mercoledì 16 luglio 2025

FRANCIA - Testa di cavallo del Le Mas-d'Azil

 

La testa di cavallo del Le Mas-d'Azil è una scultura risalente al periodo magdaleniano, scolpita circa 15.000 anni fa. È stata ritrovata nella grotta di Le Mas-d'Azil, in Francia, e raffigura la testa di un equino con precisione tecnica maggiore rispetto alle epoche preistoriche precedenti.



FRANCIA - Terme di Cluny, Parigi

 


Le Terme di Cluny sono le rovine dei bagni termali gallo-romani che si trovano nel cuore del V arrondissement di Parigi, e che sono inglobate nel Musée national du Moyen Âge - Thermes et Hôtel de Cluny. Le attuali rovine delle terme costituiscono solo un terzo del massiccio complesso termale che si ritiene sia stato costruito verso la fine del II secolo d.C. e l'inizio del III. Lo spazio meglio conservato è il frigidarium, con elementi architettonici intatti, come volte, costole e mensole e frammenti di pittura murale decorativa originale e mosaici. È l'unica sala romana presente in Francia e misura 20 metri per 11,5 e 14 d'altezza.
Le terme di Lutetia, dette terme di Cluny, furono costruite verso la fine del II secolo o all'inizio del III secolo d.C. sulla riva sinistra della Senna, all'incrocio del cardo e del decumano di Lutetia. Si ritiene che il complesso termale sia stato costruito dalla potente confraternita dei battellieri della Lutetia del III secolo, dall'evidenza del fatto che le mensole su cui poggiano le volte a botte, siano fatte a forma di prua di nave.
Come tutte le terme romane, anche queste erano aperte al pubblico e sono considerate, in parte, un mezzo di romanizzazione dell'antica Gallia.
Tuttavia al tempo Parigi non aveva delle fortificazioni urbane, e la città e quindi le terme, furono facile preda delle incursioni barbariche che apparentemente distrussero il complesso termale verso la fine del III secolo d.C.. Una prima probabile distruzione ci fu già con l'invasione dei Franchi e degli Alemanni nel 275.
Nel VI secolo, Venanzio Fortunato, descrive le terme denominandole di arx celsa (gran palazzo), come residenza del re Childeberto I, re di Parigi dal 511 al 558. La vedova, la regina Ultrogota, vi risiederà ugualmente con le figlie, come riportato nel De horto Ultrogothonis.
Ci furono probabilmente distruzioni durante i numerosi assedi e incendi dei Vichinghi, del 845, 856, 861 e del 885-886. Infine l'assedio d'Ottone II nel 978, che incendiò parte sud della città.
La descrizione delle terme di Jean d'Hauville (1150?-1200?) nel suo poema Architrenius (capitolo 8, De aula in montis vertice constituta), ci illustra il "palazzo dei re", la cui «...facciata, le corti, e le ali dell'edificio abbracciano nel loro sviluppo tutto il perimetro della montagna. Questa lunga sequenza di edifici presenta una infinità di sinuose ridotte sempre adatte a crimini segreti, misteriosi nascondigli complici del crimine, come salvare la vergogna a chi li commette.» (Jean d'Hauville, Architrenius (capitolo 8, De aula in montis vertice constituta))
Il palatium de Terminis era proprietà di Simon de Poissy (Simonis de Pissiaco) nel marzo 1218. Quando il re Filippo Augusto dà in possesso perpetuo la Montagna di Santa Genoveffa al suo ciambellano, Henri le concierge (Henrico Consergio) come ricompensa dei suoi servizi, la proprietà comprendeva anche le terme. Con la costruzione della prima cinta muraria di Parigi, si utilizzarono alcune parti delle terme come cava di materiali da costruzione.
Il palais des Thermes e le sue dipendenze sono acquistati nel 1340 da Pierre de Châtelus, abate di Cluny per il suo ordine. Gli abati di Cluny costruiscono il loro Hôtel sulle terme e una parte degli ambienti termali fu usata come un fienile. L'hôtel de Cluny venne ricostruito nell'aspetto attuale tra il 1485 e il 1510.
La sala centrale, che era stata utilizzata come fienile nel 1456, fu occupata nel 1691 dalle scuderie e dalle rimesse delle diligenze per Chartres e Laval. Un affitta-carrozze vi si installa verso il 1750, poi un albergatore, e dai bottai Falaise e Garnier dal 1781.
Abbandonato e danneggiato durante la Rivoluzione francese, venne recuperato con l'inizio di scavi, nel 1819 per volere di Luigi XVIII. Nel 1843 tutto il complesso (con l'Hôtel de Cluny) fu acquistato dallo Stato che lo aprì al pubblico nel 1844 come Museo.

