mercoledì 11 giugno 2025

TURCHIA - Porta di Adriano


La porta di Adriano (in turco Hadrian Kapısı), nota anche come le Tre porte (in turco Üçkapılar), è un arco trionfale di epoca romana della città turca di Adalia (Antalya), realizzata intorno al 130 d.C. in onore dell'imperatore Adriano.
La porta venne eretta intorno al 130 d.C. in ricordo della visita dell'imperatore romano Adriano ad Adalia. La struttura venne successivamente incorporata nelle mura cittadine di epoca selgiuchide.
Di epoca romana è anche la torre meridionale nei pressi della porta (realizzata dopo quest'ultima), mentre sembrano essere di epoca successiva le due torri situate ai lati della struttura. Pare che in origine, nella porta fossero state erette delle statue raffiguranti l'imperatore Adriano e la sua famiglia, che però sono andate perdute.
In seguito, nella prima metà del XIII secolo, sotto il sultano Alaeddin Keykubat I, venne ricostruita la torre settentrionale.
I Paesi occidentali vennero a conoscenza dell'esistenza della porta di Adriano nel 1817 grazie a Francis Beaufort, che ne parlò nel suo diario di viaggio. In seguito, la porta di Adriano di Adalia venne descritta alla fine del XIX secolo dall'esploratore polacco Karol Lanckoroński.
La struttura venne però riportata completamente alla luce e restaurata negli anni cinquanta del XX secolo.
La porta di Adriano si trova lungo la Atatürk Caddesi rappresenta l'ingresso a Kaleiçi, la parte vecchia della città di Adalia. Si trova nelle vicinanze di altri monumenti quali la torre dell'orologio, il minareto scanalato e il minareto tronco.
La struttura è formata da tre porte ad arco sorrette da quattro colonne corinzie. Complessivamente, la struttura, compresa la pavimentazione, si erge fino a circa 8 metri di altezza; i tre archi che formano la porta hanno un'altezza di 6,18 metri e una larghezza di 4,15 metri. 
Nella torre settentrionale, ricostruita nel XIII secolo, si trova un'iscrizione in turco antico, redatta in alfabeto arabo.
Secondo una leggenda la porta di Adriano sarebbe stata attravesata da Makeda, regina di Saba durante la sua sosta ad Aspendos (antica città nei pressi dell'attuale Adalia) nel corso del suo viaggio effettuato per raggiungere re Salomone.

TURCHIA - Ierapoli Castabala

 

Ierapoli Castabala (Kastabala), o Ierapoli Cilicia era un'antica città dell'Anatolia, nella regione della Cilicia (l'odierna Bodrum-Kalesi). Presso la città erano le sorgenti di Piramo (in greco Πύραμος), l'attuale fiume Ceyhan.
Riguardo alla toponomastica, si registra una divergenza tra le fonti letterarie, che riportano sempre il nome Hierapolis, e le legende monetarie che la indicano invece come Kastabala. Solo al tempo dell'imperatore Commodo i due nomi iniziano ad essere coniugati sulle legende monetarie imperiali.
La città era famosa per essere il centro di culto della dea anatolica Cibele.
Era capitale di un regno cilicio presso la catena del Tauro (l'odierno Toros Daglari), a capo del quale era stato posto Tarcondimoto, in origine probabilmente un capo dei pirati cilici divenuto alleato del popolo romano e schieratosi in seguito con Marco Antonio.
Il coinvolgimento della città nelle lotte tra fazioni della fine della Repubblica romana, portò alla sua distruzione durante la guerra civile che oppose Antonio ad Ottaviano.
Fu anche sede di una diocesi in partibus infidelium il cui titolo latino fu soppresso nel 1894.

