sabato 26 aprile 2025

KERAMOS - Ceramica sigillata

 

La ceramica sigillata è un tipo di ceramica romana fine da mensa (ovvero destinata ad essere utilizzata come servizio da tavola) diffusa nell'antichità romana.
La sua caratteristica principale è una vernice rossa, più o meno chiara e la decorazione a rilievo, modellata, impressa o applicata. Alcuni esemplari portano impressi dei bolli ceramici o "sigilli", dai quali la tipologia deriva il suo nome, che riportano il nome del fabbricante.
Dalla metà del I secolo a.C. le ceramiche a vernice nera sparirono gradualmente nella produzione dei paesi mediterranei, sostituite da questa nuova classe di vasellame fine da mensa, la cosiddetta terra sigillata, che ebbe origine nel Medio Oriente e si diffuse poi in Italia, dove il centro della migliore produzione fu Arezzo ("aretina").
La cosiddetta "vernice" si realizza attraverso la decantazione dell'argilla in acqua a cui viene aggiunto un elemento deflocculante che facilita la precipitazione del calcare sul fondo e la sospensione delle particelle di feldspato, che costituiscono l'elemento "vetrificante" dell'argilla. Il colore del vaso finito dipende oltre che dal colore della vernice, anche dalle tecniche di cottura che possono essere con buona ossigenazione, favorendo quindi una colorazione rossa, oppure a riduzione di ossigeno, regolando il flusso dell'aria che viene introdotta nel forno e realizzando un nero dai riflessi metallici.
A partire dall'età augustea fu quindi largamente diffusa. La sfumatura rossa di questi pezzi varia da fabbrica a fabbrica e la produzione fu di serie, standardizzata su non troppe forme (soprattutto coppe, crateri e tazze), ispirata nella decorazione alla coeva produzione di vasi argentei, in maniera più o meno diretta.
I frammenti di ceramica sigillata, facilmente riconoscibili e databili, costituiscono utilissimi "fossili guida" per la datazione delle stratigrafie negli scavi archeologici. L'ampia diffusione di questa ceramica e la sua produzione per l'esportazione organizzata da veri e propri imprenditori, e la possibilità di conoscerne i nomi e la posizione sociale per mezzo dei bolli impressi sui vasi, hanno avuto grande importanza per la conoscenza dell'economia antica.
Lo studio di firme stampigliate e scarichi di formace ha permesso di classificare con notevole precisione almeno una ventina di fabbricanti, ciascuno dei quali aveva vari servi o liberti addetti alla produzione.
Tra le scene figurate spiccano quelle di vendemmia, di thiasos dionisiache, di scene erotiche, mitologiche e di allusioni a fatti contemporanei. Spesso poi la figura umana, come nella coeva toreutica e glittica, è solo un pretesto per comporre raffinati motivi decorativi, dove un elemento figurato è ripetuto intervallandolo con racemi filiformi ed elementi vegetali classicisti.
La massima fioritura della produzione aretina va dalla metà del I secolo a.C. alla metà del I secolo d.C. In seguito le fabbriche di Arezzo vennero soppiantate da quelle concorrenti e imitatrici della val Padana e della Gallia (terra sigillata tardo-italica e sud-gallica). Nel II secolo poi, a partire dall'età flavia, esse vennero a loro volta superate dalle fabbriche nordafricane (terra sigillata chiare o africana), di colore rosso-arancio o rosso-bruno, prive delle decorazioni con stampi a matrice. La produzione africana durò fino al VII secolo.
Vicino e Medio Oriente
Una ceramica a vernice rossa, ricoperta di un'ingubbiatura era diffusa nel II secolo a.C. nel Vicino Oriente ellenistico (eastern sigillata A), parallelamente alla decorazione in rilievo o "alla barbotine".
Produzione italica e sigillata aretina

La moda fu in seguito introdotta in Italia dai numerosi commercianti italici e dai legionari che avevano vissuto nelle regioni orientali. La prima produzione di ceramica sigillata propriamente detta comparve in Italia nel I secolo a.C. e il maggiore centro di produzione fu Aretium (oggi Arezzo) in Etruria, dal quale la produzione prende anche il nome di "ceramica aretina". Un altro importante centro di produzione si collocava presso il porto di Puteoli (oggi Pozzuoli).
Questa produzione si sviluppò tra il 50 e il 30 a.C., soppiantando con nuove tecniche, sia di cottura, sia di decorazione, la tradizionale ceramica a vernice nera ("ceramica campana" A, B e C), prodotta in Italia in grandi quantità grazie all'utilizzo di manodopera servile e ampiamente esportata. L'apogeo si ebbe nell'età augustea, quando le produzioni della penisola italiana avevano un quasi totale monopolio sulla ceramica fine da mensa di tutto l'occidente mediterraneo ed ebbero una rilevante presenza anche nelle regioni orientali.
Le officine rinvenute ad Arezzo, tutte concentrate nella medesima zona della città, e i dati ricavabili dai bolli ceramici, rivelano un'organizzazione di tipo pre-industriale con una numerosa manodopera specializzata. Le tecniche di produzione si andarono progressivamente standardizzando, per consentire la crescita delle quantità prodotte, tali da coprire la richiesta di esportazione.
Sigillata gallica

A partire da circa il 50 d.C i centri di produzione si spostarono verso le province. Il sito di La Graufesenque, presso Millau (nell'attuale dipartimento dell'Aveyron, in Francia), che costituiva il quartiere industriale della piccola città di Condatomagus, esportò i suoi prodotti fino a Pompei, prima dell'eruzione del Vesuvio nel 79, provando che i flussi commerciali avevano invertito la propria direzione. La crescita delle province era dovuta alla loro rapida romanizzazione, che aveva aperto nuovi mercati e indotto i produttori italici ad aprire delle filiali delle loro officine, dalle quali si erano quindi sviluppate nuove officine di produttori locali. Inizialmente le officine della "ceramica sudgallica" produssero imitazioni della ceramica aretina, per sviluppare in seguito un proprio repertorio di forme e di decorazioni.
Officine aretine avevano impiantato le proprie succursali a Lugdunum (Lione) già intorno al 15 a.C., ma in seguito si svilupparono maggiormente altri centri di produzione.
Le officine di La Graufensenque ebbero una eccezionale diffusione dei propri prodotti, che raggiunsero tutto l'occidente romano, la Germania, la Grecia, la Siria, l'Egitto e le coste del Mar Nero. La produzione, iniziata intorno al 20 d.C., vide rapidamente la creazione di nuove forme vascolari e raggiunse la massima qualità intorno al 40, mentre intorno al 60-80 la quantità della ceramica fabbricata aumentò a scapito della qualità. Fu il sito di produzione più importante per tutto il I secolo e cessò la produzione intorno al 120.
Altri centri di produzione furono, a Montans (Tarn), a Banassac (Lozère), a Lezoux (Puy-de-Dôme) e nella Gallia orientale, che ebbero il loro apogeo in momenti diversi nel corso del II secolo e in alcuni casi continuarono la produzione fino al IV secolo.
Sigillata africana

