venerdì 13 giugno 2025

TURCHIA - Perga

 


Perga (dal probabile nome ittita Parha) o Perge (dal nome greco Πέργη, pron. Pèrgē) fu la capitale della regione della Panfilia, corrispondente all'attuale provincia di Antalia sulla costa mediterranea sud-occidentale della Turchia. Vi è un grande sito di antiche rovine a 15 km a est di Antalia lungo la pianura costiera, dove si trova un'acropoli risalente all'età del bronzo.
Nel XII secolo a.C., ci fu una grande ondata migratoria greca dall'Anatolia settentrionale verso le coste mediterranee. Molti si stabilirono nell'area immediatamente a est dell'attuale regione dell'Antalya, nota poi come Panfilia, che significa "terra di tutte le tribù", dove quattro grandi città infine si distinsero per importanza: Perga, Sillyon, Aspendos e Side.
Perga stessa venne fondata nell'entroterra intorno al 1000 a.C., quasi a 20 km lontano dalla costa, come misura difensiva, in modo da evitare le bande di pirati che allora terrorizzavano questa zona del Mediterraneo.
Nel 546 a.C., i persiani achemenidi sconfissero le potenze locali guadagnando il controllo della regione. Duecento anni più tardi, nel 333 a.C., le forze armate di Alessandro Magno arrivarono a Perga durante la sua guerra di conquista contro i persiani, favorite dai suoi abitanti che mandarono delle guide per condurle dentro la città.
All'impero di Alessandro venne seguito quello dei diadochi seleucidi, sotto il cui dominio visse ed operò il più celebrato antico cittadino di Perga, il matematico Apollonio (262 a.C. ca. – 190 a.C. ca.), allievo di Archimede. Scrisse una serie di otto libri che descrivevano una famiglia di curve note come sezioni coniche, comprendenti il cerchio, l'ellisse, la parabola e l'iperbole.
Il governo romano iniziò nel 188 a.C., e la maggior parte delle rovine sopravvissute oggi, risalgono a questo periodo. Dopo il crollo dell'impero romano, Perga rimase abitata fino al periodo selgiuchide, prima di essere gradualmente abbandonata.
Perga è oggi un sito archeologico e una grande attrazione turistica. L'antica Perge, una delle principali città della Panfilia, era situata tra i fiumi Catarrhactes (Duden sou) e Cestrus (Ak sou), 60 stadi dalla foce di quest'ultimo; il sito si trova nell'attuale villaggio turco di Murtana, nei pressi del Suridjik sou, un affluente del Cestrus, precedentemente nel vilayet di Koniah ottomano. Le sue rovine comprendono un teatro, una palestra, un tempio di Artemide e due chiese. Il famosissimo tempio di Artemide era situato fuori dalla città.
Le guide raccontano una storia riguardo al fatto che Perga sia stato il luogo dove per prima venne prodotta la birra, presumibilmente scoperta accidentalmente; ma recenti reperti di birra faraonica risalgono a molto tempo prima.
Secondo gli Atti degli Apostoli, Paolo di Tarso visitò per due volte Perge: durante il primo viaggio missionario, in compagnia di Barnaba, si recò a Perge prima di dirigersi veleggiando da Attalia (attuale Antalya), 15 km a sud-ovest, ad Antiochia; in questa occasione Giovanni lasciò Paolo per tornare a Gerusalemme. Il secondo passaggio avvenne durante il ritorno dalla Pisidia, e in tale occasione Paolo predicò a Perge.

Perge rimase la sede del vescovo titolare cattolico romano della precedente provincia romana della Pamphylia Secunda. Le Notitiae episcopatuum greche menzionano la città come metropoli della Pamphylia Secunda fino al XIII secolo. Lo storico e teologo francese Michel Le Quien riporta 11 vescovi: Epidauro, presente al Concilio di Ancyra (attuale Ankara) nel 312; Callicle al Primo Concilio di Nicea nel 325; Bereniano, a Costantinopoli (426); Epifanio al Secondo Concilio di Efeso (449), al Primo Concilio di Calcedonia (451), e firmatario della lettera dei vescovi della provincia all'imperatore Leone (458); Ilariano, al Primo Concilio di Costantinopoli nel 381; Eulogio, al Secondo Concilio di Costantinopoli nel 553; Apergio, condannato come monotelita al Terzo Concilio di Costantinopoli nel 680; Giovanni, al Concilio Trullano nel 692; Sisinnio Pastilla, nel 754 circa, iconoclasta, condannato al Secondo Concilio di Nicea nel 787; Costante, allo stesso Concilio di Nicea (787); Giovanni, al Quarto Concilio di Costantinopoli nell'869-870.


TURCHIA - Aspendo

 


Aspendo (in greco antico: Ἄσπενδος, Áspendos; in latino: Aspendus) era un'importante città della Panfilia, secondo alcuni la più antica. La tradizione più diffusa attribuisce la sua fondazione ad Argo, un'altra da un eroe eponimo di nome Aspendo, un'altra ancora tira in ballo dei fuggiaschi troiani. Pur subendo gli influssi ellenici, Aspendo conservò a lungo il dialetto e i costumi indigeni: il suo nome antico era Estwediis (ciò è testimoniato dalla legenda delle monete).
Durante la campagna di Alessandro Magno la città tentò di resistergli ma, cinta d'assedio, s'arrese, concedendo ostaggi e pagando un tributo. Passò poi sotto le dominazioni dei Tolomei e degli Attalidi ed infine, alla morte di Attalo III, sotto i Romani.
L'abitato si trovava sulla riva destra del fiume Eurimedonte, nell'entroterra della Panfilia, adagiato su un pianoro naturale circondato da pendii molto ripidi. La città non è stata mai scavata: esistono solo dei disegni risalenti al 1890. I monumenti noti sono: lo stadio (in realtà un ippodromo), l'agorà trapezoidale con tabernae e un ninfeo, il bouleuterion (alle spalle dell'agorà), la basilica, il grandioso acquedotto (lungo ben 600 metri, nella foto a sinistra)), il teatro (foto in alto) e il Ponte sull'Eurimedonte


TURCHIA - Aphrodisias

 