TURCHIA - Laodicea al Lico

 

Laodicea al Lico (in greco Λαοδίκεια πρός τοῦ Λύκου e in latino: Laodicea ad Lycum) è un'antica città dell'Asia Minore, situata nella valle del fiume Lico (Lykos, oggi Çürüksu), un affluente del Meandro.
I suoi resti si trovano a circa 6 km a nord-est della città di Denizli (nella provincia di Denizli in Turchia), in corrispondenza dei moderni villaggi di Eskihisar, Goncali e Bozburun.
Il territorio era stato abitato già in epoca calcolitica (metà del VI millennio a.C.).
Prima del 253 a.C. il sovrano seleucide Antioco II fondò dandole il nome della moglie Laodice, mentre in precedenza aveva avuto il nome prima di Diospolis ("città di Zeus") e poi di Rhoas.
Lo sviluppo della città fu favorito dalla fertilità della valle del Lico e dalla
posizione all'incrocio delle strade tra l'Anatolia centrale e meridionale con la costa occidentale, le quali seguivano probabilmente i percorsi commerciali già tracciati in epoca preistorica.
La città fu coinvolta nelle lotte tra Seleuco III e Attalo I: dopo l'assassinio di Seleuco, il suo generale Acaio, che inizialmente aveva supportato il suo successore Antioco III, vi si proclamò re nel 222 o 221 a.C. e fu sconfitto e ucciso da Antioco solo nel 213 a.C..
Rimase in possesso dei Seleucidi fino al 188 a.C., quando passò al regno di Pergamo: come tutto il territorio pergameno, fu lasciata in eredità ai Romani nel 133 a.C., entrando a far parte della nuova provincia di Asia.
Le iscrizioni funerarie, a partire dal III secolo a.C. citano i monumenti che dovevano essere presenti nella città ellenistica, come un mercato, uno strategeion, un ginnasio e un teatro. In età romana si sviluppò come centro per la produzione e il commercio della lana e l'industria tessile.
Dopo il terremoto del 60, che devastò le città della valle del Lico, i cittadini furono
in grado di ricostruire la città senza aiuti imperiali, che furono invece necessari per Hierapolis.
Il retore Marco Antonio Polemone (88-144), che visse tra Smirne e Laodicea, ebbe sotto Traiano il privilegio di viaggiare gratuitamente per tutto l'impero. Fu visitata da Adriano nel 129, da Caracalla nel 215 e da Valente nel 370.
I vari tipi di tessuti e vesti che vi erano prodotti sono citati nell'Editto dei prezzi dioclezianeo. In epoca tardo-imperiale fu metropoli della provincia di Phrygia Pacatiana. Nel 395 fu circondata da mura, che restrinsero l'area occupata dalla città ellenistica e romana.
Nel 494 fu distrutta da un devastante terremoto e non venne più del tutto ricostruita. Gli abitanti si spostarono a Denizli-Kaleiçi, che ebbe nel VII secolo il nome di "Ladik".
La città fu sede di una numerosa comunità ebraica e, quindi, fu oggetto della predicazione di san Paolo e destinataria di una sua lettera. La chiesa di Laodicea compare anche nell'Apocalisse di Giovanni, come una delle sette Chiese dell'Asia, destinatarie del libro, ma è rimproverata per la sua debole resistenza al culto imperiale di Domiziano. Fu precocemente sede vescovile e vi si tenne
un concilio intorno al 350.
La via principale corre in senso nord-ovest - sud-est, tra la "porta di Efeso", e la "porta siriana" , suddivisa in due tratti paralleli collegati da due strade ortogonali. Il tratto meridionale ("via siriana") è dotato di un ampio condotto fognario sotterraneo. Il tratto settentrionale prende il nome di "via di Efeso". Entrambi i tratti sono fiancheggiati da portici con colonnati dorici, sopraelevati con due gradini, all'interno dei quali si aprono file di botteghe.
La "porta di Efeso", a tre arcate e con torri rettangolari sporgenti alle estremità, e la
"porta siriana" vennero costruite nell'84-85 dal proconsole Sesto Giulio Frontino e furono dedicate a Domiziano, come l'analoga "porta di Frontino a Hierapolis. Si tratta probabilmente di un unico intervento urbanistico, insieme alla sistemazione della "via siriana", che venne realizzato dopo le distruzioni del terremoto del 60.
