lunedì 26 maggio 2025

Sicilia - Sampieri

 
Sampieri
 è una frazione marinara, di 627 abitanti, nel comune di Scicli, in provincia di Ragusa. Nota località balneare, antico ed affascinante borgo di pescatori, dal minuscolo e romantico centro storico di case in pietra e stradine lastricate, è situata lungo uno sperone di roccia calcarea, compreso tra due spiagge di finissima sabbia dorata: la maggiore si estende per circa 1800 m ad est dell'abitato e la minore di 400 m circa, è situata ad ovest. L'economia del borgo è oggigiorno prevalentemente legata alle attività agricole ed al turismo, disponendo di una struttura ricettiva alberghiera di prim'ordine e di un moderno camping ben attrezzato e funzionale. A Sampieri e dintorni le tracce della presenza umana si perdono nella notte dei tempi. Nella località denominata "Costa ri carro", adiacenti alla spiaggia minore, sono ancora visibili nella roccia calcarea le vestigia di scavi, a scopo estrattivo. In parte oggi sommersi, questi scavi sono indizio plausibile di un insediamento del periodo neolitico ed appaiono improvvisamente e misteriosamente interrotti, forse a causa di una catastrofe naturale.
Testimonianze preistoriche sono evidenti anche nella cosiddetta "Cava rô Ràbbusu", una valle poco profonda situata nell'entroterra della Fornace Penna, originata da una frattura tettonica del Miocene e divenuta, successivamente, letto di un corso d'acqua a carattere torrentizio che prende il nome di Torrente Petraro.
Nella zona dove attualmente è situata Sampieri, secondo taluni, sorgeva una colonia greca chiamata Apolline, nome derivante da Apollo, poiché nel VI secolo a.C. nella località denominata "Ô Puzziddu" ovvero "Ô Puzzu râ zâ Vanna", pare esistesse un tempio, ormai perduto, in onore di Apollo Archegete , che i fondatori delle colonie greche erano soliti edificare a scopo propiziatorio, come riferisce lo storico Tucidide.
I geografi arabi menzionano Sampieri col nome di Marsa Siklah , un porto dove le navi che provenivano dal Nord Africa e dal vicino oriente potevano attraccare fino al secolo XIII, prima che venisse insabbiato.
L'etimologia del nome di Sampieri è avvolta dalla leggenda e sembra sia da porre in relazione, secondo alcune tradizioni, a San Pietro apostolo che vi sbarcò nel 40 d.C. mentre era diretto a Roma. Altri ricordano che ivi fu presente anche San Paolo nel suo terzo viaggio apostolico, proveniente da Malta. All'estremità orientale della spiaggia maggiore della borgata ed alla sommità di una falesia di circa 5 m di altezza, domina il paesaggio litoraneo la Fornace Penna, che gli abitanti del luogo chiamano affettuosamente "Ô Pisciuottu". Dello stabilimento è rimasto solo un rudere a causa di un incendio di natura dolosa avvenuto nel 1924. Fu un fiorente opificio nel quale si producevano laterizi, esportati in tutto il bacino mediterraneo.
Oggi costituisce un'attrattiva turistica, grazie anche all'utilizzo come location per alcuni episodi dello sceneggiato televisivo Il Commissario Montalbano, personaggio creato da Andrea Camilleri ed interpretato dal noto attore Luca Zingaretti.
In questa zona viene attribuita la collocazione dell'antico porto di Sampieri. Ad un centinaio di metri dal fabbricato, in direzione della spiaggia e nei pressi di una grotta, ormai occultata dalla vegetazione, dove sgorgava sino a pochi decenni or sono una fonte incontaminata di acqua gradevolmente fresca e potabile, si possono scorgere i resti di un antichissimo pozzo, forse precedente il periodo greco di Apolline. Ricavato nella roccia calcarea, esso è una rimembranza di ciò che doveva rappresentare il reale motivo dell'ubicazione di questo approdo. Sampieri, infatti, nel passato era probabilmente un punto costiero di rifornimento di acqua potabile, per i naviganti che effettuavano il piccolo cabotaggio. Ed a suffragio di tale ipotesi vi è da segnalare una curiosità geologica della zona, che manifesta aspetti carsici, caratterizzata dalla presenza di una sorgente subacquea perenne di acqua dolce che ancora è possibile scorgere, affiorante in una piccola insenatura, nei periodi di bassa marea.
Sampieri annovera anche la presenza di famosi esponenti della cultura e dell'arte italiana del Novecento. Fu visitata infatti nel 1959 da Pier Paolo Pasolini, Carlo Levi e Renato Guttuso.
Tra i frequentatori celebri di Sampieri vengono inoltre ricordati il pittore Piero Guccione ed il critico d'arte, scrittore e politico Vittorio Sgarbi e l'attore, comico, regista Roberto Benigni