Afrodisia (in greco antico: Ἀφροδισιάς, Aphrodisias) è una piccola antica città greco-ellenistica della Caria; nell'Asia Minore (odierna Turchia). Si trova su un altopiano, ad un'altitudine di circa 600 m s.l.m., presso la valle del Meandro. La zona fu spesso soggetta ai terremoti.
L'attuale villaggio di Geyre, nei cui pressi si trova il sito archeologico, si trova nella sottoprefettura di Karacasu e nella prefettura di Aydın (l'antica Tralles), da cui dista circa 100 km, e a circa 230 km da Smirne (Izmir). Il 9 luglio 2017 il sito archeologico è stato inserito nella lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.
Un centro abitato esistette nei pressi della città già in epoca tardo neolitica (agli inizi del VI millennio a.C. e andò formando un "tepe" (Pekméz Tépé), ossia un'elevazione artificiale, cresciuta per il sovrapporsi dei livelli successivi di abitazioni. Sull'acropoli della città sono stati rinvenuti i resti di sette successivi strati di abitato, a partire dall'età del bronzo.
Lo storico bizantino Stefano di Bisanzio ci riporta un precedente nome della città come "Ninoe", che sarebbe derivato dal leggendario re Nino di Babilonia, sposo di Semiramide, ovvero dalla dea Nin, la divinità accadica più tardi identificata con Astarte. Fin da epoca antichissima dovette trattarsi di un luogo di culto della Grande Madre anatolica. Il nome di Afrodisia, con cui la città venne conosciuta in epoca ellenistica e romana, deriva dalla dea Afrodite, con cui i Greci identificavano la dea Astarte.
Le prime notizie storiche risalgono alle monete cittadine coniate in bronzo e in argento nel II secolo a.C. Secondo lo storico Appiano di Alessandria, a seguito di un responso dell'oracolo di Apollo a Delfi, Silla inviò nell'82 a.C. al santuario di Afrodite una corona e una doppia ascia d'oro, che furono più tardi raffigurate sulle emissioni monetali.
Lo sviluppo della città si ebbe soprattutto in epoca imperiale romana: per la sua fedeltà ad Ottaviano nelle guerre civili che lo portarono al potere come Augusto, le fu riconosciuta l'autonomia (continuamente contestata dalle altre città e dallo stesso governatore, costringendo la città a pagare ogni volta onerose ambascerie per appellarsi all'imperatore affinché venisse confermato lo status), confermata più tardi da Tiberio, e vennero edificati importanti monumenti pubblici. Per tutto l'impero romano rimase centro importante, sia per la presenza del santuario che come centro di produzione artistica legato alle vicine cave di marmo (scuola di Afrodisia). Fu inoltre un reputato centro culturale e vi nacquero lo scultore Aristea e il filosofo Alessandro di Afrodisia. Nativo della città fu anche lo scrittore greco Caritone.
A causa di un terremoto alla metà del IV secolo, che provocò un mutamento nel regime delle acque, parte della città divenne soggetta a periodiche alluvioni, come mostra il ritrovamento di condutture provvisorie installate per tentare di risolvere il problema.
Con la diffusione del cristianesimo divenne sede dell'arcivescovo metropolita della Caria e l'antico santuario di Afrodite fu trasformato in chiesa cattedrale (fine del V secolo). Il nome della città venne cambiato in Stauropolis ("città della croce"). In epoca bizantina prese infine il nome di Caria, dalla regione amministrativa di cui era capoluogo.
Nel 640, durante il regno dell'imperatore bizantino Eraclio la città subì un ulteriore rovinoso terremoto e perdette gran parte della sua importanza. Altri danni subì per le guerre sotto il dominio dei Selgiuchidi tra l'XI e il XIII secolo e venne infine abbandonata nel XIV secolo. Sulle antiche rovine si insediò un villaggio turco che mantenne l'antico nome bizantino della città, trasformandolo da "Caria" in "Geyre".
Le rovine della città furono visitate nel XVIII secolo e ancora nel 1835 da Charles Texier, che ne diede una prima descrizione, e nel 1849 da Osman Hamdi Bey, all'epoca direttore del Museo archeologico di Istanbul. I primi scavi parziali si ebbero nel 1904, con Paul Gaudin (terme di Adriano) e nel 1937 con Giulio Iacopi (nell'agorà).
Dopo il terremoto del 1956 le case del villaggio, andate quasi interamente distrutte, furono ricostruite a breve distanza dai resti della città antica, permettendo in tal modo nel 1961 l'avvio di scavi archeologici sistematici, ad opera di Kenan Tevfik Erim dell'Università di New York (che diresse lo scavo dagli inizi fino al 1990), e sono tuttora in corso. Sul sito è stato quindi fondato un museo archeologico (Museo di Afrodisia), a cura del quale nell'inverno 1993-1994 è stata condotta una campagna di scavi nella necropoli orientale.
La città si sviluppò a partire da insediamenti preistorici che si erano stabiliti sulla collina dell'acropoli e presso il settore nord della città, dove più tardi sorse il tempio di Afrodite. Un abitato preistorico con tracce di frequentazione fino all'epoca ellenistica sorse anche sulla vicina altura di "Pekmez Tepe". Nel tardo periodo ellenistico lo sviluppo urbano avvenne invece nella zona intorno all'agorà. In epoca romana la città si sviluppò intorno a questi nuclei abitati.
La città, a causa del suo sviluppo graduale, non ebbe una pianta pianificata e regolare e i principali monumenti sorsero via via dove se ne presentava l'opportunità e l'occasione.
Il tempio di Afrodite venne costruito nel corso del I secolo a.C., su un più antico luogo di culto dedicato alla dea Afrodite. Il temenos (recinto sacro) venne completato solo nel II secolo sotto l'imperatore Adriano. Alcune tracce di mosaici ellenistici hanno tuttavia fatto ipotizzare la presenza di un edificio templare precedente a quello di epoca romana.
Il tempio aveva otto colonne in facciata ("ottastilo") e tredici sui lati lunghi ed era di ordine ionico. Su alcuni fusti delle colonne sono ancora iscritti i nomi dei donatori che offrirono il denaro per la loro erezione al momento della costruzione dell'edificio.
La statua di culto del tempio è stata identificata con una statua rinvenuta nei pressi all'inizio degli scavi, nella quale Afrodite è raffigurata in modo molto simile all'Artemide del santuario di Efeso.
