domenica 16 marzo 2025

Campania - Pompei, Tempio della Fortuna Augusta

 

Il tempio della Fortuna Augusta è un tempio di epoca romana, sepolto durante l'eruzione del Vesuvio del 79 e ritrovato a seguito degli scavi archeologici dell'antica Pompei: era dedicato all'imperatore Augusto.
La costruzione del Tempio della Fortuna Augusta risale al I secolo a.C., presumibilmente in un periodo compreso tra il 13 a.C., anno del termine delle campagne di conquista di Augusto ed il 2 a.C., ossia quando Marco Tullio, appartenente alla famiglia dei Tulli, la stessa dalla quale discendeva Cicerone, concluse la sua carriera politica a Pompei: la costruzione sorgeva su un terreno dello stesso Marco Tullio, il quale finanziò completamente l'opera, che venne edificata per sua volontà, come testimoniato da un'epigrafe che così narra: «Marcus Tullius, figlio di Marcus, duoviro con potere giurisdizionale per tre volte e quinquennale, augure, tribuno militare di nomina popolare eresse il tempio della Fortuna Augusta su suolo e con danaro proprio
Il Tempio della Fortuna Augusta fu quindi costruito per un puro scopo politico, venendo amministrato nei primi anni da semplici schiavi: inoltre non venne posizionato all'interno del Foro, forse perché il prezzo di un terreno in quella zona era molto alto o semplicemente perché in quell'epoca non era concepito che un edificio politico potesse affacciarsi sulla piazza principale della città. Venne quindi gravemente danneggiato dal terremoto di Pompei del 62, anno in cui si ha l'ultima testimonianza, una lapide, che attesta la funzionalità, e poi sepolto sotto una coltre di ceneri e lapilli durante l'eruzione del Vesuvio del 79, mentre erano in corso probabilmente dei lavori di restauro; gli scavi archeologici voluti dai Borbone, riportarono alla luce il tempio nel 1823 ed altre esplorazioni furono effettuate nel 1826 e nel 1859, mentre un totale restauro fu eseguito nel 1908.
Il tempio, dalle dimensioni ridotte e simile al vicino Tempio di Giove, era completamente rivestito in marmo e lastre di pietra calcarea di cui rimangono vaghe tracce; l'accesso è consentito tramite due rampe di quattro gradini ciascuna, in origine recintate da una cancellata, che terminano su un pianerottolo sul quale è posizionato un altare, per poi proseguire con un'altra scalinata di nove gradini: questa parte della gradinata risulta essere molto rovinata rispetto alla precedente, che si pensa essere stata restaurata poco prima dell'eruzione.


Il pronao era formato da quattro colonne in marmo sulla facciata, di cui sono state rinvenute solo i capitelli in ordine corinzio e due laterali; si accede quindi alla cella, restaurata poco prima dell'eruzione, che ha sul fondo un'edicola delimitata da due lesene, all'interno della quale era posta la statua della Fortuna, conservata al museo archeologico nazionale di Napoli: l'ambiente si completa con altre quattro nicchie che contenevano altrettante statue, di cui sono stati ritrovati di due solo dei frammenti, raffiguranti probabilmente i membri della famiglia imperiale e anche lo stesso Marco Tullio, mentre altre due raffiguravano una donna, con viso abraso e un uomo, ritenuto in primo momento erroneamente Cicerone. All'interno del tempio sono state rinvenute quattro iscrizioni, ognuna dedicata all'imperatore in carica, in particolare ai cinque imperatori della dinastia giulio-claudia, eccetto per Claudio al quale furono offerte due basi in marmo da Lucio Stazio Fausto, uomo di origini servili.
Sul lato destro dell'area sacra, in un terreno di proprietà sempre di Marco Tullio, fu costruita una piccola abitazione, utilizzata dai custodi del tempio.


Campania - Pompei, le Necropoli


Come stabilito dalle leggi romane, le tombe dovevano essere costruite al di fuori delle mura cittadine e così, in prossimità delle porte di Pompei, sorgono diverse necropoli. La necropoli di Porta Nocera è quella di maggiori dimensioni e la più importante, con tombe sia a esedra sia a edicola: tra tutte, le più imponente, è quella Eumachia, fatta costruire dalla sacerdotessa di Venere per sé e per i suoi familiari. Edificata tra il 17 e il 37 d.C., la tomba è a esedra, in opera cementizia e rivestita di tufo: presenta delle nicchie dove erano poste le statue e un fregio figurato. Nella stessa zona sono inoltre presenti altre due tombe a edicola, risalenti all'età repubblicana, dove la cella funeraria era ornata con le statue dei defunti.