Sicilia - Necropoli di Realmese

 


La necropoli di Realmese è una necropoli preistorica a circa 3 km da Calascibetta (provincia di Enna) in Sicilia.
Il sito si connota per essere di tipo Pantalicano (cioè dello stesso stile della necropoli di Pantalica), con 288 tombe a grotticella in due diverse epoche, infatti una prima fase di utilizzo è datata attorno al IX secolo a.C., mentre in una fase posteriore (VI secolo a.C.) vennero riutilizzate alcune sepolture.
Una prima campagna di scavi venne eseguita negli anni 1949-1950 con l'archeologo Luigi Bernabò Brea che trovò diversi reperti: ceramiche, coltellini, anelli, orecchini e fibule, oggi esposti presso il museo archeologico regionale Paolo Orsi di Siracusa.

Sicilia - Castelluccio di Noto

 


Castelluccio di Noto ("U Castiḍḍuzzu" in siciliano) è un sito archeologico localizzato in provincia di Siracusa, tra i comuni di Noto e Palazzolo Acreide e che ha dato il nome all'omonima cultura di Castelluccio. Il sito fu scoperto dall'archeologo Paolo Orsi alla fine dell'800 e lo datò tra il XIX ed il XV secolo a.C. e, pertanto, alla prima età del bronzo siciliana. Egli individuò la discarica del villaggio. Alla fine degli anni '80 del Novecento gli studiosi hanno individuato la necropoli e il piano dell'abitato, quest'ultimo posto su uno sperone roccioso, una sorta di acropoli fortificata.
La necropoli consta di oltre 200 tombe a grotticella artificiale, scavate nelle pareti ripide della vicina cava della Signora. La più monumentale è la cosiddetta "Tomba del Principe" con un prospetto costituito da quattro finti pilastri.
Dal sito provengono numerosissimi materiali ceramici, oggi esposti al museo archeologico regionale "Paolo Orsi" di Siracusa, oltre a reperti in bronzo e due famosissimi portelli tombali con incisi simboli spiraliformi. Inoltre sono stati rinvenuti degli ossi a globuli esposti al museo di Siracusa, di cui altre copie sono state rinvenute anche a Malta, in Puglia, in Grecia e a Troia.

Sicilia - Stentinello

 