Il complesso termale si compone di tre ambienti principali: il Frigidarium, abbastanza integro, e le rovine del Caldarium e del Tepidarium. Oggi è ora parte di un sito archeologico ed è incluso nel Musée national du Moyen Age et des Thermes de Cluny, e per questo motivo ospita sculture o murature ritrovate in varie occasioni a Parigi.
Lo spettacolare Frigidarium è una sala rettangolare coperta da volta a botte. Accoglie il prezioso Pilastro dei nauti, dedicato a Giove e forse proveniente da un tempio a lui dedicato. Venne realizzato dalla potente corporazione dei battellieri, da cui il nome, nel I secolo d.C.
Anche se in parte modificati dai restauri e dal riuso nel corso dei secoli, diversi altri spazi del complesso termale , in particolare il Gymnasium, ora ospitano le collezioni museali. Fra esse spiccano i busti e le teste delle statue originali provenienti dalla Galleria dei Re (di Giudea) della facciata di Notre-Dame; quelle statue decapitate al tempo della Rivoluzione in quanto ritenute raffiguranti i Re di Francia.


FRANCIA - Cromlech del Piccolo San Bernardo

 

Il Cromlech del Piccolo San Bernardo è un complesso megalitico situato alla frontiera tra l'Italia e la Francia, sul colle del Piccolo San Bernardo, sullo spartiacque dei bacini della Dora Baltea e dell'Isère, a 2 188 m s.l.m.
È uno dei due siti megalitici presenti nell'Italia nord-occidentale, entrambi valdostani: il cromlech del Piccolo San Bernardo si trova parzialmente nel comune di La Thuile, mentre l'area megalitica di Saint-Martin-de-Corléans è nel comune di Aosta.
I cromlech sono dei monumenti megalitici preistorici. Questo cromlech fu costruito nella preistoria dagli antenati dei Valdostani, i Salassi, popolazione di origini, lingua e cultura celtica.
È difficile stabilire con precisione la data di costruzione, poiché molte pietre sono state spostate o tolte del tutto, altre sostituite, nel corso dei secoli. Non è da escludere la presenza di un dolmen al centro.
Le pietre pervenuteci sono 43, allungate e appuntite, disposte a una distanza di 2-4 metri una dall'altra in media, a formare una circonferenza di 73 metri di diametro. In origine le pietre erano probabilmente 50.
I resti di un tempietto gallico, risalente a un'epoca notevolmente posteriore, sono stati rinvenuti nei dintorni. Questo ritrovamento non lascia dubbi sul fatto che questo luogo fu da sempre centro di culto fin dall'antichità. Degli scritti di autori locali parlano della presenza di una colonna di porfido grezzo, detta « Columna Jovis », sormontata da un grande rubino chiamato « occhio di Giove » o « carbonchio », che faceva parte probabilmente del monumento. Ancora oggi, la colonna (chiamata localmente Colonne de Joux, in francese) sostiene la statua di San Bernardo di Mentone.
Mentre l'antica strada romana, la via delle Gallie, venne progettata per passare accanto al cromlech rispettandone il luogo sacro preesistente come era abitudine dell'Antica Roma (culturalmente praticante la Seductio e il sincretismo religioso), nel 1862 vi si fece passare in mezzo la strada internazionale, e agli inizi del XX secolo una ventina di pietre vennero divelte e solo in seguito sostituite. In particolare, durante l'epoca fascista cinque pietre vennero rimosse per consentire il transito sulla nuova strada che passava all'interno dell'area sacra.
Dopo ottant'anni, come parte del progetto “Patrimoine transfrontalier au Petit Saint Bernard” caldeggiato dalla regione Valle d'Aosta, il cromlech è stato ripristinato come sito archeologico unitario nel 2012, deviando il percorso della strada all'esterno del cerchio.
L'autore latino Petronio descrisse questo luogo come consacrato a Ercole Graio, riferendosi al mito del passaggio dell'eroe attraverso il passo, chiamato dai Romani Alpis Graia (da cui il toponimo Alpi Graie): «Sulle Alpi, vicino al cielo, c'è un luogo dove, spostate dalla potenza di Graio, le rocce si abbassano, e lasciano che si possa attraversarle, c'è un luogo sacro, dove si innalzano gli altari di Ercole: l'inverno li ricopre di una neve persistente; e leva la sua testa bianca verso gli astri.» 
Dal 1997 il sito è indagato dagli archeoastronomi dell'ARSAV, l'Associazione valdostana di archeoastronomia che si occupa di analizzare le conoscenze astronomiche dei popoli antichi, sulla base dei ritrovamenti megalitici e del loro orientamento. È stato possibile recuperare le conoscenze degli uomini preistorici e capire in quale misura esse influenzavano le attività quotidiane e l'organizzazione sociale. Questo complesso megalitico si trova in una posizione molto interessante anche dal punto di vista astronomico. Ogni anno, il 21 giugno (giorno del solstizio d'estate) alle ore 19:30, il sole tramonta dietro al monte Lancebranlette, a nord-ovest del colle, proiettando due zone d'ombra che circondano progressivamente la circonferenza di pietre fino a lasciare solo un cerchio illuminato. Dei riti risalenti al Neolitico erano legati agli equinozi e ai solstizi, giorni magici e dal grande potere simbolico, celebrati attorno ai monumenti sacri.