Altre necropoli di grandi dimensioni sono quelle di Porta Ercolano, che sorgeva lungo la strada che portava a Villa dei Misteri e quella del Fondo Pacifico, nei pressi dell'anfiteatro. Nella necropoli di Porta Vesuvio è la tomba a sedile semicircolare in tufo di Arellia Tertulla, la tomba di Septumia, moglie di un duoviro, realizzata in opera incerta, con base in tufo e la tomba di un giovane ventiduenne, C. Vestorius Priscus, addetto alla cura delle strade e dell'ordine pubblico, decorata con stucchi a rilievo di menadi e satiro, mentre le pareti interne sono affrescate con scene di caccia, di lotte di gladiatori e scene di vita del defunto. La necropoli di Porta Nola è composta da tre tombe: quella di M. Obellio Firmo, dove nel recinto era posta una stele, sulla quale poggiava l'urna cineraria in vetro, mentre le altre due tombe, una di Aesquilia Polla e l'altra di N. Herennius Celsus sono di tipo a esedra e quest'ultima è caratterizzata da una colonna ionica con vaso marmoreo.


Campania - Pompei, Edificio di Eumachia

 

L'Edificio di Eumachia era un edificio pubblico di epoca romana, sepolto dall'eruzione del Vesuvio del 79 e ritrovato a seguito degli scavi archeologici dell'antica Pompei: l'edificio era utilizzato come mercato della lana o come sede della corporazione dei fullones.
La data di costruzione dell'Edificio di Eumachia è ancora incerta: sicuramente edificato durante l'epoca tiberiana, in un periodo di forte sviluppo commerciale, fu voluto da una sacerdotessa di Venere, Eumachia, patrona dei lavandai: alcuni archeologi collocano la sua costruzione intorno al 22, mentre altri suppongono sia stato costruito per favorire la carriera politica del figlio di Eumachia, Marco Numistro Frontone, quindi prima del 2, anno in cui divenne duoviro; altri studiosi inoltre, viste alcune somiglianze con il Foro di Augusto, lo datano intorno al 7 a.C.. Costruito come segno di devozione nei confronti della famiglia imperiale, l'edificio fu dedicato a Livia, madre di Tiberio, come ricordato da un'iscrizione ritrovata su un architrave nei pressi di un ingresso secondario lungo Via dell'Abbondanza: «Eumachia figlia di Lucius sacerdotessa publica, a nome suo e del figlio Marcus Numistrius Fronto, costruì a sue spese il vestibolo, la galleria coperta e i portici: ella stessa li dedicò alla Concordia e alla Pietas Augusta


