venerdì 6 giugno 2025

GRECIA - Portara

 
La Portara o Porta del tempio di Nasso è un frammento dell'incompiuto tempio di Apollo sull'isola di Nasso, un'isola delle Cicladi, ed è considerato il punto di riferimento di Nasso, la cui costruzione venne iniziata da Ligdami di Nasso. Si trova su una penisola di fronte alla città di Nasso. La porta è alta 5,95 metri e larga 3,65 ed è l'unica parte restante del tempio. La porta del tempio è costituita da due stipiti e un architrave di marmo. Ciascuno dei due stipiti ha un peso di circa 20 tonnellate. L'architrave pesa un po' meno. Queste parti sono state trasportate dalle cave di Flerio, lontane una decina di chilometri.
Nel corso dei secoli, il tempio incompiuto è stato utilizzato come cava per la costruzione di altri edifici. Solo la porta, molto pesante, non è stata degradata nel corso dei secoli, probabilmente a causa del peso elevato. Nella cava di Flerio si trova un architrave lunga 7,49 metri e del peso di 25 tonnellate, che era stata preparata per la porta, la cui dimensione, inizialmente, era prevista molto più ampia.
Il tempio, progettato nel VI secolo a.C., avrebbe dovuto essere lungo 57,5 metri e largo 26,5 ed essere dedicato al dio Apollo, ma non fu mai completato. Oggi esiste soltanto l'incastellatura della porta del tempio e le fondamenta più basse. Attraverso studi recenti è stato accertato che in fase di costruzione avvenne un rimaneggiamento del progetto intorno agli anni 550-540 a.C. Il progetto successivo era datato intorno al 530 a.C. L'edificio venne riprogettato ruotando la pianta di 180 gradi.
La porta del tempio è raggiungibile attraverso una strada rialzata, che può essere allagata dall'acqua quando c'è vento. Essa è un'attrazione turistica che viene visitata spesso la sera, perché il marmo risalta sullo sfondo del cielo blu e contro il sole al tramonto.

GRECIA - Ialiso

 

