mercoledì 2 luglio 2025

GRECIA - Atene, MAN / Vaso dei guerrieri

 


Il 
vaso dei guerrieri, scoperto da Heinrich Schliemann all'interno del Circolo A di Micene, è uno dei tesori più importanti del Museo Archeologico Nazionale di Atene.
Datato al 1150 a.C. circa, è probabilmente il pezzo più noto del tardo periodo elladico. Si tratta di un cratere, una ciotola utilizzata per la diluizione del vino con l'acqua, consuetudine che gli antichi Greci credevano essere un segno di comportamento civile.
L'ampio fregio di soldati armati sul vaso ha suggerito il nome datogli da Schliemann. I guerrieri indossano gonnellini corti e elmi, ed hanno il naso particolarmente lungo.

GRECIA - Atene, MAN / Tavoletta di Ninnione

 


La tavoletta di Ninnione, datata all'incirca al 370 a.C., è una tavoletta in argilla rossa raffigurante gli antichi Misteri Eleusini greci (riti religiosi legati alla mitologia greca). È stata riscoperta a Eleusi, nel 1895, ed è conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Atene (inv. 11036). La tavoletta raffigura Iacco che guida una processione di iniziati nei Misteri. A ricevere questo gruppo sono le divinità Demetra e Persefone. Sopra la scena principale del manufatto ci sono molteplici rappresentazioni della luna. La tavoletta di Ninnione è l'unica rappresentazione originale conosciuta dei riti di iniziazione dei Misteri che rappresenta una kernophoria.
Lo studioso Mylonas così descrive la tavoletta:
«Nel campo principale sono dipinte due scene: quella superiore rappresenta un rito preliminare celebrato nel corso dei Piccoli Misteri; quella inferiore vi è rappresentato un rito affine celebrato nel corso dei Grandi Misteri. In entrambe abbiamo la presentazione della mystai alla dea del culto, a Demetra, ed entrambe illustrano il kernophoria, o il portare il kernos, che sembra aver fatto parte dei riti preliminari nei Piccoli così come nei Grandi Misteri. La presenza di Iacco nella scena inferiore sembra indicare che il rito nei Grandi Misteri veniva svolto alla fine della processione e segnava la fine della marcia da Atene a Eleusi, rimasta così famosa nell’antichità; quindi il rito aveva luogo prima della telete, la vera e propria iniziazione nel Telesterion. [Il kernophoria] faceva parte dei riti pubblici e poteva quindi essere rappresentato in un’opera artistica esposta alla vista, quindi non svelava i segreti. Similmente il rito della scena superiore non era segreto e poteva quindi essere raffigurato nell’arte.»

GRECIA - Atene, MAN / Cronide di capo Artemisio


 Il Cronide di capo Artemisio è una statua bronzea (h. 209 cm) dell'antica Grecia, databile al 480-470 a.C. circa e conservata nel Museo archeologico nazionale di Atene. Fu ritrovata nei fondali marini antistanti capo Artemisio, nell'odierna Eubea, ed è una delle pochissime opere bronzee originali che ci sono giunte. Il ritrovamento della statua avvenne nel 1926, anche se il recupero fu completato nel 1928.
Essa si trovava nei pressi di un relitto databile intorno al 200 a.C., del quale si sa poco, in quanto la spedizione di recupero fu interrotta a causa della morte di un sub e mai più ripresa. Si presume che la nave fosse di origine romana, una delle tante navi che all'epoca solcavano quei mari per portare elementi di arte greca verso Roma. Anche se così fosse, a causa dell'interruzione dell'operazione di recupero, non è ancora chiaro se la statua fosse imbarcata sul vascello o no.
La statua rappresenta una figura maschile nuda protesa probabilmente nel lancio di un fulmine in avanti: guardando il busto frontalmente, le gambe sono saldamente poggiate a terra e ruotate verso sinistra. Il peso del corpo è sulla gamba sinistra e con quella destra, invece, cerca di darsi la spinta. Le braccia sono entrambe distese all'altezza delle spalle e il volto è ruotato sempre verso sinistra fissando un obiettivo. Il braccio sinistro è nell'atto di prendere la mira e quello destro è teso indietro, ma non è chiaro cosa la statua dovesse tenere nella mano destra, forse un fulmine oppure un tridente (si tratterebbe quindi di una figura di Zeus o, rispettivamente, di Poseidone, entrambi figli di Crono, da cui il nome Cronide), o qualcos'altro. Il volto barbuto e con l'acconciatura finemente cesellata è tipico delle statue di divinità.
Lo scultore voleva indicare movimento dinamico, con l'apertura delle gambe, detta a "forbice", restando attento all'equilibrio compositivo, che per i greci stava a simboleggiare qualità interiori. Braccia e gambe nel complesso formano un chiasmo, ovvero una figura simile alla lettera chi dell'alfabeto greco (χ), secondo una modalità compositiva assai in voga nel periodo arcaico; rispetto a atleti precedenti è chiaro però come il Cronide sondi maggiormente lo spazio circostante con la posa aperta, sebbene sia ancora prevalente una visione di tipo frontale.
Si presume che in origine negli occhi ci fossero inserti in avorio, che le sopracciglia fossero rivestite in argento e che le labbra e i capezzoli fossero rivestiti in rame.
Si è cercato senza successo di accostare il Cronide a uno dei grandi bronzisti greci dell'epoca, i cui nomi ci sono stati tramandati dalle fonti: Onata di Egina, Pitagora di Reggio o Calamide. La mancanza però di opere certe e l'inesistenza di accenni diretti al dio di Capo Artemisio rendono impossibile formulare un'attribuzione sicura.