Le ceramiche sigillate italiche e galliche si erano diffuse nelle province africane nel corso del I secolo e una produzione locale si sviluppò a partire dal 50 d.C. circa, inizialmente su imitazione dei modelli importati e in seguito, a partire dall'età flavia, con una propria autonomia sia stilistica che tecnica.
Le produzioni sono caratterizzate dal colore più chiaro della vernice e si diffusero su tutte le coste del Mediterraneo tra il II e l'VIII secolo. In particolare tra la fine del II e gli inizi del III secolo le produzioni africane soppiantarono quelle galliche come ceramiche da mensa più diffuse.
Si distinguono durante il lungo periodo di produzione diverse tipologie: il tipo C, diffuso a partire dal 230 fu in particolare prodotto nella Bizacena ed esportato spesso parallelamente alle anfore di produzione locali. Alla fine del III secolo anche Cartagine sviluppò una propria produzione, favorita dalla concentrazione delle officine presso il porto da cui partivano le esportazioni.
In Asia Minore la produzione inizialmente prosegue quella di epoca ellenistica e si sviluppa nel corso del I secolo per rimpiazzare le importazioni italiche nel corso del II e III secolo, fino ad esportare a loro volta i propri prodotti fino in Italia e verso l'Oriente. I centri di produzione non sono sempre identificati con certezza ed ebbero diverse epoche di fioritura.
Le officine si impiantarono in località dove esistevano depositi di argilla e boschi da sfruttare per la legna usata come combustibile dei forni. La vicinanza con un importante itinerario commerciale spingeva ad aumentare la produzione per l'esportazione.
La decorazione dei vasi era ottenuta con diversi metodi. I motivi decorativi a rilievo erano realizzati "a matrice" (il vaso veniva modellato al tornio direttamente nella matrice, nella quale erano stati ricavati motivi decorativi incavati, che comparivano quindi a rilievo sulle pareti del vaso) o "alla barbotine" (i motivi decorativi a forte rilievo erano applicati sul corpo liscio del vaso, realizzato al tornio, per mezzo di un'argilla molto liquida che fungeva da collante). Dopo una prima essiccatura veniva aggiunto il piede e quindi il vaso era inviato alla cottura. Altre decorazioni incise potevano essere aggiunte con rotelline o punzoni. Infine il bollo del fabbricante era stampigliato sul fondo del vaso, per lo più al suo interno.

Nelle foto, dall'alto in basso:
- Ciotole in ceramica sigillata nell'Archäologisches Landesmusuem di Costanza (Germania)
- Altri esempi di terra sigillata dal forte romano di Saalburg, lungo il limes germanico-retico.
- Calice firmto dal ceramista Xanthis, ceramica sigillata che rappresenta due giovani fanciulle che giocano sgli astragali, scoperta nel campo legionario di Vindonissa (Argovie, Svizzera), Museo Vindonissa di Brugg
- Coppa di terra sigillata aretina, dal museo archeologico di Arezzo
- Ciotola di terra sigillata, con motivi vegetali, La Graufesenque, 50-85 A.D., trovata a Tongres (Belgio) Museo gallo-romano Tongres
- Coppa con pescatori, ceramica sigillata romana trovata nel Nord Africa, 400 a.C. Circa, Getty Museum
- Piatto in terracotta sigillata, arte romana, produzione Africa del Nord, III secolo a.C.

KERAMOS - Ceramica geometrica: I, ceramica geometrica attica

 
La ceramica geometrica è la produzione vascolare della civiltà greca a partire dalla fine del Medioevo ellenico, approssimativamente tra il 900 a.C. e il 700 a.C., il cui stile e la cui denominazione si è estesa ad indicare l'insieme delle testimonianze materiali del periodo. Si sviluppò ad Atene e si diffuse grazie ai commerci marittimi in varie città della zona egea.
Nella ceramica geometrica attica rispetto ai secoli precedenti il repertorio delle tipologie vascolari aumenta e le forme dei vasi si fanno sempre più articolate e slanciate. Anfore e crateri di grandi dimensioni vengono utilizzati come segnacoli per le tombe. Particolarmente ricchi sono i reperti provenienti dal cimitero ateniese del Dipylon. Si pensa che in origine le anfore fossero dedicate alle donne, poiché loro compito era raccogliere l'acqua, mentre i crateri agli uomini, che mescevano il vino.
Nella decorazione si sviluppano coerentemente le premesse elaborate nella ceramica protogeometrica attica. Il meandro riempito a tratteggio diventa il motivo decorativo più tipico, accompagnandosi a triangoli, rombi, motivi a zig zag, denti di lupo, scacchiere, reticoli. Nei riquadri si inseriscono svastiche e rosette geometriche a quattro foglie. Le fasce orizzontali decorate si fanno sempre più numerose e fitte, fino a ricoprire l'intera superficie del vaso, mentre vanno riducendosi fino a scomparire le superfici monocromatiche a vernice nera.
I motivi decorativi si arricchiscono di elementi figurati, in particolare figure umane e cavalli. I soggetti figurati sono rappresentati da scene funerarie (il compianto con l'esposizione del corpo del defunto, o pròthesis, e il trasporto del defunto sul carro funebre, o ekphorà), ma anche scene di duelli o battaglie in mare e sulla terra ferma. Le figure umane, dipinte a silhouette nera, sono allineate, a volte in file sovrapposte, mentre tutti gli spazi vuoti sono riempiti con ornati geometrici. Il torso è raffigurato di prospetto, a forma di triangolo e con braccia filiformi variamente disposte nei gesti; le gambe sono rese invece di profilo e progressivamente assumono forme più realistiche e articolate; la testa è rappresentata da una macchia nera con sporgenze per il naso o il mento. Gli scudi (noti appunto come "scudi Dipylon") sono raffigurati con due mezzelune unite da un sottile tratto, riprendendo in forma astrattamente geometrica la forma del grande scudo miceneo bilobato, che in seguito scompare a favore dello scudo rotondo. Oltre ai cavalli compaiono uccelli o cervi e capri, tutti ridotti a forme essenziali e schematiche, disposti in lunghe file, come semplici ornati.
Nell'evoluzione dello stile geometrico si distinguono diverse fasi.
Primo stile geometrico
(prima metà del IX secolo a.C.). Persiste la tendenza del tardo protogeometrico a bagnare i vasi in una vernice nera e lucida; l'alternanza di fasce decorate e zone a vernice nera scandisce le parti del vaso; il punto di massima espansione del corpo del vaso, dove si impostano le anse, è sottolineato da una fascia decorativa più ampia, con riquadri; la preoccupazione del vasaio protogeometrico, ovvero l'analisi della forma attraverso il disegno della superficie, rimane la stessa, ciò che cambia è la natura dello strumento principale dell'analisi. Il semicerchio concentrico svanisce e la spalla del vaso è nel primo stile geometrico (900-850) ignorata. Quello che conta ora sono i due elementi principali del vaso, il collo e il corpo; la loro separata ma uguale contribuzione all'architettura del vaso viene messa in evidenza attraverso fregi ornamentali o pannelli al loro centro. Geometrico e protogeometrico sono basati sulla stessa idea del vaso come somma delle sue parti, ma il pittore del vaso geometrico respinge l'identificazione protogeometrica del volume con la linea curva e inventa nuovi motivi: la merlatura e il meandro, motivi tettonici, angoli retti, che contemporaneamente riflettono i campi orizzontali che occupano e la costruzione verticale del vaso, e che continuamente tornano su sé stessi.
Medio stile geometrico
(dalla metà del IX alla metà dell'VIII secolo a.C.)
Le forme ceramiche raggiungono dimensioni considerevoli, in particolare le anfore (80 cm di altezza) e i crateri (50 cm di altezza). Le fasce decorative ricoprono una maggiore superficie e compaiono sporadiche figure umane e animali. La spalla è di nuovo riconosciuta come una terza parte principale del vaso e il suo contorno è stabilizzato con svastiche, meandri, o altri modelli rettilinei. Anche se i motivi più grandi e più elaborati sono sempre riservati a collo, spalla, e pancia - i tre centri di gravità del geometrismo - pannelli decorativi e fasce si espandono in gran parte della superficie e entro la fine del medioevo ellenico il vaso sembra avvolto in un intricato arazzo astratto.
Medio geometrico
I (850-800 a.C.)
Le figure non trovano il loro naturale inserimento; il cavallo è l'unica creatura conosciuta sulla ceramica attica dipinta prima dell'800 a.C.: le continue linee curve del cavallo protogeometrico sono raddrizzate (il corpo è orizzontale) e segmentate (le gambe acquisiscono articolazioni). L'unica eccezione è la prefica sul Cratere 1254 del Museo del Ceramico ad Atene, datato intorno all'850-825 a.C. Il cratere (il genere di vaso usato per mischiare acqua e vino alle feste aristocratiche) veniva posto sopra la tomba degli aristocratici nella necropoli del Ceramico, era un segnacolo e insieme uno status symbol. Ciò che resta di questo cratere è densamente ricoperto con l'intera gamma di disegni del medio geometrico. Vi si trova anche il cerchio concentrico, anche se a differenza della versione protogeometrica è chiuso in una forma rettangolare e circoscrive una croce: dotato di un asse orizzontale ed uno verticale il cerchio concentrico diviene un motivo tettonico. In un'area irregolare in cui niente di regolarmente geometrico poteva ordinatamente stare, nello spazio sotto la maniglia, il pittore ha inserito un cavallo e sopra il manico, in un angolo appena fuori dai confini della terra astratta, ha disegnato la silhouette di una donna nuda che piegando le braccia sopra la testa si strappa i capelli in segno di pianto. Il cavallo e la donna non hanno niente a che fare l'uno con l'altro, sono separati dalla maniglia e guardano in opposte direzioni, non sembra trattarsi di una scena, ma di due simboli discreti, anche se non del tutto indipendenti, uno di rango, l'altro di dolore. 
Medio geometrico II
(800-760)
Quando gli esseri umani iniziano ad apparire sulle ceramiche iniziano subito ad essere rappresentati in gruppo; il Medio geometrico II è il periodo in cui dalla fase della sineddoche i ceramografi attici passano alla descrizione completa delle scene, con la rappresentazione dei rapporti e delle relazioni tra le figure. Il Cratere 34.11.2 del Metropolitan Museum di New York pone fine al medioevo ellenico, appartiene al 770 a.C. ca. e celebra la memoria del defunto (forse anche l'occasione della sua morte) con la raffigurazione di una battaglia che percorre la fascia all'altezza del ventre. Sulla fascia decorativa superiore, in un riquadro in mezzo alla zona dell'impugnatura, vi è la rappresentazione gravemente danneggiata di una prothesis, la prima che si conosca delle centinaia che seguiranno. Una figura piangente si inginocchia sul letto funebre ai piedi del morto, sotto la bara è una fila di uccelli e ancora più in basso, cinque persone piangenti. Queste figure discendono dalla prefica del Cratere 1254 del Museo del Ceramico ma la figura umana è ormai passata al centro del vaso come al centro dell'arte greca.