Incerta inoltre era anche la funzione dell'Edificio di Eumachia: tra le ipotesi più accreditate è quella del mercato della lana, in quanto, le alte mura del corridoio laterale e le poche entrate, avrebbe protetto la struttura dai ladri ed il criptoportico utilizzato come magazzino. Tuttavia la sontuosità riscontrata si addice ben poco a tale funzione: secondo altri quindi si sarebbe trattato di una basilica all'interno della quale avvenivano contrattazioni di tipo commerciale oppure era sede della corporazione dei fullones, di cui Eumachia era protettrice.
Notevolmente danneggiato dal terremoto di Pompei del 62, al momento dell'eruzione del Vesuvio del 79, quando fu seppellito sotto uno strato di lapilli e ceneri, era ancora in fase di ristrutturazione, che però non ne modificò l'aspetto originario; fu riportato alla luce a seguito degli scavi archeologici condotti per volere della dinastia borbonica.
L'Edificio di Eumachia si trova sul lato est del Foro di Pompei, tra il Tempio di Vespasiano ed il comitium, da cui è separato tramite Via dell'Abbondanza: il chalcidicum è realizzato da un portico a doppio ordine di colonne, doriche nella parte inferiore e ioniche in quella superiore, prive di scanalature e fronteggiate da statue. La facciata principale è in opera laterizia e fu sicuramente ricostruita a seguito del terremoto del 62; al centro è posto il portale d'ingresso, incorniciato da un altorilievo in marmo sul quale sono raffigurati tralci d'acanto, con uccelli, insetti ed altri piccoli animali: tale decorazione proviene dalla facciata precedente e ciò si denota dal fatto non combacia perfettamente con le dimensioni del nuovo portale. La facciata si completa con due esedre rettangolari nelle quali erano poste le statue di Cesare ed Augusto e che erano raggiungibile tramite una scala, dove banditori e banchieri tenevano delle aste e due esedre absidate semicircolari, poste ai margini, nelle quali erano le statue di Enea e Romolo, con delle epigrafi che ne descrivevano le gesta: lungo la facciata i mercanti vendevano la lana prodotta.
Superato l'ingresso, ai lati, si aprono due stanze: quella a destra possedeva una giara murata, alla quale si accedeva tramite una scala, per raccogliere l'urina che serviva come detergente e sgrassante per i tessuti, mentre la stanza a sinistra era utilizzata dal custode; sullo stesso lato era un altro ambiente, nel quale è stato ritrovato un orcio ed i resti di una scala che conduceva al piano superiore, dove era posta, con ogni probabilità, la crypta. La corte interna era circondata da un portico colonnato a doppio piano, che correva lungo i quattro lati, con colonne in ordine corinzio completamente in marmo, ma di cui non ne rimane alcuna traccia e decorata con statue della famiglia imperiale; sul fondo si aprono tre esedre: una centrale, di maggiori dimensioni, dove era posta la statua della Concordia Augusta, raffigurata con le sembianze di Livia, ma ritrovata senza testa e le statue di Tiberio e Druso e due laterali, più piccole, fenestrate, per dare luce al corridoio.
La struttura è circondata su tre lati, eccetto lungo la facciata principale, da un corridoio, rivesto di marmi colorati, nel quale si aprono due entrate secondarie, che avevano anche la funzione di illuminare la zona: nella parte alle spalle dell'esedra, posta in una nicchia, fu ritrovata la statua raffigurante Eumachia, oggi conservata al museo archeologico nazionale di Napoli.

Campania - Pompei, Casa di Ottavio Quartione


 La casa di Ottavio Quartione (II 2, 2) (detta anche casa di Loreio Tiburtino) è il nome moderno di una grande domus di Pompei.
La casa, che fu scavata negli anni tra il 1916 e il 1921 da Vittorio Spinazzola, si trova in Via Dell'Abbondanza, una delle strade più prospere di Pompei. C'è stato un considerevole dibattito sul nome di questo particolare edificio. Il suo nome originale di casa di Loreius Tiburtinus era derivato da due annunci elettorali che erano nella facciata esterna, uno diceva "Vota Loreius" e l'altro "Vota Tiburtinus." Ora sappiamo che il proprietario era Ottavio Quartione (Octavius Quartio).
La domus, prima del terremoto del 62 d.C., ricopriva un'intera insula e aveva due atrii e due ingressi. Dopo il terremoto una parte della casa (II 2, 4) fu resa indipendente e venduta a un altro proprietario.
Sulla facciata dell'edificio si trovano due cauponae, nelle quali c'era anche un accesso al piano superiore, le cui camere erano probabilmente affittate. La casa si trova vicino all'anfiteatro e a una delle porte della città.


Dall'ingresso si giungeva a un atrio, che era stato deviato in precedenza. Qui erano stati piantati fiori e altre piante. In una delle camere per dormire, raggiungibile dall'atrio, fu trovato un sigillo di bronzo con il nome Decimus Octavius Quartio. Questo ci permette di identificare l'ultimo proprietario della domus. La stessa camera era stata usata come un laboratorio. Dietro l'atrio c'era un piccolo giardino, che era decorato con colonne. Gli spazi successivi sono dipinti con raffinate pitture murarie del quarto stile. Uno spazio si distingue particolarmente per la qualità dei dipinti: piccoli rami, figurine e sottili edicole. Questo spazio fu predisposto per un santuario di Iside, dato che nei campi sono raffigurati dei sacerdoti di Iside, anche se questa interpretazione non è sicura. All'altro lato del piccolo giardino si trova l'oecus, anche questo riccamente dipinto. Lo zoccolo è marmorizzato e sopra si trovano raffigurazioni di Eracle alla guerra di Troia.


In un piccolo giardino sono state trovate diverse statuette egizie, tra cui un ibis e un Bes. Si ritiene che in questo luogo si incontrassero seguaci di Iside. Nel retro della casa si trova un lungo bacino, ornato con colonne. Qui sono state trovate altre statue egizie, tra cui una Sfinge ma anche un Bacco. Alla fine del bacino è stato rinvenuto un posto dove si poteva mangiare all'aperto. Qui c'era anche un'edicola, a sinistra della quale c'era un'immagine di Narciso e a destra quella di Piramo che si è appena ucciso perché aveva creduto che la sua Tisbe fosse stata sbranata da un leone. Tisbe è lì accanto che si uccide per il dolore.
Tutta la parte rimanente dell'insula è occupata da un grande giardino, al cui centro si trova un piccolo tempio.