A queste due porte si aggiungevano una porta di Afrodisia a sud-ovest e una "porta di Hierapolis" a nord-est.
Sul lato nord della "via siriana", presso la "porta siriana" si trovano i resti di un recinto sacro (temenos) con porticati su
tre lati di ordine corinzio e un piccolo tempio prostilo sul lato di fondo settentrionale ("tempio A"). Il tempio è stato identificato con il Sebasteion (tempio di culto imperiale) ricordato dalle fonti durante il regno di Commodo e di Caracalla, tra la fine del II e gli inizi del III secolo.
Sul lato sud della via si trova l'agorà romana, sulla quale si affacciava, un impianto termale suddiviso in cinque ambienti. Nel V-VI secolo parte di esso, con l'aggiunta di altri ambienti e di un'abside, venne trasformato in una chiesa ("basilica delle terme"),
decorata con elementi di reimpiego e coperta da una massiccia volta. L'agorà romana fu trasformata con l'aggiunta di un porticato sui lati e davanti alla facciata della nuova basilica, pavimentato in opus sectile con marmi colorati.
Un ninfeo (fontana monumentale) si trova all'intersezione tra la "via siriana" e una delle vie che la intersecavano in direzione sud-ovest. Collocata all'angolo dell'isolato, consiste in una piscina quadrata, fiancheggiata, sui lati nord ed ovest, da due altre vasche semicircolari. Venne costruita probabilmente in occasione della visita dell'imperatore Caracalla. Nel V secolo fu trasformata in battistero.
La città ebbe due teatri, entrambi appoggiati sul pendio naturale della collina e successivamente inglobati nel percorso delle mura bizantine. Il "teatro occidentale", forse il più antico, ha un diametro di 85 m e poteva ospitare circa 15000 spettatori. Il "teatro settentrionale" aveva un diametro di 110 m e poteva ospitare circa 20000 spettatori; conserva parte della scena, di epoca romana, con ampio nicchione centrale e in origine decorata da un colonnato su tre ordini.
Nella parte meridionale della città si trova uno stadio, appoggiato al naturale pendio della collina e disposto in direzione est-ovest (280 m x 70 m). Sul suo lato orientale si conserva un accesso con
un'iscrizione di dedica al proconsole Marco Ulpio Traiano, padre dell'omonimo imperatore Traiano, che fu governatore della provincia d'Asia nel 79.
Presso lo stadio si trovava una piazza, identificata come l'agorà cittadina, sul cui lato settentrionale si affaccia un bouleuterion (un piccolo edificio con cavea semicircolare destinato alle riunioni del consiglio cittadino), di ordine composito e un edificio a pianta circolare di cui si è ipotizzata l'identificazione con un prytaneion. Sull'opposto lato meridionale la piazza termina in un complesso termale ("terme meridionali") che occupa uno spazio di 132 m per 75 m,
con ambienti coperti a volta e rivestiti in origine di marmo. La pianta si articola in una stretta aula di ingresso centrale sulla quale si allineano ambienti disposti simmetricamente sui due lati. Secondo un'iscrizione l'edificio venne dedicato all'imperatore Adriano e all'imperatrice Sabina, in occasione della visita imperiale a Laodicea nel 129.
Un altro edificio termale ("terme occidentali") si trova sul lato sud della "via di Efeso", con ambienti coperti a volta e rivestiti da lastre di marmo in origine, databile probabilmente al II secolo.
Le rovine della città furono viste da viaggiatori occidentali nel corso del XVII e XVIII secolo, che ne pubblicarono stampe e vedute. Una prima mappa dei resti della città fu disegnata da Georg Weber, che si occupò delle strutture di approvvigionamento idrico della città. Nel 1961-1963 l'Università del Quebec condusse scavi nel ninfeo di Caracalla e nel 1992 il museo di Denizli sulla via colonnata. Negli anni 1994-2000 Gustavo Traversari dell'Università Ca' Foscari di Venezia condusse una serie di ricognizioni sul sito, i cui risultati furono pubblicati in una serie di volumi.

