Laodicea al Lico (in greco
Λαοδίκεια
πρός τοῦ Λύκου e in latino:
Laodicea
ad Lycum) è un'antica città dell'Asia Minore, situata nella
valle del fiume Lico (Lykos, oggi Çürüksu), un affluente
del Meandro.
I suoi resti si trovano a circa 6 km
a nord-est della città di Denizli (nella provincia di
Denizli in Turchia), in corrispondenza dei moderni villaggi
di Eskihisar, Goncali e Bozburun.
Il territorio era stato abitato già in
epoca calcolitica (metà del VI millennio a.C.).
Prima del 253 a.C. il sovrano seleucide Antioco
II fondò dandole il nome della moglie Laodice, mentre
in precedenza aveva avuto il nome prima di Diospolis ("città
di Zeus") e poi di Rhoas.
Lo sviluppo della città fu favorito
dalla fertilità della valle del Lico e dalla
posizione all'incrocio
delle strade tra l'Anatolia centrale e meridionale con la costa
occidentale, le quali seguivano probabilmente i percorsi commerciali
già tracciati in epoca preistorica.
La città fu
coinvolta nelle lotte tra Seleuco III e Attalo I: dopo
l'assassinio di Seleuco, il suo generale Acaio, che inizialmente
aveva supportato il suo successore Antioco III, vi si proclamò
re nel 222 o 221 a.C. e fu sconfitto e ucciso da
Antioco solo nel 213 a.C..
Rimase in possesso dei Seleucidi fino
al 188 a.C., quando passò al regno di Pergamo: come tutto
il territorio pergameno, fu lasciata in eredità ai Romani nel 133
a.C., entrando a far parte della nuova provincia di Asia.
Le iscrizioni
funerarie, a partire dal III secolo a.C. citano i monumenti
che dovevano essere presenti nella città ellenistica, come un
mercato, uno strategeion, un ginnasio e un teatro. In età
romana si sviluppò come centro per la produzione e il commercio
della lana e l'industria tessile.
Dopo il
terremoto del 60, che devastò le città della valle del Lico, i
cittadini furono
in grado di ricostruire la città senza aiuti
imperiali, che furono invece necessari per Hierapolis.
Il retore Marco Antonio
Polemone (88-144), che visse tra Smirne e Laodicea,
ebbe sotto Traiano il privilegio di viaggiare gratuitamente
per tutto l'impero. Fu visitata da Adriano nel 129,
da Caracalla nel 215 e da Valente nel 370.
I vari tipi di tessuti e vesti che vi
erano prodotti sono citati nell'Editto dei prezzi dioclezianeo.
In epoca tardo-imperiale fu metropoli della provincia
di Phrygia Pacatiana. Nel 395 fu circondata da mura,
che restrinsero l'area occupata dalla città ellenistica e romana.
Nel 494 fu distrutta da un
devastante terremoto e non venne più del tutto ricostruita. Gli
abitanti si spostarono a Denizli-Kaleiçi, che ebbe nel VII
secolo il nome di "Ladik".
La città fu sede di una numerosa
comunità ebraica e, quindi, fu oggetto della predicazione
di san Paolo e destinataria di una sua lettera. La
chiesa di Laodicea compare anche nell'Apocalisse di Giovanni, come
una delle sette Chiese dell'Asia, destinatarie del libro, ma è
rimproverata per la sua debole resistenza al culto imperiale
di Domiziano. Fu precocemente sede vescovile e vi si
tenne
un concilio intorno al 350.
La via principale corre in senso
nord-ovest - sud-est, tra la "porta di Efeso", e la "porta
siriana" , suddivisa in due tratti paralleli collegati da due
strade ortogonali. Il tratto meridionale ("via siriana") è
dotato di un ampio condotto fognario sotterraneo. Il tratto
settentrionale prende il nome di "via di Efeso". Entrambi i
tratti sono fiancheggiati da portici con colonnati dorici,
sopraelevati con due gradini, all'interno dei quali si aprono file di
botteghe.
La "porta di Efeso", a tre
arcate e con torri rettangolari sporgenti alle estremità, e la
"porta siriana" vennero costruite
nell'84-85 dal proconsole Sesto Giulio Frontino e
furono dedicate a Domiziano, come l'analoga "porta di
Frontino a Hierapolis. Si tratta probabilmente di un unico
intervento urbanistico, insieme alla sistemazione della "via
siriana", che venne realizzato dopo le distruzioni del terremoto
del 60.