Campania - Pompei, Casa degli Amorini Dorati

 

La casa degli Amorini Dorati è una domus di epoca romana dell'antica Pompei, ubicata nella Regio VI, sepolta dall'eruzione del Vesuvio del 79.
La sua struttura è il risultato dell'unione di due strutture differenti, risalenti al III e II secolo a.C. Molti degli elementi decorativi della domus sono andati perduti a seguito del terremoto del 62 d.C. Diverse iscrizioni testimoniano che la domus sia appartenuta alla gens Poppeae, una famiglia molto importante a Pompei che si pensa fosse imparentata con l'imperatore Nerone tramite Poppea.


La domus è stata ritrovata a seguito degli scavi iniziati secondo il volere di Carlo III di Borbone.
A dare il nome alla domus è stata una decorazione ritrovata in un cubicolo: all'interno dell'intonaco vi erano dei dischetti in vetro in cui erano stati inserite delle lamine in oro con incisi degli amorini.
Si tratta di una delle abitazioni più eleganti collegabili all'Età Imperiale.
L'ingresso si apre con due stanze, le quali erano destinate ad accogliere la servitù: un atrio illuminato dalla luce esterna e un tablino caratterizzato da un mosaico e delle pitture alle pareti, che hanno come tema centrale l'incontro tra Paride ed Elena.


Un'altra stanza importante per le sue decorazioni è il salone: anche in questa stanza il pavimento è decorato da mosaici e da affreschi lungo le pareti; tra i personaggi spiccano Achille, Patroclo e Briseide; questa stanza offre un'ottima vista del giardino, riccamente decorato con statue di piccole dimensioni, maschere teatrali, riproduzioni animali e colonne tra cui erano posizionati dei medaglioni così che gli ospitanti fossero protetti dalla cattiva sorte.
All'interno della domus è possibile trovare anche ambienti destinati al culto: un'edicola e un sacello. La prima è dedicata al culto domestico tradizionale, il secondo è destinato al culto di divinità egizie ritratte anche in diversi dipinti: Anubi, dio della mummificazione e dei cimiteri, Arpocrate, dio bambino figlio di Iside, la stessa Iside, dea della maternità ed infine Serapide, dio guaritore. Ultimo ambiente degno di nota è una stanza con decorazione gialla a tinta unita, con molte probabilità dedicata esclusivamente alla figura femminile; si può giungere a questa stanza attraverso un corridoio che funge da museo in cui spicca una statua di Venere.

Campania - Pompei, Casa dei Vettii

 

