Il
Museo civico archeologico e
pinacoteca "Edilberto Rosa" di Amelia è
stato inaugurato nell'aprile del 2001 ed è ospitato nell'ex convento
di San Francesco (ove, dopo gli espropri in epoca unità d'Italia
trovarono spazio dapprima una scuola pubblica gestita dal Municipio,
quindi un collegio maschile gestito dai padri salesiani intitolato a
Flavio Boccarini, quindi un istituto tecnico commerciale intitolato a
Federico Cesi fino agli anni 70 del secolo scorso a cui seguì un
periodo di totale abbandono per circa 30 anni) in piazza Augusto
Vera. L'ingresso al museo è preceduto da un chiostro tipico dei
conventi francescani caratterizzato da un doppio loggiato, realizzato
in forme rinascimentali da fra Egidio Delfini nel XVI
secolo.
Il museo, diviso su tre livelli ospita
diverse collezioni che testimoniano la nascita e lo sviluppo della
città di Ameria, antichissimo centro italico, dalla fase pre-romana,
al tardo antico passando per il fiorente periodo romano ed in
particolare augusteo, periodo nel quale Ameria divenne tra i più
importanti municipi della regione. Al piano terra sono ospitati i
reperti più antichi tra i quali quelli provenienti dalla necropoli
ellenistica dell’ex consorzio Agrario ; al primo piano,
dominato dalla presenza della splendida statua bronzea con ritratto
di Germanico, si trovano testimonianze del fiorente periodo
romano di Amelia, con iscrizioni, capitelli, statue, are, urne
funerarie e stele che coprono un periodo che va dal I
secolo a.C. fino al II secolo d.C.. Testimonianze che
proseguono al secondo piano il quale ospita anche la sezione
archeologica medievale e una parte della collezione Spagnoli. Sempre
al secondo piano troviamo la pinacoteca con opere pittoriche che
abbracciano un periodo che va dal XV al XVIII secolo tra cui
ricordiamo il sant’Antonio Abate di Piermatteo d'Amelia. Il
percorso museale si è arricchito negli anni di installazioni
multimediali ed immersive che accompagnano il visitatore alla
comprensione delle vicende legate al generale Germanico Cesare e
all’evoluzione della città romana. È presente inoltre un
laboratorio didattico attrezzato.
Sezione
archeologica
Corredi
funerariNel 2001, durante uno scavo
edilizio, è stata scoperta una necropoli, non lontana da via I
Maggio, risalente al IV secolo a.C. Gli oggetti ritrovati
sono ora conservati nella sezione preromana del Museo civico. Le
tombe ritrovate potrebbero essere appartenute a persone nobili: lo si
ricava dalla manifattura e dalla ricchezza dei resti preziosi
rinvenuti come accessori per la cura della persona (specchi,
pinzette, pettini per sopracciglia), ornamenti (orecchini, anelli
preziosi) e altri oggetti di uso quotidiano (caraffe). Sono stati
ritrovati, inoltre, dei piccoli vasi di varie grandezze, usati a
contenimento dell'olio per alimentare le lucerne, gli askos.
Nella stessa sezione del museo si trova lo scheletro di un cane,
mancante di alcune parti; venne trovato vicino alla sepoltura di un
bambino.
La statua bronzea con ritratto di GermanicoNell'agosto del 1963 a
seguito della demolizione di un mulino, vennero alla luce, fuori
dalla cinta muraria antica, non lontano da Porta Romana numerosissimi
frammenti di una statua bronzea, raffigurante un personaggio
stante identificato in seguito come Nerone Claudio Druso
Germanico, membro della dinastia Giulio-Claudia, valente
generale e sensibile uomo di cultura, destinato, per volontà dello
stesso Augusto, a salire sul trono imperiale.
Nerone Claudio Druso nacque a Roma il
24 maggio del 15 a.C.; rimase orfano nel 9 a.C. ereditando
il titolo onorifico di Germanicus che il senato aveva
conferito al padre Druso maggiore, fratello di Tiberio, e
ai suoi successori, in seguito alla campagna contro i Germani tra
il 13 e 19 a.C. Nel 4 d.C viene adottato da Tiberio, per volontà di
Augusto che voleva assicurarsi la successione dopo la morte dei figli
adottivi.
Germanico inizia la carriera militare sedando, tra il 7
e l'8 d.C., le rivolte in Dalmazia e in Pannonia.
Nell'autunno del 14 d.C. Inizia le campagne contro i
Germani che si concluderanno con successo. Viene quindi inviato in
Oriente per sedare la sommossa guidata dal re Artabano II: al
ritorno, in Siria, contrae una malattia sconosciuta. Muore ad
Epidaphne vicino Antiochia nel 19 d.C.