TURCHIA - Teatro di Hierapolis

 

Il teatro di Hierapolis è un teatro romano della antica città di Hierapolis, in Frigia (oggi Pamukkale nella provincia di Denizli, in Turchia). La prima edificazione del Teatro avvenne probabilmente in età giulio-claudia, come testimoniato dalla raffinata decorazione architettonica conservata, sfruttando in parte le pendici della collina in un'area non distante dal complesso del santuario di Apollo.
La struttura era affine ai modelli di tradizione ellenistica: i sedili della cavea, in travertino, scendevano sino ai limiti dell'orchestra sui quali erano collocati seggi di proedria in marmo, collegati da un balteo; l'orchestra era circolare, definita dal muro del logheion di cui si sono trovate le fondazioni in recenti scavi sotto l'attuale palcoscenico. Le due parodoi oblique erano definite dal muro di analemma - che appartiene alla prima fase - e dai muri obliqui laterali del logheion stesso.
In età severiana il teatro fu oggetto di una radicale trasformazione e monumentalizzazione complessiva.
L'edificio scenico venne ricostruito e ingigantito per sostenere l'imponente facciata della frontescena, ornata da una decorazione marmorea articolata in tre ordini sovrapposti con statue e rilievi figurati sui diversi livelli, anche nei due aerei parasceni colonnati. La nuova struttura dovette essere certamente una delle più imponenti per dimensione, numero di livelli, impegno decorativo e per i diversi marmi pregiati impiegati nella costruzione.
Nella stessa fase vennero sostituiti anche i sedili di travertino con nuovi sedili in marmo, sia nel meniano inferiore, sia in un cuneo del meniano superiore; inoltre, le file inferiori dei sedili in travertino verso l'orchestra vennero inglobate in un alto podio in marmo, per permettere lo svolgimento di spettacoli con combattimenti di fiere e di gladiatori, molto diffusi in età imperiale: il podio impediva così il contatto diretto degli spettatori delle prime file con le attività venatorie, com'è attestato anche in diversi altri edifici teatrali in Asia Minore.
Il nuovo palcoscenico venne ricostruito più profondo, andando a sfruttare anche lo spazio prima occupato dai parodoi: la nuova struttura poggiava su archi che reimpiegavano i blocchi dei sedili in travertino provenienti dalla demolizione della vecchia cavea. Il logheion venne quindi decorato da una ricca facciata ipostile con nicchie e incrostazioni di marmi colorati.
È da collocare nel corso del IV secolo la trasformazione dell'orchestra in una grande vasca d'acqua o kolymbethra per potervi realizzare spettacoli acquatici, di moda nel IV sec. d.C. , ad opera di un certo Magnus (l'iscrizione a lui dedicata recita: “rese la città un santuario delle ninfe”): questo comportò la chiusura con muri delle porte dell'orchestra, e il rivestimento di tutte le superfici con malta signina impermeabilizzante, di cui sono ancora conservati molti lacerti. Alla metà dello stesso secolo, sotto l'imperatore Costanzo II, un'importante iscrizione incisa sull'architrave marmoreo del secondo ordine della scena fa riferimento a lavori di consolidamento e di restauro del Teatro, che si resero necessari a fronte di un terremoto che aveva portato a crolli di parti delle aeree strutture colonnate della frontescena.
Il teatro sfruttava anch'esso in parte il rilievo orografico naturale, ma per ottenere una struttura di sufficienti dimensioni dovette inoltre essere appoggiato su sostruzioni, secondo l'uso romano.
La cavea è costituita da due maeniana (livelli), separati dal diazoma. Il frontescena (frons scaena) era decorato da tre ordini sovrapposti, articolati con nicchie e sporgenze, ed aveva cinque porte. I podi su cui poggiavano gli ordini architettonici presentavano rilievi (al primo ordine scene mitologiche del ciclo di Diana e di Apollo), agli ordini superiori eroti e ghirlande alternati ad altre scene figurate con Demetra, Persefone e Dioniso). Il marmo bianco utilizzato proviene probabilmente dalle cave locali di Thiountas e sono presenti fusti e rivestimenti in marmo pavonazzetto dalla vicina città di Docimium.

TURCHIA - Teatro romano di Aspendo

 

Il teatro romano di Aspendo è un teatro romano che si trova nell'antica città di Aspendo in Turchia.
Costruito nel II secolo, è uno dei teatri antichi meglio conservati del mondo antico.
Con un diametro di 96 metri, il teatro fu costruito nel II secolo dall'architetto greco Zenone durante il regno di Marco Aurelio (161-180).
La cavea è un semicerchio di 95,48 metri di diametro scavato nel fianco nord-orientale della collina ed è divisa in due da un unico diazoma e presenta 40 file di gradini per una capienza di 7.300-7.600 spettatori, che poteva arrivare fino a 8.500.
La parete del palco è completamente intatta mentre è scomparso il soffitto originale in legno profondo 8 metri. Intorno al teatro sono stati rinvenuti 58 fori dove un tempo c'erano dei pali, che potevano servire per stendere un grande velario sopra la tribuna per proteggere gli spettatori dal sole.
Il teatro fu periodicamente riparato dai Selgiuchidi, che lo usarono come caravanserraglio, e nel XIII secolo l'edificio del palcoscenico fu trasformato in un palazzo dai Selgiuchidi di Rum.
In tempi moderni il teatro è stato riportato al suo stato originale ed è diventata un'importante attrazione turistica della regione. In primavera e in estate vi si tengono spettacoli di opera e balletto.