FRANCIA - La Graufesenque

 

La Graufesenque è un sito archeologico situato nel comune di Millau (dipartimento di Aveyron, regione Midi-Pirenei) nel sud-ovest della Francia. Il sito si trova a due chilometri dal centro abitato odierno, in una piccola piana alluvionale alla congiunzione dei fiumi Tarn e Dourbie. Si trovava nel territorio del popolo gallico dei Ruteni e aveva nome Condatomagus (da condate, "confluente", e da magus, "mercato"). Il suo sviluppo fu dovuto a quello di una significativa produzione di ceramica.
I ceramisti produssero a La Graufesenque una ceramica fine da mensa, nota come ceramica sigillata (terra sigillata, per la frequente presenza di un piccolo marchio impresso). Questa ceramica era caratterizzata da vernice color mattone, con o senza decorazione modellata, e imitava quella prodotta ad Arezzo (ceramica sigillata aretina) e nell'Italia centrale.
Questa produzione, nota come ceramica sigillata gallica, o sud-gallica, ebbe una straordinaria diffusione, dalle rive del fiume Indo alla penisola iberica e le officine di produzione funzionarono a partire dalla fine del I secolo a.C., con un picco della produzione nel terzo quarto del I secolo d.C. A partire dal 60-80 d.C., la produzione fu accelerata a scapito della qualità e cominciano a essere presenti alcuni difetti. In seguito la produzione per esportazione si ridusse, ma rimase per l'uso locale fino alla metà del III secolo.
Esemplari di vari tipi di oggetti (coppe, calici, bicchieri, piatti, ciotole, fiaschi) sono conservati nel museo municipale di Millau. La ceramica era prodotta utilizzando argilla locale e rivestita di ingobbio rosso. Veniva cotta in fornaci alimentate a legna, che potevano ospitare fino a 40.000 oggetti per volta.
La preparazione dei vasi e la loro cottura si svolgevano da aprile a ottobre, mentre nel resto dell'anno si raccoglieva la legna necessaria ai forni e si preparava l'argilla. Solo le imprese di maggiori dimensioni si occupavano di tutte le fasi della produzione, mentre alcuni piccoli artigiani si erano specializzati in fasi specifiche della lavorazione ed erano quindi interdipendenti. Le tecniche di produzione furono fortemente standardizzate ed erano possibili associazioni temporanee per le necessità della domanda. Per tenere conto del lavoro di ciascuno l'attività veniva documentata dalle distinte che gli artigiani incidevano su pezzi di terracotta (gli scavi hanno restituito circa 270 di questi graffiti). Sono conosciute, dagli stampi impressi sul fondo dei vasi, circa 650 botteghe artigiane, attive tra il 10 a.C. e il 120 d.C., ma solo poche dozzine sono le più importanti.
Del centro abitato corrispondente al Condatomagus della Tavola Peutingeriana sono noti alcuni quartieri, tra cui quello del sito archeologico di La Graufesenque. Il sito comprende una zona artigianale (con forni di vasai e depositi), un'area sacra con dei templi e delle abitazioni separate da strette vie. Altri edifici sono stati individuati per mezzo delle ricognizioni aeree (ninfeo, "grande edificio").
Il sito è parzialmente di proprietà comunale e in parte privato. È stato inserito nelle liste del Ministero della cultura francese nel 1926 ed è stato dichiarato monumento storico nel 1992.