Stentinello è un villaggio del neolitico situato nella piana di Targia, nei pressi dell'ingresso nord di Siracusa, sito eponimo della cultura di Stentinello databile al V millennio a.C., contemporanea della cultura del Castellaro Vecchio delle Isole Eolie e della cultura di Ghar Dalam di Malta. Una sua variante è la cultura di Kronio della Sicilia occidentale.
Dell'abitato eponimo si conoscono i resti di edifici palificati a pianta rettangolare racchiusi entro un fossato scavato nella roccia formante uno spazio ovale di circa 180 x 200 metri. Le sepolture di questa cultura, rinvenute in vari luoghi della Sicilia, ma non a Stentinello, erano fosse ovali scavate nella roccia entro cui giacciono inumati in posizione rannicchiata.
La cultura materiale comprende industria litica su selce e ossidiana (proveniente sempre dalle isole Eolie, specificatamente da Lipari), in particolare elementi di falceto rettangolari, industria su osso (punteruoli, aghi, spatole) e ceramica. I vasi, di colore nero, o comunque scuro, sono quasi sempre decorati con complicati motivi impressi o incisi di tipo geometrico o, più raramente, antropomorfo.
L'economia era fondata sulla coltivazione di cereali, in particolare grano (Triticum monococcum, Triticum dicoccum) e orzo (Triticum ordea), sulla pesca e sulla raccolta di molluschi. Il sito risulta abbandonato da anni e di difficile localizzazione, sia per la presenza di recinzioni private sia per l'assenza di cartellonistica. Individuare l'area in cui sorgeva il villaggio, ma soprattutto i fori di capanna è molto difficile, vista la presenza di vegetazione spontanea. Il luogo inoltre sorge accanto a un'area industriale che ne ha fatto perdere totalmente il valore storico.

Sicilia - Monte Adranone

 


Monte Adranone è un rilievo di 899 m s.l.m. a settentrione del comune di Sambuca di Sicilia, in provincia di Agrigento. La sommità del monte Adranone accoglie i resti di un'antica città, ritenuta di nome Adranon, importante sito archeologico della Sicilia. L'antica città di Adranon fu un insediamento greco-punico distrutto, secondo i dati degli scavi archeologici, intorno al III secolo a.C.. Le imponenti rovine ritenute del periodo tra l’VIII e il III secolo a.C. rivelano l'importanza strategica del centro sin dalla fase più arcaica, in quanto dominavano la strada che collegava Selinunte con Akragas. Forse fu caposaldo del sistema di difesa realizzato dai cartaginesi per la difesa della loro eparchia. Gli studiosi hanno ritenuto di identificare il sito con l’Adranon di cui riferisce Diodoro Siculo in relazione alla prima guerra punica.
La città, riemersa dopo gli scavi archeologici, si estende su un territorio collinoso e ondulato che avanza a terrazza verso sud-ovest. Nella zona corrispondente all'ingresso dell'area archeologica, si trova la Necropoli, nella quale spicca la monumentale Tomba della Regina. Proseguendo verso la sommità del monte Adranone si possono osservare la cinta muraria della città-fortezza, il quartiere artigianale e commerciale e un Santuario circondato da un temenos, recinto sacro, e preceduto da un sacello, dove si raccoglievano le offerte votive dei fedeli. Sulla cima vi è l'area sacra dell'Acropoli. In tutto il sito dell'antica città di Adranon sono state rinvenute numerose deposizioni votive quali anfore, terrecotte, pregevoli busti di divinità, corredi vari, insieme a ceramica attica e suppellettili di bronzo. Questi reperti sono visibili nei musei archeologici di Palermo, di Agrigento e di Sambuca di Sicilia,

