la vuole fondata dal sovrano Aha.
Oggi corrisponde alla moderna Fayyum.
In epoca faraonica la città era dedicata al culto di Sobek, il dio coccodrillo (nell'immagine a sinistra un reperto recuperato a Crocodilopoli ed oggi all'Ashmolean Museum). Il culto prevedeva la celebrazione di un coccodrillo sacro, chiamato Petsuchos secondo la trascrizione dei Greci, che era impreziosito con oro e gioielli. Il coccodrillo viveva in un tempio speciale, fornito di sabbia, una vasca e cibo. Quando il Petsuchos moriva, veniva sostituito con un altro coccodrillo. Per questo motivo i greci chiamarono la città Crocodilopoli, cioè "Città del Coccodrillo".
Quando la città passò nelle mani della dinastia di origine macedone dei Tolomei venne ribattezzata Tolemaide Evergete. Successivamente, durante il III secolo a.C., la città fu rinominata Arsinoe da Tolomeo II Filadelfo per onorare Arsinoe II, sua sorella e moglie. In questo periodo la città si ellenizzò dotandosi di templi e scuole greci e adottando la lingua greca. Tutta la regione divenne nota come il nomo Arsinoite (o "Sicomoro del nord"). Nel suo apogeo Arsinoe aveva una popolazione di più di 100 000 abitanti.
Nell'ultimo periodo della dominazione romana sull'Egitto, Arsinoe fu allegata al dipartimento di Arcadia Aegypti e divenne una sede episcopale della chiesa romana diventando un fiorente centro della vita cristiana fino al 642, quando il monofisismo copto cedette la città al conquistatore arabo-musulmano ʿAmr ibn al-ʿĀṣ.
Sotto il dominio arabo la città fu chiamata Madīnet el Fayyum ("Città del Fayyum").
Dell'antica Crocodilopoli e dei suoi templi e palazzi non è restato molto, solo alcuni cumuli di rovine con blocchi scolpiti nella parte nord del Fayyum, in una zona chiamata Kiman Faris dove probabilmente sorgeva il tempio dedicato al dio Sobek (nella foto in alto).

EGITTO - Al-Maharraqa

 

Al-Maharraqa (in lingua greca: Hierasykaminos) è un sito archeologico nella Nubia inferiore, circa 120 km a sud di Assuan al confine meridionale dell'Impero romano. Alcuni anni dopo la conquista romana dell'Egitto nel 30 a.C., i cusciti del Regno di Meroe lanciarono un'incursione nella regione della prima cateratta del Nilo in Egitto nel 23 a.C. Il prefetto romano d'Egitto, Petronio, mise in atto una rappresaglia armata e sconfisse l'esercito invasore Meroitico. Egli poi procedette a stanziare una guarnigione romana di 400 uomini nell'avamposto meridionale di Qasr Ibrim. Dopo alcune trattative fu stabilita una frontiera permanente all'altezza di Maharraqa. Maharraqa costituiva l'estremo confine meridionale dell'Egitto romano.
Il Tempio di Maharraqa è stato trasferito dal suo sito originario nella metà degli anni Sessanta del Ventesimo secolo per via del progetto della diga di Assuan. Era dedicato agli dei egizi di Iside e Serapide. Questo tempio egizio costruito durante l'Impero romano non può essere attribuito di preciso a qualche imperatore romano visto che è privo di iscrizioni e la sua costruzione non è mai stata completamente portata a termine. L'unica parte della struttura che fu portata a termine era:
«...un cortile delle misure di 13.56 X 15.69 m circondato sui tre lati da colonne.» (Arnold, Strudwick, Gardiner)
I locali del tempio destinati a contenere il santuario non furono mai effettivamente costruiti. Il tempio manca anche di una formale struttura a piloni e possiede una curiosità architettonica che consiste in una scala a chiocciola situata all'angolo del cortile che porta al suo soffitto. Questo è l'unico tempio egizio della Nubia dotato di scala a chiocciola.
Visto che la sua originale posizione era minacciata dall'allagamento del Nilo per via della costruzione della diga di Assuan, questo piccolo tempio fu smantellato nel 1961 dal Servizio per le Antichità Egiziano. Fu successivamente ricostruito assieme al Tempio di Dakka nel 1966 nella località di Sebua. Come annota Christine Hobson: «Un po' più a nord di Amada adesso si trovano i tre templi di Wadi es Sebua (costruito da Ramses II), di Dakka e di Maharraqa.» (Christine Hobson)


EGITTO - Medinet Habu

 