La Casa dei Vettii è una domus di epoca romana, sepolta durante l'eruzione del Vesuvio del 79 e ritrovata a seguito degli scavi archeologici dell'antica Pompei (VI-15-1): rappresenta uno dei massimi esempi d'arte romana del I secolo ed è così chiamata dal nome dei proprietari, Aulo Vettio Restituto e Aulo Vettio Conviva.
Di origini antiche, sicuramente prima del I secolo a.C., come testimoniato dai capitelli a forma di dado e dall'impluvium in tufo, la casa venne acquistata all'inizio del I secolo da una ricca famiglia di liberti, dediti al commercio, i Vettii, di cui sono stati ritrovati due anelli, che fungevano anche da sigillo e diversi manifesti elettorali: fu in questo periodo, grazie alle ottime possibilità economiche della famiglia, che la struttura venne totalmente restaurata e arricchita di opere d'arte, per lo più in quarto stile. Una seconda ristrutturazione si rese necessaria a seguito del terremoto di Pompei del 62; sepolta sotto una coltre di ceneri e lapilli a causa dell'eruzione del Vesuvio nel 79, venne riportata alla luce nel 1894. Nel dicembre 2016, dopo un restauro durato dodici anni, la casa fu riaperta al pubblico.
Superato il portone d'ingresso si accede al vestibolo, nel quale sono posti due affreschi che raffigurano una lotta tra galli e Priapo che poggia il suo membro sul piatto della bilancia, come simbolo di prosperità, a cui fa da contrappeso una borsa di denari. Internamente la casa, di dimensioni non troppo vaste, si incentra intorno a due atri: nel primo atrio, di tipo tuscanico, l'impluvio non era rivestito in marmo e la pavimentazione, così come nel resto dell'abitazione, è di modesta fattura, realizzata per lo più in lavapesta, con l'aggiunta di qualche tessera bianca; si notano due casseforti in ferro, decorate in bronzo, mentre le pareti presentano diversi affreschi rappresentati bambini che compiono atti sacrificali ai Penati.
Particolarità dell'atrio è l'assenza di un tablino, evento raro per una struttura di tale taratura sociale. Intorno all'atrio si aprono diverse stanze: in un cubicolo sono presenti raffigurazioni del mito di Ero e Leandro ed Arianna abbandonata da Teseo a Nasso, oltre ad una raffigurazione di pesci, andata perduta, la quale era uno dei pochissimi esempi di recupero di pittura in epoca antica, in quanto durante i lavori di ristrutturazione della casa non fu distrutta, bensì restaurata; in un altro cubicolo, destinato probabilmente al custode, una grande raffigurazione di fauna marina. Nell'oecus invece sono presenti affreschi raffiguranti la lotta tra Pan e Amore guardati da Dioniso ed Arianna ed il mito di Ciparisso, che uccide il cervo preferito di Apollo ed Apollo che si vendica dell'affronto subito: si tratta delle uniche raffigurazioni di Ciparisso del mondo antico. Sull'atrio si affacciano anche due alae, una delle quali fu in seguito destinata ad armadio a muro, mentre quella rimasta attiva presenta decorazione in quarto stile.
Un piccolo corridoio, nel quale era posta la scala d'accesso al piano superiore e il cui sottoscala era utilizzato come deposito per la vicina stalla, conduce al secondo atrio intorno al quale si apre il quartiere servile: quest'atrio presenta un impluvium in tufo ed una nicchia, utilizzata come larario, decorata con semicolonne corinzie che reggono un timpano triangolare: nell'edicola sono raffigurati il Genio del proprietario nell'atto di compiere un sacrificio, i Lari ed il serpente agathodemone. La cucina presenta un banco in muratura, cinque caldaie e treppiedi in bronzo: al suo interno furono rinvenuti bacini e vasi in terracotta, pentole, graticole ed una statua di Priapo, probabilmente posta in giardino, che fungeva da fontana. Dall'atrio si apre anche un piccolo cubicolo che presenta tre affreschi di natura erotica, di pessima fattura. Nel triclinio si trovano interessanti affreschi di stampo mitologico come Arianna e Teseo ed Issione e Zeus; di notevole fattura lo zoccolo, dal quale emergono buoi del mare, cavalli e busti di divinità, mentre sulle pareti si trovano dei medaglioni nei quali è raffigurato il volo delle Stagioni. Nelle vicinanze del peristilio è un gineceo, caratterizzato da un piccolo cortile porticato, sul quale si aprono due stanze, probabilmente riservate alla padrona della casa e alle sue figlie: tuttavia la reale funzione di questo luogo rimane alquanto oscura, poiché nelle case romane difficilmente si trovavano ginecei.
Il peristilio è contornato da diciotto colonne, che circondano completamente il giardino, nel quale vasche e dodici statue in bronzo utilizzate come fontane, assicuravano giochi d'acqua: sono presenti diversi affreschi che raffigurano nature morte e figure umane, oltre ad un affresco che riproduce Dedalo che mostra a Pasifae la vacca di legno, il mito di Issone e Dioniso che scopre Arianna nel sonno. Sul peristilio si aprono diverse stanze: un oecus presenta un meandro in mosaico bianco e nero ed alle pareti coppie divine e poeti affiancati dalle loro muse; lo zoccolo raffigura sacerdotesse ed Amazzoni: le pareti sono inoltre arricchite con fregi, raffiguranti mestieri e giochi fatti da amorini, anche se mancano alcuni quadretti, probabilmente non ancora eseguiti oppure andati persi a seguito dell'eruzione, in quanto poggiavano su telai in legno; in questa stanza probabilmente si giocava anche al tiro a segno. Un altro oecus, più buio, affinché la luce non rovinasse i colori, era utilizzato come pinacoteca e sono rappresentate, su pareti a fondo giallo, scene della storia della città di Tebe come Anfione e Zeto che legano Dirce a un toro, Penteo ucciso dalle Baccanti, Ercole bambino che strozza i serpenti ed alcune architetture fantastiche su un fondo bianco. La casa era dotata anche di una stalla, raggiungibile sia tramite un corridoio, sia da un ingresso autonomo direttamente sulla strada.

