Çatalhöyük (spesso scritto Çatal Hüyük fuori dalla Turchia), fu un importante centro abitato di epoca neolitica, sito nella odierna provincia turca di Konya, ai margini meridionali dell'altopiano anatolico.
Il sito,
ricostruito attraverso una sequenza di 18 livelli
stratigrafici che vanno dal 7400 al 5700 a.C. circa, occupa una
superficie di 13,5 ettari, dei quali solo il 5% è stato indagato con
scavi archeologici.
Çatal Höyük è stata scoperta alla fine degli anni cinquanta del Novecento. L'archeologo inglese James Mellaart vi condusse campagne di scavo tra il 1961 ed il 1965. A partire dal 1993, ulteriori ricerche sono state condotte da Ian Hodder.
Dal 2012 il sito, che si trova a circa 50 chilometri a sudest della città di Konya ed è visitabile dai turisti, è riconosciuto dall'UNESCO come parte del "Patrimonio dell'umanità".
Il villaggio era costruito secondo una logica completamente diversa da quella moderna: le case erano monocellulari e addossate l'una all'altra; essendo poi di altezze diverse, ci si spostava passando da un tetto ad un altro e, per molte case, l'ingresso su quest'ultimo era l'unica apertura. La circolazione e gran parte delle attività domestiche avveniva dunque al livello delle terrazze. L'assenza di aperture verso l'esterno, nonché di porte a livello del terreno, difendeva la comunità dagli animali selvatici e da eventuali incursioni di popolazioni confinanti, anche se resta oscuro il livello di conflittualità tra le diverse comunità dell'epoca. Le sole vie d'accesso all'intero complesso erano scale che potevano facilmente essere ritirate in caso di pericolo.
A Çatalhöyük ogni abitazione era divisa in due stanze: quella più grande aveva al centro un focolare rotondo ed intorno dei sedili e delle piattaforme elevate per dormire, mentre in un angolo c'era un forno per cuocere il pane. La stanza più piccola era una dispensa per conservare il cibo. Tra una casa e l'altra c'erano dei cortili usati come stalle per capre e pecore.
Çatal Höyük è stata scoperta alla fine degli anni cinquanta del Novecento. L'archeologo inglese James Mellaart vi condusse campagne di scavo tra il 1961 ed il 1965. A partire dal 1993, ulteriori ricerche sono state condotte da Ian Hodder.
Dal 2012 il sito, che si trova a circa 50 chilometri a sudest della città di Konya ed è visitabile dai turisti, è riconosciuto dall'UNESCO come parte del "Patrimonio dell'umanità".
Il villaggio era costruito secondo una logica completamente diversa da quella moderna: le case erano monocellulari e addossate l'una all'altra; essendo poi di altezze diverse, ci si spostava passando da un tetto ad un altro e, per molte case, l'ingresso su quest'ultimo era l'unica apertura. La circolazione e gran parte delle attività domestiche avveniva dunque al livello delle terrazze. L'assenza di aperture verso l'esterno, nonché di porte a livello del terreno, difendeva la comunità dagli animali selvatici e da eventuali incursioni di popolazioni confinanti, anche se resta oscuro il livello di conflittualità tra le diverse comunità dell'epoca. Le sole vie d'accesso all'intero complesso erano scale che potevano facilmente essere ritirate in caso di pericolo.
A Çatalhöyük ogni abitazione era divisa in due stanze: quella più grande aveva al centro un focolare rotondo ed intorno dei sedili e delle piattaforme elevate per dormire, mentre in un angolo c'era un forno per cuocere il pane. La stanza più piccola era una dispensa per conservare il cibo. Tra una casa e l'altra c'erano dei cortili usati come stalle per capre e pecore.
Circa un terzo delle case
presenta stanze decorate e arredate apparentemente per scopi
cultuali: sulle pareti, infatti, sono state rinvenute pitture e
sculture di argilla che raffigurano teste di animali (qualcosa di
analogo ai bucrani) e divinità (specialmente femminili, legate
al culto domestico della fertilità e della generazione). Queste
abitazioni non vanno pensate come santuari: il culto è ancora solo
domestico e dà conto di una "ossessione simbolica", quella
di un aggregato di umani che vivono a stretto contatto con i propri
morti e che ha da tempo istintivamente associato penetrazione
sessuale e sepoltura dei semi per l'agricoltura.
Gli abitanti di Çatal höyük seppellivano i propri morti, divisi per sesso, sotto le piattaforme usate come giacigli. I cadaveri, prima di essere sistemati sotto i giacigli, venivano esposti all'aperto in attesa che gli avvoltoi procedessero ad una completa scarnificazione, lo stesso sistema usato ancora oggi dai Parsi in India ed in Iran, dove i cadaveri sono depositati nelle cosiddette torri del silenzio.
Fra i ritrovamenti relativi alla cultura materiale sono da segnalare l'abbondante produzione ceramica (via via lustrata chiara, poi scura, poi ingubbiata di rosso, ma non ancora dipinta, come poi accadrà nel neolitico anatolico) e la raffinata industria litica, realizzata per il 90% in ossidiana, pietra vulcanica vetrosa di cui la regione è ricca e di cui è attestato un intenso commercio locale fin dall'epoca protostorica.
Lo schema economico di base è quello tipicamente agro-pastorale, ma si segnalano scelte ardite, quali quella di coltivare frumento invece che orzo e quella di allevare bovini invece che suini.
Gli abitanti di Çatal höyük seppellivano i propri morti, divisi per sesso, sotto le piattaforme usate come giacigli. I cadaveri, prima di essere sistemati sotto i giacigli, venivano esposti all'aperto in attesa che gli avvoltoi procedessero ad una completa scarnificazione, lo stesso sistema usato ancora oggi dai Parsi in India ed in Iran, dove i cadaveri sono depositati nelle cosiddette torri del silenzio.
Fra i ritrovamenti relativi alla cultura materiale sono da segnalare l'abbondante produzione ceramica (via via lustrata chiara, poi scura, poi ingubbiata di rosso, ma non ancora dipinta, come poi accadrà nel neolitico anatolico) e la raffinata industria litica, realizzata per il 90% in ossidiana, pietra vulcanica vetrosa di cui la regione è ricca e di cui è attestato un intenso commercio locale fin dall'epoca protostorica.
Lo schema economico di base è quello tipicamente agro-pastorale, ma si segnalano scelte ardite, quali quella di coltivare frumento invece che orzo e quella di allevare bovini invece che suini.
Nessun commento:
Posta un commento