Sicilia - Vassallaggi


Il sito archeologico di Vassallaggi è stato un sito preistorico dell'età del bronzo, posto sull'omonima altura, che ha avuto un successivo grande sviluppo dopo il VII secolo a.C. diventando un phrourion. Il sito si trova nel territorio comunale di San Cataldo (nel nisseno), nella media valle del Salso, a 704 m s.l.m.. Localizzato in contrada Roccella, esso costituisce una posizione strategica, cerniera per i collegamenti tra le coste meridionali e settentrionali dell'isola. Ha un orientamento NE-SO e corre parallelo alla SS 122 San Cataldo-Serradifalco. Il sito archeologico si è sviluppato nel tempo in cinque collinette vicine tra loro; esso rappresenta un importante esempio di insediamento greco del centro Sicilia, ellenizzato da coloni greci-rodio-cretesi. Il sito occupa una posizione strategica che controlla la valle del fiume Salso centrale e dell'alto fiume Platani.
Il sito, conosciuto già dal XIX secolo, solo a partire dal 1905 venne fatto oggetto di campagne di scavi, che fino agli anni sessanta hanno dato brillanti risultati con il rinvenimento di considerevoli tracce di presenza umana a partire dall'Età del bronzo fino ai primi secoli della cristianità. Resti di mura, case, tracciati urbani, tombe e luoghi di culto rimangono a testimonianza di un fiorente passato e numerosissimi manufatti, alcuni dei quali perfettamente conservati, oggi sono esposti in diversi musei della Sicilia.
Storicamente il sito ha avuto uno sviluppo durante l'età del Bronzo Antico (XVIII-XIV secolo a.C.), della quale ci rimangono alcune tombe a grotticella del periodo del castelluccio ed una capanna circolare con suppellettili poste sulla II collina che guarda San Cataldo. Anche se il sito originario è stato alterato da successivi insediamenti.
I più antichi abitanti di Vassallaggi, furono presumibilmente i Sicani della primissima Età del bronzo, presenza testimoniata da ceramiche rosse dipinte con motivi geometrici del II millennio a.C. Tombe a forno tipiche di quelle popolazioni sono state rinvenute nelle vicinanze.
Durante la media e tarda età del bronzo il sito non ha mostrato reperti di fatto queste colline vennero del tutto abbandonate; ciò è spiegabile con fenomeni emigrativi verso il mare (età del bronzo medio) e successivamente con la ricerca di siti più facilmente difendibili dai sopravvenienti siculi (età del bronzo tardo). Pertanto il sito ha avuto una pausa di circa 700 anni, prima di insediamenti di cultura sicana indigena che si svilupparono a partire dal VIII a. C. occupando l'area compresa tra il Salso e il Platani.
Furono abitate nuovamente durante l'Età del ferro fino alla colonizzazione ellenica a partire dal V secolo a.C., periodo che vide il villaggio fortificarsi e svilupparsi nell'orbita dell'antica Akragas (Agrigento).
Furono abitate nuovamente durante l'Età del ferro fino alla colonizzazione ellenica a partire dal V secolo a.C., periodo che vide il villaggio fortificarsi e svilupparsi nell'orbita dell'antica Akragas (Agrigento).
Con la fondazione della città di Gela, potentissima colonia dorica fondata nel VII secolo a.C., ha inizio un periodo di espansione dei popoli di origine ellenica che porterà alla colonizzazione dell'intero centro Sicilia, utilizzando la naturale via dell'Hymera, antico nome del fiume Salso. L'espansione verso l'interno della Sicilia si può spiegare con l'esigenza di alleggerire la pressione demografica delle polis greche dalla madrepatria prima e poi delle colonie. Dalla necessità di aumentare la produzione agricola e dalla necessità di reperire nuovi sbocchi commerciali per la produzione artigianale.
Il sito di Vassallaggi, tuttavia, dalle prove conosciute sarà oggetto di conquista e colonizzazione solo successivamente ad opera di popoli greci di origine Agrigentina a partire dal VI secolo a.C., contrariamente ai siti viciniori di Sabucina, Capodarso e Gibil Gabib che invece furono oggetto di colonizzazione di popolazioni provenienti da Gela, portatori dello stile dei manufatti vascolari di tipo protocorinzio, mai rinvenuti a Vassallaggi.
A questo periodo vengono attribuiti i rinvenimenti più importanti nella ricca necropoli, sia per quantità che per stato di conservazione: sarcofagi in ceramica uno dei quali in perfetto stato di conservazione, vasi di fabbricazione locale, corredi di vasi provenienti da altre zone elleniche; coltelli, lance, strigli in bronzo, monete. È di questo periodo la costruzione di un tempio per il culto di divinità femminili.
La mancanza di prove concrete, iscrizioni e monete coniate sul luogo, rende difficile l'attribuzione di un nome certo a quella che appare come una prospera città. Si ipotizza possa essere Motyon, primo centro fortificato della zona dell'agrigentino. La città venne quasi inspiegabilmente abbandonata intorno al 320 a.C. Non vi sono infatti, tracce di oggetti posteriori a questa data.
Dell'età romana restano tracce di piccoli nuclei abitati sparsi a valle, nei territori circostanti, soprattutto lungo i nodi viari in direzione di Agrigento. Nel sito di Vassallaggi sono state inoltre rinvenute resti di tombe cristiane, datate al V secolo d.C., ricavate nelle grotte preistoriche circostanti.