I primi sondaggi furono eseguiti nel 1862 dall'abate Malzac e tra il 1880 e il 1886 altri scavi furono condotti dall'abate Cérès e un'indagine archeologica più ampia venne portata avanti dall'abate Frédéric Hermet tra il 1901 e il 1906: grazie a questi ultimi ritrovamenti Joseph Déchelette poté dare un posto importante a La Graufesenque nella sua opera sulla ceramica decorata della Gallia romana. Gli scavi e le ricerche dell'abate Hermet furono pubblicati in due volumi nel 1934.
Nuovi scavi furono ancora condotti, ma in condizioni precarie, da Alexandre Albenque e da Louis Balsan tra il 1950 e il 1954. A partire dalla metà degli anni sessanta fu possibile prendere in affitto e poi acquistare i terreni e dunque garantire l'individuazione delle stratigrafie, la conservazione degli edifici rimessi in luce e lo studio dei materiali. Nel 1975 la direzione dello scavo venne assunta da Alain Vernet e nel 1980 il museo di Millau ha inaugurato le sale dedicate al sito e alla sua produzione. I graffiti ritrovati sul sito vennero pubblicati nel 1988 da Robert Marichal.
Nella prima fase (I secolo a.C. il sito ha restituito abitazioni con muri in pietre a secco e tetti in paglia, con ceramica di uso comune di fabbricazione locale, ma anche importata (anfore da vino provenienti dall'Italia, ceramica a vernice nera dalla Campania, ceramica catalana), a cui si aggiungono monete di Marsiglia, di Nîmes e di Empurias.
A partire dal 10 a.C. circa le abitazioni vengono costruite con pietre legate con calce e i tetti sono in legno e coperti con tegole in terracotta; gli interni sono intonacati e dipinti e con pavimenti in mattoni. Sono presenti anche mosaici, portici con colonne e impianti termali. L'insediamento non è tuttavia organizzato secondo i criteri urbanistici romani e le abitazioni si limitano a giustapporsi le une alle altre. Le poche sculture sono in pietra locale. Sono presenti anche alloggi modesti, forse per gli schiavi, con pavimenti in terra battuta.
Nel terzo periodo (seconda metà del II e prima metà del III secolo) vengono riutilizzate le costruzioni precedenti, con produzione di una ceramica di qualità inferiore, a impasto chiaro, per uso locale.


FRANCIA - Fanum

 
Il termine latino fanum (al plurale fana) nelle fonti antiche indica generalmente un luogo sacro generico, oppure un piccolo edificio di culto quasi sinonimo di sacellum. Cicerone impiega il termine per indicare santuari estranei alla tradizione classica, mentre Svetonio riferisce che Cesare aveva distrutto nel corso della guerra gallica fana templaque (fana e templi).
Nella letteratura archeologica moderna, a partire dallo studio dell'archeologo normanno Léon de Vesly, degli inizi del Novecento, il termine fanum indica per convenzione un edificio templare tipico delle aree di tradizione celtica, costituito da un'altissima cella a pianta centrale (circolare, quadrata o poligonale), circondata da una galleria coperta, diverso dal modello del tempio romano. Questa tipologia di edificio è a volte indicata anche con la denominazione di "tempio gallo-romano" o di "tempio di tradizione celtica".
Si trovano in tutta la Gallia, nelle province germaniche (Germania superiore e inferiore) e in Britannia, tra la fine del I secolo a.C. e il IV secolo d.C. (quindi solo successivamente alla conquista romana). Spesso più edifici templari sono raggruppati tra loro.
Negli anni novanta ne erano stati recensiti 650, sia in ambiente urbano che in zone rurali, per circa metà individuati tramite prospezione aerea. Spesso sorgono su più antiche aree sacre pre-romane (costituite generalmente da aree sacre recintate con palizzate e fossati).
A partire dall'epoca augustea compaiono nelle aree sacre pre-romane, piccoli edifici costruiti con tecniche edilizie più avanzate (laterizio). A partire dal I secolo d.C. gli edifici templari sono a volte dotati di un pronao classico, che introduce un forte elemento di assialità, secondo il modello del tempio romano. In quest'epoca probabilmente le attività sacrificali si svolgevano all'esterno, mentre la cella templare ospitava solo la statua di culto. Tra l'epoca di Claudio e la metà del II secolo le strutture templari vengono monumentalizzate, con templi su alti podi, altari e sculture, mentre l'area del santuario è delimitata da portici.
Gli alzati degli edifici di culto, tuttavia, continuano ad essere differenti rispetto al modello del tempio classico, con cella fortemente sviluppata in altezza e spesso dotata di finestre per l'illuminazione interna, circondata da una più bassa galleria periferica. La galleria poteva essere aperta con un colonnato, oppure parzialmente chiusa da un parapetto, ovvero del tutto chiusa all'esterno ad eccezione delle porte di accesso.
L'ipotesi tradizionale, che questa particolare conformazione dell'edificio templare rappresenti una persistenza della forma celtica originaria dei santuari, sembra attualmente superata Il più antico tempio di questo genere, datato alla metà del I secolo a.C., si trova a Vieille-Toulouse, in una regione, la Francia meridionale, che già a partire dal II secolo a.C. era influenzata da Roma.
La cella in quanto tale, che ospita la statua di culto, assente nei santuari celtici preromani, è comunque derivata dalla tradizione classica. La galleria intorno alla cella potrebbe invece riferirsi all'influsso di tradizioni di culto locali.