Tardo stile geometrico (seconda metà dell'VIII secolo a.C.)
Emerge in questo periodo una chiara evoluzione nelle proporzioni generali dei vasi che vengono prodotti in proporzioni particolarmente equilibrate divenute immediatamente standard. È il periodo del Maestro del Dipylon, prima personalità emergente nell'arte greca, che segna con la sua produzione un momento di stacco rispetto alla normale evoluzione della produzione vascolare. I vasi tendono a raggiungere un rapporto tra altezza e diametro massimo o, nel caso delle forme aperte, tra diametro massimo e altezza, che si avvicina alla "sezione aurea" (i. e. la parte più piccola sta alla più grande come la più grande sta alla somma delle due). In ambito pittorico le fasce decorative ricoprono l'intera superficie del vaso, perdendo la funzione di marcare l'articolazione delle sue parti e si moltiplicano le scene figurate, in alcuni casi anche scene mitologiche, e i motivi decorativi sono più ricchi e variati. Si distinguono alcune officine e alcune personalità.
Tardo geometrico I
(760-735 a.C.)
Lo "stile del Dipylon", che prende il nome dalla principale necropoli ateniese raggiunge la sua massima espressione nei grandi vasi della metà dell'VIII secolo a.C. prodotti dal Maestro del Dipylon il quale, nel momento in cui le scene figurate entravano a far parte della decorazione vascolare scelse di rinunciare alle implicazioni pittoriche e di ridurre e uniformare ogni elemento allo schematismo geometrico. Durante il tardo geometrico cominciano a distinguersi anche altre personalità o gruppi di prodotti provenienti da una stessa bottega. Ad uno dei rivali del Maestro del Dipylon, chiamato convenzionalmente Pittore di Hirschfeld (dall'archeologo Gustav Hirschfeld che ha descritto nel 1872 per la prima volta una sua opera), è attribuito un cratere (tardo geometrico I, Atene, Museo archeologico nazionale 990) con scene animate e densamente popolate che acquisiscono maggiore importanza rispetto ai moduli geometrici, ormai privi di funzioni strutturali. Alcune botteghe sono riconoscibili tramite figure ricorrenti e stilisticamente identificabili, come il leone accovacciato con corpo a clessidra del "Pittore del Leone" o il cigno con corpo striato del "Pittore del Cigno", o ancora le file di uccelli acquatici unite da tratti obliqui a puntini (officina del "Seme degli uccelli"). Appartenenti probabilmente ad una stessa bottega sono anche le oinochoai sulle quali sono raffigurati dei cervi pascenti, o i vasi con fascia a file di rombi riempiti con scacchiere o rombi più piccoli, detti "Tapestry Hand" ("Mano a tappeto"). Lo stile del maestro del Dipylon finisce intorno al 735 a.C. quando anche l'ultimo dei suoi più stretti collaboratori smette di dipingere.
Tardo geometrico II (735-700 a.C.)
Il seguente Tardo geometrico II è un momento di reazione; le anfore sono tendenzialmente più piccole e le zone figurate sono proporzionalmente più grandi e slegate dalla struttura del vaso; le zone astratte sono casuali, frettolose o mancanti. Ma le imprecisioni del periodo non sono tanto indice di degrado quanto di volontà di allontanamento dal precedente geometrismo esasperato: non è un caso se è in questo periodo che si sviluppa il fenomeno della protonarrazione la quale si spiega con il processo di autodefinizione della società e dell'aristocrazia nel tardo VIII secolo a.C.



Nelle foto, dall'alto in basso:
- Cratere, Medio geometrico II, h 99.1 cm, d 94 cm. New York, Metropolitan Museum 34.11.2
- Pittore di Hirschfeld Cratere Tardo geometrico I, h 123 cm. Atene, Museo archeologico nazionale NM990
- Cratere funerario tardo geometrico attico, Bottega del Pittore di Hirschfeld (attr.), 750-735 a.C., h 108.3 cm. New York, Metropolitan Museum of Art 14.130.14
- Pisside attica medio geometrica (760-750 a.C.) nel Museo del Louvre (inv.GR 1910.11-21.1)
- Brocca attica medio geometrica nel Museo del Louvre (inv. CA 1814)
- Oinochoe con corpo striato e cervo pascente sul collo (circa 750 a.C.) dello Staatliche Antikensammlungen di Monaco di Baviera (inv.8400)  
- Brocca attica, 740 a.C., Staatliche Antikensammlungen di Monaco di Baviera  

KERAMOS - Ceramica geometrica: II, altre scuole ceramiche locali

 

Tra le scuole del periodo quella ateniese è la più importante e influente; esportazioni attiche sono frequenti ad Egina, in Beozia, nelle Cicladi, in Tessalia e Creta, ma anche a Cipro, Siria, Macedonia, sud Italia e Sicilia. In quest'epoca iniziano a svilupparsi in Grecia delle scuole locali, che cominciano a distaccarsi dallo stile attico, per seguirne uno locale.
Corinto

