giovedì 17 aprile 2025

Lazio - Tarquinia, Tomba dei Leopardi


La tomba dei Leopardi è parte della necropoli etrusca dei Monterozzi, a Tarquinia, in Italia. La tomba è una delle opere più significative e importanti dell'arte funeraria etrusca: insieme al resto della necropoli è riconosciuta come patrimonio dell'umanità dall'UNESCO dal 2004. È una tomba a camera, a pianta rettangolare, con tetto a doppio spiovente e con una trave di colmo. L'accesso avviene attraverso un breve corridoio con gradini.
Il suo nome si deve alla raffigurazione di due leopardi rappresentati nello spazio trapezoidale posto di fronte all'ingresso, ritratti con grandi fauci e attorno ad un albero. Le scene dipinte rappresentano un simposio, che si svolge all'aperto, fra alcuni ulivi fruttosi, con uomini e donne sdraiati su triclini mentre consumano il pasto portato loro da giovani servi nudi. Lo stile della tomba risente dell'influenza greca, in particolare della pittura vascolare attica del primo quarto del V secolo a.C.
Gli spioventi del soffitto sono decorati con file parallele di scacchi bianchi, rossi e verdi. Gli stessi colori ricorrono nelle linee che delimitano la trave di colmo e nelle serie di cerchi concentrici in campo bianco che si trovano al suo interno.
I Tre Musici è il titolo convenzionalmente dato all'unico affresco sulla parete destra della Tomba dei Leopardi: in esso si vede un danzatore con la coppa insieme a due suonatori. Il danzatore, con una coppa in mano, indossa la tebenna, la tipica veste etrusca. Il suonatore al centro, quello vestito di giallo con linee azzurre e rosse sul vestito, è un giovane che suona un Aulos, mentre quello più a destra della parete (quindi più vicino all'entrata) impugna una cetra. I Tre Musici è uno degli affreschi più conosciuti della Tomba dei Leopardi.
Sulla parete centrale i commensali, tre coppie di sposi sdraiati su letti a coppia, sorseggiano vino e sono ritratti con il capo cinto da un ramo di mirto; due delle donne esibiscono una capigliatura di colore biondo. Sono presenti anche due servi. Nel dipinto gli uomini hanno la carnagione più scura, rossastra e abbronzata, ed hanno tutti il busto scoperto; invece le donne hanno la carnagione molto chiara e i capelli biondi e sono tutte ben vestite, seguendo così le convenzioni artistiche in uso presso i Greci. L'uomo più a destra tiene in mano un uovo, simbolo di rinascita, e lo ostenta. Da questi affreschi è possibile notare la ricchezza di particolari, la cura del corpo e l'abbigliamento degli uomini e delle donne.


Lazio - Tarquinia, Tomba del Giocolieri


La tomba del Giocolieri è una tomba etrusca ubicata nella necropoli dei Monterozzi, a Tarquinia. La tomba dei Giocolieri venne edificata intorno al 510 a.C.; venne ritrovata nel 1961 all'interno della necropoli dei Monterozzi.
Alla tomba si accede tramite un dromos a gradini: internamente è a camera unica di forma rettangolare con un tetto a doppio spiovente di colore bianco. Sulla parte di fondo, su una zoccolatura nera, è la rappresentazione dei giochi funebri, scena che dà il nome alla tomba: il defunto, sulla destra, è raffigurato seduto su uno sgabello, forse malato o perché un magistrato[3], nell'atto di osservare lo spettacolo eseguito da un'acrobata che lancia dei dischi verso un'equilibrista con in testa un candelabro, vestita con chitone e un suonatore di flauto e, come spettatori, un giovane nudo e due bambini. Sulla parte superiore, nel timpano, la raffigurazione di una pantera azzurra e un leone rosse che sorreggono il tetto. Sulla parete sinistra è affrescato un giovane nudo, un corridore, un anziano con barba e bastone sorretto da un giovane, due uccelli e un uomo che defeca caratterizzato dalla scritta “aranth heracanasa”, la cui interpretazione è dubbia, mentre sulla parete destra due coppie di danzatrici e un suonatore di siringa. Sul pavimento si notano gli incassi per il letto funebre.