TURCHIA - Basilica rossa, Pergamo

 


La cosiddetta "Basilica rossa "(in turco Kızıl Avlu) è un tempio romano in laterizio dell'antica città di Pergamo (oggi Bergama, in Turchia), probabilmente di epoca adrianea e dedicato a Iside e Serapide insieme a Cibele. Il tempio successivamente fu trasformato in chiesa bizantina. In base alla tecnica di costruzione in laterizio, si suppone che l'architetto fosse stato originario dell'Italia. Il tempio doveva essere dedicato a Serapide o a Iside e doveva ospitare anche il culto di altre divinità egizie (Arpocrate, Osiride Api, Elio). L'edificio potrebbe essere stato commissionato dall'imperatore Adriano, che aveva una predilezione per le divinità egizie. La notevole altezza del muro che recinge l'area del santuario doveva essere motivata dal desiderio di nascondere all'esterno le cerimonie che vi si svolgevano, nelle quali l'acqua doveva svolgere un ruolo importante.
Una basilica cristiana venne sistemata, probabilmente nella seconda metà del V secolo all'interno dei resti del tempio. La chiesa fu successivamente distrutta probabilmente in occasione delle incursioni arabe del VII secolo.
Nell'Ottocento i resti del tempio e della basilica furono descritti nel 1809 dal conte de Choiseul-Gouggier, che lo identificò come tempio di Esculapio, nel 1811 da Otto Magnus von Stackelberg, nel 1826 da Francis Vyvyan Jago Arundel e nel 1838 da Charles Texier, che vi vide un palazzo bizantino. Fu ancora citato da Baratta nel 1840, da Mordtmann nel 1850 e 1854 e da Curtius nel 1871.
I primi scavi che interessarono la "sala rossa" risalgono agli anni 1906-1909 e nel 1936 furono eliminate le abitazioni che si erano insediate all'interno del tempio, permettendo la redazione della pianta da parte di Oskar Ziegenaus. Seguirono i primi lavori di restauro, ispirati dal direttore del Museo di Bergama, Osman Bayatlı, poi proseguiti negli anni 1950 e 1960, e nel 1970 il rilievo fotogrammetrico di Manfred Stephani e Klaus Nohlen. La sede di Istanbul dell'Istituto archeologico germanico ha avviato nel 2002 scavi scientifici nella Sala rossa sotto la direzione di Adolf Hoffmann e in quest'ambito nel 2006-2009 la rotonda sud, che nell'Ottocento aveva ospitato un macchinario per la produzione dell'olio d'oliva, è stata restaurata sotto la direzione di Martin Bachmann e adibita a piccolo museo. Nel 2010 è stato avviato il progetto di ricostruzione del portico di cortili laterali con i frammenti originali delle cariatidi.
L'edificio venne realizzato ai piedi della collina dell'acropoli, sul lato sud di essa, e inserito nel reticolo stradale della città bassa, della quale occupava tre isolati di 92 x 92 m, immediatamente ad ovest del foro cittadino.
Il tempio vero e proprio si trova all'estremità orientale di un temenos (recinto sacro) circa 100x265 m, circondato da muri in pietra di almeno 13 m di altezza, al quale si accedeva solo dal lato occidentale, dove si apriva un grande portale centrale (di circa 10 m di larghezza) e due porte laterali più piccole. All'esterno il muro su questo lato era decorato da nicchie inquadrate da semicolonne e lesene con capitelli corinzi in marmo bianco.
Per realizzare il temenos il fiume Selinus (oggi Bergama Çayı) fu coperto per una lunghezza di circa 200 m da una doppia volta a botte, tuttora in funzione.
All'interno il cortile centrale era fiancheggiato da portici e il muro di fondo di questi era dotato di tre esedre. Sul lato est era un porticato più alto degli altri con un avancorpo sporgente che faceva da ingresso al tempio; ai lati questo portico dava accesso sul retro ai cortili al fianco del tempio.
Il tempio era costituito da una vasta sala, che si estendeva per 60 m in lunghezza (in senso est-ovest) e per 26 m in larghezza, con muri che si conservano per un'altezza di circa 20 m. Alla sala si accedeva per mezzo di un enorme portale ad arco, largo 7 m e alto 14 m preceduto da sei gradini marmorei. I pilastri laterali del portale ospitano delle scale che permettevano di accedere agli ambienti sotterranei. All'interno erano presenti cinque nicchie arcuate nelle pareti laterali (altezza 6 m e larghezza 3,12 m a partire da 2,70 m di altezza), sormontate più in alto da finestre. Le nicchie dovevano essere fiancheggiate da colonne, probabilmente su due ordini. La parete di fondo non si è conservata.
I muri sono costruiti in laterizio, insoliti in questa regione, di colore rosso, da cui deriva il nome moderno dell'edificio. Le pareti interne ed esterne della sala e la sua pavimentazione erano ricoperte da lastre in marmi colorati.
Al centro della sala è un bacino incassato nel pavimento e un canale rivesto in alabastro egiziano, da dove una condotta scarica l'acqua nel cortile. Oltre il bacino è presente un podio di 1,50 m di altezza, che ospita un basamento a pianta quadrata, che doveva ospitare una statua di culto colossale. Un piccolo vano ricavato nel basamento della statua forse permetteva di accedere all'interno della scultura per "farla parlare". Sotto il podio è presente una sala sotterranea fu utilizzata come cisterna.

