
Tirinto fu
un'antica città dell'Argolide, in Grecia, situata nel
settore sud-orientale della piana di Argo. Fa parte dell'elenco
dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.
Della città restano soltanto alcuni
resti archeologici: le mura e le rovine del Palazzo reale, scoperto
da Heinrich Schliemann e Christos
Tsountas nel 1884-1885, anche se risalgono al 1780 i
primi disegni di Fauvel, mentre i primi scavi erano stati
effettuati nel 1831 per opera di Thiersh. La cinta
muraria fu rifatta, ampliata per ben tre volte e furono incrementati
i magazzini e, grazie a due gallerie sotterranee, non mancò
l'approvvigionamento idrico per la città. È stata portata alla luce
anche una necropoli di tombe a camera arricchite
da corredi di ceramica.
Nella mitologia greca si diceva che la
città avesse preso il nome da Tirinto, figlio di Argo e
nipote di Zeus.
La tradizione associa anche le mura
a Preto, fratello di Acrisio, re di Argo. Secondo la
leggenda, Preto, inseguito da suo fratello, fuggì in Licia. Con
l'aiuto dei lici, riuscì a tornare in Argolide. Lì, Preto
occupò Tirinto e la fortificò con l'assistenza dei ciclopi muratori
detti Gasterochiri. Tirinto infatti viene citata per la
prima volta da Omero che ne aveva elogiato le mura
imponenti.
Così la leggenda greca collega i tre
centri Argolici con i tre eroi mitici: Acrisio, fondatore della
colonia dorica di Argo; suo fratello Preto, fondatore di
Tirinto; e suo nipote Perseo, il fondatore di Micene. Ma
questa tradizione nacque all'inizio del periodo storico, quando Argo
stava combattendo per diventare il potere egemonico nella zona e
aveva bisogno di un passato glorioso per competere con le altre due
città.
A Tirinto Bellerofonte viene
accolto presso la corte dopo essere fuggito da Corinto ove
aveva ucciso per errore il re Bellero. Per purificarsi viene accolto
a corte da Preto. La moglie di Preto Stenebea se ne invaghì
e tentò di sedurlo vanamente. Questa per vendicarsi disse al marito
che Bellerofonte aveva provato a sedurla e per questa ragione doveva
condannarlo a morte, ma il re non se la sentì di uccidere un ospite
per non violare la xenia, così lo mandò in Licia dove
chiese al re Iobate di ucciderlo, ma questi preferì
mandarlo a uccidere la terribile chimera.
Eracle giunse a Tirinto per
servire Euristeo, re della città per espiare le sue colpe,
compiendo le dodici fatiche. Sempre Eracle, colto da un attimo
di follia, gettò dalle mura della città Ifito il figlio
del re Eurito re di Ecalia. Essi stavano cercando il
bestiame del re e Ifito convinto dell'innocenza di Eracle si offrì
di cercarle assieme a lui.
Nel catalogo delle
navi dell'Iliade faceva parte dei territori guidati
da Diomede, durante la guerra di Troia.
L'area è stata abitata fin dai tempi
preistorici. Il piccolo insediamento neolitico fu seguito, a metà
del III millennio a.C., da un fiorente insediamento pre-ellenico
situato a circa 15 km a sud est di Micene, su una collina
lunga 300 m, larga 45–100 m, e non più di 18 metri di altezza. Di
questo periodo sopravvisse, sotto il cortile di un palazzo miceneo,
un'imponente struttura circolare di 28 metri di diametro, che sembra
essere stato un luogo fortificato di rifugio per gli abitanti della
città in tempo di guerra e/o la residenza di un re. La sua base era
imponente, ed era costituita da due muri concentrici in pietra, tra i
quali vi erano altri tagli trasversali, in modo che lo spessore
raggiungesse i 45 m. La sovrastruttura era in argilla e il tetto era
fatto con piastrelle cotte al fuoco.