Lazio - Tarquinia, Tomba della Pulcella

 

La tomba della Pulcella è una tomba etrusca ubicata nella necropoli dei Monterozzi, a Tarquinia.
La tomba risale alla fine del V secolo a.C.; venne scoperta nel 1865. Nel 1963 fu soggetta ad un furto: vennero infatti staccate alcuni frammenti di pittura, mentre altri furono distrutti, come il volto della pulcella, una piccola ancella, che dava il nome alla tomba. Tra le pitture rubate quella di un commensale e la testa di servo, la quale ricomparve in un museo della Germania, per essere poi volontariamente restituita al Museo archeologico nazionale di Tarquinia.
La tomba è preceduta da un lungo dromos, il quale permette l'accesso alla singola camera con tetto a spiovente: il columen è dipinto con fascioni rossi e bianchi in posizione verticale, mentre il resto degli spioventi è affrescato allo stesso modo ma in posizione orizzontale. La parete di fondo ha un loculo sepolcrale a forma di edicola, simile ad un tempio, con colonne tuscaniche e maschera gorgonica nel timpano: sul fondo dell'edicola è la pittura rovinata di due geni alati che posano un velo sul defunto e ai lati due musici che suonano, quello di destra il flauto e quello di sinistra la cetra. Il resto delle pitture presenti ha come tema quello di un banchetto: sulla parete sinistra una donna seduta su un kline tra un suonatore di piatti a destra e uno di cetra a sinistra e sulla parete di destra una coppia di donne su kline e un servitore.

Lazio - Tarquinia, Tomba Claudio Bettini

 

La tomba Claudio Bettini è una tomba ubicata a Tarquinia, nella necropoli etrusca detta necropoli dei Monterozzi.
La camera, con soffitto a doppio spiovente, si distingue per la presenza di una fossa scavata nel pavimento e decorata con un motivo ad onde rosse, destinata ad accogliere il corpo del defunto. La trave centrale del soffitto (columen) è dipinto con grossi rosoni e foglie di edera mentre sugli spioventi viene riprodotto il rosso delle travi lignee. Sul timpano della parete di fondo due leoni si affrontano ai lati della mensola di sostegno del tetto. Sulle pareti un grande fregio figurato con scene di banchetto e danze ambientate in un boschetto ricco di fauna: sulla parete di fondo due coppie maschili adagiate sui letti conviviali (Klinai), accudite da tre ancellette e da un giovane coppiere nudo in piedi accanto alla tavola imbandita; sulle pareti laterali la danza orgiastica dei rituali dionisiaci.
La tomba, originariamente indicata semplicemente col numero 5513, è dedicata allo storico dell'arte Claudio Bettini, che apportò un fondamentale contributo alla salvaguardia delle tombe dipinte.


Lazio - Tarquinia, Tomba Cardarelli

 

La tomba Cardarelli è una tomba etrusca ubicata nella necropoli dei Monterozzi, a Tarquinia.
La tomba venne realizzata alla fine del VI secolo a.C., nel periodo compreso tra il 525 e il 500 a.C.; fu ritrovata nel 1959, già violata, e al suo interno furono rinvenuti frammenti in ceramica e una testa in nenfro, non attribuibili al corredo funerario.
Identificata con il numero 809, la tomba venne intitolata a Vincenzo Cardarelli, in quanto scoperta poco dopo la morte del poeta. Situata nella zona della necropoli denominata Calvario, è interamente scavata nella roccia: un dromos a gradini permette l'accesso alla camera funeraria, a pianta quadrata e priva di banchine.
Il soffitto è a doppio spiovente con columen centrale a rilievo, decorato con affreschi policromi di rosoni e foglie di edera. Il ciclo di affreschi alle pareti, probabilmente realizzato dallo stesso artista che aveva dipinto la tomba dei Baccanti e quella della Fustigazione, ritrae una danza e giochi funebri. Sulla parete di fondo, nel timpano, al centro è dipinto il sostegno per il columen: ai lati scene di animali, precisamente leoni e gazzelle, in lotta; nella parte sottostante, al centro, è l'affresco di una porta, sulla destra un flautista con ai suoi piedi un'anfora e a sinistra un citaredo con ai suoi piedi un cratere. La parete d'ingresso ha un frontone decorato con due leopardi e parte bassa con due pugili nudi dalla corporatura grossa, la parate di sinistra è affrescata con un personaggio non chiaramente identificato, un aulete e una donna, forse la defunta, riccamente vestita, contornata da uno schiavo con flabello e un'ancella con specchio e attingitoio, mentre la parete destra presenta un danzatore, un suonatore di cetra, un coppiere e un giocatore di kottabos. Le figure umane sono divise tra loro da alberelli verdi e grigi.

