La
ceramica laconica descrive
una classe della ceramica greca prodotta nella regione
della Laconia a partire dal X secolo a.C.
Dopo i
periodi protogeometrico e geometrico gli
artigiani laconici si rivelarono poco ricettivi alle influenze
orientali, dirette o indirette. La migliore ceramica laconica, il cui
apice si pone nel secondo quarto del VI secolo a.C., venne
prodotta dopo l'introduzione verso il 620 a.C. della
tecnica a figure nere, che i ceramografi laconici seppero
interpretare e adattare alle proprie predisposizioni e tramite la
quale furono capaci di competere con la ceramica ateniese sui mercati
orientali e occidentali.
La terracotta laconica ha un
colore che varia dal rosa al marrone chiaro; l'ingubbiatura, quando
presente, è color crema e la pittura è di un seppia profondo che si
avvicina al nero intorno alla metà del VI secolo a.C. per
imitazione di quella attica. I forti contrasti tra i colori
rendono questi vasi particolarmente vivaci benché eseguiti con la
tecnica a figure nere.
Laconico di transizione e Laconico IDopo un periodo chiamato “di
transizione” (690-650 a.C. circa) iniziò ad emergere un'autonoma
scuola locale (laconico I, 650-620 a.C. circa) che si distinse, nei
vasi di maggior pregio, per una decorazione caratteristica formata da
una fascia a quadri alternati tra due fasce a punti, che circondava
la bocca del vaso. Erano rare le figure, umane o animali, e scarsa
era l'ornamentazione di riempimento. Questi decenni videro la
compresenza di una pittura sperimentale applicata ai grandi vasi e di
una scuola pittorica tecnicamente eccellente ma di tipo conservativo
che si limitava ai vasi piccoli, dove applicava schemi lineari e
astratti, accettando il fregio animale solo alla fine del periodo.
Prime figure nere (
laconico II, 620-580 a.C.
circa)
La grande diffusione e il grande
successo della ceramica corinzia comportò l'introduzione
della tecnica a figure nere ad Atene come in Laconia,
dove si sviluppò uno stile autonomo a partire dall'inizio del VI
secolo a.C.

La decorazione era caratterizzata da figure nere con dettagli incisi
e ritocchi color porpora; frequenti erano le modanature e
la decorazione a rilievo. Iniziò in questo periodo una modesta
esportazione e la forma più comune e diffusa era la coppa. Le
figure umane continuarono ad essere rare e per lo più limitate
ai gorgoneia all'interno delle coppe, disegnati
principalmente a linea di contorno. Nei fregi animali, contrariamente
all'uso corinzio, si preferivano le file di una stessa specie con
pochissima ornamentazione di riempimento. Tra i migliori esemplari di
questa ceramica vi sono le coppe conservate al Museo
archeologico nazionale di Taranto (Pittore dei pesci di Taranto,
n. inv. 4804-06) decorate internamente con un girotondo di pesci
attorno ad una rosetta centrale riservata all'interno di un cerchio
scuro. All'esterno si trovano tipici uccelli a silhouette con il
porpora aggiunto sulle code abbassate. La maggior parte dei vasi del
laconico II tuttavia era più semplicemente decorata con fasce
geometriche e colorate e con sobrio ornamento vegetale, sempre
tendente in questa regione alla stilizzazione. La fila di quadrati
tra due file di punti rimase comune per la zona intorno al labbro, ma
il motivo decorativo che caratterizzò il laconico a partire dal VII
secolo a.C. fu la fila di melagrane a volte intrecciate e
alternate ai fiori di loto.
Laconico III e IV, 580-500 a.C. Circa
È
questo il periodo in cui, forse per un vuoto di mercato lasciato
da Corinto e Atene in una fase di passaggio per entrambi i
centri produttivi, la ceramica laconica riuscì ad inserirsi con una
produzione che resta per questa regione quella maggiormente
conosciuta e all'interno della quale sono state individuate singole
personalità. L'importazione di opere corinzie è stato un
fattore essenziale per il nuovo corso della ceramica laconica, la
quale tuttavia riuscì a competere rimanendo indipendente e lontana
da imitazioni non veramente comprese, sviluppando uno stile proprio,
sobrio e vivace allo stesso tempo.
La coppa laconica era la forma
principale e quella più popolare sul mercato. La ciotola era
divenuta meno profonda, lo stelo si era allungato e terminava in alto
in una modanatura tonda. La ricchezza della decorazione era
paragonabile alle contemporanee coppe di Siana attiche. Il
labbro, divenuto più evidente, era frequentemente coperto da una
rete di melagrane che presero il posto dei precedenti riquadri. Il
fregio all'altezza delle anse presentava, tra le palmette orizzontali
derivate da modelli metallici, una banda ornamentale vegetale entro
la quale il fiore di loto mostrava una stilizzazione tipicamente
laconica. Il color porpora continuava ad essere liberamente aggiunto
per aumentare il contrasto con la vernice scura e l'ingubbiatura
gialla. Lo stelo e il piede erano scuri, con l'eccezione della
modanatura in alto e del profilo del piede, riservati e privi di
ingubbiatura.