Medinet Habu è il nome solitamente dato al tempio funerario di Ramses III, un'importante struttura del Nuovo Regno situata nell'omonimo sito di Medinet Habu nella parte occidentale di Luxor, in Egitto. Oltre alla sua importanza intrinseca per le dimensioni, l'aspetto artistico e quello architetturale, il tempio è probabilmente meglio conosciuto per contenere inscrizioni raffiguranti l'arrivo e la sconfitta dei Popoli del Mare durante il regno di Ramses III. Alcuni blocchi di pietra sembrerebbero essere stati asportati e riutilizzati nel tempio di Iside a Deir el-Shelwit. 
Il tempio, lungo circa 150 metri, è un progetto ortodosso, e somiglia molto al vicino tempio funerario di Ramses II (il Ramesseum). Il contorno del tempio misura circa 210x300 metri, e contiene oltre 7 000 m² di muri decorati con bassorilievi. Le sue mura sono relativamente ben conservate, e il complesso è circondato da una cinta in mattoni di fango che potrebbero essere stati fortificati. L'entrata originaria passa attraverso un corpo di guardia fortificato, noto come migdol (caratteristica architettonica classica delle fortezze asiatiche del tempo).
Subito all'interno delle mura, a sud, vi sono le cappelle di Amenardis I, Shapenewpet II e Nitokris I, tutte col titolo di Divina Sposa di Amon.
Il primo pilone conduce a una corte aperta, contornata da colossali statue di Ramses III in veste di Osiride su un lato, e colonne non scolpite sull'altro. Il secondo pilone porta a un peristilio, con altre statue di Ramses. Da qui si sale una rampa che, attraverso un portico colonnato, conduce al terzo pilone e da questo al grande ipostilo (che ha perso il tetto). Bassorilievi e teste di prigionieri stranieri si trovano nel tempio, forse a simboleggiare il controllo del re su Siria e Nubia.
In epoca copta vi era una chiesa all'interno della struttura del tempio, poi rimossa. Alcune incisioni del muro principale del tempio sono state modificate da sculture copte.
Il palazzo reale era collegato direttamente alla prima corte del tempio tramite la "Finestra delle apparizioni".
I primi scavi nel tempio furono condotti sporadicamente tra il 1859 e il 1899, grazie all'Egyptian Antiquities Service. In questi decenni il tempio principale fu pulito, numerosi edifici di epoca copta furono rimossi, e il sito fu aperto ai turisti.
Ulteriori scavi, svolti per la classificazione e la conservazione della struttura, sono stati svolti prevalentemente dall'Oriental Institute dell'Università di Chicago, quasi continuamente a partire dal 1924.

EGITTO - Tempio di Milioni di Anni

 
Il Tempio di Milioni di Anni era il tempio costruito dai sovrani del Nuovo Regno a partire da Thutmose I dedicato alla conferma della loro divina natura ed al culto del loro potere regale.
Durante il Nuovo Regno, i sovrani si fecero seppellire nella Valle dei Re tra le montagne di Tebe mentre il loro tempio del culto venne edificato lontano dalle tombe, divenendo vasto ed importante e denominato anche Palazzo o Casa dei Milioni di Anni.
Inizialmente furono considerati templi funerari ma oggi è stato accertato che il culto che vi veniva celebrato era dedicato anche al sovrano in vita, che veniva associato al dio Amon e festeggiato solennemente ogni anno con la Bella Festa della Valle.
Il sovrano, come sommo sacerdote, vi celebrava numerosi riti onorando gli dei con offerte e preghiere, sempre con il fine di mantenere l'armonia terrena e l'ordine cosmico in conformità ai principi di Maat.
I Templi di Milioni di Anni presentavano una struttura complessa simile ai templi del culto divino e furono edificati nell'area della necropoli di Tebe tra la montagna tebana e la riva occidentale del Nilo con il quale erano collegati tramite canali.
L'essere edificati sulla sponda occidentale del fiume fece dedurre che fossero templi funerari, ma ne furono edificati anche altri su quella orientale con la stessa funzione cultuale dedicata al trionfo di Maat e del suo rapporto divino con il sovrano. Alla morte del sovrano, vi veniva iniziato e praticato il culto funerario. Il tempio presentava cinta esterna, piloni, atri, sala ipostila, santuario e magazzini.
Tra i più notevoli annoveriamo quello della regina Hatshepsut a Deir el-Bahari, Ramesse III a Medinet Habu, i due templi di Sethi I uno a Tebe e l'altro ad Abido, il Ramesseum di Ramesse II (nella foto) e quello della regina Tausert. Del tempio funerario di Amenhotep III residuano solo due gigantesche statue dette Colossi di Memnone mentre il suo architetto Amenhotep (figlio di Hapu) poté eccezionalmente costruire il suo ad immagine di abitazione con giardino e laghetto.
Questi templi sono molto interessanti per l'iconografia, illustrante i vari aspetti sociali oltre a quello cultuale già descritto. L'incoronazione viene rappresentata con il dio Thot che dona le varie corone, gli scettri e la titolatura completa.
Anche la Heb-Sed, con i suoi riti giubilari è indicata come necessaria al sovrano per poter rinnovare le energie ed il potere nella lotta contro il Caos essendo questi l'unico garante dell'ordine cosmico.
Venivano rievocate le battaglie sostenute sia per la difesa dell'Egitto che per la sua stabilità ed anche i viaggi e le esplorazioni in altri paesi per l'approvvigionamento di materiali rari.
Molte scene illustrano le nozze della regina con il dio Amon impersonato dal sovrano oppure il concepimento e la nascita dell'infante reale, dio e figlio del dio. 