GRECIA - Atene, MAN / Fantino dell'Artemision

 

Il fantino dell'Artemision è una grande statua ellenistica in bronzo di un ragazzo a cavallo, datata intorno al 150-140 aC.  È una rara statua in bronzo originale dell'antica Grecia e un raro esempio nella scultura greca di un cavallo da corsa. La maggior parte dei bronzi antichi sono stati fusi per riclare le materie prime tempo dopo la loro creazione, ma questo si è salvato dalla distruzione grazie a un antico naufragio, prima di essere scoperto nel ventesimo secolo. La statua potrebbe essere stata dedicata agli dei da una persona facoltosa per onorare le vittorie nelle corse di cavalli, probabilmente nella corsa di un solo cavallo (in greco: κέλης - kēles). L'artista è sconosciuto.
La statua è stata trovata tra i resti di un naufragio al largo di Capo Artemision, nel nord dell'Eubea. Nel relitto sono state rinvenute anche parti del Cronide dell'Artemision.  Le prime parti della statua equestre furono recuperate nel 1928, con ulteriori pezzi ritrovati nel 1936 e 1937. La statua è stata ricomposta, dopo il restauro della coda e del corpo del cavallo, ed è stata esposta al Museo Archeologico Nazionale di Atene nel 1972.
L'autore e le circostanze in cui è stata creata l'opera sono sconosciuti. Tuttavia, Seán Hemingway ha suggerito che potrebbe essere stata saccheggiata da Corinto nel 146 a.C. dal generale romano Mummio nella guerra achea e dato ad Attalo ma perso durante il transito a Pergamo. La statua equestre è approssimativamente a grandezza naturale, con una lunghezza di 2,9 metri e un'altezza di 2,1 metri. È stata fusa in pezzi utilizzando un processo indiretto a cera persa e poi assemblata tramite saldatura. Mancano alcune parti, come la frusta e le redini del cavaliere e la briglia del cavallo. Il cavallo e il suo cavaliere sono resi realisticamente, come se fossero ripresi mentre il cavallo balza nel galoppo, con le zampe posteriori a terra e le zampe anteriori sollevate. Il bronzo delle zampe posteriori è più spesso, a indicare che erano il principale mezzo di sostegno della statua. L'immagine della dea Nike è incisa sulla coscia destra del cavallo, mentre tiene una ghirlanda con le mani alzate, un marchio per i cavalli da corsa nell'antica Grecia. Il cavallo fa impallidire il suo fantino, un ragazzo alto soli 84 cm e di una decina d'anni, forse di origine Africana, basandosi sulla sua fisionomia e sulla colorazione originale della superficie patinata nera. La sua pettinatura, tuttavia, è greca, suggerendo un retaggio misto. Cavalca a pelo senza sella. Indossa sandali e un corto chitone, e guarda indietro sopra la sua spalla sinistra.