Lazio - Tarquinia, Tomba dei Fiori di Loto

 

La tomba dei Fiori di Loto è una tomba etrusca ubicata nella necropoli dei Monterozzi, a Tarquinia.
Edificata nel IV secolo a.C., nel periodo compreso tra il 520 e il 500 a.C., la tomba venne rinvenuta, già violata, nel 1962.
Situata nella zona della necropoli conosciuta come Calvario, la tomba, identificata con il numero 3698, ha un accesso tramite dromos a gradini che termina in un pianerottolo. La camera sepolcrale, interamente scavata nella roccia, è a pianta rettangolare e priva di banchine. Il soffitto è a doppio spiovente: il columen è dipinto in rosso, mentre gli spioventi presentano una decorazione a fiorellini a quattro petali.
Gli affreschi che decorano la tomba, attribuibili a una bottega ionizzante, sono concentrati per lo più nella zona del timpano della parete di fondo e di ingresso: è dipinto un grosso sostegno per la travatura centrale al cui interno è disegnato un fiore di loto capovolto; l'opera è completata con a destra un leone e a sinistra una pantera, dai colori forti. Il sostegno inoltre poggia su una fascia dai colori azzurro, verde, rosso e bruno, la quale corre lungo tutto il perimetro della tomba, rappresentando l'unico elemento decorativo delle due pareti laterali.

Lazio - Tarquinia, Tomba degli Àuguri


La tomba degli Àuguri di Tarquinia è una tomba a camera etrusca dipinta, situata nella necropoli dei Monterozzi. Scoperta nel 1878 è costituita unicamente da una piccola camera rettangolare con soffitto a doppio spiovente; sul pavimento le impronte delle zampe di due letti funebri. La decorazione parietale fu realizzata ad affresco tra il 530 e il 520 a.C. da un pittore greco-orientale, probabilmente focese, il cui stile è stato associato a quello delle maestranze nord-ioniche attive a Elmalı (Licia settentrionale) così come ai frammenti pittorici provenienti dalla Casa dipinta di Gordio. La tomba degli Auguri appartiene allo stesso ambiente culturale della tomba dei Giocolieri e della tomba delle Olimpiadi e insieme a queste è tra le prime tombe tarquiniesi in cui la decorazione pittorica si allarga a riempire quasi interamente le pareti, inaugurando la nuova tradizione della seconda metà del VI secolo a.C., rispetto alla precedente esemplificata dalla tomba dei Tori. Dalla seconda metà del VI secoio a.C., durante la fase arcaica, la pittura parietale a Tarquinia trasse grande impulso dagli scambi commerciali con i Greci che frequentavano lo scalo portuale di Gravisca e, soprattutto, dall'arrivo in Etruria meridionale di maestranze greco-orientali provenienti dalla Ionia, fuggite dalla propria terra dopo l'invasione dei Persiani.

Il ciclo pittorico rappresenta il rituale funebre con i giochi a esso collegati. Sulla parete di fondo è rappresentata la tradizionale porta degli inferi e accanto ad essa, da entrambe le parti, due personaggi, forse sacerdoti, rappresentati nell'atto del compianto funebre. Sulla parete di destra un personaggio in veste purpurea, segno di potere pubblico, si volta verso la porta dell'Ade con un gesto di saluto ed è seguito da un servitore che reca una sella curule (diphros) e da un altro personaggio seduto in terra. Sempre sulla stessa parete un personaggio con bastone ricurvo identificato come un giudice di gara segue l'incontro di lotta tra due atleti; infine la parete è completata dalla scena con il Phersu, personaggio così identificato dall'iscrizione, che partecipa ad un gioco crudele, antesignano dei combattimenti gladiatori romani, tenendo al guinzaglio una belva la quale azzanna un secondo personaggio in perizoma e con la testa avvolta in un cappuccio. La parete di ingresso è decorata con due personaggi non identificabili a causa del cattivo stato di conservazione. 
Sulla parete di sinistra un altro Phersu è rappresentato in atto di correre o di danzare, insieme ad un auleta e a due pugili.
La tomba degli Auguri inaugura la nuova tradizione tarquiniese della decorazione in grande formato, mostrando la capacità del decoratore nell'elaborazione di un disegno compositivo particolarmente equilibrato con una sicurezza assente ad esempio nell'autore della tomba dei Tori. Si tratta per altro di una capacità che si manifesta in modo immediato, per cui si tende a ritenerlo un artista ionico immigrato, forse focese.