Alla fine del V secolo, per la trasformazione in chiesa, furono eliminati i muri della cella e le colonne della peristasi (il colonnato che circonda la cella) furono spostate per ingrandire l'edificio. Furono inoltre costruiti nuovi muri sui lati corti, che costituirono l'abside e la facciata della chiesa. Successivamente venne aggiunto un atrio di ingresso. Nell'abside sono conservati resti di !affreschi dell'XI e XII secolo.
Un tetrapilo (tetrapylon, quattro gruppi di quattro colonne disposte in quadrato) venne costruito nel II secolo come passaggio monumentale su una delle vie cittadine, forse come propileo di ingresso verso il tempio di Afrodite.
Sui due lati principali, le due coppie di colonne della facciata, con fusti scanalati a spirale, sono sormontate da frontoni spezzati, mentre le colonne centrali della fila più interna sono collegate da frontoni semicircolari con rilievi. Il tetrapilo, distrutto dai terremoti, è stato rimontato con i frammenti ritrovati negli scavi nel 1990.
Presso il tempio sorge anche un piccolo odeion (teatro coperto), costruito agli inizi del II secolo. La cavea, in origine sormontata da un portico, poggia su sostruzioni voltate, e vi si accedeva da un corridoio che passava alle spalle della scena, ornato dai ritratti di importanti cittadini. Dopo il crollo della parte superiore, forse per il terremoto del IV secolo fu utilizzato come sala per conferenze.
All'odeion è annesso un complesso residenziale con ambienti di rappresentanza e peristilio colonnato, che si ritiene sia stato utilizzato in epoca bizantina come residenza del vescovo.
Collocata tra l'acropoli e il tempio di Afrodite, non ancora interamente scavata, l'agorà è costituita da una vasta piazza rettangolare, impiantata nel I secolo a.C., circondata da portici di ordine ionico. Il lato settentrionale ("portico nord"), contiguo al palazzo vescovile, venne ricostruito nel V secolo.
Una seconda piazza porticata, immediatamente a sud, è conosciuta come "portico di Tiberio" per la presenza di un'iscrizione in onore di questo imperatore.
La piazza termina verso est con una porta monumentale della metà del II secolo: quest'ultima, in seguito alle inondazioni seguite al terremoto del IV secolo venne trasformata in un ninfeo collegato alle cisterne e al sistema idraulico utilizzato per controllare le acque.
Sul lato corto occidentale del portico di Tiberio, venne costruito nel II secolo sotto l'imperatore Adriano un grande impianto termale. Scavato nel 1904, i ritrovamenti furono portati al Museo archeologico di Istanbul.
Davanti alla facciata delle terme, con portale monumentale tra due ali, si trovava una palestra con colonnati sui quattro lati.
La planimetria interna si articolava intorno al calidarium (stanza per bagni con acqua calda) centrale, circondato da apoditerium (spogliatoio), sudatorium (stanza per bagni di vapore), tepidarium (stanza per bagni con acqua tiepida) e frigidarium (stanza per bagni con acqua fredda). I sotterranei conservano gallerie di servizio, condutture idriche e caldaie per il riscaldamento degli ambienti e dell'acqua.
In epoca bizantina le terme erano ancora utilizzate, ma con spazi più ridotti.
Il teatro, appoggiato sul lato orientale dell'acropoli, fu inaugurato nel 27 a.C. e subì dei rimaneggiamenti nel II secolo per adattarlo ai giochi gladiatorii. In seguito al crollo della parte superiore nel terremoto del VII secolo, fu ricoperto di terra e vi furono insediate abitazioni.
La cavea poteva ospitare circa 5.000 spettatori. Davanti alla scena venne eretto un piccolo porticato con pilastri ornati da semicolonne doriche
Nel teatro venne rinvenuto un rilievo offerto da Zoilo, liberto imperiale e che aveva finanziato la costruzione dell'edificio scenico.
Alle spalle della scena del teatro si trova una piazza quadrangolare, pavimentata in marmo, sistemata nel IV secolo. Su questa si affacciava un piccolo impianto termale del II o III secolo.
Il Sebasteion, scoperto negli scavi del 1979, era dedicato al culto di Augusto (in greco Sebastos). È costituito da due grandi portici che bordano una sorta di via processionale lunga 80 m e larga 14, donate da due diverse famiglie di notabili cittadini sotto i regni di Claudio e Nerone. I portici si sviluppavano su tre ordini sovrapposti: al piano terra un portico con semi-colonne doriche con botteghe, al secondo livello edicole chiuse da semi-colonne ioniche e al terzo da semi-colonne corinzie. All'interno delle edicole del secondo ordine vi erano bassorilievi raffiguranti scene mitologiche ed eroi della mitologia greca, mentre nel terzo ordine vi erano rilievi di Augusto e di altri personaggi della dinastia giulio-claudia con rappresentazioni figurate dei popoli o ethne sottomessi da Roma. I numerosi rilievi rinvenuti negli scavi mostrano scene mitologiche e alcuni personaggi della famiglia imperiale.
Lo stadio si trova nel settore settentrionale della città e doveva avere una capacità di circa 30000 posti (262 m x 59 m) e si data alla fine del I o agli inizi del II secolo. In seguito alla distruzione del teatro, la sua estremità curvilinea fu utilizzata per gli spettacoli dei gladiatori. La sua struttura architettonica rappresenta un connubio tra arte greca e romana, invero, la sua forma particolare e polivalente racchiude il meglio del teatro greco, utile alle olimpiadi, e il meglio della funzionalità romana per, appunto, i combattimenti tra gladiatori.
Le mura che circondavano la città (perimetro di circa 3,5 km) furono impiantate a seguito dell'invasione dei Goti nel 260. A causa dei successivi terremoti furono tuttavia in gran parte ricostruite nel IV secolo con blocchi di reimpiego presi dai monumenti del centro cittadino. Dopo la loro distruzione nel VII secolo la difesa della città fu assicurata da un fortino costruito sull'acropoli.
Le porte sono quattro: (porta nord o nord-est, porta est, con cortile interno, porta ovest o porta di Antiochia).
Restano visibili ampi settori delle mura sui lati nord ed ovest, mentre sul lato orientale, occupato dal villaggio di Geyre, sono andate in gran parte distrutte.