Ialiso (in greco Ιαλυσός) è un ex comune della Grecia nella periferia dell'Egeo Meridionale (unità periferica di Rodi) con 10.107 abitanti secondo i dati del censimento 2001.
È stato soppresso a seguito della riforma amministrativa, detta programma Callicrate, in vigore dal gennaio 2011 ed è ora compreso nel comune di Rodi.
Nel territorio di questo distretto comunale, precisamente nel villaggio moderno di Trianda (Τριάντα - Triànta), sorgeva l'antica città di Ialiso.
L'antica Ialiso (in greco antico Ἲαλυσός; in latino Ialysus) era una delle tre città doriche dell'isola di Rodi, e una delle sei città dell'esapoli dorica (dal V secolo a.C. Pentapoli dorica).
Secondo il mito, la città di Ialiso sarebbe stata fondata dall'eroe eponimo Ialiso, figlio di Cercafo, nipote di Elio, e fratello di Lindo e Camiro, fondatori eponimi delle altre due principali città dell'isola di Rodi: Lindo e Camiro.
Interessante la parte che il mito riservava ai Cretesi: il mito riferiva dell'arrivo dell'eroe Altemene, figlio del re di Creta Catreo e della tomba di Idomeneo nell'isola di Rodi.
Secondo Omero e gli eruditi alessandrini, le tre città sarebbero state guidate da Tlepolemo, figlio di Eracle e re di Argo, il quale si sarebbe rifugiato nell'isola di Rodi dopo aver ucciso lo zio Licimnio.
Gli scavi archeologici sono iniziati nel decennio 1860-1870, e a partire dal 1914 furono portati avanti con procedimenti scientifici dagli archeologi della Scuola archeologica italiana di Atene. Già gli scavi di Ialiso e di Camiro nella metà del XIX secolo avevano portato alla luce, da strati profondi, oggetti risalenti al neolitico. Gli scavi italiani hanno permesso di confermare il mito di Atemene; l'abbondanza di vasi micenei dimostrano la comparsa degli Egei provenienti da Creta, attorno al XVI secolo a.C., i quali avrebbero soggiogato la popolazione indigena fondarono le tre città di Ialiso, Camiro e Lindo, oltre a numerosi villaggi. Gli scavi nel biennio 1935-36 misero in evidenza una stazione minoica risalente al 1550 a.C., mentre l'esame del vasellame mostra come attorno al 1450 a.C. i Micenei presero il posto dei Cretesi.
In epoca storica la città di Ialiso, posta sulla costa nord-occidentale dell'isola, era una delle tre città doriche dell'isola e una delle sei città della esapoli dorica (VI secolo a.C.) e poi della Lega delio-attica (V secolo a.C.). Fu un periodo di grande prosperità economica e per le tre città dell'isola: fondarono numerose colonie, in Asia Minore e anche nella Magna Grecia, per es. Gela in Sicilia. Dopo l'invasione persiana (V secolo a.C.), Ialiso fece parte della Lega delio-attica voluta da Atene (477 a.C.).
Nel 408 a.C. le tre città dell'isola decisero di fondare un nuovo centro religioso e commerciale. La fondazione della città di Rodi per sinecismo (408 a.C.) provocò la decadenza di Ialiso, tanto che ai tempi di Strabone Ialiso era ormai una piccola città non più indipendente.
Ialiso fu abbandonato durante l'Impero Romano. La fortezza di Ialiso venne trasformata in un santuario e poi in un castello bizantino, finché nel 1306 fu conquistata dai Cavalieri di Rodi che vi costruirono il castello e la chiesa di Santa Maria del Fileremo, di stile gotico provenzale (nella foto a sinistra). L'ultimo conquistatore della fortezza fu Solimano il Magnifico, il quale nel 1522 vi stabilì il proprio quartiere pochi mesi prima che i Cavalieri di Rodi si arrendessero alle sue truppe. Come il resto dell'isola rimase sotto il dominio ottomano per quattro secoli finché nel 1912 fu occupata dalle truppe italiane nel corso della guerra italo-turca. Durante l'occupazione italiana, Ialiso fu oggetto di scavi, soprattutto nel biennio 1935-36. L'occupazione italiana cessò di fatto dopo l'8 settembre 1943, quando il controllo dell'isola passò alle truppe tedesche. Infine il 7 marzo 1948, a seguito dei trattati di Parigi (1947), il Dodecaneso passò definitivamente alla Grecia.
A Ialiso la colonizzazione micenea (1400-1100 a.C.) è documentata da numerose necropoli con tombe a camera. Lo sviluppo delle tre polis tra l'età geometrica e la fine del V secolo a.C. è documentato dalla necropoli ricca di ceramica (geometrica, orientalizzante, attica), di statuette ioniche e di lavori oreficerie. Si attribuisce in particolare agli artigiani locali una classe di vasi dipinti di stile orientalizzante dei secoli VII e VI a.C., decorati con animali.
L'acropoli di Ialiso è stata ritrovata su una spianata del monte Fileremo. Sotto il versante meridionale dell'acropoli si trova una fontana monumentale rettangolare del IV secolo a.C., che presenta sulla fronte sei pilastri architravati. La fontana, appartenente agli edifici che dovevano decorare l'acropoli, costituisce il monumento più interessante di Ialiso. La costruzione, di pianta rettangolare, si appoggia sulla parete rocciosa del monte. L'acqua della sorgente si ritirava attraverso due bocche in forma di protome di leone in un ampio stagno delimitato da un parapetto. Quest'ultimo era formato da pilastri uniti da lastre anche decorate con protomi di leone. La facciata della fontana, alla quale si arrivava attraverso una breve rampa, è formata da un piccolo portico con sei colonne doriche. Riutilizzata in epoca medievale, rimase completamente sepolta a causa di una frana finché non venne messa alla luce dagli scavi del 1923; altri elementi del colonnato vennero alla luce durante il franamento del monte. Le necropoli appartengono all'epoca micenea, geometrica e arcaica, con materiali databili dall'VIII al V secolo a.C. A sud-ovest del monte Fileremo sono stati identificati un tempietto dorico e un teatro, di cui restano avanzi della cavea; entrambi gli edifici (V-IV secolo a.C.) sono dedicati ad Apollo.


GRECIA - Verghìna

 