Nel periodo primo geometrico e medio geometrico si sviluppa a Corinto una scuola locale, influenzata dalla ceramica attica, che progressivamente allarga le sue esportazioni (Delfi, Egina, Tera, Cnosso, Smirne, Tessalia). Fino al 750 a.C. lo stile è molto semplice, privo di ornamenti curvilinei, di figure umane e animali. Il tardo geometrico a Corinto corrisponde a quello che alcuni studiosi chiamano protocorinzio geometrico (750-720 a.C.); in questo periodo il commercio corinzio si espande ulteriormente e le esportazioni raggiungono la Magna Grecia e la Sicilia, l'Etruria, Al Mina e la Siria. La decorazione riprende i motivi sviluppati nella ceramica attica con un più accentuato gusto grafico e miniaturistico. Vengono prodotti in particolare oinochoai e skyphoi. A Corinto nel tardo geometrico viene inventato il kotyle la cui popolarità fu immediata e durevole e la cui forma delicata con pareti sottili deriva dalla coppa geometrica. Altre forme diffuse sono il cratere la pisside rotonda e il piatto. Corinto è stata la prima città greca ad avanzare oltre il geometrico, la cui scuola locale aveva origini esterne ed era poco radicata. Le caratteristiche corinzie come la nitidezza e la precisione erano più adatte al nuovo stile orientalizzante che si andava formando.
L'argilla corinzia è in questo periodo di un colore marrone chiaro tendente al rosa o al verde; originariamente simile a quella attica col tempo le due argille tendono a divergere, la prima verso il giallo chiaro, la seconda verso l'arancione; la pittura è bruna e scura, ma verso il periodo tardo acquisisce un tono rossastro.
Dopo l'influenza attica e argiva del primo periodo, alla fine dell'VIII secolo a.C. il geometrico corinzio veniva imitato dalle altre scuole greche, Attica compresa.
Argo

Il geometrico argivo, che segue ad una fase protogeometrica, inizia nello stesso periodo del geometrico attico ed è dopo quest'ultimo il più importante prodotto del periodo. Fino alla metà dell'VIII secolo a.C. Argo segue la produzione attica, ma nel periodo tardo (750-690 a.C. circa) acquisisce maggiore autonomia. Nella necropoli della città di Argo si sono rinvenuti vasi monumentali caratterizzati da una decorazione sovrabbondante e a volte disorganica se paragonata all'ordine attico, che riempie l'intera superficie del vaso e in cui le figure tendono al grandioso e al monumentale. Tipici di questa produzione sono il meandro a scala, i cavalli spesso in coppia e guidati da uomini a piedi, elementi acquatici.
Beozia
Lo stile della Beozia è fortemente influenzato da quello attico, ma nel tardo periodo geometrico accoglie anche influssi corinzi e cicladici. La decorazione tende ad essere meno rigorosa, con un particolare gusto per le scene narrative le cui figure risultano sgraziate e la composizione caotica. Tra gli ornamenti di riempimento, larghe file di cerchi concentrici e una svastica ragniforme, con più di quattro bracci, che appare in questo periodo ed è tipicamente locale.
Cicladi
Le Cicladi non erano una unità politica e vi si svilupparono diverse scuole locali. Vi si protrae lo stile protogeometrico fino alla metà del IX secolo a.C. e il medio geometrico era ancora molto imitativo della scuola attica. Nel periodo tardo geometrico il materiale locale inizia a presentarsi più vario così che è stato possibile isolare quattro scuole principali (attive intorno al 750-700 a.C. circa) localizzate a Nasso, a Paro dove si trova una scuola creativa con ornamentazione rada e alcuni motivi scelti che vengono ingranditi e elevati a scena principale, Milo e Tera. Lo stile locale è caratterizzato dalla presenza di motivi prevalentemente curvilinei e, come si è detto, da una ripartizione degli spazi indipendente dai modelli attici.
Creta

Nella zona centrale dell'isola, dopo una fase sperimentale che segue il protogeometrico e che viene chiamata "protogeometrico B" (850-820 a.C.), si impone stabilmente lo stile attico del medio geometrico visibile sui grandi pithoi che sono la produzione tipica di questa scuola; la fase tarda inizia intorno al 740 a.C. ed è maggiormente indipendente, con influenze corinzie e cipriote. La decorazione presenta pannelli principali poco estesi circondati da fasce decorative riservate su fondo scuro. I motivi prevalenti sono meandri e zig-zag, ma anche più audaci motivi curvilinei; alla fase tarda appartengono tipiche e originali bande decorative con volatili. Tra le forme più diffuse oltre ai grandi pithoi, piccole oinochoai tra le quali alcune con labbro tondo che si avvicinano alla forma degli ariballi; frequenti anche i crateri e le coppe. La terracotta è marrone chiaro tendente al rosa, generalmente non è presente l'ingubbiatura e la pittura è marrone scuro tendente al rosso; argilla e parti pittoriche sono dotate di una certa lucentezza.
Grecia orientale e Dodecaneso
Lo stile locale è caratterizzato dall'introduzione anche di motivi decorativi di origine anatolica. Per il periodo geometrico le uniche serie sufficientemente complete provengono da Rodi dove emerge nel primo periodo una resistenza alla decorazione geometrica attica e dove continuano motivi curvilinei e l'enfasi decorativa sulla spalla, tipicamente protogeometrici. Dall'850 a.C. si trovano decorazioni geometriche provenienti dall'Attica come il meandro unite a elementi ciprioti. Il tardo geometrico, a partire dal 750 a.C., è più ricco in qualità e quantità; vi si trova il black style protogeometrico con la spalla quale zona più importante, uccelli e motivi orientali. La fine di questo stile può essere posta intorno al 680 a.C. In Ionia il corso del geometrico sembra essere stato simile e peculiarità rodie vengono adottate nel periodo tardo. A Samo si trova qualche figura umana e una copertura biancastra, come a Chio.

Nelle foto, dall'alto in basso:
- Skyphos corinzio tardo geometrico (740 - 730 a.C. circa). Parigi, Museo del Louvre CA 3822
- Cratere argivo tardo geometrico (730 a.C. circa) nell'Antikensammlung di Altes Museum di Berlino
- Oinochoe rodia da Cipro (740-720 a.C.). Parigi, Museo del Louvre CA 3033

KERAMOS - Ceramica clazomenia

 
La ceramica clazomenia è una classe della ceramica greco-orientale prodotta nella Ionia del Nord (a Clazomene), tecnicamente vicina alla ceramica attica a figure nere, ma dotata di carattere prevalentemente decorativo e sostanzialmente autonomo. Sviluppatasi dallo stile a figure nere del tardo stile delle capre selvatiche è datata a partire dal terzo quarto del VI secolo a.C. e sembra proseguire fino al suo termine.
L'argilla della ceramica clazomenia è di un marrone più chiaro rispetto a quella attica e negli esemplari più antichi può essere ricoperta da un ingubbio biancastro; la pittura è nera e brillante come quella attica ma si presenta talvolta virata al rosso. Le aggiunte porpora e bianche sono frequenti e similmente all'uso corinzio il bianco può essere steso direttamente sull'argilla e usato più liberamente rispetto ai modelli attici, fino al suo impiego per la colorazione delle carni maschili. Le figure umane si trovano nel campo principale, gli animali sono relegati ai campi secondari. Del Wild Goat Style resta poco, ma sono presenti legami stilistici con la ceramica chiota e con la ceramica di Fikellura.
Il gruppo di Tubinga

Si tratta del gruppo più antico, datato, tramite confronti stilistici, tra 560 e 540 a.C. ed è costituito da vasi di grandi dimensioni: anfore, impreziosite con decorazioni a stampo, pyxides, testimoniate solo da frammenti, crateri e dinoi. Alcuni di questi vasi recavano teste femminili plastiche ai lati delle maniglie, una pratica derivata dalla ceramica chiota. La decorazione copre l'intera superficie esterna del vaso con il campo figurato principale costituito da file di donne che danzano tenendosi per mano o da sfilate di carri e cavalieri. I campi secondari si trovano sul collo, sulla spalla e sotto il campo principale sul ventre; le figure più frequenti sono sirene, sfingi, gru alternate in bianco e nero, oppure cigni o galli o altri animali derivati dallo stile delle capre selvatiche, spesso in posizione araldica con al centro un elemento vegetale di derivazione attica. L'ornamento di riempimento è assente e i campi sono frequentemente divisi da fasce con mezzelune in bianco, o bianco e porpora alternati, su fondo nero. Clazomene e Smirne sono i principali luoghi di ritrovamento per questo gruppo (nella foto, anfora con manici con loro, palmette, uccelli, donne che si tengono per mano in una danza, 550-540 a.C., Museo di Tubingen).
Il gruppo di Petrie