Sicilia - Sese

 


Il sese è un tumulo funerario megalitico, edificato nel II millennio a.C. sull'isola di Pantelleria dalla civiltà sesiota. Tutti i sesi conosciuti sono stati edificati nelle contrade Cimillia e Mursia, intorno ad un vasto abitato fortificato, nella porzione nord-occidentale dell'isola di Pantelleria.
Dopo i primi studi di Guido Dalla Rosa (1870) e Francesco Saverio Cavallari (1874), fu l'archeologo Paolo Orsi con una spedizione tra il 1894 e l'anno successivo, a dimostrare che i sesi erano tombe, sebbene il suo censimento e gli scavi condotti su alcuni monumenti non consentirono di rinvenire alcuna sepoltura integra. In anni recenti (1997-2008) le ricerche di Fabrizio Nicoletti e Sebastiano Tusa hanno permesso di individuare nuovi sesi, due dei quali hanno per la prima volta restituito deposizioni funerarie integre.
Sul suolo pantesco sono conosciuti circa cento sesi. Il maggiore è il cosiddetto sese Grande o sese del Re (nella foto), alto 5,58 metri e con un diametro di 20 metri. I sesi sono costruzioni megalitiche, di pianta circolare o ellittica, con spiccato a gradoni terminanti con una superficie pianeggiante o a calotta. Intorno al perimetro si trovano degli ingressi (da due a undici), ciascuno dei quali, attraverso un corridoio dolmenico rettilineo, conduce ad una cella a pianta circolare con spiccato a cupola ogivale, sede delle sepolture. La tecnica costruttiva, che comprende una struttura a corridoio caratterizzata dalla netta prevalenza della muratura sullo spazio vuoto fruibile, trova confronti in Francia con alcuni tumuli databili al neolitico medio, quali quelli di La Nògue, La Noguette, in Calvadòs.

Sicilia - Castiglione di Ragusa

 


Castiglione di Ragusa è un insediamento siculo-greco con resti di due ampi quartieri del VII secolo a.C., fortificazioni, strada urbana, un'area sacra ed una necropoli greca. Il sito si trova a 3 km da Ragusa su di un'altura, lunga e stretta, che sovrasta la piana di Vittoria. Il sito fu fondato a partire dal VII secolo a.c. da insediamenti Siculi. Probabilmente a partire dal V sec. passò sotto l'influenza greca. Dal IV se. a.c. fu poi abbandonato. Gli archeologi hanno individuato due aree principali risalenti all'epoca sicula VI sec. a.c. e dei resti di fortificazioni murarie, le fondamenta di un santuario e una necropoli.
Tra i ritrovamenti più importanti dell'area vi è il "Guerriero di Castiglione" un bassorilievo in un'unica lastra di calcare locale, raffigurante un guerriero armato a cavallo con la testa del destriero incedente verso sinistra, mentre l'estremità opposta del blocco sono decorate le protomi di un toro e di una sfinge. L'importanza del documento sta nella incisione in caratteri greci e in dialetto dorico, relativo ad una personalità probabilmente indigena.
Il Guerriero è custodito presso il Museo archeologico ibleo di Ragusa.

