domenica 13 luglio 2025

ISRAELE - Herodion


Herodion
 o Herodium è una collina a forma di tronco di cono, che si eleva sulla piana circostante per circa 60 metri, raggiungendo i 758 m s.l.m., sulla cui sommità Erode il Grande fece costruire un palazzo-fortezza tra il 23 e il 15 a.C. Si trova in Cisgiordania, 12 km a sud di Gerusalemme. La combinazione di palazzo e fortezza fu una caratteristica comune a diverse costruzioni erodiane, come Masada. Nel maggio 2007 archeologi israeliani vi hanno rinvenuto una tomba, forse dello stesso re.
L'Herodion è l'unica costruzione di re Erode che ha preso il nome dal sovrano. Nell'epoca delle crociate fu conosciuta come "la montagna dei franchi", spiccando come il rilievo maggiore nel deserto di Giuda. Gli arabi locali lo chiamano Jabal al-Fourdis ("montagna del Paradiso"), nome che deriva forse da una corruzione dell'originale. Gli archeologi israeliani hanno confermato che il nome ebraico era Herodis (ebraico: הרודיס). Viene infatti chiamato così in documenti risalenti alla terza guerra giudaica.
Negli anni di aspri conflitti che seguirono l'uccisione di Cesare, i Parti guidati da Pacoro I invasero la Siria romana e, unendosi agli Asmonei, la Giudea nel 40 a.C. circa. Qui Ircano II, Fasaele e lo stesso Erode furono sconfitti dai Parti e da Antigono II Asmoneo, che verrà incoronato re di Giudea. Mentre andava a rifugiarsi nella fortezza di Masada, Erode si scontrò con forze al suo inseguimento e le sconfisse. Secondo Giuseppe Flavio proprio nel luogo della battaglia, a commemorazione della vittoria, una volta salito al trono costruirà dal nulla l'Herodion.


La collina è in parte artificiale. Il palazzo-fortezza vero e proprio aveva una cerchia difensiva costituita da una doppia cinta muraria, con un diametro esterno di 62 metri. L'altezza era di circa 30 metri. Comprendeva quattro torri. La più larga, quella orientale di circa 18 m di diametro, è probabile contenesse gli appartamenti reali. Vi sono resti di elaborati pavimenti a mosaico ed affreschi. Le altre torri semicircolari avevano un diametro di 16 metri. Diverse cisterne provvedevano un'ampia provvista d'acqua al palazzo. Subito a nord della collina vi sono i resti di diverse costruzioni disposte con regolarità lungo l'asse nord-sud su un'area di circa 15 ettari, con al centro una piscina di 70 x 46 metri, che era attorniata da giardini. 
Poco sotto il palazzo, a metà collina, vi sono i resti di un monumento funerario che conteneva dei sarcofaghi, probabilmente la tomba del re Erode e dei suoi familiari.
I romani dalla Legio X Fretensis assediarono e distrussero Herodion nella prima guerra giudaica, prima di porre un lungo assedio a Masada.
All'inizio della terza guerra giudaica, 60 anni dopo, Simon Bar Kokheba lo utilizzò come quartier generale secondario. Le ricerche archeologiche hanno evidenziato opere murarie difensive e gallerie risalenti a questo periodo.