Campania - Pompei, Casa del Fauno

 

La casa del Fauno è una casa di epoca romana, sepolta durante l'eruzione del Vesuvio del 79 e ritrovata a seguito degli scavi archeologici dell'antica Pompei: si tratta di una delle abitazioni più vaste della città e deve il suo nome ad una statua in bronzo, raffigurante un satiro, posta nell'impluvium. Occupa quasi completamente la Insula 12 della Regio VI.
Una prima costruzione della casa risale al III secolo a.C., di dimensioni ridotte rispetto a quella attuale e caratterizzata da un grande orto; nel II secolo a.C., intorno al 120 a.C., sfruttando anche altre abitazioni vicine ed alzando di circa un metro il piano di calpestio, la casa fu totalmente ricostruita ed ampliata, raggiungendo un'estensione di 2970 metri quadrati. Una delle opere principali fu la costruzione di un secondo peristilio: la scelta di avere una casa con ampi atri e peristili e pochi ambienti servili e abitativi è da ricondursi al fatto che il proprietario aveva la necessità di ostentare la propria ricchezza ed il proprio potere. Nel I secolo fu risistemata la zona del bagno e dei servizi. Sepolta dall'eruzione del Vesuvio nel 79, fu esplorata a partire dall'inizio del XIX secolo, offrendo una grande varietà di decorazioni in primo stile, di tipo ellenistico, caratterizzate da numerosi mosaici, asportati per preservarne l'integrità e custoditi al museo archeologico nazionale di Napoli: al suo interno furono anche ritrovati un gran numero di oggetti in oro ed argento, tra cui un bracciale a forma di corpo di serpente.


L'ingresso dell'abitazione, sostenuto da pilastri in tufo, è caratterizzato da una scritta sul pavimento con tessere multicolore, che riportano il saluto Have, per esibire la cultura del proprietario, conoscitore della lingua latina, in quanto a Pompei, in quel periodo, si parlava ancora la lingua osca. Superato il vestibolo, pavimentato in opus sectile, con triangoli in marmo e pietra calcarea e nel quale era probabilmente posto un piccolo tempietto realizzate con colonne corinzie, si accede all'atrio: di tipo tuscanico, al centro è posto l'impluvium, realizzato in travertino e non in tufo, com'era consuetudine e nella vasca fu ritrovato un satiro danzante, erroneamente interpretato come un fauno, oggi conservato al museo nazionale; era inoltre presente un mosaico in opus vermiculatum, raffigurante maschere tragiche. Nella stanza si nota la caratteristica preparazione delle pareti, prima di essere affrescate: sono infatti presenti i fori lasciati dai chiodi che fissavano le lastre di piombo, per impedire all'umidità di penetrare attraverso l'intonaco e tale tecnica era una consuetudine utilizzata prima dell'arrivo dei romani. Intorno all'atrio si aprono diversi cubicoli e due alae, oltre ad un tablino, nel quale il proprietario, un magistrato della famiglia dei Satrii, come scritto su una cornice in tufo dove probabilmente era posta una statua o dei Cassii, come testimoniato da un anello utilizzato come sigillo, riceveva i clienti: al suo interno fu rinvenuto lo scheletro di una donna intenta a salvare denari e gioielli. Ai lati del tablino, due triclini, nei quali sono presenti raffigurazioni di pesci e di un demone su una pantera.
Intorno ad un secondo atrio tetrastilo, con quattro colonne, si aprono diversi ambienti di servizio, oltre che un accesso secondario alla casa: la stanza da letto è ornata da un affresco di Satiro e Baccante; tutte le stanze dispongono di decorazioni emblematiche come il gatto che mangia una pernice e tre colombe che rubano un anello. La casa era dotata anche di un piccolo quartiere termale con tepidarium e calidarium, il primo realizzato in una casa privata di Pompei.


La casa dispone di due peristili: quello di minor dimensioni è ornato da ventotto colonne di tipo ionico, che hanno sostituito quelle originali di tipo dorico; un'esedra divide i due peristili ed al suo interno fu ritrovato un mosaico, che fungeva da pavimentazione, raffigurante la Battaglia di Isso tra Alessandro e Dario: il mosaico, commissionato probabilmente poiché antenati del proprietario dovevano avere rapporti con il re macedone, è una copia del famoso dipinto di epoca greca, eseguito dal pittore Filosseno ed è stato realizzato con circa un milione e mezzo di tessere; sulla soglia dell'esedra un mosaico raffigurante scene nilotiche con ippopotami e coccodrilli; sono inoltre presenti stucchi in primo stile.