Verghìna
è una frazione del Comune di Veria con sede all'omonima città. Si trova nella regione di Macedonia in Grecia.
Si trova a circa 12 km dal capoluogo della prefettura, e sede del comune, Veria, a 75 km da Salonicco, capoluogo della regione e a 515 km da Atene. È collocata sulle pendici dei Monti della Pieria (2.193 metri). La popolazione secondo i dati del censimento del 2001 è di 2.478 abitanti. Verghina è stata sede dell'omonimo comune, abolito con il Programma Callicrate nel 2011, e accorpata al Comune di Veria, comune appartenente alla Macedonia Centrale.
Presso Verghina, un tempo capitale dell'Antica Macedonia, sorge uno dei più importanti siti archeologici della Grecia.
Verghina, al giorno d'oggi, è uno dei più importanti luoghi archeologici della Grecia. Prende il nome da una leggendaria regina morta suicida nel fiume Aliakmone dove si era gettata per non cadere nelle mani dei Turchi. Il paesino è diventato famoso nell'autunno del 1977 con la scoperta della tomba di Filippo II, cosa che ha dimostrato, senza ombra di dubbio, che la prima capitale della Macedonia antica è da identificare proprio in Verghina.
Nel 336 a.C. vennero ivi celebrate le nozze tra Cleopatra di Macedonia, figlia proprio del celebre re Filippo II e sorella di Alessandro Magno, e Alessandro I, detto il Molosso, sovrano dell'Epiro.
Dal I secolo d.C. la città venne abbandonata; da allora, il nome Aigài (Ege) non apparve più e fu sostituito con Palatitsia, nome che compare la prima volta nel XIV secolo, ed ha probabilmente a che fare con le rovine dei palazzi adiacenti.
Secondo la mitologia, Archelao, figlio di Temeno, dopo essere stato cacciato da Argo, si recò in Macedonia per aiutare il re Cisseo ad affrontare i suoi nemici, ma, giunto a destinazione, il re cercò di assassinarlo. Archelao, a questo punto, uccise Cisseo e scappò seguendo, secondo l'oracolo, una capra. Ove la capra (capra = αἶξ, αἰγός) si fermò, egli fondò la città di Aigài (Ege); essa fu la prima capitale dei macedoni fino al trasferimento a Pella. Pertanto, secondo l'usanza, i re macedoni continuarono ad essere seppelliti nella prima capitale, fatto su cui si è basata la teoria dell'identificazione di Verghina con Aigài.
L'area della necropoli, situata tra i villaggi Palatitsia e Verghina, si estende per più di un chilometro quadrato e comprende più di trecento tumuli, tutti situati verso sud. Il loro diametro può variare da 15 a 20 metri, l'altezza da 0,50 a 1,00 metri, ma ve ne possono essere alcuni che superano queste misure in larghezza o in altezza. Le ricerche archeologiche hanno mostrato che il tumulo più antico risale all'Età del ferro (1000-700 a.C.) e quello più recente è del periodo ellenistico.
Le tombe macedoni sono in genere formate da camera a volta, facciata architettonica con porta monumentale, corridoio e tumulo. Questo tipo di impostazione strutturale è simile a quella dei tholoi micenei, come anche i corredi funerari che sono stati trovati a Sindos, alla foce del Vardar, ad est di Verghina, conservano in età arcaica il rituale della maschera d'oro. Questi dati, unitamente alle continue esaltazioni e ai riferimenti alle discendenze argive da parte della famiglia reale macedone, ci danno la certezza che la popolazione dorica, dopo aver sostanzialmente accettato gran parte delle strutture e usanze civili di Micene, le abbia mantenute in uso anche in Macedonia.
In corrispondenza del luogo identificato come Palatìtsia, a due km dal villaggio di Verghina, nel 1855, l'archeologo francese Léon Heuzey, intraprese i primi scavi verso la parte orientale. Successivamente vennero condotti altri scavi, dando la possibilità di delineare in maniera precisa la pianta del complesso architettonico del palazzo imperiale. Manolis Andronikos, nel 1949, riuscì ad ottenere un incarico per Veria, che comprendeva anche l'area di Verghina. Egli esplorò nel 1952 il "Grande tumulo", un'altura che già dal secolo precedente attirò l'attenzione per il suo carattere artificiale. Si tenne conto dei frammenti di stele funerarie rinvenute in quel punto; queste, insieme all'abbondante cumulo di terra e pietrame, sarebbero state ammassate sulle tombe reali da Antigono Gonata con lo scopo di difenderle in seguito al saccheggio di Aigài da parte dei Galati al servizio di Pirro avvenuto intorno al 273 a.C. Gli scavi proseguirono nel resto dell'area cimiteriale fino al 1961.
Il 30 agosto del 1977 riprese l'esplorazione del tumulo direzione sud-ovest, dove venne rinvenuta la tomba di Filippo II, vicino ad altre due tombe reali, quella detta "di Persefone" e quella, probabilmente, di Alessandro IV; ma fu la prima a destare maggiore interesse, sia per l'alto valore storico che per la sua conformazione.



GRECIA - Vecchia Nemea

 