ISRAELE - Tunnel di Ezechia

 
Il tunnel di Ezechia è una galleria scavata sotto l'Ophel nella Gerusalemme orientale sotto il regno di Ezechia (c. 700 a.C.). Il tunnel mette in comunicazione la sorgente di Gihon con il pozzo di Siloam, ed aveva lo scopo di fungere da acquedotto da per fornire d'acqua Gerusalemme durante l'imminente assedio della città da parte degli Assiri guidati da Sennacherib. Lo scavo è lungo circa 533 metri e tramite un leggero dislivello tra le due terminazioni della galleria, convoglia l'acqua dall'oasi al pozzo. Secondo un'iscrizione ritrovata nel tunnel, la cosiddetta iscrizione di Siloam, esso venne scavato da due gruppi differenti, che lavorarono separatamente incontrandosi a mezza via. È evidente dalla natura stessa dello scavo che vennero fatti diversi tentativi prima di riuscire a trovare la giusta direzione dove scavare. Recenti scoperte hanno portato al ritrovamento di un ulteriore tunnel - noto come canale Warren - e suggeriscono che il tunnel potrebbe essere stato il frutto dell'allargamento di una fenditura naturale preesistente o (karst). L'Ophel, essendo un monte, era naturalmente difendibile da ogni fianco, ma presentava un punto debole nel fatto che la sua principale risorsa di acqua corrente, l'oasi di Gihon, si trovasse sulla cima che si affaccia sulla valle di Kidron. Questo comportava militarmente il problema di dover lasciare l'oasi al di fuori delle mura cittadine, lasciando la città priva di acqua fresca nel caso di assedio.
La Bibbia narra che re Ezechia (c. VIII secolo a.C.), temendo che gli Assiri volessero mettere Gerusalemme sotto assedio, bloccò il flusso delle risorse d'acqua all'esterno della città e le dirottò attraverso un canale nel pozzo di Siloam:
Ezechia chiuse l'apertura superiore delle acque del Ghicon, convogliandole in basso verso il lato occidentale della Città di Davide. (Secondo libro delle cronache, 32:30)
Nel 1899, venne scoperto un ulteriore tunnel, che conduceva anch'esso dalla sorgente di Gihon al pozzo di Siloam, ma in maniera molto più diretta. Quest'ultimo è ora noto come canale della Media Età del Bronzo, in riferimento all'età a cui è stato fatto risalire; lo studioso Reich ha stabilito che esso venne costruito intorno al 1.800 a.C., durante la (Media Età del Bronzo), per cui l'acqua della sorgente veniva deviata già secoli prima dell'epoca di Ezechia. Si tratta di uno scavo profondo venti piedi, che dopo la costruzione venne ricoperto con delle ampie lastre di roccia (che venivano a quel tempo nascoste dal fogliame). Esso è molto più stretto delle altre gallerie, ma può essere percorso da una persona per gran parte della sua lunghezza. Il tunnel di Ezechia agisce da rimpiazzo di questo primo passaggio, poiché il pericolo che il nemico potesse scoprire le pietre di copertura era un rischio troppo grande da correre durante un assedio.

ISRAELE - Cafàrnao

 

Cafàrnao (in ebraico כפר נחום - Kefar Nahum che significa letteralmente: villaggio di Nahum) è un'antica città della Galilea, situata sulle rive nord-occidentali del lago di Tiberiade, in Israele. Secondo i Vangeli, Gesù vi abitò dopo aver lasciato Nazareth (Matteo 4,12-17): qui iniziò la sua predicazione e vi compì numerosi miracoli. Nei secoli successivi Cafarnao fu abbandonata, sino all'acquisto dell'area da parte dei francescani minori della Custodia di Terrasanta: i suoi resti sono stati ritrovati e riportati alla luce da scavi archeologici nel XX secolo. Tra le altre cose, sono state ritrovate una sinagoga costruita con colonne di marmo, risalente al II secolo, e un'abitazione che è stata identificata come la casa di san Pietro a seguito degli scavi archeologici effettuati dai francescani minori Virgilio Corbo e Stanislao Loffreda. Sopra la casa è stata costruita una chiesa di forma ottagonale, sopraelevata da terra; un'apertura vetrata al centro permette di vedere i resti della casa di Pietro al di sotto.
Il villaggio è menzionato nel Vangelo di Luca e nel Vangelo di Giovanni dove si racconta che si trovava nei pressi del luogo di nascita di Simon Pietro e Andrea e di Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, come anche del pubblicano (esattore delle tasse) Matteo. Un sabato biblico, Gesù insegnò nella sinagoga di Cafarnao e guarì un uomo che era posseduto da uno spirito impuro. Successivamente guarì la febbre della suocera di Simon Pietro (Luca 4.31-44).
Secondo Luca 7:1–10, Cafarnao è anche il luogo dove un centurione romano chiese a Gesù di guarire il suo inserviente. Cafarnao viene anche menzionato nel Vangelo di Marco (2,1) ed è la località dove avvenne la famosa guarigione del paralitico, che venne fatto scendere dal tetto per raggiungere Gesù. Secondo i Vangeli sinottici, Gesù scelse questa città come centro del suo ministero di salvezza in Galilea, dopo aver lasciato il piccolo borgo di montagna di Nazareth (Matteo 4,12–17). Inoltre maledisse la città, dicendo "Fino agli inferi precipiterai!" (Matteo 11,23) a causa del mancato ascolto dei suoi insegnamenti.