Nella coppa
laconica la parte che ne rivelava maggiormente lo stile nativo era la
parete interna della ciotola con lo spazio interamente decorato;
anche a Corinto si sfruttava tutto lo spazio, ma separato in zone
concentriche. I pittori laconici dipingevano l'interno delle ciotole
come dipingessero in grande scala, in piena opposizione rispetto ai
tondi delle coppe ateniesi (almeno finché, alla metà del secolo,
l'influenza di queste ultime non introdusse anche a Sparta il
tondo piccolo). La scena principale veniva posizionata sopra una
linea di base orizzontale; la soluzione più frequentemente adottata
per la decorazione dell'esergo, oltre ad altri curiosi esperimenti
compositivi (si veda ad esempio la kylix del Museo archeologico
di Rodi 10711, con la linea di esergo che divide il
campo in due parti uguali), consisteva nel riempire la zona con un
fiore di loto o con animali, spesso pesci o uccelli.

A fianco di queste coppe elaborate ne
venivano prodotte altre, più piccole e più semplici, nelle quali il
labbro e la ciotola erano poco differenziati, lo stelo non aveva
modanature e gli esemplari più economici erano decorati internamente
solo con un piccolo medaglione.
Le prime personalità individuate all'interno di questa classe di
ceramiche hanno iniziato a lavorare intorno al 580 a.C. e
sono chiamate Pittore dei Boreadi e Pittore di
Naukratis. Il primo era il maestro che aveva stabilito il nuovo
sistema di decorazione delle coppe con il proprio stile accurato e
sobrio nei dettagli incisi; le sue coppe sono state trovate
a Samo, Olimpia e Naucrati ma non
a Sparta. Il secondo, meno austero, influenzerà gli
autori a lui successivi. Il Pittore di Arkesilas deve il
proprio nome alla coppa conservata al Cabinet des médailles di
Parigi (De Ridder 189) che presenta all'interno una scena vivace
realizzata in modo da includere nella narrazione anche
l'esergo. Il Pittore della caccia è conosciuto per
i caratteristici tondi a oblò con le figure tagliate fuori dalla
scena; fu il più dotato degli allievi del Pittore di Arkesilas,
miglior disegnatore rispetto a quest'ultimo e capace di dare alla
pittura laconica un grado maggiore di realismo.

I soggetti erano tratti dal mito come dalla vita quotidiana. Alcuni
temi sono unici, come i miti di Prometeo e Atlante (Pittore
di Arkesilas, coppa a figure nere, 550 a.C. al Museo
gregoriano etrusco 16592), la costruzione di un tempio, i
soldati che riportano a casa i propri morti (Pittore della caccia,
coppa a figure nere, 550-540 a.C. circa, Musei statali di
Berlino 3404). Scarsissimo era l'uso del bianco fra i pittori
laconici, che non usavano neppure differenziare attraverso il colore
il genere delle figure, o usavano semplicemente la linea di contorno
per le carni femminili. La decorazione a figure umane veniva eseguita
oltre che sulle coppe, sulle hydriai, sui crateri a
volute e sui dinoi. In diversi casi è possibile notare la
derivazione di forme e decorazioni ceramiche da originali in metallo.
Nei vasi grandi la decorazione si svolgeva generalmente in strette
bande dall'imboccatura al piede e tendeva a sottolineare la forma del
vaso. Generalmente vasaio e pittore erano una stessa persona; gli
autori che lavoravano nella tecnica a figure nere producevano anche,
in misura più elevata, vasi interamente dipinti in nero o con
semplici decorazioni geometriche, ad esempio sulla riservata parete
esterna del labbro nei crateri a colonnette, molto apprezzati per la
qualità della forma.
La
produzione degli artisti individuati era finalizzata soprattutto
all'esportazione sul mercato estero, mentre il mercato locale era
fornito di prodotti ceramici di minore o diversa qualità, come già
era accaduto per la produzione policroma della ceramica
protocorinzia. Intorno al 550 a.C. la competizione con la
ceramica attica divenne ingestibile e il commercio della ceramica
laconica diminuì drasticamente. La nuova chiusura e la prevalente
produzione per il commercio locale diviene evidente già nelle ultime
opere del Pittore della caccia e in quelle dei suoi seguaci. La
produzione propriamente laconica non andrà oltre il VI secolo a.C.
Nelle foto, dall'alto:
Pittore di Arkesilas, coppa a figure
nere, 560 a.C. circa, Parigi, Biblioteca nazionale, Cabinet des
médailles 189.
Pittore della caccia, coppa laconica a
figure nere, 555 a.C. circa, Museo del Louvre E670.
Pittore dei cavalieri, coppa a figure
nere, tra il 550 e il 530 a.C., Londra, British Museum 1842,0407.7.
Cratere laconico a vernice nera,
Staatliche_Antikensammlungen
Lakaina a smalto nero gruppo E, periodo
alto arcaico, circa 580-570, probabile provenienza Etruria,
collezione Castellani, Museo nazionale etrusco di Villa Giulia, Roma
Coppa laconiana a figure nere con
Goegone, Cabinet des médailles de la BnF (Paris)
Ariballo globulare laconiano, circa
575-550 a.C., da Kameiros, Rodi – Museo del Louvre, Parigi