Questo gruppo comprende il primo ritrovamento di ceramica clazomenia, effettuato da W. M. Flinders Petrie nel 1886 a Tell Defenneh, in Egitto, e in gran parte confluito al British Museum, più altri reperti restituiti dai siti di Naucrati, Clazomene e Smirne. Il gruppo, datato tra il 540 a.C. e il 520 a.C., deriva da quello di Tubinga ma ha un carattere più originale e allo stesso tempo più vicino ai modelli attici. La compattezza dell'insieme suggerisce la provenienza da un unico laboratorio o da un unico ceramista, il cosiddetto Pittore di Petrie. La forma più frequente all'interno del gruppo è un'anfora sottile, simile all'anforisco di Fikellura, ma vi si trovano anche anfore di forma più comune e dinoi. L'anfora ha il labbro scanalato ma non presenta le modanature del gruppo di Tubinga e anche la decorazione è più sobria; particolare accuratezza viene impiegata nell'utilizzo dei contrasti cromatici. Il labbro è verniciato di scuro, il collo ha una figura solitaria su ogni lato. Nel campo principale si trovano processioni di donne ammantate, satiri e menadi, giovani a cavallo, scene di battaglia, uomini in processione e comasti. Il campo secondario al di sotto del campo principale può contenere sfingi, sirene, animali o comasti (nella foto, anfora con Sfinge e quattro donne, British Museum, Londra)..
Il gruppo di Urla

Contemporaneo ma qualitativamente inferiore al gruppo di Petrie ne condivide alcuni aspetti stilistici. Le forme più comuni sono le anfore larghe e le hydriai, seguite da crateri e dinoi. Il sistema decorativo delle hydriai, delle quali ci resta un esemplare integro, si presenta nel modo seguente: collo dipinto in nero, spalla con una fascia di sirene, animali o rami di mirto, grande campo figurato sul ventre e, sotto questo, superficie nuovamente verniciata di nero. Sulle anfore il campo principale occupa spalla e gran parte del ventre. I soggetti più comuni sono processioni di donne con mantello o danzanti, scene di comasti, satiri o cavalieri; la parte inferiore è decorata con raggi e il collo con una palmetta. La particolarità del gruppo di Urla consiste nella scelta di integrare i soggetti decorativi con scene mitologiche. Il gruppo è stato riscontrato negli scavi di Tell Defenneh, Naucrati, Clazomene, Smirne; alcuni frammenti provengono da Thera e dalla costa settentrionale del Mar Nero (nella foto, frammento in terracotta con testa di Sfinge, Metropolitan Museum di New York).
Il gruppo di Knipovitch

È un gruppo compatto, datato tra il 530 a.C. e il 510 a.C., formato principalmente da anfore con labbro e collo dipinti di nero, pannello figurato sul ventre e al di sotto di questo fasce dipinte. Nel pannello si trovano poche figurazioni standard tra le quali una notevole protome di cavallo alato con piume dipinte in bianco e porpora (nella foto, Anfora dal collo con figura nera d incisione, Protome di Pegaso, circa 540-520 a.C., proveniente da Rodi, oggi al Museo Archeologico Nazionale di Atene).


KERAMOS - Ceramica greco-orientale

 
La denominazione ceramica greco-orientale o impropriamente ceramica ionica descrive con un termine moderno gli oggetti ceramici prodotti dalle popolazioni greche che occupavano la zona occidentale della Turchia, anticamente suddivise in eoliche al nord, ioniche nella zona intermedia e doriche al sud, e le isole vicine.
Lo stile greco-orientale per eccellenza è lo stile delle capre selvatiche (Wild Goat Style) precedentemente definito "rodio-milese" con un'espressione caduta in disuso a seguito del riconoscimento della scarsa rilevanza delle produzioni rodie in questo ambito. La tecnica a figure nere è impiegata prevalentemente nella Ionia settentrionale e spesso non in modo esclusivo, ma affiancata dalla tradizionale tecnica a risparmio; nella parte meridionale della regione la si trova nelle coppe dei Piccoli maestri ionici e nelle situle di Daphnai. Altre figure nere al nord si trovano nella ceramica clazomenia, mentre la ceramica di Fikellura (seconda metà del VI secolo a.C.), ormai pressoché unanimemente ritenuta di origine milesia, sostituisce le figure nere con la tecnica a risparmio tradizionale.
Nel panorama della ceramica greca dominato da Atene e Corinto la Grecia orientale si allontana dallo stile geometrico solo nel secondo quarto del VII secolo a.C. per acquisire, inizialmente a sud, dove il principale centro produttivo era Mileto, e in un modo pressoché privo di passaggi intermedi, un aspetto orientalizzante chiamato stile delle capre selvatiche, il quale sembra svilupparsi da modelli tessili più che metallici, come invece accadeva a Corinto, e che si diffonderà in tutta la regione. Se il periodo medio dello stile ha il suo centro produttivo a Mileto, il periodo recente, caratterizzato dalla presenza delle incisioni, derivate da Corinto insieme agli animali e agli ornamenti di riempimento, si diffonde a partire dalla Ionia settentrionale, forse in modo indipendente dallo stile medio del sud, al quale sembra sovrapporsi. Nella Ionia settentrionale uno dei centri di produzione ceramica più importanti si trova a Clazomene o nelle sue vicinanze ed è in questo ambito che si sviluppa la ceramica clazomenia la quale si rivolgerà presto a modelli attici. Le esportazioni della ceramica prodotta in questa regione erano notevoli soprattutto verso oriente.
La ceramica di Fikellura si sviluppa sempre a Mileto forse come evoluzione del precedente stile delle capre selvatiche, benché non esistano validi contesti archeologici per quest'ultimo a Mileto, posteriori al 600 a.C., che possano confermarlo.
La ceramica chiota, caratterizzata dall'ingubbiatura bianca e dalla forma a calice del vaso, si sviluppa dal medio stile delle capre selvatiche a partire dal 600 a.C.; figure animali o umane senza eccessiva ornamentazione di riempimento vengono rappresentate allontanandosi dalla tradizionale tecnica a risparmio utilizzando una vivace policromia e a volte le figure nere. Non tutta la produzione di Chio tuttavia si mantiene a questi livelli. Fu largamente esportata dando luogo a fenomeni imitativi.
Un gruppo a parte è costituito dalle idrie ceretane che presentano caratteristiche greco-orientali e iscrizioni in alfabeto ionico, ma che furono probabilmente prodotte in Etruria da artigiani provenienti dalla Ionia settentrionale.
Tra le coppe greco-orientali si distinguono la coppa a uccelli con i suoi derivati, di produzione prevalentemente settentrionale, sviluppatasi dal kotyle privo di orlo separato, e la coppa ionica con labbro separato e decorazione a semplici fasce, la quale sopravvive con piccoli cambiamenti fino alla metà del VI secolo a.C. (le coppe di Vroulia ne sono un esempio).
Le coppe ioniche sono generalmente decorate con fasce a risparmio all'altezza delle anse e sul labbro; un piccolo gruppo di esemplari del VII secolo a.C. usa invece fasce bianche e rosse alternate su fondo nero. All'inizio del VI secolo a.C. la decorazione a fasce può invadere la parte interna del labbro o l'intera ciotola, mentre l'esterno del labbro, ormai più ampio, può essere decorato con ghirlande di foglie di mirto.
Nella prima metà del VI secolo a.C. inizia a svilupparsi, parallelamente a quanto avviene nella ceramica attica a figure nere, la lip cup dei Piccoli maestri ionici.
Si trovano anche alcune coppe con ornamenti plastici in bassorilievo in una sorta di fregio tra le anse. Le coppe ioniche appartengono generalmente al sud della regione dove Samo, come risulta dall'analisi dell'argilla, sembra particolarmente attiva per questo tipo di produzione.
L'evoluzione della coppa greco-orientale termina con la fine del VI secolo a.C.

