sabato 7 ottobre 2023

Elea/Velia (Campania)

 


Elea (in greco antico: Ἐλέα), denominata in epoca romana Velia, è un'antica polis della Magna Grecia. L'area archeologica è localizzata in contrada Piana di Velia, nel comune di Ascea, in provincia di Salerno, all'interno del Parco nazionale del Cilento e Vallo di Diano e Alburni. L'accesso al sito archeologico è da Via di Porta Rosa. Lo storico e geografo greco Strabone, nella sua Geografia, parla della città di Elea-Velia, specificando che i Focei, suoi fondatori, la chiamarono inizialmente ῾Υέλη (Huélē), nome che però dopo alcune variazioni divenne per i grecofoni Elea.
I Romani adottarono la forma Velia per il nome della città, attestata a partire da Cicerone.
Ad oggi esistono alcuni toponimi cilentani che derivano dal nome latino di "Velia" sono: Novi Velia, Casal Velino, Velina e Acquavella.
Gli scavi, vicini alla ferrovia e non lontani da Ascea Marina, sono visitabili tutti i giorni, eccetto il lunedì. Dell'antica città restano l'Area Portuale, Porta Marina, Porta Rosa (foto in alto), le Terme Ellenistiche e le Terme romane, l'Agorà, l'Acropoli, il Quartiere Meridionale e il Quartiere Arcaico. In prossimità dell'ingresso si trova un ampio parcheggio gratuito non custodito né ombreggiato, e un gruppo di moderni edifici in cemento armato, legno e vetro, destinati a biglietteria, esposizione, ristoro, servizi igienici e vendita di souvenirs costruito con i finanziamenti POR Campania 2000-2006 per la valorizzazione del Parco archeologico di Elea-Velia nell'ambito di un progetto cofinanziato dall'Unione europea. Di questi solo la biglietteria è utilizzata, mentre gli altri risultano in stato di abbandono sin dal loro completamento: gli scaffali accatastati non sono nemmeno stati montati.
Nel 2016 l'area archeologica ha fatto registrare 33 380 visitatori.
Elea fu fondata nella seconda metà del VI secolo a.C., da esuli Focei in fuga dalla Ionia (sulle coste dell'attuale Turchia, nei pressi del golfo di Smirne) per sfuggire alla pressione militare persiana. La fondazione avvenne a seguito della Battaglia di Alalia, combattuta dai Focei di Alalia contro una coalizione di Etruschi e Cartaginesi, evento databile a un arco temporale che va dal 541 al 535 a.C.
La città fu edificata sulla sommità e sui fianchi di un promontorio, comprato dai Focei agli Enotri, situato tra Punta Licosa e Palinuro. Fu inizialmente chiamata Hyele, dal nome della sorgente posta alle spalle del promontorio.
Intorno al V secolo a.C., la città era felicemente nota per i floridi rapporti commerciali e la politica governativa. Assunse anche notevole importanza culturale per la sua scuola filosofica presocratica, conosciuta come Scuola eleatica, fondata da Parmenide e portata avanti dall'allievo Zenone. Nel IV secolo entrò nella lega delle città impegnate ad arrestare l'avanzata dei Lucani, che avevano già occupato la vicina Poseidonia (Paestum) e minacciavano Elea.
Con Roma, invece, Elea intrattenne ottimi rapporti: fornì navi per le guerre puniche (III-II secolo) e inviò giovani sacerdotesse per il culto a Demetra (Cerere), provenienti dalle famiglie aristocratiche del posto. Divenne infine luogo di villeggiatura e di cura per aristocratici romani, forse grazie anche alla presenza della scuola medico-filosofica.
Nell'88 a.C. Elea fu ascritta alla tribù Romilia, divenendo municipio romano con il nome di Velia (cfr. la scheda a lato, Le diverse forme del nome greco), ma con il diritto di mantenere la lingua greca e di battere moneta propria. Nella seconda metà del I secolo servì come base navale, prima per Bruto (44 a.C.) e poi per Ottaviano (38 a.C.). La prosperità della città continuò fino a tutto il I secolo d.C., quando si costruirono numerose ville e piccoli insediamenti, unitamente a nuovi edifici pubblici e alle thermae, ma il progressivo insabbiamento dei porti e la costruzione, avviata nel 132 a.C., della Via Popilia che collegava Roma con il sud della penisola tagliando fuori Velia, condussero la città a un progressivo isolamento e impoverimento.
Dalla fine dell'età imperiale, gli ultimi abitanti furono costretti a rifugiarsi nella parte alta dell'Acropoli per sfuggire all'avanzamento di terreno paludoso, e l'insediamento è riportato nei codici con vari nomi, corrispondenti a differenti periodi, tra cui Castellammare della Bruca. Alla fine del Medioevo, nel 1420, diventò feudo dei Sanseverino che però sarà presto donato alla Real Casa dell'Annunziata di Napoli. Dal 1669 non è più censito alcun abitante sul posto, e le tracce della città si perdono nelle paludi. Solo nell'Ottocento l'archeologo François Lenormant comprese che l'importanza storica e culturale del luogo si prestava a interessanti studi e approfondimenti, tuttora in corso, ma va anche rilevato che purtroppo, a causa degli scavi iniziati nel secolo scorso, l'abitato superstite dall'epoca medievale fino al Seicento fu quasi completamente distrutto.
La città è situata sulla Costiera Cilentana, non lontana da Vallo della Lucania, circa 90 km a sud di Salerno. La pianura a nord della città antica è solcata dal fiume Alento e dal suo affluente di sinistra, il Palistro, in passato dotato di autonomo sbocco in mare. A sud dell'acropoli, a breve distanza da questa, sfocia la Fiumarella di Santa Barbara. Il materiale sedimentato dai tre fiumi ha determinato col tempo l'interramento dello specchio antistante la città, causando la scomparsa delle due isole Enotridi, fornite di approdi, di cui ci parla Strabone. Dell'esistenza delle due isole ci viene conferma da Plinio il Vecchio che ce ne fornisce sia l'ubicazione (contra Veliam) che i nomi (Isacia e Pontia). Gli stessi fenomeni hanno causato l'avanzamento della linea di costa che oggi fa apparire la zona collinare su cui sorge l'acropoli, un tempo un promontorio, come un'altura non più lambita dal vicino mare. Quest'altura, a seguito della perdita della memoria dell'esistenza della colonia focea, ha assunto il toponimo di Castellammare della Bruca.
Tra i motivi che fanno di Velia un patrimonio dell'umanità va sicuramente menzionata la scuola eleatica, una scuola filosofica che ha potuto vantare, fra i suoi esponenti, Parmenide, Zenone di Elea e Melisso di Samo. Senofane di Colofone è stato a lungo considerato un filosofo della tradizione eleatica per la scelta stilistica di scrivere in versi: la critica dell'antropomorfismo religioso e dei valori della classe aristocratica sono invece chiari esempi della sua impostazione ionica (la stessa Colofone è, infatti, nella Ionia).

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