EGITTO - Tempio funerario di Amenofi III

 

Il tempio funerario di Amenofi III sorgeva nella odierna località di Kom el-Hettan, ovvero "La collina dei muri" ed era un tempio funerario situato nella necropoli di Tebe, sulla riva occidentale del Nilo, di fronte a Luxor in Egitto. Fu costruito, per committenza del faraone Amenofi III, da Amenhotep (figlio di Hapu)[1] . Al tempo della sua costruzione, era il più grande dei templi funerari della zona di Tebe, più grande del complesso di Karnak, e copriva un'area di 350 000 m2.
Oggi ne resta molto poco, solo i colossi di Memnone, due massicce statue in pietra alte 18 metri raffiguranti Amenofi che si trovano sull'entrata, tuttora visibili. Venne edificato più vicino al fiume di qualsiasi altro tempio funerario, su terreno agricolo e con fondazioni poco profonde. Per questi motivi si rovinò più velocemente di altri monumenti non resistendo all'usura del tempo e le sue rovine vennero utilizzate già in tempi antichi come fonte di materiale edilizio. Una stele in granito di Amenofi si trova nel tempio di Merenptah, circa 100 metri a nord.
Il sito è stato incluso nella lista World Monuments Watch di siti in pericolo, gestita dalla World Monuments Fund (WMF), nel 1998 e nel 2004, e ricevette fondi da questa organizzazione e dalla American Express.
Il tempio era rivolto ad est, verso il Nilo, ed era protetto dai due colossi di Memnone. Due grandi corti e tre enormi piloni in mattoni di fango portavano alla corte solare. Queste aree aperte contenevano altre statue di Amenofi III, almeno una sfinge della regina Tiy (oggi senza testa), statue di sciacalli e statue del re sotto forma di Osiride. Un'ulteriore sfinge col corpo di coccodrillo (anch'essa senza testa) si trova sulla strada che conduce al tempio.
La serie di sfingi continua dal terzo pilone alla corte solare. Questa corte era circondata da colonne di papiri in arenaria e da altre statue di Amenofi-Osiride. Queste statue contenevano liste di prigionieri provenienti da terre straniere. Sul lato meridionale dell'entrata si trova un'enorme stele, ri-eretta dopo il ritrovamento, che raffigura il re e la regina Tyi col dio Ptah–Sokar–Osiride, ed altri testi che parlano degli edifici eretti dal re.


EGITTO - Tempio funerario di Seti I

 


Il tempio funerario di Seti I è un tempio funerario costruito per il faraone Seti I. Si trova nella necropoli di Tebe in Alto Egitto, lungo il fiume Nilo di fronte all'odierna città di Luxor, nei pressi di Gurna.
Il tempio sembra essere stato costruito verso la fine del regno di Seti, e potrebbe essere stato completato dal figlio Ramses il Grande dopo la sua morte. Una delle camere conteneva un santuario dedicato al padre di Seti, Ramses I, che regnò per meno di due anni e non ebbe il tempo di costruirsi un proprio tempio funerario.
L'intera corte ed i piloni del tempio sono stati distrutti, ed oggi sono sepolti nella parte orientale dell'attuale città.