Nelle foto, dall'alto:
- Oinochoe, Stile delle capre selvatiche, Louvre A311
- Bottiglia a forma di rospo, ceramica orientalizzante ionica, prob. Rodi, 650-525 a.C., Antikensammlung Berlin

KERAMOS - Ceramica calena


Per ceramica calena si intende un tipo di ceramica interamente ricoperta da vernice nera (fine argilla depurata ricca di ferro cotta in riduzione d'ossigeno), decorata plasticamente da motivi ornamentali e figurati, impressi a stampo, di ispirazione e di influenza ellenistica, proveniente dal territorio dell'antica Cales (Campania).
Fin dall'antichità, la tradizione letteraria cita la città di Cales per la sua produzione di ceramica artistica, diffusa largamente, oltre che nella Magna Grecia, in Sicilia, in Etruria e in Europa nord-orientale.
L'area di esportazione di questa ceramica oltre i confini dell'Italia e la sua varia diffusione nell'Apulia, nell'Etruria, in Campania, con la prevalenza di determinati tipi che mutano, secondo la regione, attesta un'organizzazione ed una capacità di produzione veramente notevoli, nell'economia del mondo italico-romanizzato, oltre che la vitalità di un fenomeno artistico che si produce entro l'ambito cronologico di poco più di un secolo.
Il carattere di questa produzione attinge tecnica, forme e stile dalle arti minori dell'Oriente e della Grecia e si costituisce quale tramite continuo dell'arte e dell'industria ellenistiche nell'Italia meridionale.
La ceramica calenica si divide in tre classi:
- Patere a medaglione;
- Patera ombelicata;
- Gutto.
La produzione dei vasi caleni può con molta probabilità essere assegnata direttamente a Cales; numerose sono le iscrizioni impresse sugli stessi manufatti, riconducibili tutte al territorio caleno. Le firme dei fabbricanti sono state utili anche come dato cronologico, per fissare il periodo della fioritura di questa produzione, tra il 250 ed il 180 a.C.; dopo questo periodo essa corre rapidamente all'esaurimento sia per le mutate condizioni politiche e militari che le sottraggono i mercati interni più importanti, sia per il mutare del gusto e la diffusione di altri prodotti dell'industria vascolare, principalmente la terra sigillata e i vasi aretini.


KERAMOS - Ceramica chiota

 

La ceramica chiota è una classe della ceramica greco-orientale di epoca orientalizzante e arcaica prodotta nell'isola di Chio; l'indipendenza stilistica rispetto alla produzione della Ionia settentrionale, visibile già nel tardo geometrico, ne consente lo studio come gruppo separato.
L'argilla è sabbiosa e dà luogo ad una terracotta marrone tendente al rosa; la vernice è marrone scuro a volte con sfumature olivastre. La ceramica di Chio è facilmente riconoscibile per il biancore dell'ingubbio e per la sua presenza al di sotto della vernice nera che copre la parte interiore dei vasi a forma aperta, soprattutto il calice che è la forma più utilizzata e diffusa. L'interno di questi vasi, dopo la fine del VII secolo a.C., riceve una tipica sovradipintura a fasce ornamentali in bianco e porpora.
Il calice si sviluppa dalla coppa subgeometrica per trasformazione del piede e del labbro. I primi esemplari hanno il labbro di altezza moderata, la ciotola nettamente distinta e il piede basso. Nel VI secolo a.C. il labbro, sul quale si trova la decorazione principale, diviene più alto, come il piede, e la transizione tra il labbro e la ciotola si fa meno marcata. Continuerà ad essere prodotto, in una versione di minore qualità, fino al IV e III secolo a.C.
Le esportazioni della ceramica chiota sono attestate entro un raggio maggiore rispetto a quelle delle altre ceramiche greco-orientali. Numerosi sono i ritrovamenti a Naucrati ed Egina, a Eritre (sulla terraferma di fronte a Chio), Pitane, Clazomene e Smirne. Sono frequenti anche le imitazioni, attestate a Eritre e a Taso.
La fase del Wild Goat Style 
Gli esemplari decorati secondo il diffuso stile delle capre selvatiche (Wild Goat Style) sicuramente databili anteriormente alla fase II del periodo medio sono scarsi. A Chio il subgeometrico era ancora presente nel terzo quarto del VII secolo a.C., quando fu sostituito dal medio II dello stile delle capre selvatiche proveniente dal sud della Ionia: i calici rinvenuti a Cerveteri e conservati al Martin von Wagner Museum di Würzburg ne sono due esempi ben conservati. In questa prima fase non si trova ancora il porpora aggiunto, né le decorazioni sovradipinte all'interno. Le forme più diffuse nel Wild Goat Style di Chio sembrano essere, oltre al calice, il dinos, la coppa, il piatto e la brocca; alcune forme presentano teste femminili plastiche aggiunte soprattutto presso le anse, una pratica che continuerà nello stile a figure nere.
Il Wild Goat prosegue nel VI secolo a.C. diviso in due gruppi: l'"Animal Chalice Style", che riunisce gli animali in una fascia continua intorno al labbro, tra un'abbondante decorazione di riempimento la quale invade anche l'interno del vaso (primo quarto del VI secolo a.C.), e lo "stile a calice" che preferisce figure singole, talvolta anche figure umane, in campi vuoti e con decorazione secondaria più leggera (tra il primo quarto e la metà del VI secolo a.C., leggermente posteriore al gruppo precedentemente descritto). Altre forme oltre al tipico calice ricevono questo tipo di decorazione: phialai, kantharoi, piatti, oinochoai, hydriai, benché siano meno frequenti.
Le figure nere 

All'inizio del VI secolo a.C. i ceramisti di Chio introducono le figure nere dando vita a gruppi ceramici che si individuano in base ad alcuni frequenti soggetti: la fascia con sfingi o leoni accovacciati ("gruppo della sfinge e del leone"), oppure il "gruppo dei comasti" danzanti. La decorazione tipica nel "gruppo della sfinge e del leone" consiste in un fregio, sulla parete esterna, con piccoli animali della stessa specie e nella stessa posizione. L'ornamento di riempimento consiste di rosette corinzie e mezze rosette; il porpora è usato abbondantemente insieme alle incisioni. Frequentemente alla base si trova una fascia con fiori di loto e boccioli alternati. Tra le forme del gruppo sono frequenti la pyxis, il piatto con piede alto o senza, l'oinochoe e la coppa, mentre il calice è molto raro. Il calice è invece la forma prevalente nel "gruppo dei comasti", datato tra il 570 e il 540 a.C., che presenta la parte interiore verniciata di nero e sovradipinta con fiori di loto e rosette in porpora e bianco. In generale si tratta di lavori poco curati, ma alcuni esemplari con figure umane più grandi indicano l'esistenza a Chio di artisti capaci e interessati alla tecnica a figure nere.
Lo stile grandioso 

Questo gruppo, conosciuto attraverso pochi frammenti e quasi tutti provenienti da Naucrati, appartiene al secondo quarto del VI secolo a.C. Qui i soggetti comprendono elaborate composizioni di battaglie, corse di cavalli, danzatrici, processioni e scene mitologiche. Lo stile è caratterizzato da una vivace policromia per la quale il parallelo più vicino è la ceramica corinzia, ma la decorazione di riempimento deriva da modelli locali (la fase Animal Chalice) e alcuni volti maschili si avvicinano allo stile delle capre selvatiche del periodo medio. L'ingubbiatura biancastra fa da sfondo alla vernice marrone che tende al nero, o al marrone dorato se impiegata nei dettagli; sono presenti sovradipinture in bianco e porpora e il giallo è usato in alcuni casi per le carni maschili. La forma alla quale si applica questo stile è quasi esclusivamente il calice.