TURCHIA - Cibira

 

Cibira (in greco antico: Κιβύρα, in latino: Cibyra), nota anche col nome di Cibyra Magna (in greco antico: ἡ μεγάλη Κιβύρα), in contrapposizione a un'altra città, chiamata Cibyra Parva e situata in Panfilia, è un'antica città e un sito archeologico nella Turchia sud-occidentale, vicino alla moderna città di Gölhisar, nella provincia di Burdur. Era la città principale del distretto cibirate. Strabone non dà la posizione esatta di Cibira. Dopo aver menzionato Antiochia sul Meandro come città sita in Caria, egli dice che verso sud si incontra prima Cibyra Magna, poi Sinda, la regione della Cabalis, arrivando infine al Tauro e alla Licia. Tolomeo colloca Cibira nella Grande Frigia e assegna le tre città di Bubon, Balbura e Oenoanda alla Cabalis della Licia, descrizione coerente con quella di Strabone. L'altezza della pianura cibirate è stimata a 1070 m.s.l.m.. Essa oggi produce mais. Essendo ora accertata l'ubicazione dei siti di Balbura, Bubon e Oenoanda, che si trova sullo Xanto, possiamo farci un'idea abbastanza corretta dell'estensione della Cibiratide. Essa comprendeva la parte più alta del bacino dello Xanto e tutta la parte superiore e probabilmente la parte centrale del bacino dell'Indo (l'odierno Dalaman Çayı), poiché Strabone dice che la Cibiratide raggiungeva la Perea Rodia. La lunga dorsale dell'antico Mons Cadmus (di cui è parte l'odierno Babadağ), la cui vetta è alta quasi 2000 metri, la delimitava a ovest separandola dalla Caria. La parte superiore del bacino dell'Indo consiste di numerose piccole valli, ognuna delle quali ha il suo piccolo corso d'acqua. La breve descrizione di Plinio è stata ricavata da buone fonti: il fiume Indo, che sorge sulle colline dei Cibirati, riceve sessanta fiumi perenni e più di cento torrenti. Il luogo è stato infine identificato grazie a iscrizioni sul posto, e si trova 3 km a nordovest del villaggio di Gölhisar.
La fondazione di Cibira da parte di Sparta è leggendaria. La città diventò potente a causa dei suoi buoni ordinamenti: i villaggi su cui dominava si estendevano dalla Pisidia e l'adiacente Milias sino alla Licia e alla Perea Rodia. Quando nel secondo secolo a.c. le tre città vicine di Bubon, Balubura e Oenoanda si unirono ad essa, si formò una confederazione di quattro città (Tetrapolis) detta "Cibiratide" (Cibyratis). Ogni città aveva un voto, ma Cibira ne aveva due, in quanto solo essa poteva radunare 30000 fanti e 2000 cavalieri. Fu sempre governata da tiranni, ma il governo rimase moderato. La tetrapolis formata sotto la guida di Cibira fu sciolta dal generale romano Lucio Licinio Murena nell'83 a.C., al tempo della prima guerra mitridatica. In quell'occasione Balbura e Bubon furono assegnate ai Lici. Il conventus iuridicus di Cibira, tuttavia, rimase ancora uno dei più grandi in Asia. Cibira viene menzionata per la prima volta da Tito Livio nel suo racconto delle operazioni militari del console Gneo Manlio Vulsone, che vi arrivò discendendo il corso superiore del Meandro e attraversando la Caria. Probabilmente egli avanzò lungo la valle dell'odierno Karaook, attraverso la quale la strada attuale conduce dalla Cibiratide a Laodicea al Lico. Manlio pretese e ottenne da Moagete, tiranno di Cibira, 100 talenti e 10000 medimni di grano. Livio dice che Moagete aveva sotto di lui Syleum e Alimne, oltre a Cibira. Alimne può essere identificata con i resti di una grande città su un'isola nel lago di Gule Hissar, isola che è collegata alla terraferma da un'antica strada rialzata. Questo lago si trova nell'angolo tra il fiume Caulares e il fiume di Cibira. Moagete, che fu l'ultimo tiranno di Cibira, era figlio di Pancrate. Esso fu deposto da Lucio Licinio Murena, probabilmente nell'84 a.C., quando il suo territorio fu diviso, e Cibira fu unita alla Frigia.
Plinio il Vecchio afferma che venticinque città appartenevano alla iurisdictio o conventus di Cibira; e aggiunge che la città di Cibira apparteneva alla Frigia. Questo, come molti altri degli assetti politici romani, era piuttosto in disaccordo con le divisioni fisiche del paese. Laodicea al Lico era una delle città principali di questo conventus. Sotto i Romani, Cibira era un luogo di grande commercio, come sembra. La sua posizione, tuttavia, non sembra molto favorevole per gli scambi, perché non è né sul mare né su una grande strada. Si può concludere, tuttavia, che i negoziatori e i mercanti romani trovavano qualcosa da fare qui, e probabilmente il grano della valle dell'Indo e la lana e il ferro di Cibira potevano fornire articoli di commercio. Il minerale di ferro è abbondante nella Cibiratide. Durante il regno di Tiberio, Cibira fu molto danneggiata da un terremoto: per aiutarla, l'imperatore raccomandò la promulgazione di un Senatus consultum che la sollevava dal pagamento del tributum (la tassa sulla proprietà) per tre anni. Nel brano di Tacito relativo a ciò, la città viene chiamata civitas cibyratica apud Asiam.
Strabone dice che i suoi abitanti, detti Cibirati, erano considerati discendenti di quella parte dei Lidi che un tempo occuparono la Cabalis: questi ultimi, espulsi in seguito dai vicini Pisidi, che qui si stabilirono, spostarono la loro città in un'altra posizione in un luogo fortificato, che aveva un perimetro lungo circa 100 stadi.
A Cibira si parlavano quattro lingue: il pisidico, il greco, la lingua dei Solimi e il lidio. Essa era anche il luogo in cui, secondo Strabone, ancora ai suoi tempi (primo secolo a.C.) il lidio era ancora parlato tra una popolazione multiculturale, rendendo così Cibira l'ultima località dove la cultura lidia era ancora attestata, mentre in quel tempo secondo le fonti a nostra disposizione era già estinta nella Lidia propriamente detta. Era una particolarità di Cibira che i suoi artigiani sapessero lavorare facilmente il ferro con uno scalpello o con uno strumento appuntito. È anche menzionata una corporazione di fabbricanti di scarpe.
Non conosciamo alcun artista di Cibira, eccetto due, menzionati da Cicerone: questi erano però più famosi per la loro furfanteria che per l'abilità artistica.
Le rovine di Cibira coprono il ciglio di una collina a una quota posta tra i 90 e i 120 metri sopra il livello della pianura sottostante. Il materiale per gli edifici venne ricavato dal calcare che si trova nelle vicinanze; e molti di loro sono in buone condizioni. Uno degli edifici principali è un teatro, in buono stato di conservazione, con un diametro di 81 metri. I suoi posti godono della vista della pianura cibirate e delle montagne verso la Milias. Sulla piattaforma vicino al teatro si trovano le rovine di diversi grandi edifici che si suppone fossero templi, alcuni di dorici e altri corinzi. Su un blocco c'è un'iscrizione che recita: "Καισαρεων Κιβυρατων ἡ βουλη και ὁ δημος", da cui risulta che nel periodo romano la città aveva anche il nome di Cesarea. Il nome Καισαρεων appare su alcune delle monete di Cibira. Un grande edificio a circa 90 metri dal teatro dovrebbe essere un Odeon o un teatro musicale. Non ci sono tracce di mura cittadine.
Lo stadio, con i suoi 200 metri di lunghezza e 24 di ampiezza, si trova all'estremità inferiore del costone su cui sorge la città. Il fianco della collina fu in parte scavato per far posto a esso; e sul lato formato dal pendio della collina erano disposte 21 file di sedili, che all'estremità superiore dello stadio giravano in modo da realizzare un fondale teatrale. Questa parte dello stadio è perfettamente conservata, mentre i posti sul lato della collina sono stati divelti dagli arbusti che sono cresciuti tra loro. Questi posti si affacciano sulla piana di Cibira. I sedili sul lato opposto della collina erano fatti da blocchi di marmo posti su un muretto costruito lungo il bordo della terrazza, formato tagliando il fianco della collina. Vicino all'ingresso dello stadio corre verso est una cresta, coronata da una strada lastricata: essa è delimitata su ciascun lato da sarcofagi e monumenti sepolcrali. All'ingresso di questo viale sepolcrale c'era un enorme arco trionfale di stile dorico, ora in rovina.
Tre epigrafi di Cibira in lingua greca sono riportate nell'Appendice dell'opera Lycia di Spratt. Tutte contengono il nome della città e appartengono tutte al periodo romano. Una di essa sembra destinata a ricordare una statua o un monumento commemorativo in onore di Lucio Elio Cesare, il figlio adottivo di Adriano, e menziona il suo essere in quel momento nel secondo consolato, permettendo così di datare l'epigrafe al 137 d.C..