La figura poggia il peso del corpo
sulla gamba destra, mentre la sinistra è leggermente piegata al
ginocchio. Ai piedi porta calzari di pelle mentre dalle spalle scende
una leggera tunica di lino manicata. La figura indossa una lorica di
tipo anatomico con spallacci, decorata da rilievi sia sul petto che
sul dorso, mentre nella parte inferiore sono visibili una doppia
serie di pteryges. La testa del personaggio è girata
leggermente verso destra nella direzione del braccio destro sollevato
nel gesto della adlocutio. Il braccio sinistro è piegato al
gomito e tiene con la mano sinistra una lancia e le pieghe del
mantello.
Di particolare interesse ed anche
bellezza è la ricca decorazione della corazza. La parte posteriore,
molto rovinata, è decorata da due figure femminili con corta veste
che sono intorno ad un candelabro.
Di grande qualità è la decorazione
della fronte della corazza. Appena sotto lo scollo è rappresentata a
rilievo Scilla, che solleva il braccio destro nell'atto di gettare
una grossa pietra. Al centro c'è la scena dell'agguato
di Achille a Troilo. L'eroe greco, nudo, è
raffigurato frontalmente, con la testa, coperta da un elmo attico.
Con la sinistra sorregge uno scudo circolare, mentre il mantello
scende dalla spalla, ed è visibile in parte davanti allo scudo e in
parte sullo sfondo. Con la destra afferra per i capelli, nell'intento
di disarcionarlo, il giovane Troilo che, nudo, coperto solo da alti
calzari e da una clamide fermata al collo, cavalca un
destriero che si solleva sulle zampe posteriori. Invano Troilo,
alzando le braccia, tenta di difendersi. La scena è fiancheggiata da
due vittorie alate entrambi in volo verso il centro ed è
decorata in basso da motivi vegetali.
Dobbiamo ricordare che Germanico, per
il suo valore militare e per la sua morte in Oriente, venne in
seguito associato alla figura di Alessandro Magno e che
Achille era l'eroe prediletto di Alessandro. La figura di Troilo,
invece può farci pensare al destino di una morte prematura, tra
l'altro di un personaggio troiano, da cui secondo il mito celebrato
da Virgilio nell'Eneide trae origine la stirpe romana.
Capitello
figuratoIl capitello figurato,
scolpito nel travertino, è stato ritrovato ad Amelia nel 1963
lungo via delle Rimembranze. È un reperto molto interessante perché
non presenta gli stili noti come quelli dorici o corinzi,
bensì dei trofei di guerra e rostri di navi; è infatti, con
molta probabilità, dedicato al trionfo di Augusto nella
battaglia di Azio svoltasi nel 31 a.C., che vide la
fine della guerra civile contro Marco Antonio. Il capitello è
diviso in quattro facce raffiguranti scene identiche. Viene
riprodotto, nella posizione centrale di ogni faccia un trofeo,
sorretto da un palo nella parte inferiore, costituito da una corazza
ed elmo a calotta. Ai lati del trofeo appaiono delle lance e degli
scudi. Si possono notare agli angoli delle facce del capitello, dei
rostri di navi, che servivano a speronare gli avversari nel corso
degli scontri marittimi: inoltre, le prue delle navi qui raffigurate,
sono decorate con polena a testa leonina. Viste le misure
del reperto e le sue proporzioni, probabilmente il capitello è stato
usato come elemento di colonna onoraria per una statua raffigurante
la Vittoria.
Ara
NeoatticaL'altare, in marmo greco, è a
base circolare e raffigura a rilievo una scena di danza con satiri e
ninfe; nella parte superiore corre una decorazione a ghirlande e
crani bovini (bucrani), allusivi, questi ultimi, all'abitudine di
appendere agli altari o intorno ai templi le teste di buoi o di altri
animali sacrificati. Molti dettagli sono andati perduti a causa dei
gravi dannaggimenti che ha subito questo reperto, ma fortunatamente
abbiamo un'immagine completa della scena grazie ai disegni
manoscritti di Giovanni Antonio Dosio, architetto e scultore,
che la vide ancora integra nel XVI secolo presso la chiesa
di San Secondo, in Amelia. Il pezzo, di grande interesse
artistico, è il prodotto di officine scultoree di artisti neoattici
che probabilmente si trasferirono a Roma all'inizio del I
secolo a.C.
ThesaurusIl thesaurus era un
contenitore in cui si raccoglievano le offerte dei fedeli nei templi:
possiamo considerarlo l'antenato della cassetta delle offerte che
viene usata oggi nelle chiese. Il thesaurus di Amelia è di
marmo bianco e di forma quadrangolare ed in origine aveva anche un
coperchio, oggi perduto. Al suo interno era posta una cassa
in bronzo che serviva da raccoglitore per le monete. Questo
pezzo, in epoca rinascimentale venne utilizzato come
fontana; lo si può notare da una rilavorazione eseguita su di un
lato. Nella faccia anteriore si trova l'iscrizione che ricorda come
quest'opera sia stata donata dal magistrato Tito Roscio
Autuma.