KERAMOS - Ceramica di Fikellura

 
La ceramica di Fikellura è una classe della ceramica greco-orientale, il cui centro di produzione è stato localizzato nel sud della Ionia, a Mileto, dove si sviluppa a partire dalla fase media del Wild Goat Style; il nome deriva dalla località di Fikellura, situata sull'isola di Rodi, nei pressi di Kameiros, dove avvennero i primi ritrovamenti. È datata tra il 560 e la fine del VI secolo a.C. (si fa riferimento al 494 a.C., anno della distruzione di Mileto da parte dei Persiani). Lo stile di questa ceramica è molto simile a quello dei piccoli maestri ionici e, nel contesto della ceramica greco-orientale, si distingue sia per la semplificazione e riduzione degli ornamenti, sia per la disinvoltura nella composizione, già evidente sui vasi più antichi nel fregio animalistico di gusto orientalizzante.
Samo, Rodi e Mileto sono i principali siti di provenienza, ma la ceramica di Fikellura era popolare in tutta la regione meridionale dell'oriente greco. Le esportazioni coincidono con quelle delle altre ceramiche greco-orientali: l'Egitto (Naucrati, Tell Defenneh), Cipro, il Ponto e la costa occidentale del Mar Nero, le Cicladi (Delo, Rheneia), Egina. Diminuiscono verso la fine del VI secolo a.C., soprattutto nelle terre più lontane dal luogo di origine e probabilmente a causa della competizione da parte della ceramica attica.
Le forme più diffuse sono l'anfora, l'oinochoe e la kylix. L'anfora ha forma larga e spalla piatta; ne è probabile derivazione l'anforisco, molto popolare a partire dal periodo più tardo, che si presenta con una standardizzata decorazione a rete o altre decorazioni semplici come mezzelune e foglie d'edera; entrambe le tipologie hanno anse zigrinate. La terracotta va dal marrone chiaro al rosa, l'ingubbio dal giallo crema al bianco, la vernice dal marrone scuro al rosso. I dettagli sono a risparmio. Il porpora aggiunto è presente sugli esemplari più antichi, il bianco è usato molto raramente e non vi è alcuna distinzione di colore tra uomini e donne. Elementi ornamentali costanti sono i tratti verticali sul labbro delle anfore e gli intrecci e i meandri sul collo; sul corpo si trovano volute, mezzelune e fiori di loto. Le volute sono l'ornamento principale sulle anfore del periodo più tardo, a partire dal 540 a.C. circa.
Il Pittore di Altenburg è uno dei pionieri di questo stile; tra i vasi che gli vengono attribuiti l'anfora conservata al British Museum e datata al 560 a.C. circa, mostra come le innovazioni rispetto al medio II del Wild Goat Style siano nette a partire dai primi esemplari: la differenza è evidente nel modo di dipingere le teste degli animali, non più a linea di contorno, ma risparmiando sottilissime linee bianche ad imitazione delle figure nere. Nei vasi più antichi, dove l'esecuzione è solitamente più accurata, la decorazione principale è costituita dal fregio animalistico sulla spalla, caratterizzato da una grande varietà di specie che inizia a venir meno a partire dal 530 a.C. circa. Successivamente la zona figurata sul ventre diviene il campo principale, mentre il fregio sulla spalla si riduce ad una semplice fascia ornamentale. Il ventre può essere decorato con figure umane in composizioni libere e con il numero delle figure che diminuisce nel tempo; la figura singola in campo aperto, tra volute che partono dalla zona sotto le anse, appartiene alla seconda metà del VI secolo a.C. Tra i soggetti si trovano prevalentemente comasti, ma anche banchetti e scene mitologiche, satiri e pigmei. La decadenza dello stile sul finire del secolo è evidente nelle figure di animali, mentre le figure umane possono talvolta mantenere una qualità più elevata. La formula con la figura umana in campo vuoto è tipica di un autore che viene chiamato "Running Man Painter". Di migliore qualità rispetto a quest'ultimo è il lavoro di un suo contemporaneo chiamato "Painter of the Running Satyrs", del quale si conoscono solo tre vasi completi e che dimostra un carattere più preciso nel disegno e più accurato nella composizione, la quale non sembra nascere da schemi prefissati.


Nelle foto:
Amphoriskos (da Kameiros), Louvre A334.
Anfora con collo, Antikensammlung Berlin


KERAMOS - Ceramica minoica

 

La ceramica minoica è più che uno strumento utile per la datazione della muta civiltà minoica. La sua sequenza senza sosta di stili artistici, maturati rapidamente, rivelano qualcosa riguardo ai desideri dei patroni minoici in originalità, mentre aiutano gli archeologi ad assegnare date relative agli strati dei loro siti. 
Vasi che contenevano olii e unguenti, esportati dalla Creta del XVIII secolo a.C., sono stati trovati in siti delle isole egee e nella Grecia continentale, a Cipro, lungo le coste della Siria e in Egitto, dimostrando così i vasti contatti commerciali dei minoici. La ceramica estremamente raffinata di Palazzo chiamata (ceramica) di Kamares, e lo "stile marino", caratterizzante tutto il Tardo Minoico, rappresentano il culmine della tradizione della ceramica minoica.
La cronologia tradizionale per datare la Civiltà minoica venne sviluppata da Sir Arthur Evans nei primi anni del XX secolo. La sua terminologia e quella proposta da N. Platon sono ancora generalmente in uso ed appaiono anche in questa voce. Evans classificò l'arte ceramica in base alle sue forme e ai suoi stili di decorazione. Platon sì è concentrato sulla vicenda storica del Palazzo di Cnosso. Attualmente è agli albori un nuovo metodo, fabric analysis Archiviato il 23 luglio 2016 in Internet Archive., il quale include analisi geologiche della grana e dei principali frammenti non decorati, considerati come rocce. Le risultanti classificazioni sono
basate sulla composizione di tali frammenti. I vasi della cultura Butmira, che rappresentano un ulteriore sviluppo della Cultura della ceramica cardiale possono essere considerati i prototipi dello stile di Kamares della ceramica Minoica, sebbene il collegamento tra Butmiri (e la cultura cardiale in generale) con i Minoici sia ancora oggetto di dibattito.
La ceramica minoica si suddivide in due differenti stili:
Stile di Kamares (XIX-XVIII secolo a.C.)
Caratterizzato da decorazioni prevalentemente geometriche, con motivi fitomorfi o spiraliformi, che spiccano in ocra, bianco e rosso su un fondo scuro. Ceramiche in stile Kamares sono state rinvenute nei contesti protopalaziali presso Festo e Cnosso.
Stile marino o Stile di Gurnià (XVI-XV secolo a.C.)
Caratterizzato da decorazioni a motivi vegetali e successivamente marini, connotati da uno spiccato naturalismo e realizzati in colore scuro su fondo chiaro. Ceramiche in questo stile sono state rinvenute presso Gurnià (Gournia), nell'area nord-orientale dell'Isola di Creta.

