Il Fauno Barberini, o il Satiro ubriaco, è un'antica
scultura greca di epoca ellenistica che raffigura
un satiro ebbro e dormiente, la cui esecuzione è
collocabile al 220 a.C. circa. L'opera è conservata presso
la Gliptoteca di Monaco (Inv. 218). La statua, di scuola
pergamena, è considerato un grande capolavoro della scultura
ellenistica. La statua proviene da Roma, dove fu ritrovata nei
fossati di Castel Sant'Angelo attorno al 1624.
Nel 1628 era già nella collezione del cardinale Francesco
Barberini. Fu ben presto una delle statue più ammirate di Roma,
paragonata per bellezza al mutilo Torso del Belvedere.
Conservata in Palazzo Barberini, ove fu ammirata e descritta per
due secoli, divenne oggetto di tentativi di acquisto già nella
seconda metà del Settecento, come innumerevoli opere d'arte delle
collezioni principesche romane nel periodo del Grand Tour. Il
Fauno fu più volte restaurato, le prime due volte nel 1628 e nel
1635 da Arcangelo Gonnelli, che gli diede una posizione
sdraiata. Nel 1679 un nuovo restauro ad opera di Giuseppe
Giorgetti e Lorenzo Ottoni cambiò la posa della
scultura, da sdraiata a seduta sopra una roccia. I due restauratori
erano fortemente influenzati nella scelta, della posa dal
fiume Nilo nella fontana dei fiumi di Gian
Lorenzo Bernini. Le integrazioni delle gambe e del braccio sinistro
erano in stucco. Più di un secolo dopo, nel 1799, il Fauno viene
venduto direttamente dai Barberini, in grave crisi finanziaria,
allo scultore e restauratore romano Vincenzo Pacetti, che lo
restaura nuovamente sostituendo i pezzi in stucco con integrazioni in
marmo. Pacetti sperava di vendere la scultura a un ricco acquirente
straniero. Nel 1804, in seguito a una causa giudiziaria, i Barberini
riuscirono a rientrare in possesso del Fauno. Fu il principe
ereditario Ludovico di Baviera, che stava allestendo la
Gliptoteca di Monaco in quegli anni, ad acquistarlo nel 1814. Il
cardinale Bartolomeo Pacca fece porre un bando
all'esportazione, anche su sollecitazione di Antonio Canova,
perché questo capolavoro restasse a Roma; ma dopo alcuni anni di
pressioni diplomatiche fu ottenuta la revoca del bando e la scultura
partì da Roma alla fine del 1819. Il 6 gennaio 1820 arrivò
a Monaco, ove fu collocata in un emiciclo a essa
appositamente destinato da tempo nella Glyptothek. Altri interventi
di restauro sono stati eseguiti nel 1972, rimuovendo la gamba destra
inserita dal Pacetti, che nel 1986 è stata reintegrata in modo più
adeguato.
È considerato un capolavoro dell'arte scultorea ellenistica.
Sebbene a prima vista sembri un semplice giovane, la statua in realtà rappresenta un satiro: ha un pene di sostenute dimensioni, delle orecchie appuntite, la coda, una corona di edera e una pelle di pantera, tutte caratteristiche tipiche di queste figure mitiche dionisiache.
La figura è sdraiata su una roccia, il che farebbe pensare agli effetti del vino e quindi all'ebbrezza. Le gambe divaricate, la testa rivolta verso il giaciglio e le braccia riverse a fare da cuscino danno abilmente l'impressione di una posa complessa, esempio di virtuosismo in scultura.
È considerato un capolavoro dell'arte scultorea ellenistica.
Sebbene a prima vista sembri un semplice giovane, la statua in realtà rappresenta un satiro: ha un pene di sostenute dimensioni, delle orecchie appuntite, la coda, una corona di edera e una pelle di pantera, tutte caratteristiche tipiche di queste figure mitiche dionisiache.
La figura è sdraiata su una roccia, il che farebbe pensare agli effetti del vino e quindi all'ebbrezza. Le gambe divaricate, la testa rivolta verso il giaciglio e le braccia riverse a fare da cuscino danno abilmente l'impressione di una posa complessa, esempio di virtuosismo in scultura.
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