Sicilia - Eloro


  1. teatro
  2. ?
  3. Santuario di Demetra
  4. Agorà
  5. Asklepieion
  6. porta nord
  7. porta sud
  8. Necropoli A
  9. Necropoli D
  10. Necropoli C
  11. Necropoli B
  12. Latomie
  13. colonna Pizzuta   




Eloro (Έλωρος, Heloros, in greco ed Helorus in latino) è stata un'antica polis siceliota. Il centro, oggi un sito archeologico, è ubicato su una collina (20 metri slm) prospiciente il mar Ionio, a circa 8 chilometri a sud-est di Noto, nell'odierna provincia di Siracusa, poco a nord della foce del fiume Tellaro (allora detto Eloro come la città). 
Sappiamo pochissimo della storia di Eloro, almeno fino al periodo romano. La scoperta di ceramica greca databile alla fine dell'VIII secolo a.C. sembra confermare che Eloro fu la prima subcolonia di Siracusa, posta sulla direttrice della più tarda via Elorina, menzionata più volte da Tucidide, strada che metteva in comunicazione Eloro con il centro aretuseo. La più antica menzione di Eloro è in Pindaro (Nemee, IX, 40).
Secondo quanto riportato da Erodoto, nell'alto corso del fiume Tellaro, Ippocrate, tiranno di Gela, sconfisse in battaglia nel 493 a.C. le forze siracusane.
Non lontano da Eloro, i Siracusani sconfissero gli Ateniesi (battaglia dell'Assinaro, del 413 a.C.).
Nel 263 a.C., come ricorda Diodoro Siculo, insieme ad Akrai, Leontinoi, Megara Iblea, Netum e Tauromenion, Eloro fece parte dei possessi riconosciuti dai Romani, impegnati nella Prima guerra punica, a Gerone II di Siracusa.
Nel 214 a.C., come attestato da Tito Livio, Eloro, che era passata ai Cartaginesi, si consegnò senza dar battaglia a Claudio Marcello. Dalle Verrine di Cicerone ricaviamo che Gaio Verre spogliò completamente la città delle sue opere d'arte e che sulla costa presso Eloro si svolse una battaglia navale che permise ai pirati di distruggere la flotta provinciale (71 a.C.).
La città rimase fiorente anche in epoca bizantina, ma venne quasi completamente distrutta con l'arrivo degli Arabi.
Le mura urbane, datate da Paolo Orsi al V secolo a.C. e successivamente attribuite invece al VI secolo a.C. nella loro fase originaria, furono in seguito ricostruite sopra i resti di quelle più antiche, forse nella seconda metà del IV secolo a.C.
A sud-est, una torre medioevale (Torre Stampace) venne costruita nel 1353 da Blasco Alagona, agli ordini di Pietro d'Aragona, per la difesa della costa: la torre poggia sui resti di una fortezza, citata da Plinio il Vecchio nel I secolo d.C.
Il santuario più importante si trovava all'esterno delle mura: era dedicato a Demetra e Kore e riprende forse un più antico culto indigeno siculo. Si trovava all'esterno delle mura ed era costituito da diversi ambienti. Il primo impianto risale al VI secolo a.C., ma venne utilizzato fino al III secolo a.C., come testimoniano gli ex voto conservati nel Museo archeologico di Noto. Successivamente il santuario venne trasferito all'interno della città come piccolo tempio in antis e circondato da un porticato (stoà) a tre bracci, dorico in facciata e a due navate.
Il porticato era connesso anche con l'agorà, di cui restano visibili solo le cisterne scavate nella roccia per raccogliere l'acqua piovana. Dalla piazza una via si dirigeva verso il mare a sud-est: insieme ad un'altra via in senso nord-sud definiva gli assi della struttura urbanistica della città.
Un santuario forse dedicato al dio Asclepio, del IV secolo a.C., era costituito da un cortile circondato da portici, dove gli ammalati sostavano e dormivano in attesa della visita in sogno del dio, che avrebbe portato alla guarigione.
Nei pressi sorgeva un piccolo thesauròs, ossia un edificio a forma di piccolo tempio in antis, destinato ad ospitare le offerte votive e datato alla seconda metà del IV secolo.
Verso sud, sulle pendici della collina, si trova un teatro greco, in parte scavato nella roccia e in parte costruito, risalente alla fine del IV - inizi del III secolo a.C., in parte intaccato da un canale di bonifica realizzato negli anni trenta.
A nord-ovest si trovava la Colonna Pizzuta, un monumento funerario, costituito da una colossale colonna in rocchi di pietra calcarea (diametro di 3,80 m e altezza ricostruibile in circa 10 m). Nei pressi si trova un ipogeo scavato nella roccia, databile alla seconda metà del III secolo a.C., già visto negli scavi di Orsi nel 1899 e successivamente reinterrato.
Le quattro necropoli cittadine (distinte dagli studiosi moderni con le prime lettere dell'alfabeto) erano situate sul terrazzo roccioso a nord dell'abitato.
Il sito confina con la Riserva naturale di Vendicari, dove è possibile anche vedere tracce dell'antica via Elorina proveniente da Siracusa.
Il sito risulta chiuso da anni a causa della mancanza di custodi e di adeguati requisiti di sicurezza atti alla fruizione. Tuttavia anche la conservazione del sito è molto precaria, la recinzione in alcuni tratti è stata danneggiata e per questa ragione sono presenti degli scavi illegali denunciati dai turisti e dalla gente del posto.