TURCHIA - Tempio di Artemide, Sardi

 


Il tempio di Artemide è un tempio ionico di origine ellenistica e poi romano della città di Sardi, antica capitale del regno di Lidia in Asia Minore. Alla fine del V secolo a.C. era stato eretto in onore di Artemide un altare monumentale in calcare, probabilmente citato da Senofonte come luogo in cui avvenne una delle riconciliazioni tra Ciro il giovane e Oronta.
Di fronte all'altare, dopo la conquista della città da parte di Alessandro Magno, intorno al 300 a.C. venne costruito il primo tempio, non completato nella peristasi.
Un primo ampliamento venne realizzato nel secondo quarto del II secolo a.C., con la realizzazione di una facciata di tipo prostilo esastilo (a sei colonne) sul lato orientale.
La terza fase, nella seconda metà del II secolo d.C. fu legata alla dedicazione del tempio anche a Faustina maggiore, moglie dell'imperatore Antonino Pio, divinizzata dopo la sua morte nel 141. Vennero erette le colonne della facciata est e dei lati lunghi di un tempio pseudodiptero (con peristasi a una sola fila di colonne, ma della stessa ampiezza di uno schema diptero).
Nel IV secolo venne eretta all'angolo sud-est del tempio una piccola chiesa.
L'altare originario, tuttora conservato, era di dimensioni monumentali (21 x 11 m) e realizzato in calcare locale.
Nella prima fase del 300 a.C. circa, il tempio aveva la facciata principale sul lato ovest ed era dotato di una cella a tre navate, preceduta da un pronao con due file di tre colonne tra le ante e con un opistodomo a due colonne sul retro. L'edificio aveva una pianta particolarmente allungata (23 x 67,52 m) ed era forse previsto con pianta a schema diptero.
A differenza del'Artemision di Efeso e del Didymaion presso Mileto, da cui il modello era stato ripreso, la cella si presentava coperta e non scoperta.
Si conservano due delle colonne, pertinenti all'originario opistodomo, ora spostate al centro della seconda fila di colonne sul lato est: i fusti avevano un diametro pari ad un decimo della loro altezza complessiva (15,56 m), una proporzione ripresa dal tempio di Atena a Priene, dell'architetto Pytheos. Le colonne avevano un alto basamento che forse era in origine destinato a ricevere dei bassorilievi, tuttavia non realizzati. Appartengono a questa fase un capitello ionico oggi conservato nel Metropolitan Museum di New York, mentre altri due giacciono nei resti del tempio.
Nella seconda fase, nel secondo quarto del II secolo a.C. fu progettato di dotare il tempio di una peristasi pseudodiptera (con una sola fila di colonne, ma lasciando lo spazio per una fila di colonne intermedia come nel tempio diptero), con facciata decastila (a dieci colonne). Vennero realizzate le fondazioni della facciata orientale e delle prime due colonne dei lati lunghi, ma il colonnato non venne mai eretto.
Il progetto venne ridotto e si realizzò invece sullo stesso lato una facciata di tipo prostilo esastilo (a sei colonne), nella quale furono spostate le due colonne dell'opistodomo originario. Una simile facciata prostila venne probabilmente prevista anche sul lato ovest, dove tuttavia vennero solo spostate in avanti le due colonne più esterne delle file che si trovavano nel pronao originario.
Uno dei capitelli della facciata prostila venne in seguito utilizzato nella terza fase ed è stato datato al secondo quarto del II secolo a.C.. Come il capitello anche l'intercolunnio centrale della facciata non realizzata, più largo degli altri, mostra un influsso delle realizzazioni dell'architetto Ermogene, autore del tempio di Artemide Leucofriene di Magnesia al Meandro.
Le colonne per le quali erano state realizzate le fondazioni nella seconda fase vennero erette nella terza, datata nella seconda metà del II secolo d.C.. A queste si aggiunsero tutte le colonne dei lati lunghi della peristasi e una colonna della facciata occidentale. Si conserva attualmente uno dei capitelli di queste nuove colonne, sulla facciata orientale.
Per accogliere il nuovo culto della diva Faustina, venne abolito l'antico pronao e lo spazio corrispondente in origine alla cella e al pronao venne diviso in due parti da un muro trasversale: nella cella occidentale venne inoltre realizzato il basamento per una nuova statua di culto.
La testa di una grande statua di Faustina maggiore è stata rinvenuta nella cella orientale (nella foto), oggi al Britih Museum di Londra.