TURCHIA - Termesso

 

Termesso (greco: Θερμεσσός) era una città piside costruita ad un'altitudine di oltre 1000 metri, sul versante sud-occidentale del monte Solimo (attuale Güllük Dağı) nei monti Tauro, nell'attuale provincia turca di Adalia. Si trova 30 chilometri a nord-ovest del capoluogo Adalia. Fu fondata su una piattaforma naturale in cima al Güllük Dağı, situata ad un'altitudine di 1665 metri.
Termessos contiene un'insolita abbondanza di specie animali e vegetali rare, protette all'interno del parco nazionale di Termesso. Nascosto da una moltitudine di piante e circondato da dense foreste di pini, il sito, suo aspetto immacolato ed intonso, ha un'atmosfera più emozionante di altre città antiche delle vicinanze. A causa della sua ricchezza storica, la città è stata inclusa nell'omonimo parco nazionale.
Il mitico fondatore della città è Bellerofonte.
Quello che si sa della sua storia inizia al tempo di Alessandro Magno, che circondò la città nel 333 a.C., e la paragonò ad un nido d'aquila che non riuscì a conquistare. Arriano, uno degli antichi storici che parlarono di questo evento e descrissero l'importanza strategica di Termessos, fa notare che anche pochi uomini erano in grado di difenderla, grazie alle insormontabili barriere naturali che la circondavano. La posizione della città sul passo di montagna che collega la zona frigia alle pianure di Panfilia è descritta da Arriano. Alessandro voleva andare in Frigia da Panfilia, e secondo il tragitto descritto da Arriano passò da Termessos. Esistono passi molto più bassi e comodi, per cui è discusso il motivo per il quale Alessandro abbia scelto di salire il ripido passo Yenice. Si dice anche che i suoi ospiti di Perge inviarono Alessandro lungo una strada volutamente sbagliata. Alessandro perse molto tempo tentando di forzare il passo che era stato chiuso dai Termessiani per cui, arrabbiato, decise di assediare Termesso. Probabilmente a causa del fatto che sapeva di non poterla conquistare, Alessandro non attaccò, preferendo invece marciare verso nord e sfogando la sua furia su Sagalassos.
Secondo Strabone, gli abitanti di Termesso si autodefinivano Solymoi, ed erano un popolo piside. Il loro nome, come quello dato alla montagna su cui abitavano, derivava da Solimeo, un dio anatolico che fu in seguito identificato con Zeus, dando vita al culto di Zeus Solimeo (Solim in turco). Questo nome esiste tuttora come cognome in alcuni popoli della regione di Adalia, che mantengono così il proprio retaggio. Le monete di Termesso spesso raffigurano questo dio e ne indicano il nome.
Lo storico Diodoro descrive dettagliatamente un altro indimenticabile incidente nella storia di Termesso. Nel 319 a.C., dopo la morte di Alessandro, uno dei suoi generali, Antigono Monoftalmo, si autoproclamò signore dell'Asia minore, e dichiarò guerra al rivale Alcetas, la cui base era Pisidia. Le sue forze erano formate da 40 000 fanti, 7000 unità di cavalleria e numerosi elefanti. Non riuscendo a sconfiggere questa forza superiore, Alcetas ed i suoi amici si rifugiarono a Termessos. I Termessiani gli promisero di proteggerli. In quel periodo, Antigono pose il proprio campo all'esterno della città, chiedendo la consegna del nemico. Non volendo rischiare il saccheggio della città a causa di uno straniero macedone, gli anziani della città decisero di consegnare Alcetas, ma i giovani di Termesso vollero mantenere la parola data e si rifiutarono di obbedire. Gli anziani mandarono ad Antigono un emissario per informarlo del loro desiderio di consegnare Alcetas.
Decisi a proseguire segretamente la battaglia, i giovani di Termesso riuscirono a lasciare la città. Sapendo dell'imminente cattura, e preferendo la morte alla prigionia, Alcetas si suicidò. I vecchi consegnarono il corpo ad Antigono. Dopo aver abusato del corpo per tre giorni, Antigono ripartì per Pisidia lasciando il corpo non sepolto. I giovani, arrabbiati per quello che era successo, recuperarono il corpo di Alcetas, lo seppellirono con tutti gli onori, ed eressero un grande monumento in sua memoria.
Termesso non era ovviamente una città portuale, ma le sue terre si estendevano a sud-est fino al golfo di Attaleia (Adalia). Grazie alla presenza di questo collegamento, la città fu conquistata dai Tolomei.
Un'iscrizione trovata nella città Licia di Araxa contiene importanti informazioni su Termesso. Secondo l'iscrizione, nel II secolo a.C. Termesso fu in guerra per motivi sconosciuti con la lega di città licie, e di nuovo nel 189 a.C. combatté i vicini Pisidi di Isinda. Nello stesso periodo si trova la colonia di Termesso Minore fondata nei pressi della città nel II secolo a.C., e Termesso iniziò relazioni pacifiche con Attalo II, re di Pergamo, il più adatto a combattere il suo vecchio nemico Serge. Attalo II commemorò quest'amicizia costruendo una stoà a due piani a Termesso.
Termessos fu alleata di Roma, e nel 71 a.C. gli fu concesso lo status di "indipendente" dal senato romano, secondo cui venivano garantiti la sua libertà ed i suoi diritti. Questa indipendenza fu mantenuta per lungo tempo, con l'unica eccezione di un'alleanza con Aminta re di Galazia (re tra il 36 ed il 25 a.C.). Questa indipendenza è documentata anche dalle monete di Termessos, che portano il titolo di "Autonoma".
La fine di Termesso concise con la distruzione del suo acquedotto a causa di un terremoto, che tolse il rifornimento d'acqua alla città. Non si conosce con esattezza l'anno in cui fu abbandonata.
Partendo dalla via principale, una strada a gradini porta in città. Da questa strada si può ammirare il famoso passo Yenice, nel quale scorre l'antica via che i Termessiani chiamavano "Via del re", oltre che le mura fortificate del periodo ellenista, cisterne e molti altri resti. La via del re, costruita nel II secolo dagli abitanti di Termessos, attraversa le mura cittadine e si dirige direttamente verso il centro. Sulle mura ad est della porta cittadina si trovano interessanti iscrizioni con augurii tramite dadi. Durante il periodo romano fu fiorente il culto di magia, superstizioni e stregonerie. I Termessiani erano probabilmente molto interessati alla predizione della fortuna. Le iscrizioni di questo tipo sono lunghe solitamente 4/5 righe, e comprendono numeri che devono essere fatti tramite i dadi, il nome del dio richiesto, e la natura della predizione che si vuole ottenere.
Il posto in cui si trovavano i principali edifici si trova su un pianoro poco all'interno delle mura interne. La più interessante di queste strutture è l'agorà, che contiene speciali caratteristiche architettoniche. Il piano terra di questo mercato all'aria aperta è sopraelevato grazie a blocchi di pietra, ed all'estremità nord-occidentale si trovano cinque grandi cisterne scavate nella roccia. L'agorà è circondata su tre lati dalle stoà. Secondo l'iscrizoine trovata sulla stoà a due piani a nord-ovest, fu donata a Termessos da Attalo II, re di Pergamo (che regnò dal 150 al 138 a.C.) come prova di amicizia. Lo stoà nord-orientale fu costruito da un ricco Termessiano di nome Osbaras, probabilmente in imitazoine di quella di Attalo. Le rovine situate a nord-est dell'agorà devono appartenere al gymnasium, ma è difficile riconoscerle tra tutti gli alberi. L'edificio a due piani contiene un cortile interno circondato da stanze con soffitti a volta. L'esterno è decorato con nicchie ed altri ornamenti dorici. Questa struttura risale al I secolo.