GRECIA - Atene, MAN / Diadumeno di Delo

 
Il Diadumeno (in greco Diadúmenos, cioè "che si cinge la fronte [con la benda della vittoria]") è una statua realizzata da Policleto verso il 420 a.C. e oggi nota solo da copie romane marmoree, tra cui la migliore è considerata il Diadumeno di Delo nel Museo archeologico nazionale di Atene (h. 195 cm). Probabilmente l'opera venne scolpita ad Atene, dove l'artista era venuto a conoscenza del collega Fidia, come si evince da una certa influenza nella forma e nell'atteggiamento della testa.
Si conoscono più di trenta copie di questa scultura; le più celebri sono: il Diadumeno di Delo, conservato al Museo Archeologico Nazionale di Atene ed il Diadumeno di Vaison, conservato al British Museum di Londra. Un'altra copia detta Farnese, nello stesso museo, presenta leggere varianti (ad esempio nella testa) e si è ipotizzato che possa derivare da una copia eseguita da Fidia. Un grosso frammento di epoca flavia, restaurato e reintegrato successivamente, si trova nel Metropolitan Museum di New York. Una testa di Diadumeno è al Louvre (che possiede anche un torso), una al Museo Barracco di Roma e una al Museo nazionale di Venosa. Un torso di Diadumeno, proveniente dalle collezioni sabaude, si trova nel Museo di antichità di Torino. Un giovane atleta nudo solleva le braccia per allacciarsi in testa la benda della vittoria (la tenia).
Troviamo un'applicazione del chiasmo come nel Doriforo, il chiasmo è un ritmo incrociato capace di
dare estrema naturalezza alla rappresentazione, ogni tensione trova la sua adeguata contrapposizione. L'arco del bacino inoltre si trova ad essere inclinato verso la gamba flessa. Ne consegue un dinamismo trattenuto, che annulla ogni impressione di staticità, a differenza dei precedenti della statuaria arcaica e severa. A differenza del Doriforo, nel Diadumeno il baricentro della figura non è su una gamba, bensì al centro fra le due.
L'insieme è potente e muscoloso, ricco di sfumature, con una testa dalla struttura robusta e dotata di un'espressione medativamente sospesa. Appare esaltata la mimesis, cioè il naturalismo basato sull'imitazione del vero, equilibrato però dalla componente ideale.


(da Wikipedia, l'enciclopedia libera)

GRECIA - Atene, MAN / Kouros di Aristodikos

 
Il Kouros di Aristodikos è una statua in marmo pario alta 195 cm e databile al 500-490 a.C. circa. La sua funzione originaria era di segnacolo funerario. È conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Atene. Venne ritrovato nella Mesogea, regione dell’Attica, nel 1944, vicino al monte Olimpo.
La scultura fu ritrovata quasi integra, mancante solo delle mani, anche se scheggiata soprattutto all’altezza del volto. La base, alta 29 cm, è in marmo pentelico.
Pur rispettando diverse norme di tradizione arcaica come la posizione frontale ed il piede sinistro leggermente avanzato, l’artista ricercò una resa più naturalistica del corpo. Le braccia si allontanano dal corpo e vi è una maggiore attenzione ai dettagli anatomici, come i tendini e le ginocchia. I capelli raccolti in riccioli, che presentano tracce di colore rosso, si differenziano dalle acconciature dei kouroi precedenti per la minore lunghezza e, ancora una volta, il maggior realismo.

GRECIA - Atene, MAN / Kouros di Melos

 
Il Kouros di Melos (a volte italianizzato in "Milo") è una scultura in marmo (alta 214 Centimetri) databile al 540 a.C. circa e conservata nel Museo archeologico nazionale di Atene. Si tratta di un illustre esempio di kouros del VI secolo legato alla corrente ionica, che rispetto alle durezze di quella dorico-peloponnesiaca, è contraddistinta da una figura più elegante e slanciata, di maggiore agilità e con una definizione anatomica più sottile.
Il fanciullo, fratturato alle caviglie e ai piedi, è eretto e nudo, come tipico nelle rappresentazioni dei kouroi, col piede sinistro leggermente avanzato. Le braccia sono dritte e strette ai fianchi. Il volto è giovanile, col tipico sorriso arcaico, i capelli lunghi e ricadenti sulle spalle.

GRECIA - Atene, MAN / Kouros di Kroisos

 
Il Kouros di Kroisos (a volte italianizzato in "Creso") o Kouros di Anavyssos è una scultura in marmo (alta 194 centimetri) databile al 530-520 a.C. circa e conservata nel Museo archeologico nazionale di Atene (n° 3851). Si tratta di un segnacolo funerario che rappresenta e commemora un giovane soldato. Fu ritrovato nel 1936 ad Anavyssos, una località dell’Attica situata a 34 km a sud-est di Atene. Tornò in Grecia nel 1937 dopo che la polizia greca sequestrò la scultura a Parigi.
L’opera ci è giunta quasi completa: gli unici pezzi mancanti sono parti di entrambi i piedi ed una porzione della parte inferiore della gamba sinistra. Il kouros si trova in posizione stante e frontale, con il piede sinistro di poco avanzato, secondo la tradizione arcaica. I capelli acconciati in riccioli ricadono dietro le spalle ed il volto è caratterizzato da un leggero sorriso arcaico. La muscolatura è accentuata, ma la morbidezza delle linee denuncia un’influenza di origine ionica ed una concezione più organica del corpo in rapporto ai kouroi di epoche precedenti.
Sulla base è incisa un’epigrafe che fornisce informazioni sul giovane defunto. Essa recita:
"Fermati e abbi pietà davanti alla tomba di Kroisos morto, che il violento Ares ha ucciso mentre era in prima fila in battaglia".
Il monumento, che mostra l’uomo nudo, nel pieno delle forze, ha lo scopo di celebrare la morte eroica in guerra.