Nemea (in greco Νεμέα) è un comune della Grecia situato nella periferia del Peloponneso (unità periferica della Corinzia): a seguito della riforma amministrativa detta Programma Callicrate in vigore dal gennaio 2011 che ha abolito le prefetture e accorpato numerosi comuni, la superficie del comune è ora di 205 km² e la popolazione è passata da 4.249 a 7.286 abitanti.
A pochi chilometri a nord-est dell'attuale paese sorge il sito archeologico della Vecchia Nemea, chiamata anche Eraclea o Iraklion, in onore dell'eroe che qui compì una delle sue dodici fatiche. Nella mitologia greca, Nemea, retta dal re Licurgo, forse lo stesso Licurgo divenuto famoso come legislatore di Sparta, e dalla regina Euridice, è famosa per essere la patria del Leone Nemeo, ucciso dall'eroe Eracle in una delle sue dodici fatiche. Nemea era inoltre la sede dei Giochi Nemei, una delle maggiori manifestazioni sportive dell'Antica Grecia. Tali giochi si tenevano ogni due anni ed erano dedicati a Zeus. Secondo la leggenda, questa manifestazione venne creata dai sette guerrieri capeggiati da Polinice, protagonista della tragedia di Eschilo, I sette contro Tebe, colpevoli accidentalmente della morte del principe Ofelte, morto in tenera età. Una seconda versione della leggenda narra che i giochi siano stati creati da Eracle dopo aver sconfitto il Leone Nemeo.
Nel 394 a.C., durante la guerra di Corinto, vi si combatté una battaglia tra le truppe della Lega Peloponnesiaca, comandate dallo spartano Aristodemo, e una coalizione di città formata da Atene, Argo, Tebe e Corinto, decisa a mettere fine all'egemonia spartana, alla cui origine vi era la vittoria su Atene nella guerra del Peloponneso.
Nonostante l'evidente inferiorità numerica, 18000 opliti tra spartani e alleati contro 24000 opliti della coalizione guidata dagli ateniesi, la battaglia fu vinta dalla Lega Peloponnesiaca, che alla fine della giornata lasciò sul campo 2800 guerrieri nemici, contro le 1100 perdite subite.
L'Antica Nemea, chiamata anche Eraclea, è posta immediatamente a est-sudest dell'attuale sito. Nell'antico centro aveva sede il Tempio di Zeus (foto in alto, ad apertura) di Nemea, presso il quale, dal 573 a.C., si tenevano ogni due anni i Giochi di Nemea (a sinistra, una foto di una antefissa al Museo di Nemea). Del tempio rimangono ancora 3 colonne risalenti al IV secolo a.C. mentre altre sei sono state restaurate e nuovamente erette, due nel 2002 e altre quattro nel 2007. Il complesso attorno al tempio è stato recentemente riportato alla luce, facendo emergere l'altare, i bagni e l'albergo destinato ai facoltosi spettatori dei Giochi. Il tempio si erge sul sito di un precedente tempio, risalente al periodo arcaico, del quale rimane visibile oggi solamente una parte di fondamenta. 
Lo stadio (foto a sinistra) adibito ai Giochi, è stato scoperto recentemente, insieme al suo ben conservato tunnel d'accesso, datato intorno al 320 a.C. e su cui sono stati trovati antichi graffiti.
Nel 2021 il sito archeologico ha ottenuto il Marchio del patrimonio europeo.
Collocata nel Peloponneso, poco distante da Corinto, la zona di Nemea, era già nota in tempi antichi per la fiorente produzione vinicola, tanto che Omero chiamo la zona Ampelóessa, "colma di vini". Oggi la denominazione di Nemea è la più importante tra le Denominazione di Origine Controllata della Grecia meridionale, e probabilmente di tutta la Grecia. A Nemea l'Agiorgitiko, un tipo di uva a bacca rossa, è utilizzato per produrre un vino noto come Sangue di Eracle o di San Giorgio, famoso per il suo colore rosso profondo tendente al blu e al viola, per il suo aroma complesso e per il suo gusto persistente.

GRECIA - Zominthos

Zominthos (greco Ζώμινθος), o detto altrimenti Ζόμινθος o Ζόμιθος, è un piccolo altopiano tra le colline settentrionali del Monte Ida (Psiloritis), nell'isola di Creta. Zominthos si trova approssimativamente a circa 7.5 chilometri a ovest del villaggio di Anogia, sul sentiero che va da Cnosso a Idaion Andron, la grande caverna del santuario vicino alla vetta del Monte Ida. Zominthos è ben conosciuta per il grande edificio minoico ivi scoperto; segni di insediamento permanente risalgono al 1800 a.C. ca. Nel 1982, l'archeologo greco Yannis Sakellarakis scopre, a un'altitudine poco inferiore ai 1200 m, un grande edificio minoico a due piani. La sua insolita dimensione e l'accurata costruzione, che incorpora alcune caratteristiche pertinenti soltanto all'architettura palaziale, ha attratto l'interesse degli archeologi. Il significato della scoperta viene enfatizzato anche ulteriormente dal fatto che esso giace considerevolmente al di sopra del limite altimetrico degli insediamenti sia minoici che cretesi moderni. Gli scavi hanno portato alla luce soltanto una piccola parte dell'edificio e sono ancora in corso. Tuttavia, essi hanno messo in chiaro che la struttura è stata costruita in modo robusto ed è insolitamente ben conservata, con alcuni resti murari alti fino a 3 metri. L'edificio possiede una rigida orientazione nord-sud e si estende per almeno 1350 m², con 40 stanze. soltanto al pianterreno, alcune delle quali affrescate. Unica nella Creta minoica è la scoperta di una grande officina per la fabbricazione della ceramica . Ugualmente importanti sono i reperti portati alla luce costituiti da cristallo di rocca trattato.
L'edificio appartiene al periodo neopalaziale ed è stato abbandonato dopo un grande terremoto intorno al 1600 a.C. La ricerca archeologica è stata condotta sotto la direzione del Prof. Yannis Sakellarakis con la breve collaborazione (2005-2007) dell'Università di Heidelberg (Prof Diamantis Panagiotopoulos). Dopo la morte di Yannis Sakellarakis nel 2010 lo scavo continua sotto la direzione del Dr. Efi Sapouna - Sakellaraki.