EGITTO - Heracleion

 
Heracleion
, nota anche come Thonis, era una città dell'antico Egitto situata nel Delta del Nilo, le cui rovine si trovano oggi sommerse nella baia di Abukir, a 2,5 km dalla costa. La città si trovava in origine su una delle isole del Delta del Nilo, ed era attraversata da una rete di canali. Possedeva diversi ancoraggi ed un grande tempio dedicato a Khonsu, che i greci identificarono poi con Eracle. In tempi successivi, il culto di Amon divenne preminente.
Era anche il luogo della celebrazione dei Misteri di Osiride, che si compiva ogni anno durante il mese di khoiak. Il dio nella sua barca cerimoniale veniva portato in processione dal tempio cittadino di Amon fino al suo santuario a Canopo.
Heracleion prosperò particolarmente tra il VI ed il IV secolo a.C. come dimostrato da numerosi ritrovamenti archeologici: in questo periodo fu probabilmente il principale porto d'Egitto. Il faraone Nectanebo I, che regnò dal 380 al 362 a.C., ordinò molte aggiunte al tempio.
La città affondò nel VI o VII secolo d.C., probabilmente a causa di grandi terremoti e/o inondazioni.
Le rovine sommerse vennero infine individuate e riscoperte dall'archeologo subacqueo francese Franck Goddio nel 2000. Fino ad allora, gli studiosi non avevano la certezza che Heracleion e Thonis fossero un'unica città.
Fino a tempi assai recenti, la città di Heracleion era nota solamente da poche fonti letterarie ed epigrafiche.
Nel periodo greco le origini leggendarie di Heracleion venivano fatte risalire al XII secolo a.C.. Secondo la tradizione, Paride ed Elena vi rimasero bloccati durante la loro fuga da Menelao, prima che iniziasse la guerra di Troia. Inoltre, Eracle stesso avrebbe visitato la città, la quale avrebbe poi preso da lui il nome.
Tra le testimonianze storiche antiche, la città viene citata da Diodoro Siculo (1.9.4) e Strabone (17. 1.16), oltre che da Erodoto (2.113). Una fonte riferisce che la città fosse un emporion, allo stesso modo della più famosa Naucratis.
Tra i reperti che la menzionano c'è la cosiddetta Stele di Naucratis, realizzata sotto Nectanebo I: nella stele si specifica che un decimo delle tasse d'importazione delle merci giunte a Thonis/Heracleion stava al santuario di Neith a Sais. Una copia identica di tale stele è stata ritrovata proprio nel sito subacqueo dove sorgeva Heracleion. Viene citata anche nel Decreto di Canopo, onorante Tolomeo III.


EGITTO - Abu Simbel e Isambul

 