ISRAELE - Shivta


Shivta
 è un'antica città nabatea, situata nel deserto del Negev, in Israele, a circa quarantatré chilometri a sud-ovest di Be'er Sheva. Nel 2005 le città nel deserto del Negev, sulla via dell'incenso, di cui fa parte anche Shivta, sono state dichiarate dall'UNESCO patrimonio dell'umanità.
Il nome Shivta potrebbe provenire dal nome aramaico dell'insediamento, ma non è registrato in alcuna fonte, oppure dall'appellativo bizantino di Σουβαιτα (Soubaita) o Σοβατα (Sobata) o ancora dal nome arabo moderno es-Subeṭa, come testimoniato da due papiri risalenti al VI secolo.
Shivta venne fondata al I secolo dai Nabatei, probabilmente alla fine del regno di Obodas III o l'inizio di quello di Areta IV: le prime monete e iscrizioni nabatee ritrovate sul luogo risalgono all'inizio del II secolo; tuttavia è possibile che la zona fosse abitata già prima della fondazione della città, nel I secolo a.C., in quanto si trovava sulla rotta commerciale verso il mar Mediterraneo, tra Odoba e Nessana. Il periodo di maggiore splendore nabateo fu intorno al 150. L'apertura delle rotte commerciale dall'impero romano verso l'India, all'inizio del III secolo, portò le carovane ad abbandonare la via che passava per Shivta: il declino di questo settore causò lo sviluppo dell'agricoltura e della produzione del vino.
Sotto l'influsso dei bizantini, la città si ripopolò intorno al 450: in questo periodo si raggiunsero circa duemila abitanti e ogni famiglia era mediamente composta dalle otto alle sedici persone. Agli abitanti si aggiungevano i pellegrini che si recavano al monastero di Santa Caterina sul Sinai.
Tra il 634 e il 640 Shivta venne conquistata dagli arabi: sotto il califfo ʿOmar ibn al-Khaṭṭāb la convivenza tra musulmani e cristiani fu pacifica e durò poi fino alla fine dell'esistenza della città. La diminuzione dell'attività agricola e quindi l'assenza di mezzo di sostentamento portarono nell'VIII secolo al graduale spopolamento: la città fu completamente abbandonata nel IX secolo.
La prima descrizione delle rovine fu fatta da Edward Henry Palmer nel 1870: il sito veniva descritto in un eccellente stato di conservazione, con mura di difesa alte sette metri; furono identificate tre chiese. Alois Musil visitò le rovine tra il 21 e il 23 luglio 1901. Altra spedizione venne effettuata nel 1905 da Antonin Jaussen e Raphaël Savignaci, i quali identificarono un cimitero bizantini risalente al quarto secolo. Altre indagini furono svolte nel 1914 da Leonard Woolley e Thomas Edward Lawrence: questi individuarono la zona dove veniva prodotto il vino e realizzarono i disegni delle chiese e degli edifici residenziali, pubblicati nel 1915. Nel 1916 Theodor Wiegand confermò quanto affermato dagli esploratori precedenti ma smentì l'esistenza delle mura e documentò l'architettura delle chiese e delle case, che considerò erroneamente a un piano; nello stesso anno vennero realizzate le foto dell'area dall'alto. 
I primi scavi sistematici di Shivta avvennero tra il 1933 e il 1938 e furono condotti da Harris Dunscombe Colt: Glenn Peers sostiene che la campagna di scavi fu interrotta quando il deposito utilizzato da Colt venne distrutto e tutta la documentazione e i reperti andarono perduti. Tra il 1958 e il 1960 il sito è stato restaurato grazie a Michael Avi-Yonah. Tra il 1979 e il 1982 furono condotti scavi su piccola scala da Artur Segal: fece una mappa della città e la proiezione della chiesa centrale e di cinque case private, anche se tali studi non sono mai stati pubblicati. Nel 1985 la chiesa nord venne studiata da Josef Szereszewski. Nel 2005 con la denominazione di Via dell'incenso - città nel deserto del Negev, comprendente anche Shivta, la zona è stata dichiarata patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.
All'epoca di massima espansione, il clima di Shivta era stagionalmente umido e piovoso, in modo da permettere l'agricoltura: gli abitanti del luogo coltivavano uva, fichi e olive. Da una mappatura della città fatta nel 2009, tra il VI e il VII secolo erano presenti 1 262 stanze e 141 cortili appartenenti a 117 unità immobiliari, di cui 75 abitazioni e 29 fattorie. L'estensione massima fu di venti acri. Shivta non aveva una cinta muraria: la difesa era organizzata tramite una serie di case, unite tra loro, che nel lato esterno non avevano né porte, né finestre; il perimetro era di 1 597 metri. Le strutture erano realizzate in pietra calcarea dura, mentre per gli elementi architettonici, come ad esempio per gli archi, venivano usate pietre più morbide: secondo gli archeologi, una normale casa, poteva essere realizzata in circa due anni.
Il sistema viario di Shivta era irregolare e seguiva lo sviluppo urbano della città da sud, la parte più antica, verso nord: ciò ha determinato che nella parte più antica le strade risultano essere più strette rispetto alla parte settentrionale. Solitamente erano in terra battuta e potevano avere una larghezza fino ai 4 o 5 metri; le strade erano nove, chiuse da cancelli.