Il secondo peristilio, più grande, ha una lunghezza di quarantacinque metri, per una larghezza di quaranta, è circondato da un doppio ordine di quarantaquattro colonne di tipo dorico, rivestite in stucco ed è decorato con mosaici: nella parte sinistra del peristilio diverse nicchie venivano utilizzate come larari e nelle loro vicinanze furono rinvenuti due candelabri in bronzo, due treppiedi, due lampade ed una statuetta del Genio. Sul fondo si aprono alcune stanze riservate alla servitù, di cui una appartenente al custode che svolgeva anche mansioni da giardiniere. Nell'oecus è rappresentato un leone, in quale però appare notevolmente danneggiato. Nella stalla sono stati ritrovati i resti di quattro uomini e due buoi.

Campania - Pompei, Casa dei Dioscuri

 

La casa dei Dioscuri è una casa di epoca romana, sepolta dall'eruzione del Vesuvio del 79 e ritrovata a seguito degli scavi archeologici dell'antica Pompei: si tratta di una delle abitazioni più vaste e meglio decorate della città e deve il suo nome ad una pittura ubicata all'ingresso, raffigurante i Dioscuri Castore e Polluce, oggi conservata aieme di tre abitazioni, unite tra loro durante l'età augustea; sepolta dall'eruzione del 79 del Vesuvio, fu esplorata tra il 1828 ed il 1829.


La casa verte sull'atrio, che funge a tufo che sorreggono il tetto; alla sua destra si apre un peristilio con al centro una vasca per l'acqua e pannelli decorativi, in quarto stile, che raffigurano architetture e nature morte: queste decorazione sono snche da ingresso, di tipo corinzio, uno dei quattro rinvenuti a Pompei, con dodici colonne intate realizzate dallo stesso artista che ha lavorato anche alla casa dei Vettii. La casa presenta inoltre un tablino con due stanze che si aprono ai suoi lati: in quella a destra sono stati ritrovati gli affreschi raffiguranti la nascita di Adone e Scilla che consegna a Minosse il capello fatato del padre Niso, mentre nella stanza di sinistra si trovano gli affreschi di Apollo e Dafne e Sileno e Ninfa con Bacco infante. Alle spalle del tablino si apre un portico con colonne doriche, sulla cui parete di fondo è posto il larario.

Campania - Pompei, Casa del Chirurgo

 

La casa del Chirurgo è una casa di epoca romana, sepolta durante l'eruzione del Vesuvio del 79 e ritrovata a seguito degli scavi archeologici dell'antica Pompei: si tratta di una delle abitazioni più antiche della città e deve il nome al ritrovamento, al suo interno, di numerosi attrezzi chirurgici.
La casa del Chirurgo fu costruita tra il IV ed il III secolo a.C. e nel corso degli anni subì almeno due grosse ristrutturazioni che portarono anche all'aggiunta di un piano superiore nella parte del quartiere servile; fu quindi sepolta sotto una coltre di lapilli e ceneri durante l'eruzione del Vesuvio del 79 ed esplorata in epoca borbonica a partire dal 1770, quando fu rinvenuta l'area del giardino.
La casa, costruita con la facciata in blocchi squadrati in calcare di Sarno e muri interni ad opera a telaio, presenta il classico schema delle abitazioni romane: superato l'ingresso, che affaccia direttamente sulla strada ed un piccolo corridoio, si arriva direttamente all'atrio, con impluvium in tufo e contornato da numerosi piccoli cubicoli; sul fondo dell'atrio è il tablino, che a sua volta si affaccia direttamente sul giardino, il quale doveva presentare un portico, sostenuto da due pilastri in pietra calcarea. Seguono poi un ingresso secondario ed una serie di ambienti, tra cui quelli servili, che presentavano una cucina con focolare e latrina che doveva essere decorata con un pannello, andato perduto, raffigurante un Genio che versava libagioni su di un altare sostenuto da due serpenti, mentre, in cattive condizioni, si è conservato un affresco raffigurante un larario. Tra le stanze di maggior interesse della casa è un ambiente fenestrato che si affaccia sul giardino, dove si sono conservate diverse pitture, in primo stile all'esterno ed in quarto stile all'interno: tra le opere più rappresentative, una donna mentre dipinge Dioniso su di un quadro retto da un amorino, staccato e conservato al Museo archeologico nazionale di Napoli e un uomo con una tavoletta tra le mani, seduto di fronte a due donne, dipinto molto rovinato. In altre stanze invece si è conservata la pavimentazione eseguita a mosaico, disposto a figure geometriche; durante gli scavi sono stati rinvenuti circa quaranta attrezzi chirurgici, sia in ferro che in bronzo, come sonde, cateteri, forcipi, pinze e bisturi, conservati al museo archeologico napoletano.