Abu Simbel e Isambul  è un sito archeologico dell'Egitto. Si trova nel governatorato di Assuan, nell'Egitto meridionale, sulla riva occidentale del lago Nasser, circa 280 km a sud-ovest di Assuan per via stradale.
Il complesso archeologico del sito di Abu Simbel, in egizio Meha, è composto principalmente da due enormi templi in roccia, detti templi rupestri ricavati dal fianco della montagna dal faraone Ramses II nel XIII secolo a.C., eretti per intimidire i vicini Nubiani e per commemorare la vittoria nella battaglia di Qadeš.
Il sito archeologico fu scoperto il 22 marzo 1813 dallo svizzero Johann Ludwig Burckhardt, quasi completamente ricoperto di sabbia, e fu violato per la prima volta il 4 agosto 1817 dall'archeologo italiano Giovanni Battista Belzoni. Nel 1979 è stato riconosciuto come patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.
La costruzione del tempio iniziò nel 26º anno di regno di Ramses II in occasione del secondo giubileo per divinizzare se stesso.
Tra i molti monumenti eretti dal faraone Ramses II il grande tempio di Abu Simbel è generalmente considerato il più imponente ed il più bello.
Sorgeva sulle antiche vestigia di un tempio dedicato al dio Horus che venne completamente distrutto per edificare il nuovo tempio dal nome egizio di Per-Ramesses-Miamon.
Sulla facciata, alta 33 metri e larga 38, spiccano le quattro statue di Ramses II, ognuna delle quali alta 20 metri, in ognuna il faraone indossa lo pschent ovvero le corone dell'Alto e del Basso Egitto, il copricapo chiamato "nemes" che gli scende sulle spalle e ha il cobra sulla fronte. Ai lati delle statue colossali ve ne sono altre più piccole, la madre Tuia e la moglie Nefertari mentre tra le gambe ci sono le statue di alcuni dei suoi figli, riconoscibili dalla treccia infantile al lato del capo quali Amonherkhepshef, Ramses B, Bintanath e Nebettaui.
Sopra le statue, sul frontone del tempio ci sono 14 statue di babbuini che, guardando verso est, aspettano ogni giorno la nascita del sole per adorarlo.
Una delle statue di Ramses è rimasta senza testa, infatti questa è crollata pochi anni dopo la costruzione del tempio a causa di un terremoto ed è rimasta ai piedi della statua. Nel crollo essa ha distrutto alcune delle statue più piccole che si trovavano nella terrazza del tempio, rappresentazioni dello stesso faraone e del dio Horus (falco).
Sopra la porta di entrata del tempio in una nicchia scavata nella roccia, c'è la statua del dio Ra-Horakhti, è il dio falco Horus unito al dio solare Ra, la mano destra del dio poggia sullo scettro indicante forza, detto user, mentre la sinistra poggia sull'immagine della dea Maat rappresentante l'ordine cosmico.
Questi due simboli uniti al dio solare Ra' che li porta, formano a mo' di rebus il nome stesso di incoronazione di Ramsete II, cioè User Maat Ra, quindi il faraone vuole indicare che il tempio è dedicato sia al dio solare Ra che a sé stesso. Ai lati della nicchia ci sono due altorilievi raffiguranti il faraone mentre fa offerta del simbolo della maat al dio.
Ai lati delle statue poste presso l'ingresso ci sono delle decorazioni, c'è Hapy dio del Nilo, simbolo dell'abbondanza, che lega fiori di loto, simbolo dell'Alto Egitto, con i fiori di papiro, simbolo del Basso Egitto, per dimostrare l'unione del Paese. Sotto queste scene, nel lato destro, quindi a nord, sono rappresentati dei prigionieri asiatici legati con corde che terminano con il fior di papiro, simbolo del nord, mentre nel lato sinistro, quindi a sud, sono rappresentati dei prigionieri africani legati con corde che terminano con fiori di loto, simboli del sud.
L'entrata del tempio conduce alla grande sala dei pilastri osiriaci, otto dei quali raffigurano il faraone con sembianze di Osiride (Orione), si tratta di statue alte 11 metri. Nel soffitto ci sono disegni incompiuti che rappresentano la dea Mut, che protegge il tempio con le sue ali distese.
Le pareti della sala nel lato destro, a nord, sono ricoperte di scene che rappresentano la vittoria di Ramses nella battaglia di Qadeš combattuta contro gli Ittiti nel 1274 a.C. Queste descrizioni formano il famoso Poema di Pentaur. Nel lato sinistro ci sono altre imprese di Ramses e le guerre contro la Siria, la Libia e la Nubia.
Da qui si entra nella sala più piccola del tempio, detta dei nobili, con quattro pilastri quadrati coperti da rilievi raffiguranti il faraone con varie divinità. Sulle pareti c'è il faraone mentre offre profumi e incensi alla barca di Amon, seguito dalla consorte, la regina Nefertari. Questa sala conduce al "Sancta Sanctorum".
Il Santuario contiene quattro statue sedute. Che da sinistra a destra raffigurano Ptah di Menfi (dio dell'arte e dell'artigianato), Amon-Ra di Tebe (dio del sole e padre degli dei), Ramses II divinizzato e Ra-Horakhti di Eliopoli (il falco con il disco solare). All'epoca queste costituivano le divinità più importanti del pantheon egiziano