Da una porta sul lato occidentale partiva la strada principale, lungo la quale, su entrambi i lati, si sviluppavano i quartieri residenziali: le case erano a due piani, spesso con cortili, e possedevano scuderie e mangiatoie per il riposo delle carovane e dei pellegrini; le unità abitative avevano una dimensione di circa trecentocinquanta metri quadrati e avevano, come tutti gli edifici pubblici, una cisterna per la raccolta dell'acqua piovana. Nella parte nord si trovava la piazza principale, centro sociale e economico della città: le case che si affacciavano sul lato ovest della piazza erano provviste di panchina, forse il luogo dove si discuteva dei problemi e dei bisogni della comunità. Nella zona, secondo gli archeologi, si trovava anche un ostello e due taverne. La zona commerciale di Shivta era posta nella parte est: sono stati ritrovati due torchi per il vino e un forno per la cottura e produzione di ceramiche.
Il fabbisogno religioso era soddisfatto da tre chiese cristiane, tutte simili nella forma, ossia a pianta basilicale, con tre navate. La chiesa meridionale, dedicata probabilmente a santo Stefano, secondo un'iscrizione, sarebbe stata costruita tra il 415 e il 430 ed è la chiesa più antica di Shivta: nel suo vestibolo si trova un fonte battesimale cruciforme a immersione, realizzato in un unico blocco di roccia, mentre, dopo l'invasione araba del 640, come afferma un'altra iscrizione, venne rifatta la pavimentazione con lastre di pietra. La chiesa aveva decorazioni a mosaico e l'abside affrescato: un frammento è stato staccato e trasferito al Museo Rockfeller di Gerusalemme; nelle altre absidi presenti era posti i reliquiari, dov'era praticato il culto dei santi e dei martiri. A nord di questa chiesa, nel VII secolo, venne costruita una moschea di dimensioni modeste e dalla forma trapezoidale, con due file di tre colonne ciascuna: parte degli abitanti di Shivta era araba. La chiesa centrale fu costruita intorno al 600 ed è la più nuova di Shivta: aveva tre absidi ed era dotato di torri per il rifugio dei monaci in caso di attacco. La chiesa nord (nella foto), la più elegante della città, fu costruita nel IV secolo e subì lavori di ampliamento nel VI secolo, quando vennero aggiunte nicchie laterali per conservare le reliquie: queste erano conservate anche nell'abside principale. La chiesa aveva parti delle pareti e pavimenti in marmo, mentre una delle cappelle era decorata a mosaico; sull'architrave dell'ingresso si riconosce una croce con il monogramma di Cristo. Nell'atrio erano custodite tombe che andavano dal 506 al 646: altre tombe si trovavano vicino al battistero ed erano datate dal 614 al 679. Nell'atrio è conservata una cisterna e resti di una colonna, la quale, secondo alcuni archeologi, apparteneva a un monumento dedicato a un monaco santo che viveva nei pressi della città. Accanto a questa chiesa era presente un monastero, il quale aveva una sorta di chiostro con varie stanze, tra cui un refettorio, collegate tra loro da un corridoio. Resti di una scala confermano l'esistenza di un piano superiore. Il ritrovamento di un torchio nell'area del monastero conferma l'ipotesi che i monaci, oltre che a occuparsi dell'accoglienza di pellegrini, si dedicavano all'agricoltura.
Tra la chiesa nord e quella centrale era posto il municipio con un torre (nella foto a sinistra), i cui resti arrivano a un'altezza di sei metri: si ipotizza che la torre, utilizzata come casa, potesse raggiungere un'altezza di dodici metri.
Il fabbisogno idrico della comunità era garantito tramite un acquedotto che originava a circa due chilometri e mezzo a nord-est di Shivta per terminare all'interno della città, in una cisterna posta nei pressi della chiesa nord; sono state inoltre ritrovate, sempre in città, altre due piscine poligonali per la raccolta dell'acqua, che insieme avevano un volume di circa duemila metri cubi ed erano a uso pubblico. Nella periferia di Shivta venne costruito un sistema di irrigazione per l'agricoltura, che comprendeva cisterne per la raccolta delle acque piovane in inverno, dighe, canali e terrazze.
A circa sei chilometri dal centro di Shivta si trovano i resti di quello che potrebbe essere un monastero. Venne esplorato da Edward Henry Palmer nel 1870 e da Alois Musil nel 1901 che lo identificarono come una fortezza romana. Leonard Woolley e Thomas Edward Lawrence invece, dallo studio delle strutture e dei frammenti di ceramica, sostennero che si trattasse di un monastero. La struttura era realizzata in pietra e in parte intagliata nella roccia. Accanto al monastero, una casa di preghiera con fondo absidato: l'edificio è parzialmente scavato.
Adiacente ai resti della città di Shivta si trova una fattoria che utilizza tecniche agricole simili a quelle utilizzata dei Nabatei per quanto riguarda l'irrigazione, la semina e la raccolta: si coltivano fichi, melograni, albicocche, arachidi e carrube, olivi e uva.