A queste due porte si aggiungevano una
porta di Afrodisia a sud-ovest e una "porta di
Hierapolis" a nord-est.
Sul lato nord della "via siriana",
presso la "porta siriana" si trovano i resti di un recinto
sacro (temenos) con porticati su
tre lati di ordine corinzio e
un piccolo tempio prostilo sul lato di fondo settentrionale
("
tempio A"). Il tempio è stato identificato con
il Sebasteion (tempio di culto imperiale) ricordato dalle
fonti durante il regno di Commodo e di Caracalla, tra
la fine del II e gli inizi del III secolo.
Sul lato sud della via si trova
l'agorà romana, sulla quale si affacciava, un impianto
termale suddiviso in cinque ambienti. Nel V-VI secolo parte
di esso, con l'aggiunta di altri ambienti e di un'abside, venne
trasformato in una chiesa ("
basilica delle terme"),
decorata con elementi di reimpiego e coperta da una
massiccia volta. L'agorà romana fu trasformata con l'aggiunta di un
porticato sui lati e davanti alla facciata della nuova basilica,
pavimentato in opus sectile con marmi colorati.
Un
ninfeo (fontana
monumentale) si trova all'intersezione tra la "via siriana"
e una delle vie che la intersecavano in direzione sud-ovest.
Collocata all'angolo dell'isolato, consiste in una piscina quadrata,
fiancheggiata, sui lati nord ed ovest, da due altre vasche
semicircolari. Venne costruita probabilmente in occasione della
visita dell'imperatore Caracalla. Nel V secolo fu
trasformata in battistero.
La città ebbe due teatri,
entrambi appoggiati sul pendio naturale della collina e
successivamente inglobati nel percorso delle mura bizantine. Il
"
teatro occidentale", forse il più antico, ha un diametro
di 85 m e poteva ospitare circa 15000 spettatori. Il
"
teatro settentrionale" aveva un diametro di 110 m e poteva
ospitare circa 20000 spettatori; conserva parte della
scena, di epoca romana, con ampio nicchione centrale e in origine
decorata da un colonnato su tre ordini.
Nella parte meridionale della città si
trova uno stadio, appoggiato al naturale pendio della collina e
disposto in direzione est-ovest (280 m x 70 m). Sul suo lato
orientale si conserva un accesso con
un'iscrizione di dedica al
proconsole Marco Ulpio Traiano, padre dell'omonimo imperatore
Traiano, che fu governatore della provincia d'Asia nel 79.
Presso lo stadio si trovava una piazza,
identificata come l'agorà cittadina, sul cui lato
settentrionale si affaccia un bouleuterion (un piccolo
edificio con cavea semicircolare destinato alle riunioni del
consiglio cittadino), di ordine composito e un edificio a
pianta circolare di cui si è ipotizzata l'identificazione con
un prytaneion. Sull'opposto lato meridionale la piazza termina
in un complesso termale ("terme meridionali") che occupa
uno spazio di 132 m per 75 m,
con ambienti coperti a volta e
rivestiti in origine di marmo. La pianta si articola in una stretta
aula di ingresso centrale sulla quale si allineano ambienti disposti
simmetricamente sui due lati. Secondo un'iscrizione l'edificio venne
dedicato all'imperatore Adriano e all'imperatrice Sabina,
in occasione della visita imperiale a Laodicea nel 129.
Un altro edificio termale ("terme
occidentali") si trova sul lato sud della "via di Efeso",
con ambienti coperti a volta e rivestiti da lastre di marmo in
origine, databile probabilmente al II secolo.
Le rovine della città furono viste da viaggiatori occidentali nel
corso del XVII e XVIII secolo, che ne pubblicarono
stampe e vedute. Una prima mappa dei resti della città fu disegnata
da Georg Weber, che si occupò delle strutture di approvvigionamento
idrico della città. Nel 1961-1963 l'Università del
Quebec condusse scavi nel ninfeo di Caracalla e nel 1992 il
museo di Denizli sulla via colonnata. Negli anni 1994-2000 Gustavo
Traversari dell'Università Ca' Foscari di Venezia condusse una
serie di ricognizioni sul sito, i cui risultati furono pubblicati in
una serie di volumi.