Nelle foto, dall'alto:
Pithoi, palazzo di Cnosso, caratterizzate da cerchi a bassorilievo, risalgono a MM III/TM IA
Brocca in stile Kamares. Museo archeologico di Candia
Brocchetta di Gurnià. Museo archeologico di Candia

KERAMOS - Ceramica calcidese

 

La ceramica calcidese è un gruppo della ceramica greca, originariamente così denominato per la presenza su alcuni vasi di iscrizioni in alfabeto euboico, nelle quali prevalgono gli elementi calcidesi su quelli eretriesi. La produzione è a figure nere con dettagli incisi e vivaci ritocchi aggiunti in rosso e bianco, di stile eclettico; fortemente atticizzante, ma con influssi corinzi, ionici (in particolare focei) e con qualche elemento "italico", soprattutto per alcune forme vascolari minori. Non mancano occasionali riferimenti alla ceramica laconica, soprattutto per la forma del cratere con anse a staffa, che i "calcidesi" copiarono e rielaborarono, pur avendo inizialmente mutuato la forma globulare del cratere a colonnette corinzio. La localizzazione di questa classe è discussa ma prevale la tendenza a considerarla prodotto occidentale, in particolare della colonia calcidese di Rhegion in Magna Grecia, l'odierna Reggio Calabria (stato della questione e recenti sviluppi negli scritti di Mario Iozzo). Di fondamentale importanza il recente riconoscimento (M. Iozzo, 1994) che nell'alfabeto dei vasi "calcidesi" siano presenti elementi che sono esclusivi della versione occidentale, ovvero delle colonie calcidesi in Italia Meridionale, e non delle città della madrepatria, e che nel repertorio delle forme vascolari siano presenti vasi di tradizione prettamente italica e non greca (ibidem).
Il pittore (e probabilmente anche vasaio) che sembra avere influito sui propri contemporanei e sulla generazione successiva, dando luogo ad una vera e propria scuola, è l'autore di un gruppo di anfore che Andreas Rumpf ha chiamato Gruppo delle anfore iscritte, per la presenza al suo interno di sei anfore recanti iscrizioni in alfabeto calcidese, ed è conosciuto come Pittore delle iscrizioni, o delle Anfore iscritte. La produzione "calcidese" è datata, sulla base di comparazioni stilistiche con la ceramica attica, al periodo compreso tra subito prima della metà del VI secolo a.C. fino al 500 circa a.C. o poco oltre (per la ceramica a vernice nera e per qualche derivazione imkitativa). Sulla bse del lavoro di G. Loeschkke, A. Rumpf ha operato vari raggruppamenti stilistici, stabilendo una classificazione che viene ancora oggi considerata valido punto di riferimento e confermata dai più recenti studi di Mario Iozzo, che ha aggiornato le conoscenze sulla classe, approfondendo o risolvendo alcuni problemi, e che ha anche individuato una produzione a vernice nera (ovviamente diffusa solo nell'area dello Stretto e nell'entroterra calabrese).I gruppi successivi a quello delle Anfore Iscritte (delle Anfore a profilo continuo, di Tarquinia o di Lipsia, delle Hydriai di Cambridge o di Orvieto, etc.) hanno una qualità inferiore e si limitano a seguire l'eredità del Pittore delle Iscrizioni con buon gusto e capacità decorative. 
Tra di essi si distingue la figura del Pittore di Fineo, un ceramografo e probabilmente anch'esso vasaio preciso ed elegante, benché ripetitivo e manierista, noto soprattutto per aver creato e dipinto le elegantissime e ammirevoli coppe a occhioni "calcidesi", dal tipico piede a trochilo, che tanto successo ebbero sul mercato etrusco da stimolare l'immediata reazione della bottega ateniese del vasaio Nikosthenes, dalla quale uscirono prontamente numerose coppe "calcidizzanti", ovvero con caratteristiche calcidesi.
Il sito più importante per i ritrovamenti di ceramica calcidese si trova a Rhegion; molti altri esemplari provengono dall'Etruria, dal sud Italia e dalla Sicilia; una piccola parte giunge da Marsiglia e nessun esemplare è stato trovato a est dell'Adriatico. Ritenere Calcide e l'Eubea luogo di origine della classe rende difficile spiegarne la totale assenza in tali siti come l'ininfluenza dello stile sul resto della ceramica greca. Argomenti più validi suggeriscono un luogo di origine occidentale, una colonia calcidese, soprattutto la presenza nella produzione di forme ignote in Grecia e l'impiego, nelle iscrizioni, di lettere non note nell'alfabeto calcidese della madrepatria Eubea, ma esclusive delle colonie occidentali. Oggi Rhegion è l'ipotesi maggiormente sostenuta, originariamente ipotesi di G. Vallet, di recente confermata con argomentazioni più che convincenti dagli studi di Mario Iozzo.
Come nella ceramica attica a figure nere del periodo maturo, la ceramica calcidese è caratterizzata da grandi figure all'interno di pannelli bordati da fasce decorative o semplicemente su fondo scuro. Le scene rappresentate sono spesso vivaci scene d'azione e racconti mitologici molto rari, o peculiari per il modo in cui vengono trattati, in alcuni casi forse influenzati dall'epica dei grandi poeti della Magna Grecia piuttosto che direttamente da quella omerica. Molto frequenti, tuttavia, anche i semplici gruppi di figure, con scarsi dettagli interni, che comprendono uomini e donne o animali, nei vasi meno accurati. Tra questi ultimi un soggetto piuttosto frequente è la combinazione di animali, alcune volte anche senza particolare attenzione alle proporzioni reciproche, all'insegna dell'isocefalia delle figure, così come la quadriga frontale. L'ornamento tipico è l'intreccio di fiori di loto e palmette nel campo principale, mentre la catena di fiori di loto e boccioli si trova nei campi secondari o sul collo delle anfore. 
Le forme più diffuse sono l'anfora a collo separato, l'hydria, il cratere a colonnette di forma corinzia (solo all'inizio) e più tardi, quello laconico, con anse a staffa ma con piede dal profilo variato, la coppa dal tipico piede e le oinochiai, di varia forma; tutte sempre di qualità elevata. L'argilla è fine e il suo colore varia dal giallo arancio al marrone rossiccio. La vernice è brillante, quasi nera o di un marrone dorato se maggiormente diluita. L'effetto è molto simile a quello della ceramica attica, ma ancora discernibile per alcune caratteristiche tecniche, come l'uso di immergere il collo delle anfore nella pittura nera, per poi decorarlo con linee ondulate color porpora, o la pratica di stendere prima strati leggeri di colore nel delineare le figure e in seguito sovrapporvi colore denso che non ne riempie interamente la forma. Il modo di rappresentare le pieghe delle vesti è indicativo della derivazione stilistica la ceramica "calcidese" dimostra rispetto a quella attica, della quale passavano ingenti quantità nel porto di Rhegion. Lo stile calcidese è meno disciplinato e meno preciso di quello attico, più fluente e più decorativo, soprattutto è fortemente eclettico. Ma la produzione "calcidese" è l'unica scuola a figure nere della seconda metà del VI secolo a.C. capace di reggere il confronto qualitativo (sia sul piano formale che su quello tecnico e stilistico) con la coeva produzione attica. E gli Etruschi lo sapevano bene!.

Nelle foto, dall'alto in basso:
- Pittore delle iscrizioni, Hydria a figure nere, Staatliche Antikensammlungen, inv. 596, Monaco di Baviera
- Gruppo dell'anfora di Lipsia, anfora a figure nere, Museo del Louvre, inv. E801
- Pittore di Fineo (attr.), Anfora dal collo a figure nere, Sud Italia, 520-510 a.C., Getty Museum
- Gruppo di Orvieto, piccola Hydria con duello di opliti
- Gruppo di Cambridge, Anfora panciuta con due cavalieri, 550-540 a.C., Museo di Villa Giulia, Roma


ARGENTINA - Cueva de las Manos

  La  Cueva de las Manos  (che in spagnolo significa Caverna delle Mani) è una caverna situata nella provincia argentina di Santa Cruz, 163 ...