ISRAELE - El-Ahwat

 

El-Ahwat  è un sito archeologico israeliano situato nella regione dei Manasse, a circa 16 km ad est dalla città di Caesarea. Il sito venne scoperto nel 1992 dall'archeologo Adam Zertal e secondo alcuni studi risalirebbe ad un periodo compreso fra l'età del bronzo e l'età del ferro.
Secondo l'archeologo Adam Zertal, la fortificazione è di tipo levantino ma presenta elementi architettonici comuni nelle costruzioni megalitiche della civiltà nuragica e della coeva civiltà torreana; l'insediamento sarebbe stato opera del popolo del mare dei guerrieri Shardana provenienti dalla Sardegna. Sempre secondo Zertal l'edificio maggiore può essere identificato con la residenza (Harosheth Haggoyim) del personaggio biblico Sisara che sarebbe pertanto originario della Sardegna. Lo studioso ipotizza Sisara abbia origine sarda per via della comunanza del nome col toponimo della città di Sassari. Tuttavia Sassari è sorta come nucleo cittadino solo nel Medioevo e le prime attestazioni del toponimo risalgono al XII secolo, come sottolineato anche dal Pittau, che tuttavia sostiene, in via ipotetica e senza avere purtroppo fonti antecedenti o riferimenti archeologici puntuali, potesse esistere una denominazione simile già in antico. Zertal fissa l'insediamento al 1160-1150 a.C. mentre l'archeologo Israel Finkelstein sostiene che la datazione sia da spostare di circa 100 anni in avanti, alla metà dell'XI secolo a.C..
Eric Cline e David O'Connor hanno criticato l' ipotesi di Zertal, affermando che "finora, tuttavia, non è stata trovata alcuna ceramica Shardana identificabile in questo o in qualsiasi altro sito nella regione, e l'interpretazione dell'architettura di El-Ahwat rimane una questione aperta."
Anche secondo Bar Shay, archeologo dell'Università di Haifa, la fortificazione sarebbe opera degli Shardana provenienti dalla Sardegna.

ISRAELE - Betsaida

 