Nelle immagini, dall'alto:
- Resti della cella del fanum detto "Tempio di Giano" ad Autun
- Resti della cella del fanum detto Torre Vésone, a Périgueux   

FRANCIA - Lamassu dal palazzo di Khorsabad


Lamassu dal palazzo di Khorsabad sono dei reperti assiri in alabastro e gesso (h. circa 440 cm) databili al 721-705 a.C. circa e conservati nel Museo del Louvre, a Parigi. Costruiti a Dur-Sharrukin (oggi Khorsabad) a est del fiume Tigri per il re assiro Sargon II, risalgono al periodo del suo regno tra il 721 e il 705 a.C.
Gli archeologi francesi furono tra i primi a riscoprire la civiltà assira, con gli scavi del 1843-1844 di Paul-Émile Botta, e già nel 1847 a Parigi fu aperta la prima istituzione europea dedicata a questa cività orientale. Tra il 1852 e il 1854 Victor Place scavò la residenza di Sargon II, portando numerosi reperti in patria, assieme ai rilievi di Flandin e alle foto in calotipo di Georges Transhand.
Non tutti i Lamassu vennero trasportati a Parigi: alcuni naufragarono nell'Eufrate e altri furono lasciati in loco su minaccia dei Beduini. Oggi la "corte di Khorsabad" al Louvre ricostruisce un ambiente del palazzo con originali e copie in gesso.
I lamassu venivano posti davanti ai palazzi per "difenderli". Sono esseri benevoli che hanno intelligenza umana e forza animale.
I Lamassu sono divinità alate dal corpo taurino e dalla testa umana, le cui dimensioni monumentali ne fanno tra i reperti più impressionanti delle civiltà orientali. Essi erano situati alle porte delle città e nei principali passaggi del palazzo, con funzione intimidatoria verso gli estranei e protettiva verso gli abitanti. Tra le zampe e il dorso sono spesso presenti iscrizioni.
I Lamassu lavorati a rilievo, come quelli del Louvre, presentano una singolare disposizione delle gambe: visti frontalmente mostrano gli zoccoli allineati, in posizione d'arresto, mentre di lato simulano il movimento con una zampa arretrata, per cui in tutto vengono raffigurati cinque arti. Quelli destinati a uno stipite guardano in avanti, mentre altri, destinati a una parete, ruotano la testa di lato, verso l'ideale spettatore.

FRANCIA - Museo gallo-romano di Fourvière

 