I primi abitanti greci, i creatori
della civiltà medio elladica e la civiltà micenea,
si stabilirono a Tirinto all'inizio del periodo medio (2000-1600
a.C.), anche se la città raggiunse la sua maggiore crescita durante
il periodo miceneo. L'Acropoli fu costruita in tre fasi, la prima
alla fine del periodo tardo elladico II (1500-1400 a.C.), la seconda
in quella tardo-elladica III (1400-1300 a.C.) e la terza alla fine
del periodo tardo-elladico III B (1300-1200 a.C.). Le rovine
superstiti della cittadella micenea risalgono alla fine del terzo
periodo. La città vera e propria circondava l'acropoli nella pianura
sottostante.
Nel XIII secolo a.C. un
importante terremoto causò parecchi danni alle strutture, mentre
nel XII secolo a.C. furono costruiti degli insediamenti
circostanti.
Il disastro che colpì i centri micenei
alla fine dell'Età del Bronzo con l'invasione dei Dori (1000
a.C.) colpì anche Tirinto, ma è certo che l'area del palazzo fu
abitata ininterrottamente fino alla metà dell'VIII secolo a.C. (poco
più tardi vi fu un tempio costruito tra le rovine del Palazzo).
All'inizio del periodo classico Tirinto, come Micene, divenne una
città relativamente insignificante. Quando Cleomene
I di Sparta sconfisse gli Argivi, secondo Erodoto i
loro schiavi occuparono Tirinto per molti anni. Erodoto
menziona anche che Tirinto prese parte alla battaglia di
Platea nel 480 a.C. con 400 opliti contro i Persiani.
Anche se in
declino, Micene e Tirinto disturbavano gli argivi, che nella
loro propaganda politica volevano monopolizzare la gloria dei
leggendari (e mitici) antenati. Nel 468 a.C. Argo distrusse
completamente sia Micene che Tirinto e trasferì -
secondo Pausania - i residenti ad Argo, per aumentare la
popolazione della città. Tuttavia, Strabone dice che
molti Tirintesi si trasferirono per fondare la città di Halieis,
la moderna Porto Heli. All'arrivo dei Romani però la città
e il palazzo vennero ricostruiti e Tirinto venne nuovamente
ripopolata. Venne completamente abbandonata durante il medioevo.
Nonostante la sua importanza, gli
storici e gli scrittori hanno dato poco valore a Tirinto, ai suoi
sovrani e alle sue tradizioni mitiche. Pausania ha dedicato un breve
commento a Tirinto, scrivendo che due muli che si univano non
avrebbero potuto muovere nemmeno le pietre più piccole delle mura.
«
Le mura, che è l’unico avanzo che
ne resti, è opera de’ Ciclopi, ed è fatto di pietre rozze, e la
grandezza di ciascuna di loro è tale, che una coppia di muli non
potrebbe neppure smuovere un poco la più piccola di esse...» (Pausania, II 25.7)
I viaggiatori di epoca più recente, in
viaggio verso la Grecia alla ricerca di luoghi in cui vivevano gli
eroi degli antichi testi, non riuscivano a cogliere l'importanza
della città.
A sito si accede da est con
un ingresso che conduce alla parte alta tramite una rampa
di 47 m.
Il palazzo vero e proprio è costituito
da un cortile interno con un quadriportico al cui
ingresso è sistemato un altare. In fondo c'è
il prodromos (cioè l'antisala), costituito da
due colonne tra pilastri angolari quadrati che porta nella
prima camera mediante tre porte. Una porta dà accesso ad un ampio
locale dalla forma allungata, il mégaron , coperto da un
soffitto sorretto da colonne lignee con basi di pietra, dove
un'apertura permetteva l'uscita del fumo del focolare posto al centro
della sala. Le pareti erano affrescate ed anche il pavimento
presentava decorazioni. Il carico dei pilastri viene smorzato da
alcune colonne piazzate simmetricamente, che determinano la
suddivisione in tre parti della sala. Le stanze a destra e a
sinistra, più ridotte di dimensioni, fungevano da magazzini e
uffici.
A nord rispetto alla parte più alta si
trova la zona mediana del castello. La parte più bassa
del castello è il punto più a nord circondato da mura e
stanze di servizio per il castello e le guardie.
Ritrovamenti nella zona superiore
attestano anche la presenza di antichi culti religiosi come quello
di Era, Atena e Apollo.