Sicilia - Kamarina

 


Kamarina o Camarina (in greco antico: Καμάρινα, Kamárina; secondo Strabone il nome significa "abitata dopo molta fatica") fu un'importante colonia di Siracusa, fondata e costruita dai siracusani alla foce del fiume Ippari, nel sud della Sicilia. Di essa oggi non rimangono che rovine e importanti reperti archeologici, principalmente sul colle Cammarana nel territorio del comune di Ragusa. Kamarina venne fondata agli inizi del VI secolo a.C. (598 a.C. - 597 a.C.) dai greci-siracusani, sul fertile promontorio delimitato dai fiumi Ippari a nord e Oanis a sud, lo scopo del nuovo insediamento fu quello di creare un presidio lungo la rotta africana e frenare l'espansione verso sud di Gela, che appena diciotto anni dopo fonderà più a nord-ovest Akragas (580 a.C.). Divenuta rapidamente un importante centro agricolo e di riferimento per i fiorenti traffici commerciali dell'entroterra ibleo e anche dei Siculi, la colonia entrò presto in conflitto con la città-madre.
Mentre Tucidide si limita a riferire che vi fu una ribellione camarinense domata dai siracusani nel contesto di una più ampia guerra, Filisto, testimonia negli scritti di Dionigi di Alicarnasso, una più dettagliata descrizione di tale conflitto avvenuto tra la madrepatria e Kamarina; egli narra che la colonia si schierò con i Siculi, mentre i siracusani potevano contare su Enna e Megara Hyblaea. Il quadro storico sembra quindi rimandare al complesso periodo che vide la sottomissione iniziale dell'egemonia sicula anche nell'entroterra siciliano e soprattutto nella zona iblea, dove ancora resistevano gruppi di siculi indipendenti da Siracusa. Altri particolari che possano chiarire meglio l'ottica e le motivazioni della ribellione non vengono forniti dalle fonti antiche.
Kamarina venne in seguito sconfitta dai siracusani e i loro alleati nel 552 a.C.. Le fonti dicono che la popolazione camarinense venne esiliata; tuttavia, lo scavo dell'insediamento attesta una continuità di vita ininterrotta nell'arco dell'intero VI secolo a.C.
I siracusani cedettero Kamarina al tiranno Ippocrate di Gela, all'inizio del V sec. a.C., poiché questi aveva sconfitto gli aretusei presso il territorio ibleo, facendo molti prigionieri e minacciando di marciare contro Siracusa per conquistarla. A questo punto, come informa Erodoto, intervennero le due forze greche Corinto e Corcira, legate politicamente ad una Siracusa ancora priva di tiranni: esse si frapposero per impedire all'influente cittadino gelese di porre il suo dominio in terra aretusea e l'accordo per evitare ciò fu proprio il cedimento di Kamarina a Gela, in cambio delle cessate ostilità belliche di Ippocrate verso i siracusani. Fu così che Kamarina passò sotto il controllo del tiranno di Gela.
Ippocrate la rifondò (492 a.C.-461 a.C.); Kamarina riacquisì la sua importanza e in seguito all'alleanza stretta con Atene in funzione antisiracusana, nel corso della guerra del Peloponneso riuscì a strappare a Siracusa il lontano territorio di Morgantina (424 a.C.).