Lazio - Tarquinia, Tomba del Cacciatore

 

La tomba del Cacciatore è una tomba etrusca ubicata nella necropoli dei Monterozzi, a Tarquinia.
La tomba venne realizzata alla fine del VI secolo a.C., tra il 510 e il 500 a.C. e apparteneva probabilmente a un membro dell'aristocrazia locale poiché la caccia, tema del ciclo di affreschi che la decora, era uno degli svaghi preferiti della nobiltà. Fu ritrovata nel 1962 già violata: al suo interno erano presenti pezzi di ceramica di varie epoche, non appartenenti al corredo funebre.
L'accesso alla tomba, ubicata nella zona della necropoli chiamata Calvario, è consentito da un dromos a gradini; la camera sepolcrale ipogea è pianta rettangolare, con il pavimento scavato nella roccia e il soffitto è doppio spiovente: lungo il muro di fondo e i due laterali corre una banchina nella quale si notano gli incassi per tre letti funebri. Il ciclo di affreschi che decora la tomba raffigura una tenda di caccia: il columen è dipinto come se fosse una trave di legno su cui è poggiato un drappo in scacchi policromi che ricopre interamente il tetto; un bordo largo quattordici centimetri corre lungo tutto il perimetro alto della tomba e sono raffigurati cavalieri, guerrieri e animali come leoni, cervi, tori, cani e cavalli: dal bordo pendono cappelli da cacciatori, bende, corone e prede di caccia come anatre e caprioli. Lungo le pareti sono raffigurati pali di legno a sostegno della tenda, mentre il resto delle pareti è decorato con piccoli quadretti a voler raffigurate una sorta di stoffa trasparente, forse feltro, che permette di vedere all'esterno: sulla parete di sinistra infatti si nota un capriolo al pascolo.

Lazio - Tarquinia, Tomba delle Bighe

 

La tomba delle Bighe è un complesso funerario etrusco situato nella necropoli dei Monterozzi a Tarquinia. Fu scoperta nel 1827 da Otto Magnus von Stackelberg e inizialmente era conosciuta come "Tomba Stackelberg". La tomba è datata intorno al 490 a.C. grazie alle sue pitture parietali. Il nome attuale le è stato dato in seguito a un dettaglio di queste pitture. La tomba consisteva in una camera sotterranea le cui pareti e il cui soffitto erano dipinti. Le pitture sono conservate nel Museo Archeologico Nazionale di Tarquinia dal 1949 e si sono notevolmente sbiadite dopo la loro scoperta. Sono considerate estremamente originali e innovative. Molti dettagli delle pitture sono oggi riconoscibili solo su antichi disegni, principalmente di Carlo Ruspi (oggi conservati all'Istituto Archeologico Germanico di Roma) .
Le pareti della tomba presentano due fregi dipinti. Le pareti principali presentano grandi dipinti su sfondo rosso. Al di sopra si trova uno stretto fregio su sfondo bianco. Vi sono raffigurate attività sportive come la corsa dei carri, la lotta e il pugilato, il salto in lungo, l'equitazione, ma anche il lancio del disco e del giavellotto. Rappresentano il ciclo più lungo di competizioni sportive nell'arte etrusca. Dal punto di vista stilistico, sono spesso associate alla pittura vascolare attica, mentre le pitture della zona principale sono considerate autenticamente etrusche.
Al centro del frontone della parete posteriore è visibile un pilastro dipinto. Raffigura un grande cratere. A sinistra e a destra di esso si trovano dei servi. In ogni angolo del frontone si trova un uomo con una coppa per il vino che i servitori stanno servendo. Nella fascia sotto il frontone sono raffigurati degli atleti. Sui lati stretti del fregio sono visibili le tribune degli spettatori. Gli spettatori sono seduti su panche, sotto le quali sono raffigurati gruppi erotici, tra cui un rapporto omosessuale. La scena principale mostra un banchetto i cui partecipanti sono reclinati su clines. Tali scene di banchetto sono tipiche di numerose tombe etrusche di Tarquinia. La parete destra mostra figure che danzano e fanno musica. Anche la parete sinistra, oggi gravemente danneggiata, mostrava in origine danzatori e musicisti nel campo principale.