GRECIA - Atene, MAN / Testa di kouros 3372

 
La Testa di kouros 3372 è una scultura in marmo nassio (h. 44 cm) databile al 600 a.C. circa e conservata nel Museo archeologico nazionale di Atene. La testa proviene dalla necropoli del Dipylon ad Atene ed è un'opera eccezionale che rivela al contempo la mano di un grande scultore e i tratti essenziali della scultura attica arcaica. In conseguenza del luogo di ritrovamento, la necropoli del Dipylon, l'opera è stata riconosciuta come una statua funeraria. La testa fu trovata durante gli scavi del Ceramico del 1916, murata nella doppia porta delle fortificazioni di Atene. Dopo questo ritrovamento altri frammenti sono stati trovati e ricondotti alla medesima pertinenza: la mano destra (n. inv. 3965), parte della mano sinistra, del femore, della spalla destra, del dorso, nonché il ginocchio destro ed il gluteo sinistro; solo pochi frammenti sono collegabili tra loro.
Le dimensioni della statua, stando a quelle della testa, dovevano essere di circa 250 o 300 cm; il materiale è marmo nassio, lo stesso del kouros di New York (Met 32.11.1). L'unità formale che contraddistingue questa scultura per cui «sembra che ogni elemento sgorghi come una necessità ineluttabile dal precedente» sarà imitata fin oltre la metà del VI secolo a.C. Ha volto allungato e di forma ovale, fronte alta, occhi a mandorla e sopracciglia arcuate. I lunghi capelli sono fermati da un nastro, raccolti in treccine e terminanti in forma ovale sulla nuca. L'elemento decorativo della capigliatura, privilegio aristocratico, lungi dall'essere motivo ripetuto, varia nella forma e nell'allineamento delle perle aumentando l'effetto di vibrazione plastica. Le arcate sopraccigliari rialzate che illuminano il viso sono un'impronta tipica della scultura attica, si veda ad esempio l'influenza attica in una città legata a Corinto come Calidone, quale si può vedere nella Sfinge, probabile acroterio laterale di un frontone, ora al Museo archeologico nazionale di Atene (terracotta, h 20 cm). Ulteriore elemento sviluppato in questo ambito è lo sviluppo della visione laterale, inesistente a quest'epoca nella scultura peloponnesiaca e insulare.
Allo stesso autore o ad un discepolo è stato ricondotto il già menzionato kouros di New York, opera di un artista attico che ha rielaborato modelli cicladici sollevando i tratti dalla sfera dell'individuale e dell'episodico; una figura organica, equilibrata, anch'essa posta originariamente nella tomba di una nobile famiglia ateniese, ove ancora permangono labili tracce di abito che andranno scomparendo a breve.

GRECIA - Atene, MAN / Kouros del Sunio


Il Kouros del Sunio (o "di Capo Sunio") è una scultura greca arcaica che rappresenta un giovane nudo o kouros (in lingua greca antica κοῦρος-ragazzo). Di dimensioni maggiori del vero, la statua è stata scolpita nel marmo e, proveniente dal'isola di Nasso, risale all'incirca al 600 a.C. Essa ha ancora varie somiglianze con l'antica statuaria egizia (la posizione frontale, le braccia allungate sui fianchi e la gamba sinistra avanzata), ma il kouros a differenza dell'arte egizia è qui completamente nudo.
La figura si trova in una posa convenzionale, con la testa e il corpo in posizione statica centrale, mentre il piede sinistro è più avanzato il peso si distribuisce però uniformemente su entrambi i piedi, con i pugni serrati al lato delle grandi cosce. La testa è ampia con un viso dotato di sorriso arcaico; il corpo rigido e quasi ieratico è posizionato frontalmente, con le spalle larghe, la vita e i fianchi stretti. Alcuni frammenti di colorazione rossa rimangono nelle ciocche di capelli intrecciati, che sono racconti da un nastro legato da un nodo piano, e con riccioli sulla fronte.
Le caratteristiche anatomiche sono suggerite da segni superficiali, tra cui le otto suddivisioni dell'addome: ha infine grandi lobi in volute, oltre ad occhi a mandorla e le proporzioni sono generalmente allungate.
La statua è stata trovata sepolta nei pressi del Tempio di Poseidone a Capo Sunio nel 1906, e potrebbe essere stato rimosso e sepolto dai Persiani quando il tempio fu distrutto nel 480 a.C. durante la seconda guerra persiana a seguito dell'invasione della Grecia. Restaurato, ha un'altezza di 3,05 metri ed è a tutt'oggi conservato al Museo Archeologico Nazionale di Atene.

ARGENTINA - Cueva de las Manos

  La  Cueva de las Manos  (che in spagnolo significa Caverna delle Mani) è una caverna situata nella provincia argentina di Santa Cruz, 163 ...