Campania - Pompei, Tempio di Vespasiano

 

Il tempio di Vespasiano, conosciuto anche con il nome di Aedes Genii Augusti, è un tempio di epoca romana, sepolto dall'eruzione del Vesuvio del 79 e ritrovato a seguito degli scavi archeologici dell'antica Pompei: la struttura sacra era dedicata al genio degli imperatori romani.
La data di costruzione del tempio è incerta: secondo alcuni archeologi sarebbe stato realizzato in età augustea e profondamente modificato a seguito dei danni subiti a causa del terremoto di Pompei del 62; se si segue questa ipotesi è anche supponibile che in origine, l'area sacra, era dedicata al genio dell'imperatore Augusto e costruita su di un terreno di sua proprietà. Tuttavia altri archeologi datano la costruzione del tempio ad un periodo successivo ad Augusto o addirittura ancora in costruzione al momento dell'eruzione: in questo caso la struttura era dedicata all'imperatore in vita, ossia Vespasiano, come dimostrato dalla scena del sacrificio di un toro, riportata come bassorilievo su di un altare, mentre nel caso in cui l'imperatore fosse morto, sarebbe stato rappresentato il sacrificio di un bue. Sepolto quindi sotto una coltre di ceneri e lapilli dall'eruzione del Vesuvio nel 79, fu riportato alla luce, insieme all'area del Foro, dagli scavi archeologici promossi dai Borbone.


Il Tempio di Vespasiano è situato sul lato est del Foro di Pompei, tra l'Edificio di Eumachia ed il Santuario dei Lari Pubblici; di pianta irregolare, quasi schiacciato, a causa del poco spazio disponibile, il tempio presenta un chalcidicum, realizzato a seguito del terremoto del 62, periodo in cui fu rifatta anche la facciata: questa è in opera laterizia e non alla stessa altezza di quella dell'Edificio di Eumachia, ma spostata in avanti, interrompendo così il colonnato del Foro.
Superata un semplice portale d'ingresso, si accede al cortile, le cui mura perimetrali sono realizzate in tufo, mentre l'opera laterizia è usata esclusivamente per le colonne e nei punti dove era necessario un maggior sostegno, come negli angoli: sulle pareti, che non erano state ancora stuccate, si aprono finestre cieche, sormontate da timpani lunati o triangolari. Anche il pavimento, che doveva essere in marmo, al momento dell'eruzione era ancora assente, tant'è che era presente una cunetta in tufo, atta a raccogliere l'acqua piovana.


Nei pressi della parete di fondo, si innalza un podio, con quattro colonne sulla fronte, raggiungibile tramite due scale laterali, sul quale è posta la cella, in opera laterizia: all'interno era collocata la statua bronzea dell'imperatore. Al centro della corte è posto un altare in marmo: sul lato che guarda verso l'ingresso è raffigurata la scena di un sacrificio, ossia un sacerdote che versa libagioni su un tripode ed alle sue spalle giovani che gli donano gli utensili per il sacrificio, un flautista, due littori ed un assistente con il toro che deve essere sacrificato; sullo sfondo si denota un tempio con quattro colonne, probabilmente imitazione di quello pompeiano. La decorazione dell'altare si completa, nel lato che guarda verso il podio, con la rappresentazione di una corona di foglie di quercia, poggiata su un scudo e due arbusti di alloro, mentre sui lati corti sono raffigurati gli oggetti per compiere il sacrificio come un lituo ed una cassetta per gli incensi, sotto festoni di frutti e fiori.
Al momento dell'eruzione il tempio era privo di colonne, anche se probabilmente alcune erano presenti solo sul lato dell'ingresso; la struttura si completa con tre vani posti sul retro della parete di fondo, utilizzati dal personale e dai sacerdoti e probabilmente era presente anche una galleria coperta, utilizzata per la vendita dai mercanti.

EGITTO - Statua di Amenardis I in alabastro

  La  statua di Amenardis I (JE 3420) è un'antica statua egizia in alabastro calcareo raffigurante la "Divina Sposa di Amon"...