TURCHIA - Tempio di Atena Poliade

 

 Il tempio di Atena Poliade è un tempio greco della città di Priene, nell'Asia Minore. È uno dei pochi templi greci del quale ci è giunto il nome dell'architetto: secondo Vitruvio questi sarebbe stato Piteo, che aveva lavorato anche al Mausoleo di Alicarnasso.
Il tempio era di ordine ionico, periptero, con sei colonne sulla fronte (esastilo) e undici sui lati corti. La ricerca sulla decorazione architettonica ha individuato diverse fasi, dalla seconda metà del IV secolo a.C. all'epoca augustea.

TURCHIA - Carre

 

Carre (latino: Carrhae) è un'antica città della Mesopotamia settentrionale corrispondente all'odierna Harran, in Turchia. La città, già Ḫarrānu per gli Assiri, poi Carrhae per i Romani, venne identificata come Ḥarrān a seguito della conquista araba nel VII secolo. Città di antichissime origini e sede del culto della luna, nella valle del fiume Balikh, fu l'ultima capitale degli Assiri sotto Assur-uballit II e la sua caduta segnò la fine definitiva dell'Assiria come nazione indipendente (609 a.C.; a differenza delle capitali storiche dell'Assiria, Assur caduta nel 614 a.C. e Ninive conquistata nel 612 a.C., Harran non fu rasa al suolo dai conquistatori Medi e Caldei).
In seguito, la città divenne colonia dei Macedoni e per lungo tempo indipendente, formando uno stato cuscinetto tra i Parti e i Romani, i cui sovrani, della dinastia araba degli Abgaridi, erano formalmente vassalli dei Parti. Nei pressi della città si combatté la battaglia di Carre il 9 giugno del 53 a.C., in cui Marco Licinio Crasso fu sconfitto, catturato e ucciso dal generale parto Surena, in una delle più disastrose sconfitte romane.
La città si trovò sul confine romano dei Parti e poi dei Sasanidi, e fu luogo di diversi episodi delle guerre romano-persiane, e qui l'imperatore romano Caracalla fu assassinato (217); fu conquistata da Ardashir I nel 238 e riconquistata nel 243 dall'imperatore Gordiano III; conquistata ancora da Sapore I dopo la cattura dell'imperatore Valeriano (260), fu riconquistata dal generale semi-indipendente Settimio Odenato (264); nei pressi si combatté la battaglia di Callinicum, in cui l'imperatore romano Galerio fu sconfitto (296).
Fu sede dell'omonima diocesi, attualmente sede titolare.
Sasanidi e Romani si sono alternati nel dominio della città in più occasioni fra il IV ed il VI secolo. Il generale persiano Shahrbaraz completò la conquista dell'Oshroene un'ultima volta per i Sasanidi intorno al 610. La città passò sotto il controllo romano dopo l'offensiva dell'imperatore Eraclio nel 620 per un periodo molto breve, prima di essere rilevata dalla nuova potenza emergente, i Rashidun. Nel 640 (19 del calendario islamico), Carrhae fu conquistata dal generale arabo musulmano 'Iyāḍ b. Ghanm.
Carre è identificata con la città di Carran di cui si parla nella Genesi come il luogo in cui si stabilì Abramo con la sua famiglia, dopo essere partito da Ur.
Carran è menzionata anche nel discorso di santo Stefano protomartire in Atti 7:1-3.