Il museo gallo-romano di Fourvière è un museo di Lione, sito nell'area dei teatri romani, sulla collina di Fourvière, nel cuore dell'antica città di Lugdunum. La sua gestione è affidata ai servizi del dipartimento del Rodano. Il museo ospita regolarmente delle mostre temporanee.
Lugdunum, città gallo-romana, era la sede del potere imperiale per le tre province galliche della Gallia Aquitania, la Gallia Belgica e la Gallia Lugdunense. Acquisisce così il suo titolo di "Capitale delle Gallie".
Sotto la dinastia dei Flavi (69-96) e poi sotto gli Antonini (96-192) Lugdunum conosce il suo maggior periodo di prosperità con la pax romana, così come il resto dell'Impero. La sua popolazione è stimata fra 50 000 e 80 000 abitanti, il che rappresenta una della più grandi città della Gallia, assieme a Narbo Martius. La prosperità economica di Lugdunum si riflette nelle numerose opere che in questo periodo vengono ad abbellire la città alta e dalle numerosissime tracce di artigianato e scambi commerciali.
Il sito dell'antica capitale ha portato a numerosi rinvenimenti archeologici, in buona parte oggi ospitati nel museo.
Il museo è stato progettato dall'architetto Bernard Zehrfuss e inaugurato nel 1975. L'edificio si trova al limite del sito archeologico, quasi nascosto nel versante della collina. All'interno, il museo è costituito da una rampa in cemento che scende a spirale, ramificandosi verso dei pianerottoli destinati alle collezioni del museo.
Il museo è costruito in modo da dare una vista sui resti ancora conservati del Teatro e dell'Odéon. Raccoglie scoperte avvenute a Lione e nella regione, ma anche provenienti in alcuni casi da siti lontani. Vi si trovano soprattutto delle statue, gioielli, degli oggetti di uso comune, ecc.
Un plastico mostra Lugdunum secondo le conoscenze archeologiche del 1975 e le teorie di Amable Audin che vede la città principalmente edificata sulla collina di Fourvière e dominante l'isola che diventerà il quartiere di Presqu'île.
Altri plastici restituiscono i monumenti principali della città gallo-romana: i templi, il teatro di Fourvière, l'Odeon.
Un mosaico, scoperto nel 1806, offre una rara rappresentazione delle corse di carri come quelle che avvenivano all'ippodromo.
Sono conservati nel museo anche reperti celtici, precedenti all'occupazione romana.
Epigrafia, steli e altari 
Fra i reperti di maggior pregio del museo, vi è la Tabula claudiana: una piastra in bronzo sulla quale è trascritto un discorso dell'imperatore Claudio al Senato nel 48 d.C. nel quale Claudio si pronunciava a favore della concessione della cittadinanza alla Gallia comata.
Il Calendario di Coligny è un'epigrafe in lingua gallica, anch'essa custodita nel museo, incisa in caratteri latini su tavola in bronzo e risalente alla fine del II secolo d.C., contenente un antico calendario gallico rinvenuto nel 1897 a Coligny, nei pressi di Lione.
Nel museo sono presenti anche diversi altari taurobolici, dei quali uno dedicato nell'anno 160 alla guarigione di Antonino Pio.
Artigianato
Un piano del museo è interamente consacrato all'artigianato gallo-romano (nella foto in alto, vaso in terracotta con atleta su quadriga che mostra la corona della vittoria ed un ramo di palma): ceramiche, mosaici, oggetti in metallo e in vetro. La presenza di bilance e pesi testimonia della vocazione commerciale di Lione, fra i due assi fluviali del Rodano e della Saona.
È presente un forno per la cottura dei vasi, ma anche delle catene metalliche per schiavi, poiché l'attività industriale riposava sullo sfruttamento di una mano d'opera servile.
I mosaici

A Lugdunum sono stati trovati numerosi mosaici di grandi dimensioni e in stili differenti (nella foto, mosaico dei giochi circensi).
Sarcofagi
Il museo custodisce vari grandi sarcofagi finemente lavorati:
il sarcofago del trionfo di Bacco (vedi foto);
il sarcofago di Balazuc;
un sarcofago paleocristiano del IV secolo.
Tesori
il tesoro di Vernaison è costituito da delle asce, delle falci e altri oggetti dell'età del Bronzo, ritrovati a Vernaison (vedi foto di apertura, in alto);
il tesoro di Vaise è costituito da delle stoviglie, dei gioielli e delle statuette d'argento seppellite durante un'invasione germanica nel III secolo (si veda la foto in alto di un anello in cormalina).

FRANCIA - Grotta di Trois-Frères


La
grotta di Trois-Frères è una delle più famose grotte del sudovest della Francia, conosciuta per le sue pitture rupestri. Si trova a Montesquieu-Avantès, nel dipartimento di Ariège.
La grotta fa parte di un complesso ipogeo formato dal fiume Volp, che attraversa quella zona.
Le pitture sembrano risalire a circa il 13.000 a.C.
La grotta prende il nome dai tre figli del conte Bégouen che la scoprirono nel 1914 (in francese trois frères significa "tre fratelli"). I disegni della grotta vennero resi famosi con le pubblicazioni dell'abate Henri Breuil.
Più che dal punto di vista artistico, le raffigurazioni di questa grotta sono eccezionalmente significative per la conoscenza delle credenze e dei riti magico-religiosi di quelle genti. Le figure rappresentano con estremo naturalismo animali (cavalli, buoi, bisonti, renne, mammut, ecc.) eseguiti con una incisione profonda ma sottilissima, e sovrapposti l'uno all'altro in un groviglio di linee a prima vista indecifrabile.
Lo scopo prevalentemente magico di queste figure è attestato dalla presenza di esseri fantastici, fra i quali molto noto è il cosiddetto Stregone (nella foto). Questa figura, collocata più in alto delle altre, è in parte graffita e in parte dipinta: ha il corpo di un cavallo, e la testa, con occhi rotondi e becco quasi di uccello, è incorniciata da una fluente barba e sormontata da corna di cervo.
È incerto se si tratti di un uomo mascherato, intento a qualche pratica magico-propiziatoria, o di una immagine divina.