GRECIA - Messene

 

Messene (in greco Μεσσήνη, Messínî o Messénê ) è un comune della Grecia situato nella periferia del Peloponneso (unità periferica della Messenia) con 25.859 abitanti secondo i dati del censimento 2001.
A seguito della riforma amministrativa detta Programma Callicrate, in vigore dal gennaio 2011,[2], che ha abolito le prefetture e accorpato numerosi comuni, la superficie del comune è ora di 562 km² e la popolazione è passata da 11.041 a 25.859 abitanti.
Nell'antichità fu una città-stato dorica fondata da Epaminonda nel 369 a.C., dopo la battaglia di Leuttra e la prima invasione tebana del Peloponneso. La città antica si ergeva in una posizione equidistante tra il mare, il fiume Neda e la catena montuosa del Taigeto. Una volta esaurita la predominanza tebana, Messene si avvicinò alla Macedonia, ricevendo in cambio aiuti da parte di Filippo II. Intorno al III secolo si alleò temporaneamente con gli Etoli, per poi optare per la lega achea. Nel 191 perdette l'autonomia capitolando di fronte agli Achei. Durante il periodo romano la città godette di una certa prosperità.
Della città antica rimangono resti del teatro di età ellenistica, dello stadio (foto in alto), del tempio dedicato ad Artemide Limnatis e delle mura fortificate; queste ultime rappresentano uno degli esempi meglio riusciti dell'edilizia militare greca. Costruite nel IV secolo a.C. si caratterizzano per la presenza di torri arricchite di feritoie (foto a destra) e di quattro porte, tra cui la monumentale Porta d'Arcadia.
Da rilevare la presenza di un complesso monumentale, costituito da una corte centrale, da un doppio colonnato, un tempio dorico, un grande altare ed ambienti per riunioni.
Buona parte dei materiali rinvenuti negli scavi della città antica sono custoditi all'interno del Museo archeologico.

GRECIA - Malthi

 

Malthi
 (greco antico: Μαλθι) é stata un'antica città greca dell'antica Messenia. Malthi era una comunità agricola, con un insediamento attivo durante i periodi medio-tardi elladici, o il primo periodo miceneo. L'insediamento era situato sulla cima di una cresta sul bordo settentrionale dei monti Ramovouni, con vista sulla pianura di Soulima al centro della Messenia. È uno degli insediamenti fortificati meglio conservati della Grecia medio-tardi elladici. 
Malthi è una delle possibili ubicazioni di Dorium, un sito omerico menzionato nel Catalogo delle navi dell'Iliade di Omero, luogo dove il bardo Tamiri fu accecato. 
Nella valle sotto la cresta si trovano due tombe a tholos, scavate da Natan Valmin nell'estate del 1927. L'insediamento sulla cresta fu scavato per la prima volta da Natan Valmin tra il 1926 e il 1935, poi lasciato intatto fino a quando il Malthi Archaeological Project, in collaborazione con l' Istituto svedese di Atene, ripulì la crescita naturale dal sito e lo scavò nuovamente tra il 2015 e il 2017. Questo secondo scavo fu condotto da Michael Lindblom e Rebecca Worsham.

GRECIA - Tirinto


Tirinto fu un'antica città dell'Argolide, in Grecia, situata nel settore sud-orientale della piana di Argo. Fa parte dell'elenco dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.
Della città restano soltanto alcuni resti archeologici: le mura e le rovine del Palazzo reale, scoperto da Heinrich Schliemann e Christos Tsountas nel 1884-1885, anche se risalgono al 1780 i primi disegni di Fauvel, mentre i primi scavi erano stati effettuati nel 1831 per opera di Thiersh. La cinta muraria fu rifatta, ampliata per ben tre volte e furono incrementati i magazzini e, grazie a due gallerie sotterranee, non mancò l'approvvigionamento idrico per la città. È stata portata alla luce anche una necropoli di tombe a camera arricchite da corredi di ceramica.
Nella mitologia greca si diceva che la città avesse preso il nome da Tirinto, figlio di Argo e nipote di Zeus.
La tradizione associa anche le mura a Preto, fratello di Acrisio, re di Argo. Secondo la leggenda, Preto, inseguito da suo fratello, fuggì in Licia. Con l'aiuto dei lici, riuscì a tornare in Argolide. Lì, Preto occupò Tirinto e la fortificò con l'assistenza dei ciclopi muratori detti Gasterochiri. Tirinto infatti viene citata per la prima volta da Omero che ne aveva elogiato le mura imponenti.
Così la leggenda greca collega i tre centri Argolici con i tre eroi mitici: Acrisio, fondatore della colonia dorica di Argo; suo fratello Preto, fondatore di Tirinto; e suo nipote Perseo, il fondatore di Micene. Ma questa tradizione nacque all'inizio del periodo storico, quando Argo stava combattendo per diventare il potere egemonico nella zona e aveva bisogno di un passato glorioso per competere con le altre due città.
A Tirinto Bellerofonte viene accolto presso la corte dopo essere fuggito da Corinto ove aveva ucciso per errore il re Bellero. Per purificarsi viene accolto a corte da Preto. La moglie di Preto Stenebea se ne invaghì e tentò di sedurlo vanamente. Questa per vendicarsi disse al marito che Bellerofonte aveva provato a sedurla e per questa ragione doveva condannarlo a morte, ma il re non se la sentì di uccidere un ospite per non violare la xenia, così lo mandò in Licia dove chiese al re Iobate di ucciderlo, ma questi preferì mandarlo a uccidere la terribile chimera.
Eracle giunse a Tirinto per servire Euristeo, re della città per espiare le sue colpe, compiendo le dodici fatiche. Sempre Eracle, colto da un attimo di follia, gettò dalle mura della città Ifito il figlio del re Eurito re di Ecalia. Essi stavano cercando il bestiame del re e Ifito convinto dell'innocenza di Eracle si offrì di cercarle assieme a lui.
Nel catalogo delle navi dell'Iliade faceva parte dei territori guidati da Diomede, durante la guerra di Troia.