Betsaida (“casa della pesca”) era una cittadina della Gaulanitide, al confine con la Galilea, a nord del Lago di Tiberiade, citata nella Bibbia. Il Vangelo di Giovanni 1,44 e 12,21 riporta che vi nacquero gli apostoli Pietro, Andrea e Filippo. Secondo il Vangelo di Marco 8,22-26 Gesù vi compì il miracolo della guarigione di un cieco. Secondo il Vangelo di Luca 9,10-17 Gesù vi compì nelle vicinanze il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci per cinquemila uomini. In un altro passo (Matteo 11,21), Gesù rimprovera Betsaida poiché non s'è convertita nonostante abbia assistito a numerosi miracoli.
Nella letteratura rabbinica il sito era ben noto come una città situata ai confini storici della terra dI Israele. Secondo i dati del II secolo d.C., Rabbi Shimon ben Gamliel e l'imperatore Adriano parlano del pesce abbondante e degli uccelli presenti in città. Nonostante esistessero numerose fonti letterarie nei periodi ellenistico e romano, i successivi pellegrini cristiani, soprattutto durante il Medioevo, non sono riusciti ad accertare la sua posizione.
Nel 1987 l'archeologo israeliano Dr. Rami Arav intraprese dieci giorni di saggi su Et-Tell (letteralmente "la collina"), situato in Israele a 2 km dalla costa nord-orientale del Mar di Galilea per determinare se i 21 acri individuati col sistema ricognitivo fossero la copertura di Betsaida. Le sue prime conclusioni furono promettenti, ma il dottor Arav sapeva che occorreva un lavoro più complesso per rivelare gli strati più antichi. L'indagine del sito iniziò nel 1990, quando il dottor Arav e diversi colleghi provenienti da tutto il mondo si unirono per formare il Consorzio del Progetto Betsaida Scavi (CBEP), che da allora è parte integrante del Programma di Studi Internazionali presso l'Università del Nebraska a Omaha, con lo scopo di scavare l'antica città, ricercare dai resti dei dati riconoscibili e diffondere le conclusioni per il pubblico accademico e per la gente comune.
La campagna scavi del 1996, oltre a portare alla luce la città ellenistico-romana di Betsaida, condusse ad una scoperta sorprendente. Furono rinvenuti i resti di una porta civica dell'Età del Ferro (tempo della Bibbia ebraica) che hanno portato gli studiosi su un nuovo filone di ricerca. Diventava necessario indagare i resti di un periodo storico che nessuno si aspettava di trovare sotto le evidenze di età ellenistico-romane. Oggi si ritiene che nell'Età del Ferro Betsaida sia stata la capitale del regno di Gheshur. Tale regno è citato nella Bibbia ebraica per la visita del re Davide e il suo successivo matrimonio con Ma'achah, la figlia del re di Gheshur. Le ultime quattro stagioni di scavi si sono concentrate in larga misura sul settore dell'Età del Ferro e sul complesso delle coeve porte urbiche (tra le più grandi e meglio conservate della regione) e il collegamento viario tra queste e un palazzo scavato in precedenza.

ISRAELE - Rujm el-Hiri

 

Rujm el-Hiri (anche Gilgal Refaim, Rujm al-Hirrī) è un sito archeologico nelle alture del Golan (uno dei territori occupati da Israele).
Si tratta di un antico monumento megalitico costituito da più cerchi concentrici in pietra, caratterizzati da un tumulo al centro alto circa 4,5 m: è collocato a circa 16 km dalla costa orientale del mare di Galilea, al centro di un ampio altipiano dove sono presenti numerosi dolmen. Il monumento è composto da oltre 42.000 rocce basaltiche sistemate in cerchi concentrici. Il sito risale alla prima età del Bronzo (3000-2750 a.C.).

ISRAELE - Tel Dan

 