TURCHIA - Lorima

 


Lorima (in greco Λώρυμα) fu un'antica città e sede episcopale nella provincia romana della Caria, in Asia Minore (Anatolia, oggi Turchia).
Risulta ora come sede titolare. Loryma era una piccola città fortificata e porto sulla costa della Caria, non lontano da Capo Cynossema, all'estremità occidentale della penisola nota come Chersonesus di Caria, di fronte, a venti miglia romane dall'isola di Rodi. Era fortificato e apparteneva ai Rodi.
Le sue rovine, a ovest di Port Aplothiki, con torri, tombe e bastioni sono descritte da William Martin Leake (Asia Minore, 223).
Sopra la baia di Loryma (moderna Bozuk Bükü) si trovano le rovine di una cinta muraria che circonda la cima della collina. Costruiti da grandi blocchi di pietra sagomati in situ, i muri rimanenti (alti fino a diversi metri all'esterno) conservano angoli molto precisi e facce a strapiombo.
Plinio il Vecchio, nella sua Naturalis Historia, ci ha lasciato una descrizione delle dimensioni dell'edificio: «… i lati sud e nord hanno una lunghezza di 63 piedi (ca. 18,67 metri); sulle fronti è più corto. Il perimetro completo è di 440 piedi (ca. 130,41 metri); in altezza arriva a 25 cubiti (ca. 11,10 metri) ed è circondato da 36 colonne; il perimetro del colonnato è chiamato pteron […]. Skopas scolpì il lato est, Bryaxis il lato nord, Timotheos (Timoteo) il lato sud e Leochares quello ovest ma, prima che completassero l'opera, la regina morì. Essi non lasciarono il lavoro comunque, finché non fu completato, decisero che sarebbe stato un monumento sia per la loro gloria sia per quella della loro arte ed anche oggi essi competono gli uni con gli altri. Vi lavorò anche un quinto artista. Sullo pteron si innalza una piramide alta quanto la parte bassa dell'edificio che ha 24 scalini e si assottiglia progressivamente fino alla punta: in cima c'è una quadriga di marmo scolpita da Piti. Se si comprende anche questo l'insieme raggiunge l'altezza di 140 piedi (ca. 41,50 metri)...»

Tali erano la magnificenza e l'imponenza della tomba di Mausolo che il termine mausoleo venne poi usato per indicare tutte le grandi tombe monumentali.
Alcuni resti del Mausoleo, soprattutto i resti dei cavalli e della quadriga che vi era alla sua sommità, sono conservati e visibili al British Museum di Londra, dove vi è anche un'impressionante spiegazione delle proporzioni dell'opera, partendo dalle dimensioni (già di per sé notevoli) dei resti dei cavalli lì esposti.
Nella figura a destra viene citata la struttura dello Shrine of Remembrance, che è ispirata al mausoleo di Alicarnasso. Oltre a questa struttura ne esiste anche un'altra, ispirata a questo mausoleo, che è la House of the Temple situata al civico 1733 di Sixteenth Street NW a Washington.
Presenta elementi architettonici quali la palmetta fiammeggiante.

ARGENTINA - Cueva de las Manos

  La  Cueva de las Manos  (che in spagnolo significa Caverna delle Mani) è una caverna situata nella provincia argentina di Santa Cruz, 163 ...