L'area è stata abitata fin dai tempi preistorici. Il piccolo insediamento neolitico fu seguito, a metà del III millennio a.C., da un fiorente insediamento pre-ellenico situato a circa 15 km a sud est di Micene, su una collina lunga 300 m, larga 45–100 m, e non più di 18 metri di altezza. Di questo periodo sopravvisse, sotto il cortile di un palazzo miceneo, un'imponente struttura circolare di 28 metri di diametro, che sembra essere stato un luogo fortificato di rifugio per gli abitanti della città in tempo di guerra e/o la residenza di un re. La sua base era imponente, ed era costituita da due muri concentrici in pietra, tra i quali vi erano altri tagli trasversali, in modo che lo spessore raggiungesse i 45 m. La sovrastruttura era in argilla e il tetto era fatto con piastrelle cotte al fuoco.
I primi abitanti greci, i creatori della civiltà medio elladica e la civiltà micenea, si stabilirono a Tirinto all'inizio del periodo medio (2000-1600 a.C.), anche se la città raggiunse la sua maggiore crescita durante il periodo miceneo. L'Acropoli fu costruita in tre fasi, la prima alla fine del periodo tardo elladico II (1500-1400 a.C.), la seconda in quella tardo-elladica III (1400-1300 a.C.) e la terza alla fine del periodo tardo-elladico III B (1300-1200 a.C.). Le rovine superstiti della cittadella micenea risalgono alla fine del terzo periodo. La città vera e propria circondava l'acropoli nella pianura sottostante.
Nel XIII secolo a.C. un importante terremoto causò parecchi danni alle strutture, mentre nel XII secolo a.C. furono costruiti degli insediamenti circostanti.
Il disastro che colpì i centri micenei alla fine dell'Età del Bronzo con l'invasione dei Dori (1000 a.C.) colpì anche Tirinto, ma è certo che l'area del palazzo fu abitata ininterrottamente fino alla metà dell'VIII secolo a.C. (poco più tardi vi fu un tempio costruito tra le rovine del Palazzo).
All'inizio del periodo classico Tirinto, come Micene, divenne una città relativamente insignificante. Quando Cleomene I di Sparta sconfisse gli Argivi, secondo Erodoto i loro schiavi occuparono Tirinto per molti anni. Erodoto menziona anche che Tirinto prese parte alla battaglia di Platea nel 480 a.C. con 400 opliti contro i Persiani.
Anche se in declino, Micene e Tirinto disturbavano gli argivi, che nella loro propaganda politica volevano monopolizzare la gloria dei leggendari (e mitici) antenati. Nel 468 a.C. Argo distrusse completamente sia Micene che Tirinto e trasferì - secondo Pausania - i residenti ad Argo, per aumentare la popolazione della città. Tuttavia, Strabone dice che molti Tirintesi si trasferirono per fondare la città di Halieis, la moderna Porto Heli. All'arrivo dei Romani però la città e il palazzo vennero ricostruiti e Tirinto venne nuovamente ripopolata. Venne completamente abbandonata durante il medioevo.
Nonostante la sua importanza, gli storici e gli scrittori hanno dato poco valore a Tirinto, ai suoi sovrani e alle sue tradizioni mitiche. Pausania ha dedicato un breve commento a Tirinto, scrivendo che due muli che si univano non avrebbero potuto muovere nemmeno le pietre più piccole delle mura.
«Le mura, che è l’unico avanzo che ne resti, è opera de’ Ciclopi, ed è fatto di pietre rozze, e la grandezza di ciascuna di loro è tale, che una coppia di muli non potrebbe neppure smuovere un poco la più piccola di esse...» (Pausania, II 25.7)
I viaggiatori di epoca più recente, in viaggio verso la Grecia alla ricerca di luoghi in cui vivevano gli eroi degli antichi testi, non riuscivano a cogliere l'importanza della città.