Tel Dan è un sito archeologico israeliano in alta Galilea vicino alle Alture del Golan. Il sito è identificato quasi con certezza con la città biblica di Dan, la città più settentrionale del Regno di Israele, che secondo l'Antico Testamento era conosciuta come Lesem o Lais (Giosuè 19,47; Giudici 18,7.27-29) prima della conquista da parte della tribù di Dan. Per via della sua posizione vicino alla frontiera con il Libano e nell'estremo nord del territorio sottoposto al Mandato britannico, Tel Dan ha avuto in tempi moderni una storia lunga e contestata, soprattutto durante la guerra dei sei giorni del 1967.
I ritrovamenti sul sito risalgono all'era neolitica era (4500 a.C.); dai resti trovati, tra i quali mura larghe 0,8 m e frammenti di ceramica, sembra che il sito fosse stato occupato nel Neolitico per vari secoli, prima di essere abbandonato per circa 1000 anni.
All'interno dei resti di mura, vicino all'entrata della porta esterna, fu ritrovato un frammento che a quanto pare originariamente apparteneva a una stele. Questo frammento di basalto, la Stele di Tel Dan, contiene un'iscrizione in aramaico, che si riferisce a uno dei re aramaici di Damasco: la maggior parte degli studiosi ritiene che il re di cui si parla sia Hazael (840 a.C.), ma una minoranza sostiene che invece il frammento faccia riferimento a Ben-Hadad (802 BCE). Della iscrizione resta molto poco, ma il testo sembra contenere le lettere 'ביתד וד' (BETD WD; "WD" si trova in un piccolo angolo, con uno certo scarto rispetto a "BETD"), che la maggior parte degli archeologi concorda nell'interpretare come Casa di Davide (Beth David in ebraico; la scrittura ebraica dell'epoca è priva di vocali). Quindi l'importanza della stele sta nel fatto che per la prima volta è stato trovato il nome David in un sito archeologico che risale a un'epoca precedente al 500 a.C.
Nel 1992, durante i lavori eseguiti per presentare il sito ai visitatori, fu rimosso un cumulo di macerie che risaliva al tempo della distruzione della città da parte degli Assiri di Tiglatpileser III nel 733-732 a.C. Inaspettatamente fu scoperto una porta di ingresso alla città fino a quel momento sconosciuta. Il complesso della porta portava a un cortile lastricato di pietra dove si ergeva una bassa piattaforma di pietra. Questa è stata identificata da alcuni letteralisti biblici come il podio del vitello d'oro che secondo la Bibbia fu collocato lì da Geroboamo.
All'estremità ovest del tel è ben conservata e visitabile una porta di accesso alla città, risalente probabilmente al secolo XIX a.C. e che per molti studiosi corrisponderebbe alla porta attraverso cui Abramo è entrato nella terra di Canaan, provenendo da Ur dei Caldei.

ISRAELE - Nahal Hever


 Nahal Hever (in arabo: Wadi al-Khabat) è un Uadi, un flusso d'acqua nel deserto della Giudea, che scorre da En Gedi e Masada al Mar Morto. Alla testa del letto del torrente sono due grotte, la "grotta delle lettere", e la "grotta degli orrori". I siti sono stati scoperti tra il 1953 e il 1960-1961 nel corso di scavi dall'archeologo israeliano Yigael Yadin. Ulteriori scavi tra il 1999 e il 2000 sono stati effettuati da Richard Freund dell'università di Hartford. 
La "Grotta delle lettere" è stata chiamata così a causa del grande numero di manoscritti e lettere che sono stati scoperti ed estratti da lì, papiri chiamati archivio di Babatha, in quanto archivio di una ricca famiglia della Giudea a cavallo tra il I e il II secolo d.C.. In tale sito sono stati ritrovati anche dei frammenti di passi dell'Antico testamento.
I papiri sono stati pubblicati in due volumi in greco (1989), e in ebraico e aramaico (1991).
Nella grotta degli "orrori" si sono trovate prove archeologiche della ribellione di Kokheba e della Terza guerra giudaica (132 -136). Erano presenti i corpi di 17 individui (tre uomini, otto donne, sei bambini) i cui teschi erano stati raccolti in una cesta privi della mandibola. Sono state scoperti, inoltre, un cofanetto per gioielli, vasellame, abiti, scarpe, uno specchio e una chiave.

ISRAELE - Grotte di Nahal Me'arot


Le Grotte di Nahal Me'arot / Wadi el-Mughara ("Grotte della valle"), chiamate dal nome ebraico e arabo della valle in cui si trovano, sono un sito patrimonio dell'umanità dell'UNESCO che documenta l'evoluzione umana nella catena del Monte Carmelo vicino a Haifa nel nord di Israele. 
Le quattro grotte patrimonio dell'UNESCO sono:
- Grotta di Tabun o Tanur (lett. "forno")
- Grotta di Gamal o el-Jamal ("cammello")
- El Wad o grotta Nahal ("ruscello")
- Grotta di Skhul o Gedi ("ragazzino")
Le quattro grotte sono state proclamate sito di "eccezionale valore universale" dall'UNESCO nel 2012. Sono protette all'interno di una riserva naturale.
Le grotte vennero utilizzate come abitazione da ominidi e uomini preistorici e contengono prove uniche di sepolture molto antiche, nel sito archeologico della grotta di el-Wad nella Riserva naturale di Nahal Me'arot.



ARGENTINA - Cueva de las Manos

  La  Cueva de las Manos  (che in spagnolo significa Caverna delle Mani) è una caverna situata nella provincia argentina di Santa Cruz, 163 ...