Qui, grazie all'orientamento del tempio calcolato dagli ingegneri, due volte all'anno, il 20 febbraio oppure il 19 o anche il 21 e il 20 ottobre, o il 21 corrispondente quest'ultima data forse alla Heb-Sed del 1260 a.C., il primo raggio del sole si focalizza sul volto della statua del faraone. I raggi illuminano parzialmente anche Amon-Ra e Ra-Horakhti. Secondo gli antichi egizi i raggi del sole avrebbero così ricaricato di energia la figura del faraone. Il dio Ptah considerato dio delle tenebre non viene mai illuminato.
Dopo lo spostamento del tempio non si è riuscito a replicare questo fenomeno che cominciò a verificarsi il 22 febbraio e il 22 ottobre.
A nord del tempio maggiore, a un centinaio di metri, nella collina di un sito denominato Abeshek, si trova il tempio, scavato nella roccia, dedicato ad Hathor di Ibshek (con cui la regina fu associata), a Nefertari (moglie di Ramses) e altre divinità preposte alla maternità.
La facciata, larga 28 metri e alta 12 metri, è ornata da sei statue alte 10 metri, tre a ogni lato della porta di ingresso e separate da iscrizioni geroglifiche indicanti le titolature dei due sovrani. Le statue raffigurano quattro volte Ramses e due Nefertari. Ai lati delle statue del faraone ci sono i figli in dimensioni minori, mentre ai lati di Nefertari sono raffigurate le figlie.
È l'unico tempio egizio dove una regina ha la stessa importanza del faraone, lo stesso Ramses lo ha fatto scrivere in una incisione nei rilievi della facciata: ...la casa dei milioni di anni, nessuna costruzione simile è mai stata scavata.
L'entrata del tempio conduce a una sala contenente sei pilastri alti 3,20 metri sulla cui sommità vi sono le teste di Hathor, dette colonne hathoriche. Sui pilastri ci sono iscrizioni che raccontano la vita del faraone e della regina e rilievi colorati che rappresentano sia Ramses che Nefertari con alcune divinità.
Alle pareti vi sono scene del faraone e della consorte che offrono sacrifici agli dei. L'ultima sala è quella con la statua della dea Hathor in forma di vacca, contenuta in una nicchia.
Nel 1960 il presidente egiziano Gamal Abd el-Nasser decise l'inizio dei lavori per la costruzione della grande Diga di Assuan, opera che prevedeva la formazione di un enorme bacino artificiale.
Tale grande progetto rischiava di cancellare numerose opere costruite dagli antichi egizi tra cui gli stessi templi di Abu Simbel. Grazie all'intervento dell'UNESCO, ben 113 paesi si attivarono inviando uomini, denaro e tecnologia per salvare il monumento.
Vennero formulate numerose proposte a tale scopo e quella che, infine, ottenne maggiori consensi fu quella svedese di tagliare, numerare e smontare blocco per blocco l'intera parte scolpita della collina sulla quale erano stati eretti i templi e successivamente ricostruire i monumenti in una nuova posizione 65 m più in alto e 210 m più indietro rispetto al bacino venutosi a creare.
I lavori durarono dal 1964 al 1968 con l'impiego di oltre duemila uomini, guidati da un gruppo di esperti cavatori di marmo italiani, messi insieme dall'azienda italiana Impregilo e provenienti da Carrara, Mazzano, Chiampo e dalla Garfagnana in provincia di Lucca e con uno sforzo tecnologico senza precedenti nella storia dell'archeologia. L'impresa costò in totale circa 40 milioni di dollari. Le reti di imbrago dei blocchi vennero realizzate in Italia dalla Zaccheo Bellieni SPA
La ricostruzione comprese anche l'erezione di una cupola in calcestruzzo armato posta appena sopra il monumento con la duplice funzione di preservare la struttura e di dare forma alla collina artificiale a cui vennero addossati i templi. L'intervento interessò sia il tempio principale dedicato a Ramses II sia quello secondario dedicato alla regina Nefertari.
Nel ricostruire i templi, circa 210 metri più indietro e 65 metri più in alto, fu mantenuto l'originale orientamento rispetto agli astri e al sole, in modo da consentire (seppur con lo sfalsamento di un giorno) al sorgere del sole, due volte l'anno - il 22 febbraio e il 22 ottobre - di illuminare la camera centrale del tempio maggiore dove troneggiano le quattro divinità sedute: Ptah, Amon, Ramses II e Ra.
Altri monumenti di minore rilevanza, e di minori dimensioni, anch'essi minacciati dal livello delle acque vennero smontati e donati a vari musei tra cui anche il Museo egizio di Torino. Il 22 settembre 1968 una grande cerimonia annunciava al mondo la rinascita dei magnifici complessi monumentali di Ramses II e di sua moglie Nefertari.
Una leggenda vuole che la regina Nefertari sia morta all'ingresso del grande tempio mentre quasi sicuramente morì prima del completamento del tempio a lei dedicato.
Scoperta nel 1909 da Alessandro Barsanti, la cappella del culto presenta due altari ricavati nell'arenaria, due obelischi, e statue cinocefale oggi conservate al Museo del Cairo.
La stele è scolpita vicino al grande tempio e tratta della natura divina del sovrano.
Nel sito vi è anche un nilometro a sud del tempio minore.
La piccola cappella tolemaica  è posta nelle immediate vicinanze del pilone a nord del tempio minore
Posto a sud-ovest, il piccolo mammisi è anch'esso scavato nella roccia.