A sito si accede da est  con un ingresso  che conduce alla parte alta tramite una rampa di 47 m.
Il palazzo vero e proprio è costituito da un cortile interno con un quadriportico  al cui ingresso è sistemato un altare. In fondo c'è il prodromos (cioè l'antisala), costituito da due colonne tra pilastri angolari quadrati che porta nella prima camera mediante tre porte. Una porta dà accesso ad un ampio locale dalla forma allungata, il mégaron , coperto da un soffitto sorretto da colonne lignee con basi di pietra, dove un'apertura permetteva l'uscita del fumo del focolare posto al centro della sala. Le pareti erano affrescate ed anche il pavimento presentava decorazioni. Il carico dei pilastri viene smorzato da alcune colonne piazzate simmetricamente, che determinano la suddivisione in tre parti della sala. Le stanze a destra e a sinistra, più ridotte di dimensioni, fungevano da magazzini e uffici.
A nord rispetto alla parte più alta si trova la zona mediana  del castello. La parte più bassa del castello  è il punto più a nord circondato da mura e stanze di servizio per il castello e le guardie.
Ritrovamenti nella zona superiore attestano anche la presenza di antichi culti religiosi come quello di Era, Atena e Apollo.


GRECIA - Lefkandi

 
Lefkandi
 (greco: Λευκαντί) è un villaggio costiero posto sull'isola di Eubea. I ritrovamenti archeologici attestano un insediamento sul promontorio localmente noto come Xeropolis, mentre nelle vicinanze sono stati identificati numerosi cimiteri.
L'insediamento si trova su un promontorio che domina l'Euripos, con piccole baie che formano porti naturali ad est e ad ovest del sito. I cimiteri si trovano sulle alture a nord-ovest e sono stati chiamati Cimitero Est, Skoubris, Palia Perivolia, Toumba, oltre a piccoli gruppi di sepolture. Il sito si trova tra le due principali antiche città dell'isola, Calcide ed Eretria. Gli scavi in loco sono eseguiti sotto la direzione della British School ad Atene, e proseguono dal 2007 (con precedenti campagne nel 1964-68, 1981-84).
L'occupazione di Lefkandi può essere fatta risalire all'inizio dell'età del bronzo, essa proseguì per tutta l'età del ferro per terminare all'inizio del periodo arcaico (inizio del VII secolo a.C.). I cimiteri conosciuti coprono solo parte dei periodi in cui il luogo fu abitato, a partire dal submiceneo e per tutto il protogeometrico (ca. 1050-800 a.C.). L'abbandono di Lefkandi coincise con la nascita della vicina Eretria, ed è stato ipotizzato che si trattasse, a tutti gli effetti, della vecchia Eretria.
L'importanza del sito è dovuta ad una quantità di fattori. Per prima cosa, lo strato di occupazione del periodo Tardo Elladico del complesso IIIC (ca. 1200-1100/1075 a.C.) scavato negli anni sessanta ha permesso di recuperare una serie di ceramiche di quel periodo, fino a quel momento insufficientemente conosciuto. L'insediamento IIIC è anche in contrasto con altri siti della Grecia, quali il Peloponneso, dove molti siti furono abbandonati alla fine del LHIIIB (ovvero alla fine del periodo palaziale miceneo), condizione che pone Lefkandi tra i siti della Grecia centrale che vantarono un'importante occupazione post-palaziale, quali Mitrou (l'insediamento), Kalapodi (il santuario) e Elatea (il cimitero).
Heroon