FRANCIA - Teatro romano di Arles

 

Il teatro romano di Arles fu costruito alla fine del I secolo a.C., sotto il regno dell'imperatore Augusto, subito dopo la fondazione della colonia romana. La costruzione fu iniziata intorno al 40 a.C. e fu completata intorno al 12 a.C., divenendo così uno dei primi teatri in pietra del mondo romano. Il teatro è inscritto nel decumano della griglia romana. Il teatro romano di Arles è oggetto di una classificazione come monumento storico dalla lista del 1840.
Il teatro inizialmente era costituito da tre parti: la cavea, uno spazio semicircolare che accoglieva gli spettatori, il palcoscenico dove recitavano gli attori, e il muro che fungeva sia da fondale che da chiusura del monumento.
La cavea, con un diametro di 102 metri, poteva ospitare 10 000 spettatori seduti in 33 file di gradinate. Ad Arles il teatro ospitava quindi la metà degli spettatori dell'Arena e del Circo. Gli spettatori erano distribuiti secondo la loro appartenenza sociale: le persone comuni in alto, i cavalieri e i notabili nelle file inferiori e quindi l'orchestra.
Il palcoscenico stesso era costituito da una piattaforma di legno lunga 50 metri per 6 metri di larghezza e ospitava le macchine del teatro nelle sue sottostrutture.
La parete di fondo era decorata, su tre livelli, con un centinaio di colonne corinzie di cui solo due hanno resistito alla prova del tempo. Il muro probabilmente sorreggeva una tettoia per proteggere il palcoscenico dagli elementi atmosferici. Nicchie nel muro ospitavano statue di ispirazione greca, come la Venere di Arles, oggetto di un controverso restauro, che ora fa parte delle collezioni del Louvre.
Il teatro, a differenza dell'anfiteatro o del circo, offriva spettacoli in cui si esibivano attori; erano tragedie romane o greche, commedie, spettacoli di mimo e pantomimo destinati a un pubblico più sofisticato. Questi spettacoli, eseguiti principalmente durante le feste in onore degli dei, erano gratuiti in modo che tutti potessero assistervi. Tuttavia, a volte gli spettacoli venivano offerti solo agli uomini. Inoltre, donne e bambini dovevano essere accompagnati da un uomo adulto.
Il teatro di Arles venne costruito sulla collina di Hauture sul decumano alla fine del I secolo a.C. La sua costruzione terminò probabilmente già nel 12 a.C. e la ricchezza della sua decorazione testimoniano l'importanza data alla colonia di Arles dall'imperatore Augusto. Questo luogo, a differenza di quelli greci, non fu dedicato a Dioniso, ma ad Apollo, una divinità onorata da questo imperatore. È stato riferito che l'imperatore Costanzo II vi offrì una grandiosa rappresentazione il 10 ottobre 353 e questo luogo di spettacoli rimase in funzione fino all'inizio del V secolo. In questa data, la Chiesa ferocemente contraria a comici e spettacoli pagani, utilizzò il teatro come cava per la costruzione della basilica paleocristiana di Santo Stefano, intrapresa sotto l'episcopato di Ilario.
Più tardi, probabilmente tra la fine del VI e l'inizio dell'VIII secolo, il fondale del palcoscenico venne rinforzato, integrato nella cinta muraria e dotato di una torre di difesa chiamata "Torre Rotland".
Il terreno è stato poi gradualmente suddiviso realizzando case e vicoli. Vi furono costruite ville private e vi si stabilirono ordini religiosi, in particolare i gesuiti che vi costruirono il loro primo collegio, oltre alle suore della Misericordia. Nel 1755-1789, il cortile del convento, dove erano visibili le due colonne, fu utilizzato per presentare al pubblico le scoperte archeologiche effettuate in loco.
Il teatro iniziò a essere sgombrato dal 1828 in poi, grazie all'azione del sindaco dell'epoca, il barone de Chartrouse. I lavori furono ripresi negli anni quaranta dell'Ottocento e completati nel 1860. Il teatro è stato scoperto dai primi scavi del XVII secolo, a seguito del ritrovamento di molti resti antichi, tra cui diverse sculture, la famosa Venere di Arles, un busto di Augusto nelle vesti di Apollo e la Testa di Arles (Musée de l'Arles antique).
L'antico teatro di Arles è uno dei monumenti presenti nell'elenco del 1840 redatto da Prosper Mérimée. Dal 1981 compare nell'elenco del patrimonio mondiale dell'umanità istituito dall'UNESCO.
Dell'antico prospetto a sostegno della cavea, resta solo una baia compresa, nel Medioevo, nel bastione della città dove fu trasformata in torre di difesa. L'orchestra conserva al centro la traccia del suggello dell'altare ai cigni, emblema di Augusto, dedicato ad Apollo.
Restano infine, sole e misteriose, due colonne, chiamate "le due vedove", delle cento che decoravano la parete scenica.
Questo monumento è visitabile ed è anche luogo di spettacoli. In particolare, tra la fine di giugno e la fine di agosto, ospita Arles e le feste in costume, i Rencontres d'Arles, il festival Les Suds, il festival Escales du Cargo e il festival del film peplum.