Durante l'avanzata di Annibale Magone tra il 405 e il 401 a.C. Kamarina venne nuovamente saccheggiata e distrutta dal suo esercito. Rientrò nell'orbita siracusana durante il dominio di Dionisio I il grande e prese parte alla simmachia di Dione di Siracusa nel 357 a.C. quando questi con il suo esercito marciò alla conquista di Siracusa.
Dopo il dominio punico a cui fu sottoposta, tra il 405 a.C. e 393 a.C., ebbe un nuovo periodo di prosperità alla fine del IV secolo a.C., raggiungendo, per via del ripopolamento adottato da Timoleonte nel 339 a.C., la sua massima espansione urbanistica.
A partire del III secolo a.C. fu presa dai Mamertini nel 275 a.C. e poi dai Romani nel 258 a.C.[8] Al tempo della Repubblica romana il suo capiente porto accolse le navi da guerra di Publio Cornelio Scipione, Emilio Paolo, Pompeo Magno, Cesare e Ottaviano e aprì i commerci con l'Africa e l'Egitto.
Ma nel periodo imperiale i romani realizzarono un nuovo porto nella vicina Kaucana e quindi la città si spopolò progressivamente dei suoi abitanti.
Kamarina venne definitivamente distrutta nell'827 dall'esercito guidato da Asad ibn al-Furat nel corso della conquista arabo-berbera della Sicilia.
L'acropoli mostra una continuità d'uso: i resti del tempio di Atena vengono inglobati nella costruzione della chiesa della Madonna di Cammarana, l'edificio colmo degli ex voto dei naviganti scampati alla furia delle tempeste venne distrutto da un incendio nel 1834, i suoi resti furono utilizzati per la costruzione della masseria che oggi ospita il locale Museo.
Con regio privilegio del 1607 venne concesso a Vittoria Colonna contessa di Modica di ricostruire la città nei pressi dell'antico sito di Kamarina. Nacque così Vittoria, (costruita però a circa 10 km dall'antica città) nel cui territorio comunale (Scoglitti) l'area archeologica è compresa. La riviera al confine con Ragusa (delimitato dal fiume Ippari) è appunto la riviera Kamarina-Scoglittese.
I resti attuali sono di grande interesse archeologico, e testimoniano la vastità dell'antico sito. Rimangono tombe arcaiche (VII secolo a.C.) e ruderi poco significativi di un tempio dedicato a Minerva. Lungo l'Ippari si può riconoscere il tracciato dell'antico porto canale. La città è ancora riconoscibile nella sua area originaria dai resti di case e di pavimentazioni.
Nel vicino bosco di Passo Marinaro si trovano ancora le tombe di una necropoli nel V - IV secolo a.C. Gli scavi condotti a Kamarina da Paolo Orsi dal 1896 al 1911, hanno fornito copioso materiale archeologico che si trova al Museo di Siracusa.

nelle foto, dall'alto:
- resti dell'antico porto
- le fortificazioni
- le mura
- il quartiere dell'altare
- il tempio di Atena
- l'Agora




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