mercoledì 20 dicembre 2023

Sarcofago di Adelfia, SIracusa (Sicilia)

 

Il sarcofago di Adelfia è un sarcofago in marmo di età costantiniana, rivenuto il 12 giugno del 1872 nella chiesa di San Giovanni a Siracusa durante la campagna di scavi diretta da Francesco Saverio Cavallari, con lo scopo di accertare l'epoca delle catacombe presenti. È composto da una cassa principale sormontata da un coperchio di dimensioni inferiori (20 x 200 x 81 cm). Il sarcofago è attualmente conservato al Museo Paolo Orsi di Siracusa.
l nome del sarcofago deriva dall'ipotesi che sia stato utilizzato per la sepoltura della nobildonna romana Adelfia, moglie del comes Balerius (Valerius): il medaglione centrale rappresenterebbe un ritratto della coppia, menzionata al centro del coperchio da un'epigrafe disposta su tre linee su sfondo rosso:
(H)IC ADELFIA C(LARISSIMA) F(EMINA)
POSITA CONPAR
BALERI COMITIS

Qui è deposta Adelfia, famosissima donna, moglie del conte Valerio.
Il sarcofago presenta tredici decorazioni di iconografia cristiana disposte su doppio registro sulla cassa: di queste, la maggioranza (otto) sono tratte dal Nuovo Testamento mentre le rimanenti sono citazioni del Vecchio Testamento.
Secondo quanto si apprende dal primo resoconto sugli scavi e dalle fonti, il ritrovamento del sarcofago suscitò un certo stupore, non per la presenza dei resti di un solo defunto espressamente dichiarato dall'epigrafe, ma per la disposizione della salma, non consona ad un monumento funerario così ricco di iconografie. Inoltre non si spiegherebbe il doppio ritratto per una sepoltura unica e le incertezze tipografiche. Questo, assieme alle differenti misure del coperchio, portò ad un dibattito sulla datazione dell'opera, sull'identificazione di Adelfia e Valerio come coppia effettivamente vissuta nel IV secolo e sull'integrità del sarcofago attraverso i secoli. Mentre poco si conosce di Adelfia, recenti studi hanno identificato il comes Baleri con Valerio, amico di Sant'Agostino e citato dallo stesso nell'introduzione del De nuptiis et concupiscentiâ (o Le nozze e la concupiscenza), scritto nel 419. Tale tesi è basata sull'integrità religiosa del conte Valerio, sulla cronologia in riferimento alle modifiche strutturali della zona in cui il sarcofago è stato ritrovato e sulla possibilità di aver riutilizzato due pezzi, la cassa e il coperchio, di diversa provenienza.


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