FRANCIA - Oppidum di Entremont

 


Entremont (in latino: Intermontes) è un sito archeologico corrispondente all'antico oppidum della tribù celto-ligure dei Salluvi, situato nei pressi dell'attuale Aix-en-Provence, circa 3 chilometri più a nord del centro cittadino, in Provenza. Il sito venne occupato verso il IV secolo a.C. dalla popolazione celto-ligure dei Salii o Salluvii, che ne fecero del sito la loro capitale.
L'oppidum di Entremont, durante il II secolo a.C., fu con tutta probabilità la capitale del popolo ligure dei Salluvii.
Sui Salluvii grava una tradizione che lo vorrebbe un popolo crudele e bellicoso; in realtà, essi sono stati probabilmente responsabili di una fusione dei popoli dell'area dei fiumi Rodano e Var, sotto l'influenza greca della vicina polis massaliota.
La città fu oggetto di assedio e di conquista da parte dei Romani nel 123 a.C. Gli scavi condotti sul sito dopo il 1946 hanno messo in luce le vestigia di un abitato protetto (data la presenza di un baluardo a nord del pianoro), e i segni di un'avanzata civiltà celto-ligure, botteghe, magazzini e laboratori, oltre a un grosso edificio, una sorta di santuario.
L'esistenza dell'abitato rimonta a circa il III secolo a.C., mentre il definitivo abbandono coincide con la sua distruzione, avvenuta nel 123 a.C., ad opera di Gaio Sesto Calvino. Alla distruzione è sopravvissuta una porzione del muro sul lato nord, con le torri rettangolari.
I resti venuti alla luce rivelano una pianificazione edilizia a scacchiera, ancora ben visibile, con costruzioni eseguite in muratura.
La visita del sito archeologico può essere completata con quella al Museo Granet, nel centro di Aix-en-Provence, in Place Saint-Jean de Malte. Nelle sale dedicate all'archeologia sono esposte le collezioni provenienti dal sito, statuaria celtica e bassorilievi, tra cui le impressionanti sculture di teste mozzate. Queste ultime sembrano collegate al rito gallico della caccia alle teste del nemico, testimoniato anche negli oppida di Manching e a Roquepertuse, un costume su cui peraltro la critica è divisa, anche se su di esso esiste l'autorevole testimonianza di Posidonio, geografo ed etnografo che visitò la Gallia ripresa e tramandataci da Diodoro Siculo, Strabone e Cesare.
Numerosi ritrovamenti archeologici testimoniano come i Salluvii non conoscessero la scrittura ma erano tecnologicamente all'avanguardia nell'epoca: ne sono prova, ad esempio, l'alta qualità delle lavorazioni in vetro e degli oggetti metallici prodotti.

(da Wikipedia, l'enciclopedia libera)




ARGENTINA - Cueva de las Manos

  La  Cueva de las Manos  (che in spagnolo significa Caverna delle Mani) è una caverna situata nella provincia argentina di Santa Cruz, 163 ...