Subito ad est dell'agorà si trova il teatro. Con la sua visuale sulla pianura pnafiliana, non c'è dubbio che questo edificio fosse il più esteticamente attraente della pianura di Termesso. Mostra le caratteristiche di un teatro romano, ma mantiene il progetto del periodo ellenista. La cavea ellenista, o area semicircolare per gli spettatori, è divisa in due da un diazoma. Sopra al diazoma sorgono otto file di sedili, e sotto ve ne sono sedici, per una capacità totale di circa 4000/5000 spettatori. Una grande entrata ad archi collega la cavea con l'agorà. La spalletta meridionale fu coperta in tempi romani, mentre la settentrionale è fu lasciata aperta come era in origine. Dietro si trova solo una sala lunga e stretta, connessa al palco su cui si svolgevano le esibizioni tramite cinque porte cui erano affissi ricchi ornamenti di facciata o i fondali delle scene. Sotto al palco si trovavano cinque piccole sale in cui erano tenuti gli animali selvatici prima di portarli in superficie per il combattimento.
Come in altre città classiche, un odeon si trovava a circa 100 metri dal teatro. Questo edificio, che somigliava a un piccolo teatro, risale al I secolo a.C. È ben conservato in tutte le sue parti, e mostra la grande qualità dell'edilizia con pietre tagliate. Il piano superiore è decorato in stile dorico, percorso da una fila di blocchi di pietra quadrati, mentre il piano inferiore non è decorato, e contiene due porte. Sicuramente l'edificio era in origine coperto, dato che riceveva la luce dalle undici grandi finestre poste sui lati orientale ed occidentale. Il modo esatto in cui questo soffitto, lungo 25 metri, fosse chiuso, non è ancora stato compreso. Dato che l'interno è attualmente pieno di terra, non è possibile determinare la sistemazione dei posti o la capacità totale, che comunque non doveva superare le 600-700 persone. Dalle macerie sono stati estratti pezzi di marmo colorato, per cui si immagina che le pareti fossero coperte da mosaici colorati. È anche possibile che questo elegante edificio fosse un bouleuterion o una camera di consiglio.
Sei templi
di varie dimensioni e tipo sono stati trovati a Termesso. Quattro di loro si trovano nei pressi dell'odeon o nella zona che doveva essere stata sacra. Il primo è posizionato esattamente dietro all'odeon, ed è costruito con uno splendido stile edilizio. È stato ipotizzato che questo tempio fosse dedicato dal dio protettore della città, Zeus Solimeo. Purtroppo è rimasto solo un muro alto cinque metri.
Il secondo tempio si trova vicino all'angolo sud-occidentale dell'odeon. Aveva una sala di 5,50 per 5,50 metri ed è di tipo prostilo. Secondo un'iscrizione rinvenuta sull'entrata tuttora intatta, questo tempio era dedicato ad Artemide, ed assieme alla statua fu pagato da una donna di nome Aurelia Armasta e dal marito. Sull'altro lato dell'entrata, la statua dello zio di questa donna si trova su una base su cui si trova una scritta. Il tempio può essere datato, grazie all'impronta stilistia, alla fine del II secolo.
Ad est del tempio di Artemide si trovano i resti di un tempio dorico. È di tipo peripterale, con sei o undici colonne per ogni lato. A giudicare dalla sua dimensione, deve essere stato il più grande di Termessos. Dai reperti e dalle iscrizioni, si capisce che anche lui era dedicato ad Artemide.
Ulteriormente ad est si trovano le rovine di un altro piccolo tempio, che si trova su una terrazza scavata nella roccia. Il tempio si trova su una grande base, ma non si sa a chi fosse dedicato. Contrariamente alle regole architettoniche classiche per i templi, l'entrata si trova a destra, ad indicare che potrebbe essere stato dedicato ad un semidio o ad un eroe. Può essere datato all'inizio del III secolo.
Riguardo agli altri due templi, si trovano nei pressi della stoà di Attalo e sono di ordine corinzio, e di tipo prostilo. Sono anch'essi dedicati a divinità sconosciute, e risalgono al III secolo.
Di tutti gli edifici civili e religiosi presenti nella parte centrale, uno dei più interessanti somiglia ad una casa del periodo romano. Un'iscrizione è posizionata sopra la porta dorica, lungo il muro occidentale alto sei metri. In questa iscrizione il proprietario della casa viene definito fondatore della città. Senza dubbio non si trattava veramente del fondatore di Termesso. Può darsi che si tratti di un regalo fatto al proprietario per servigi straordinari resi alla comunità. Questo tipo di case apparteneva solitamente a nobili e plutocrati. L'entrata principale porta in una sala e, tramite una seconda porta, ad un cortile centrale o atrium. Un impluvium, o piscina, era destinata alla raccolta di acqua piovana in mezzo al cortile. L'atrium era un luogo importante per le attività quotidiane, ed era utilizzato anche come salotto in cui ricevere gli ospiti. Era riccamente decorato. Le altre stanze erano disposte attorno all'atrium.
Una strada larga e fiancheggiata da portici correva lungo la direttrice nord-sud della città. Lo spazio tra le colonne era spesso riempito di statue raffiguranti atleti di successo, soprattutto di lottatori. La iscrizioni presenti sui piedistalli di queste statue sono tuttora esistenti, e leggendole siamo in grado di ricostruire l'antico splendore di questa via.
A sud, ovest e nord della città, soprattutto all'interno delle mura, si trovano grandi cimiteri di tombe scavate nella roccia, che si crede abbiamo ospitato anche lo stesso Alcetas. Sfortunatamente la sua tomba è stata saccheggiata dai tombaroli. Nella stessa tomba una sorta di griglia di lavoro è stata scolpita tra le colonne dietro il klinai. Alla sua sommità si trovava probabilmente un fregio decorativo. La parte sinistra della tomba è decorata con l'immagine equestre di un guerriero del IV secolo a.C. Si sa che la gioventù di Termesso, colpita dalla morte del generale Alcetas, gli costruì una magnifica tomba, e lo storico Diodoro riporta che Alcetas combatté Antigono mentre si trovava a cavallo. Queste coincidenze fanno ipotizzare che si tratti proprio della tomba di Alcetas, e che sia lui la persona raffigurata.
I sarcofagi rimasero nascosti per secoli tra il groviglio di alberi a sud-ovest della città. I cadaveri era posti nei sarcofagi con i propri vestiti, la gioielleria ed altri ricchi oggetti. I corpi dei poveri venivano sepolti in semplici pietre, argilla o legno. Questi sarcofagi, databili tra il II ed il III secolo, si trovano solitamente su piedistalli. Nelle tombe di famiglie ricche, d'altra parte, i sarcofagi erano posti in strutture riccamente decorate modellate per assumere la forma del morto, e ne veniva riportata la genealogia, o i nomi di coloro che avevano il permesso di essere sepolto con lui. In questo modo il diritto d'uso della tomba era ufficialmente garantito. Inoltre, si trovavano iscrizioni che annunciavano vendette divine contro chi avrebbe profanato la tomba e rubato gli oggetti.
Termessos, dopo un graduale declino, fu infine abbandonata nel V secolo. Tra i resti rimasti si trovano le mura, l'arco trionfale di Adriano, le cisterne, il teatro, il gymnasium, l'agorà, l'odeon e l'heroon. Tra le tombe sparse per tutta la città si trovano quelle di Alcates, di Agatemero, ed il sarcofago decorato a forma di leone.
Termesso non è ancora stata sottoposta a scavi archeologici.