Il significato archeologico del sito si è rivelato nel 1980 quando fu scoperto un grande tumulo che conteneva i resti di un uomo e di una donna all'interno di una grande struttura chiamata da alcuni heroön, o "tomba dell'eroe". L'applicabilità del termine all'edificio è discussa, trattandosi della sepoltura della coppia che aveva precedentemente occupato la struttura abitativa e che doveva aver rivestito una particolare importanza sociale. La costruzione di questo monumento in legno e argilla cruda, sorto attorno al 950 a.C., lungo 50 metri e largo 13,8, con il suo portico in legno, prefigura l'architettura canonica del tempio come apparve circa due secoli dopo. Le sue dimensioni sono superiori alla media delle coeve strutture abitative trattandosi probabilmente della dimora di un basileus locale; è costituita da una sequenza longitudinale di ambienti: portico, vestibolo, megaron di rappresentanza, area domestica e tre ambienti più piccoli destinati alla conservazione delle derrate alimentari o degli oggetti di maggior valore, che coinvolgono l'area absidata e con un peristilio di 67 pilastri lignei denotati dagli alloggiamenti. Nell'ampia area domestica è stata predisposta in un secondo momento la sepoltura della coppia proprietaria dell'edificio, che venne abbattuto e trasformato in un grande tumulo funerario e attorno al quale si sviluppò successivamente una necropoli.
Uno dei corpi ritrovati nella tomba era stato cremato, e le sue ceneri erano poste in un telo di lino frangiato a sua volta inserito in un'anfora in bronzo proveniente da Cipro. L'anfora era incisa con scene di caccia e posta in una boccia di bronzo ancora più grande. Una spada ed altri oggetti si trovavano nelle vicinanze. Si crede che le ceneri fossero quelle di un uomo.
Il corpo della donna non era cremato. Si trovava lungo un muro ed era ornato con gioielli, tra cui un anello di elettro, un bracciale in bronzo ed una gorgiera che si crede provenire da Babilonia, già vecchia di mille anni quando fu sepolta. Un coltello di ferro con un manico d'avorio fu trovato vicino alla sua spalla. Non si sa se la donna fu sepolta contemporaneamente con l'uomo, o più tardi. Gli studiosi hanno ipotizzato che la donna sia stata uccisa per poter essere sepolta con l'uomo, forse suo marito, con una pratica tipica del costume indiano del sati. Alcune studiose hanno fatto notare la mancanza di prove che dimostrerebbero l'effettivo uso del sati, ed ipotizzano invece che la donna sia stata un'importante persona nella comunità, e che fu sepolta con le ceneri dell'uomo dopo la sua morte.
Sembra che quattro cavalli siano stati sacrificati e siano stati inseriti nella tomba. Alcuni di loro indossavano morsi di ferro in bocca.


Xeropolis

Le ricerche archeologiche hanno portato alla luce un insediamento in cui si può dimostrare un'ininterrotta occupazione dal miceneo all'età oscura. È stato ipotizzato che il sito sia identificabile con la vecchia Eretria, e che sia stata obbligata a trasferirsi a Calcide in seguito alla guerra lelantina.


GRECIA - Colofone

 


Colofone (in greco antico: Κολοφών, Kolophṑn; in latino: Colophon) è stata una città della Ionia fondata nell'VIII secolo a.C. che si trovava sulla strada che collegava Efeso a Smirne. In questa città è ambientato il mito di Aracne, citato anche da Ovidio nelle sue Metamorfosi.
Gli Ioni (come già nei casi di Mileto, Efeso e Clazomene) dapprima si stabilirono nella più facilmente accessibile penisola di Nozio e solo in seguito si insediarono all'interno fondando la città di Colofone di cui Nozio divenne il porto anche se conservò una sua vita autonoma.
La città fu probabilmente conquistata dal re di Lidia Gige all'inizio del VII secolo a.C. In relazione a questo evento dalla città partirono coloni per la fondazione in Magna Grecia di Siris (Lucania). Fu poi sotto la dominazione achemenide e in seguito fece parte della lega delio-attica. Rioccupata dai persiani nel 430 a.C. fu riconquistata nel 409 da Trasillo. Fu però liberata definitivamente dal pericolo persiano solo con la spedizione di Alessandro Magno. Passò poi sotto il potere di Lisimaco, re di Tracia, che nel 299 a.C. trasferì gli abitanti ad Efeso. Fu poi sotto la dominazione pergamena per passare quindi ai romani che nel 189 a.C. dichiararono liberi i colofoni di Nozio. Nel II secolo d.C. era considerata una città da tempo scomparsa e infatti il grammatico Sesto Pompeo Festo allora scriveva che, in antico già rispetto ai suoi tempi, quando si voleva dire che una cosa era finita si diceva: Colophon ! 
La città fu una notevole potenza commerciale soprattutto nei secoli VI-V a.C., in gran parte grazie al commercio di una resina - la colofonia - che prese appunto il nome dalla città.
Colofone ha dato i natali ai pittori Dioniso e Dionisodoro e ai poeti Mimnermo, Senofane, Antimaco di Colofone, Ermesianatte e Nicandro, oltre ad essere una delle sette città che rivendicavano i natali di Omero.
Della città restano oggi importanti rovine (mura e necropoli) oltre che iscrizioni e monete d'argento e bronzo gran parte delle quali riportano l'effigie di Apollo in onore del quale sorgeva un tempio, situato tra Colofone e Claros e riportato alla luce nel 1950. Scavi effettuati tra il 1922 e il 1925 hanno riportato alla luce la pianta della città che nel IV secolo a.C. venne ricostruita in base ad un rigoroso piano urbanistico come testimoniato da un'epigrafe dell'epoca.

ARGENTINA - Cueva de las Manos

  La  Cueva de las Manos  (che in spagnolo significa Caverna delle Mani) è una caverna situata nella provincia argentina di Santa Cruz, 163 ...