Lazio - Tarquinia, Tomba delle Leonesse

 

La tomba delle Leonesse è una tomba situata nella necropoli etrusca di Tarquinia, Lazio. Scoperta nel 1874, risale al 520 a. C. ed è costituita da una camera unica con soffitto a doppio spiovente, al quale vi si accede attraverso un dromos a gradini. Probabilmente tutta l'azione si svolge come la riproduzione di una festa in una casa etrusca in cui viene celebrato il defunto che non è presente graficamente, ma viene sottinteso dalla scelta del tema decorativo. Inoltre, la vivacità dei colori, la grande qualità tecnica e lo stile di origine greco-orientale, fa pensare ad un influsso artistico di origine ionica o alla mano proprio di un pittore greco-ionico.
Le "leonesse" che danno il nome alla tomba, raffigurate nel timpano della parete di fondo, sono in realtà delle pantere, animali sacri a Dioniso. Ad eccezione della parete d'ingresso, le pitture si sono conservate, mostrando una tematica dionisiaca che viene richiamata attraverso la scelta dei dettagli, oltre che dall'intera composizione. Si può vedere, infatti, che il soffitto è decorato da un motivo a scacchiera, mentre le pareti sono scandite da sei colonne rosse che danno alla tomba l'aspetto di un padiglione coperto, con aperture verso l'esterno.
In questa camera manca il fascione policromo che, nelle altre tombe, si trova sotto gli spioventi e i frontoni. Questa mancanza forse è dovuta al fatto che su ciascuna delle pareti laterali sono collocate tre colonne tuscaniche, che scendono fino al piano della camera. Ciò evidenzia il carattere architettonico e strutturale che il pittore ha voluto dare all’ambiente.
Al centro della parete di fondo, sopra lo stipo per il defunto, sono raffigurate due danze diverse: a sinistra un'elegante danzatrice, vestita con una tunica a fiori trasparente, il tutulus sul capo ed un ampio mantello, si muove al ritmo della cetra. A destra, quasi a contrasto con la figura precedente, viene riprodotta una coppia formata da una donna, fasciata da una tunica trasparente e da un uomo completamente nudo che ballano al suono di un doppio flauto. L’oinochoe che il giovane tiene nella mano sinistra e l’altro vaso collocato all’angolo dietro di esso, potrebbe far pensare ad una danza orgiastica, che però i movimenti ritmici e coordinati della coppia fanno considerare appena all’inizio.
Al centro della scena c'è un enorme cratere a volute decorato con una corona di foglie di edera o forse di vite, pianta sacra a Dioniso. La presenza di questo oggetto e di altre stoviglie suggeriscono che si sta assistendo ad un simposio. Infatti lungo le pareti laterali vengono raffigurati i partecipanti al banchetto: sono quattro uomini, distribuiti a coppie di due sulle due pareti, distesi sulle proprie kline. In particolare, sulla parete destra, l'uomo verso la parete di fondo impugna nella mano sinistra una kylix, una coppa da vino in ceramica, nella mano destra un uovo, che probabilmente rappresenta il problema della continuità della vita.
È presente anche un altro personaggio: una giovane, resa con un semplice contorno su fondo bianco, che porge al commensale un oggetto incerto. Ha il capo leggermente inclinato in avanti e nella mano destra un doppio flauto.
Nella porzione inferiore delle pareti vi è un fregio ad onda che rappresenta delfini che saltano, altro animale del mito di Dioniso, e uccelli.


ARGENTINA - Cueva de las Manos

  La  Cueva de las Manos  (che in spagnolo significa Caverna delle Mani) è una caverna situata nella provincia argentina di Santa Cruz, 163 ...