Ara
funerariaSi tratta di un altare di forma
parallelepipeda, risalente alla seconda metà del I secolo
d.C. È lavorata solo su tre dei quattro lati ed è più larga
sulla fronte che sui fianchi. Il materiale usato è un marmo bianco a
grana fine. Nell'iscrizione, che si trova nella faccia anteriore, si
possono leggere delle lettere che fanno pensare alle iniziali del
nome e del cognome del defunto a cui era stata dedicata. Ai due
spigoli di questa stessa facciata, si possono intravedere
delle sfingi sedute che sorreggono sulla testa delle palme
su cui troviamo due eroti nudi, di cui solo uno è
conservato: questi ultimi sorreggono una ghirlanda di frutta che
scende fin sotto l'iscrizione. Tra lo specchio epigrafico e la
ghirlanda, si può riconoscere una scena mitologica: si tratta di un
momento immediatamente successivo alla nascita di Dioniso. Si
riconoscono, infatti Zeus, il piccolo Dioniso ed una figura
femminile identificata forse, come Semele, sua madre. Nella
parte alta degli angoli delle facce laterali, sono state scolpite due
teste d'ariete dalle cui corna partono altre ghirlande; sempre sulle
facce laterali, sono riprodotte scene naturalistiche con animali,
fiori e frutta.
Leone
funerarioIl leone, di dimensioni naturali, è
accosciato su una base parallelepipeda. Scolpito nel travertino,
è disposto in posizione frontale, con il dorso inarcato, le zampe
piegate ad angolo retto e aderenti alla base come a
suggerire uno stato di allerta. La testa è molto voluminosa, grazie
alla ricca criniera, rispetto al resto del corpo. Il muso è
caratterizzato da grandi fauci spalancate, mentre la criniera è resa
con effetto realistico attraverso grosse e pesanti ciocche a virgola.
La scultura ha subito nei secoli diversi danni che rendono difficile
la ricostruzione di tutti particolari, tuttavia, sulla base di alcuni
indizi è proponibile ricostruire la zampa sinistra mancante, in
posizione sollevata ad artigliare una testa mozzata di animale o
umana. L'animale raffigurato appartiene alla nota classe di sculture
leonine associate ai monumenti funerari dell'Italia romanizzata
soprattutto tra la tarda età repubblicana e l'inizio
dell'età imperiale; in particolare questo tipo di leone funerario
monumentale ha goduto di un particolare favore
nell'Umbria meridionale. Il leone riveste nella simbologia
funeraria il ruolo di custode della tomba e di protettore della pace
del defunto. La scultura proviene da una zona esterna alle mura, a
sud di Amelia, situata lungo il tracciato dell'antica via
Amerina. Anche se priva di un contesto, i confronti con altre
sculture simili, inducono a collocarla tra la fine dell'età
repubblicana e la prima età imperiale.
Erma
del dio TermineQuesto manufatto, realizzato
in travertino, è formato da un corpo con una base a forma
parallelepipeda e da una testa dalle forme sbozzate: raffigura
l'immagine del dio Termine. Opere simili venivano poste nelle
campagne per delimitare i confini di proprietà, e questo potrebbe
spiegare il perché del volto così semplificato che presenta
lineamenti poco evidenziati come il naso e la bocca. I capelli sono
appena accennati e gli occhi sono di forma molto allungata. Nella
parte inferiore corre una breve scritta identificata come la dedica
al dio. Il manufatto è stato trovato ad Amelia ed è databile alla
fine del I secolo a.C.
Altare
funerarioL'altare, di marmo bianco, era già
stato utilizzato nella cappella Geraldini, nella chiesa di Santa
Firmina, come pila per l'acqua lustrale. Nella parte posteriore
destra l'altare è stato tagliato e scalpellato probabilmente quando
fu addossato a un pilastro nella cappella Geraldini. Il testo
epigrafico, è circondato da colonnine tortili con capitelli corinzi,
scene ed animali mitologici. In basso vi è raffigurato Bacco a
cavallo di un asino al centro insieme al suo corteggio. Quest'altare
fu dedicato a Sessia Labionilla, personaggio del quale non sono
noti altri dati. Il manufatto potrebbe riferirsi alla tarda Età
flavia o adrianea.
Cassa di urna in travertinoLe casse di urna servivano a contenere
le urne cinerarie ed erano solitamente realizzate
in travertino. Questa cassa è di forma parallelepipeda. Ai
lati della faccia anteriore sono scolpite due lesene ciascuna
delle quali presenta la base modanata e
un capitello decorato con motivi vegetali: al centro c'è
una palmetta con tre petali legata con un listello a due steli
terminanti con coppia di foglioline. Sempre sulla fronte della cassa
c'è una fascia sporgente dove è riportato il testo
epigrafico: T(itus) Gnevidius T(iti) l(ibertus) Secundus fec(it)
/ Suconiae C(aiae) l(ibertae) Nice matri suae.Il committente, un
liberto della gens Gnevidia, fece fare l'urna per la madre
Nice, liberta di una donna della gens Suconia; la
cassa è stata ritrovata in località Cinquefonti.