TURCHIA - Samsat

 
Samsat 
è una piccola città situata nella provincia di Adıyaman in Turchia, lungo l'alto corso dell'Eufrate.
Le ricerche archeologiche svolte sulla collina di Şehremuz, a Samsat, hanno portato alla luce reperti risalenti al paleolitico (7000 a.C.), al neolitico (5000 a.C.), all'età del rame (3000 a.C.) ed all'età del bronzo (dal 3000 a.C. al 1200 a.C.). L'antica città di Ḫaḫḫum (Lingua ittita: Ḫaḫḫa) si trovava poco distante, ed è ricordata come fonte di oro per Sumer.
Samsat (Samosata) fu in seguito la capitale fortificata del Regno di Commagene fondato nel 69 a.C., la civiltà che costruì le statue sulla sommità del vicino monte Nemrut Dağı. La città di Samosata rimase un centro politico regionale anche durante il periodo ottomano.
La vecchia città di Samsat e la sua storia furono sommersi dalla diga di Atatürk nel 1989. La nuova città fu ricostruita accanto al nuovo bacino idrico per mano del governo, al fine di ospitare gli sfollati dell'antico centro.


TURCHIA - Tlos

 

Tlos (in licio Tlawa), è conosciuta per essere stato uno dei più importanti centri religiosi della Licia nella provincia di Antalya in Turchia e, secondo la mitologia greca, la patria di Bellerofonte e del suo cavallo alato Pegaso (mitologia). Gli scavi archeologici fanno risalire le vestigia più antiche del sito a prima del II secolo a.C. e ne fanno l'insediamento più antico della Licia.
La necropoli edificata sulle falesie è costituita da molte tome a tempietto tipiche della Licia, tra di esse anche quella di Bellerofonte. Nel II secolo a.C. era una delle sei città della confederazione licia a possedere tre voti nel governo della regione. Possedeva un'importante comunità ebraica retta da propri magistrati. In epoca romana la città era chiamata la luminosa metropoli del popolo dei Lici. La città subì gravi devastazioni durante il terremoto del 141. Gran parte degli edifici del II secolo sono opera della ricostruzione, eseguita grazie all'intervento di filantropi come Opramoas di Rodiapoli. Iscrizioni di quel periodo indicano che la città era divisa in quartieri indicati con nomi di eroi della Licia. In epoca ottomana rimase abitata a differenza di molti altri insediamenti lici. Tlos venne riscoperta dall'esploratore inglese Charles Fellows nel 1838, venne visitata anche da Spratt, che la indicava come uno dei più importanti siti archeologici della regione.
La città sorge sulla sponda est della valle di Xanthos ed è dominata dall'acropoli, scavata nelle rocce sovrastanti, sulla sommità si trova un altopiano, pure ricco di insediamenti. L'influenza di molte culture mostra a Tolos un interessante collage di strutture. Attualmente parte del sito è occupato dalla cittadina di Yaka e da altri piccoli villaggi.

TURCHIA - Side

 

Side fu un'antica città dell'Anatolia meridionale, nella regione della Panfilia. Fu fondata nel VII secolo a.C. dai profughi anatolici in fuga dopo il crollo dell'Impero ittita, che colonizzarono la regione (Sidetici).
La città entrò presto nell'orbita della Lidia prima e dell'Impero persiano poi, per essere infine occupata da Alessandro Magno nel 333 a.C.
Divenuta città ellenistica, nel 67 a.C. fu conquistata da Pompeo e divenne parte dell'Impero romano.
Il declino di Side iniziò nel IV secolo e fu dovuto a incursioni di armati, vere e proprie invasioni e terremoti. Nel X secolo Side fu definitivamente abbandonata.
Side è la patria dello storico Filippo di Side (V secolo).

TURCHIA - Xanto

 


Xanto (Xanthos) fu una città dell'antica Licia, luogo dell'attuale Kınık, nella provincia turca di Antalya. Con lo stesso nome i greci chiamavano il fiume (l'odierno Eşen Çayı) sul quale la città è stata costruita. Nelle antiche fonti il termine "Xanto" viene usato come sinonimo di "Licia".
Il sito è iscritto tra i Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO dal 1988.
"Xanthos" fu il nome greco della città di Arinna, di origine licia. Il nome che gli Ittiti ed i Luviani diedero alla cittadina fu Arinna. Secondo i Romani, invece, era Xanthus, dal momento che il suffisso greco -os veniva tradotto in -us dai Latini. Xanto fu il centro della cultura e del commercio per i Liciani, ed in seguito per i Persiani, i Macedoni, i Greci ed i Romani che a turno conquistarono la città occupandone i territori adiacenti.
Xanto viene citata da numerosi scrittori greci e romani. Strabone afferma che sia la più grande città Licia. Sia Erodoto che Appiano ne descrivono la conquista fatta da Arpago per conto dei Persiani approssimativamente nel 540 a.C. Secondo gli scritti di Erodoto, i Persiani sconfissero un esiguo esercito licio nelle pianure a nord della città. Dopo lo scontro, i Liciani si ritirarono all'interno della città che venne assediata. I Liciani distrussero la propria acropoli, uccisero le proprie mogli, i figli, e gli schiavi, dopodiché iniziarono un attacco suicida contro le truppe persiane. Morì l'intera popolazione ad eccezione di 80 famiglie che non si trovavano in città durante la battaglia.
Durante l'occupazione persiana, venne insediato un capo locale a Xanto, e nel 520 a.C. era già in uso il conio delle monete. Dopo il 516 a.C. Xanto venne inclusa tra i primi nòmi nella lista tributaria di Dario I di Persia. Le fortune di Xanto furono legate a quelle della Licia, anche quando questa cambiò alleanza durante la guerra greco-persiana. Gli scavi archeologici ne dimostrano la distruzione attorno al 475 a.C.-470 a.C., o per mano dell'Ateniese Cimone o dei Persiani, questo punto è ancora dibattuto. Dal momento che non esistono racconti della sua distruzione, né negli scritti greci né in quelli persiani, alcune correnti di pensiero ne legano la fine a cause naturali o accidentali.
Nella seconda metà del quinto secolo a.C., Xanto conquistò la vicina Telmessos incorporandola nella Licia. Dal terzo secolo a.C., la città fece parte della Lega Licia, una confederazione di tutte le città della regione. Xanto era una delle città licie più potenti, avendo così diritto a tre rappresentanti nell'assemblea della lega. Inoltre, come città più potente della Licia, Xanto presiedette al governo federale in epoca romana ed ellenistica, assumendo quindi il ruolo di un "capitale della Licia".
I resoconti sulla resa della città ad Alessandro Magno sono discordi: quelli di Arriano parlando di una cosa pacifica, ma subito dopo accenna ad un saccheggio. Dopo la morte di Alessandro la città passò sotto il controllo degli eredi; Diodoro Siculo ne narra la cattura da parte di Tolomeo I di Antigone. Appiano, Cassio Dione e Plutarco dicono che venne distrutta durante le guerre civili romane attorno al 42 a.C., da Bruto, ma Appiano parla anche di una ricostruzione effettuata da Marco Antonio. I resti di un anfiteatro romano sono ancora visibili. I resoconti storici di tale Marinos dicono che Xanto ospitava anche una scuola di grammatica.
Gli scavi archeologici hanno permesso di recuperare molti testi in lingua licia ed in greco, compresi numerosi testi bilingue utili per la decifrazione del licio (v. la voce Stele di Xanto).
Strabone usa il termine Sibros o Sirbis per riferirsi al fiume Xanto. Durante l'invasione persiana il fiume si chiamava Sirbe, che significa "giallo" come la parola greca "xanthos". Il fiume aveva un colore giallastro a causa del terreno a base alluvionale della vallata.
Una leggenda greca narra che il fiume venne creato dagli spasimi del parto di Latona il cui tempio, a Letoon, si trova sulla riva occidentale del fiume, pochi chilometri a sud di Xanto. Letoon venne scavata nel ventesimo secolo e portò alla luce vari testi lici, greci ed aramaici. Un testo trilingue (licio-greco-aramaico), noto come stele trilingue di Letoon, contiene un riferimento a re Artaserse. Anche Letoon, come Xanto, è stata inserita tra i Patrimoni dell'umanità.