EGITTO - Saqqara

 


Saqqara è una vasta necropoli situata in Egitto a 30 km a sud della città moderna del Cairo. Benché ospiti molti complessi funerari, il più importante e famoso è la piramide a gradoni di Djoser della III dinastia (nella foto in alto), considerata la più antica tra le piramidi e l'antesignana di quelle che diverranno poi, con la IV dinastia, le cosiddette piramidi perfette.
Il nome "Saqqara" deriverebbe dal nome del vicino odierno villaggio arabo; è tuttavia controverso se tale nome non derivi, a sua volta, da quello dell'antico dio della morte Sokar, il che sarebbe in linea con la scelta sepolcrale, o piuttosto dal nome di una tribù araba, i Beni Soqar, che aveva prescelto la zona quale propria sede stanziale. L'area era già stata originariamente prescelta da Funzionari e Dignitari della I dinastia, che qui eressero le loro enormi màstabe (tanto che per lungo tempo si è creduto si trattasse di sepolture reali), ma non furono pochi i re dell'Antico Regno che prescelsero questa necropoli per le loro sepolture, forse proprio per la vicinanza con la neofondata capitale Menfi.
Altre sepolture di dinastie successive si trovano nell'area di Saqqara[N 1] verosimilmente come tributo agli "antichi re" unificatori del Paese.
Con l'unificazione territoriale avvenuta sotto la I dinastia[N 2], si rese necessaria la scelta di una nuova capitale che i re meridionali, venuti dall'Alto Egitto, decisero di creare alla confluenza del Nilo con l'estesa area del Delta. Alla fine della II dinastia tale città sarà nota come Ineb Hedj, ovvero "il Muro Bianco", che i greci denomineranno Menfi [N 3]
Necessitando, in assonanza di quanto praticato nella terra d’origine, di creare un’area da destinare a necropoli ai margini della città, venne scelta, come area della necropoli reale, Saqqara (a circa 30 km) ove, direttamente derivanti dal tumulo primordiale e dalle pietre sovrapposte a protezione delle sepolture più antiche, furono ideate strutture più squadrate ed architettonicamente più definite, complesse e monumentali: le mastabe [N 4]. Queste, di forma tronco-piramidale, al pari dei tumuli di pietre, di fatto proteggevano sepolture sotterranee ed erano, in origine, prive di locali interni[N 5].
Esternamente le mastabe (nella foto a sinistra, la Mastaba di Ti, Saqqara) erano caratterizzate da un'altezza media di circa 6 m, con pareti a "rientranze e sporgenze" in mattoni cotti al sole che ricordavano la cosiddetta facciata di palazzo, rivestite di latte di calce, ad imitazione di stuoie e tende policrome in tessuto.
Con il collasso del potere centrale e la fine dell'Antico Regno, Saqqara perderà la sua popolarità; purtuttavia anche nel Primo Periodo Intermedio non mancheranno sepolture reali caratterizzate da una cappella con falsa porta fiancheggiata da mura decorate a rilievo. La rilevanza della necropoli di Saqqara verrà confermata anche nel Nuovo Regno quando, nonostante il trasferimento della capitale a Tebe e, per una breve parentesi, ad Akhetaton, qui verranno ancora realizzate tombe per funzionari della Corte[N 6]. Durante la XIX dinastia, sotto Ramses II qui verranno realizzate le necropoli degli animali sacri quali immagini viventi degli dei: i babbuini per Thot, i tori Api, i cani per Anubi, i gatti per la dea Bastet.
Sebbene successivamente sostituita dalla necropoli reale di Giza e in seguito, con la XVIII dinastia, da quella della Valle dei Re presso Tebe, rimase un'importante località di seppellimento e culto per più di 3 000 anni fino al periodo Tolemaico e all'occupazione romana.
Nel ventennio 1936-1956, sotto la guida dell'egittologo britannico Walter Bryan Emery [N 7] vennero scavate numerose mastabe di Saqqara riscontrando che, alcune di esse, presentavano riferimenti a re della I e II dinastia di cui erano già note le tombe ad Abido: questo fece supporre che le mastabe di Saqqara, località legata territorialmente alla nuova capitale, fossero in realtà cenotafi delle sepolture autentiche di Abido o viceversa considerando, peraltro, che tale seconda località era intimamente connessa al culto del dio dei morti Osiride.
Le più antiche sepolture di nobili risalgono alla I dinastia ma è solo con la II dinastia che compaiono sepolture reali tra cui quelle di Hotepsekhemwy e Ninetjer.
Il sito ospita anche alcune dozzine di piramidi accessorie, di regine e principi reali, in vari stati di conservazione. Quella di Unis (foto a sinistra), sovrano della V dinastia, posta a sud della piramide a gradoni, ospita il più antico esempio di Testi delle piramidi considerati i precursori del Libro dei morti del Nuovo Regno.
Saqqara ospita anche un grande numero di tombe a mastaba che, essendo stati i complessi funerari coperti dalla sabbia per quasi due millenni, si sono preservate intatte sia nelle strutture esterne che nelle decorazioni interne. Particolare importanza è offerta, per lo studio della storia dell'Egitto, da un dipinto, scoperto nel 1861 in una tomba risalente al Nuovo Regno, in cui sono elencati i cartigli di cinquantasette sovrani dai quali afferma di discendere Ramses II. Cinquantadue di tali nomi sono tuttora leggibili e costituiscono la Lista reale di Saqqara.
Mentre la maggior parte delle sepolture risale comunque all'Antico Regno, è di particolare interesse la presenza della tomba del generale Horemheb, ultimo sovrano della XVIII dinastia, realizzata a Saqqara prima della sua ascesa al trono.
Ulteriore monumento di rilevante importanza è il Serapeo: una galleria di enormi tombe, tagliata nella roccia, che avrebbero dovuto conservare i corpi mummificati di ben 64 tori Api, adorati a Menfi come personificazione del dio Ptah. Scoperte nel novembre del 1851 da Auguste Mariette, le tombe si sono rivelate vuote; si è ipotizzato un saccheggiamento già nell'antichità, ma l'ipotesi è poco credibile vista la pesantezza delle lastre di copertura difficilmente rimovibili. Fu ritrovata una sola camera intatta, murata nel trentesimo anno del regno di Ramses II.
Nei pressi del Serapeo si trova un gruppo di statue di epoca tolemaica conosciute come il Circolo dei filosofi (foto a sinistra), queste, erette da Tolomeo I, comprendono immagini di grandi poeti e pensatori greci: Esiodo, Omero, Pindaro, Platone, Protagora ed erano verosimilmente posizionate nei pressi di un tempio di cui non resta traccia.
La necropoli di Saqqara copre un'area di circa 7 × 1,5 km per complessivi 9 km2 suddivisi in tre aree: Saqqara nord, che ospita in gran parte le cosiddette Tombe Arcaiche risalenti alla I dinastia; l'Area Principale, ove si trovano, tra gli altri, il complesso di Djoser e il Serapeum, ovvero il sepolcro dei tori Apis, ma anche la tomba che il faraone Horemheb si fece costruire prima di salire al trono, della XVIII dinastia, e l'area Saqqara sud in cui si trovano i complessi dei re Pepi I, Pepi II, della VI dinastia, e Ibi dell'VIII dinastia. Con il Primo Periodo Intermedio terminerà l'usanza del seppellimento a Saqqara anche se, di fatto, la località permarrà, sia pur saltuariamente, nella storia stessa delle Due Terre con il seppellimento di sovrani delle dinastie successive: Medio regno, Secondo Periodo Intermedio e Nuovo regno.
I complessi di maggior rilievo risalgono alla III dinastia e comprendono la piramide di Djoser.
Questa è circondata, come baluardo del complesso funerario, da un possente muro di cinta, alto circa dieci metri, edificato con il candido calcare della pietra di Tura nel modello definito a facciata di palazzo. Il muro che delimita la superficie rettangolare di quindici ettari è decorato a lesene, articolato ad aggetti e rientranze ed è dotato di quattordici false porte a due battenti. È la replica del Muro Bianco ossia della fortezza reale, costruita in mattoni crudi intonacati a calce, che si dice costruita da Narmer, identificabile secondo alcuni egittologi anche in Menes, fondatore di Menfi.

EGITTO - La Via Hadriana

 
La via Hadriana fu una strada di epoca romana costruita sotto l'imperatore Adriano durante il suo viaggio in Egitto (attorno al 130), dopo la morte del suo amante Antinoo. Questa strada serviva, insieme ad altre vie militari del limes Aegypti, le importanti cave di granito bianco Mons Claudianus (da dove uscivano colonne alte fino a 20 metri impiegate a Roma anche nel foro di Traiano e nel Pantheon) e di porfido, in particolare quello rosso del Mons Porphyrities (Wadi Umm Sidri), da dove furono prodotte colonne alte fino a 6-8 metri (ad es. quelle utilizzate nella basilica di San Crisogono o nel battistero di San Giovanni in Fonte).
Questa via iniziava sul Nilo presso Antinopoli (l'odierna "Sheikh Ibada") e poi proseguendo verso nord-est, piegava a sud lungo la costa del Mar Rosso presso Abu Sha'ar, dopo aver attraversato lo Wadi Tarfah, lo Wadi Ragalah, lo Wadi Hawashiya e lo Gebel Abu Had, per infine condurre al porto di Berenice dopo circa 800 km di percorso. La via continuò ad essere utilizzata anche durante il Tardo impero romano (V e VI secolo).

(da Wikipedia, l'enciclopedia libera)


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