TURCHIA - Ierapoli

 

Ierapoli (anche Gerapoli o, seguendo il nome greco antico, Hierapolis) è una città ellenistico-romana della Frigia. Dominava la valle del fiume Lico sulla strada che collegava l'Anatolia al mar Mediterraneo. Le rovine si trovano nell'odierna località di Pamukkale ("castello di cotone"), situata nella provincia di Denizli, in Turchia, e famosa per le sue sorgenti calde, che formano concrezioni calcaree. Ierapoli di Frigia non è da confondersi con Ierapoli Bambice, in Siria, o con Ierapoli Castabala, in Cilicia.
Ierapoli di Frigia è uno dei siti archeologici e naturalistici più frequentati del Mediterraneo, con circa 1,5 milioni di visitatori all'anno. Le maggiori attrazioni turistiche sono rappresentate dalle concrezioni calcaree, dalle calde acque termali che sgorgano in mezzo alle rovine, e il patrimonio architettonico della città antica: un teatro romano molto ben conservato, una vasta necropoli e il martyrion dell'apostolo Filippo, il cui complesso occupa per intero la collina che sovrasta la città.
Nel sito archeologico opera dal 1957 la
"Missione Archeologica Italiana di Hierapolis di Frigia" (MAIER), attualmente diretta da Grazia Semeraro, ordinario di Archeologia Classica dell'Università del Salento.
Importante città ellenistico-romana della Frigia, Ierapoli dominava la valle del fiume Lykos, lungo un percorso che univa l'Anatolia interna al Mediterraneo.
Le recenti attività di scavo hanno permesso di riconoscere l'impianto urbano di Ierapoli, riferibile probabilmente ad età ellenistica, con un asse principale nord-sud, la grande plateia (strada principale),
lungo la quale si sviluppa un reticolo stradale ortogonale che divide la città in isolati regolari, piuttosto allungati. All´interno di questo impianto si disponevano gli edifici pubblici e le case. Nella parte nord della città, lungo la strada che portava verso Tripoli, cominciarono a formarsi, tra il II e il I secolo a.C., i primi nuclei della necropoli, che si svilupperà in età imperiale, con tombe a fossa ed edifici funerari.
L'assetto monumentale della città meglio riconoscibile è quello che si creò dopo il rovinoso terremoto del 60 d.C., tra la fine
del I ed il III secolo. È a questo periodo, infatti, che si può far risalire la costruzione o la trasformazione di molti monumenti quali l'agorà commerciale, la porta di Frontino, due grandi ninfei pubblici, e il grandioso teatro. La crescita della città subì un brusco arresto nel corso del IV secolo a causa di un violento terremoto che distrusse estese aree come quella dell'agorà commerciale.
Con la costruzione delle mura di fortificazione bizantine, alla fine del IV secolo, la parte nord della città, compresa l'agorà commerciale, fu esclusa dal
perimetro urbano ed utilizzata come cava di materiale da costruzione da utilizzare nel reimpiego. Ierapoli diviene in questa fase un importante centro della cristianità e lungo l'asse viario principale furono costruite una chiesa extraurbana (Terme-chiesa), la cattedrale con il battistero, la basilica a pilastri e, sulla collina orientale, il martyrion di San Filippo apostolo.
Alla fine del VI secolo, un altro terremoto provocò il crollo della maggior parte degli edifici ierapolitani, comprese le mura bizantine.
Dal 1957, ad opera del Prof. Paolo
Verzone, del Politecnico di Torino, sono stati ingaggiati scavi archeologici su tutta la vasta area dove erano già visibili emergenze. Nei primi trent'anni di scavi furono individuati tutti i più importanti punti nevralgici dell'antica città: il perimetro delle mura e la monumentale Porta di Frontino; le terme; il teatro; il tempio di Apollo con l'accesso al Plutonion, ovvero una grotta, da cui escono velenosissimi vapori sulfurei, che gli antichi consideravano l'ingresso degli Inferi, dimora del dio Plutone; le terme; l'area dell'agorà; alcune chiese fra le quali il martyrion di San Filippo. Con la scomparsa del Prof. Paolo Verzone, la
missione archeologica è stata guidata fino alle soglie del nuovo millennio dalla Prof.ssa Daria Ferrero De Bernardi, sempre del Politecnico di Torino, sotto la cui direzione hanno visto il restauro tutti i monumenti già individuati, compresa l'estesissima necropoli, in cui operò la Prof.ssa Donatelle Ronchetta, del medesimo ateneo.
Gli scavi del sito di Ierapoli successivi al 2010 hanno portato ad alcune importanti scoperte, riportate anche dai mass media.
La tomba dell'apostolo Filippo
Un sigillo in bronzo del VI secolo
conservato al Virginia Museum of Fine Arts di Richmond (USA) rappresenta l'apostolo Filippo e il suo Martyrion, ma anche una chiesa totalmente sconosciuta sino al 2011 e delle scalinate che salgono la collina. Gli scavi hanno successivamente condotto alla scoperta di scalinate processionali nei pressi del Martyrion, una chiesa scomparsa nel V secolo e al centro della chiesa una tomba a sacello di epoca romana. Nei pressi fontane, vasche termali e alloggi per i pellegrini.


ARGENTINA - Cueva de las Manos

  La  Cueva de las Manos  (che in spagnolo significa Caverna delle Mani) è una caverna situata nella provincia argentina di Santa Cruz, 163 ...