Realizzate per celebrare la divinizzazione di Arsinoe II, morta nel luglio del 268 a.C., furono originariamente posizionate nell'importante città di Eliopoli nel Basso Egitto (centro del culto di Ra e Atum fin dal Periodo Predinastico). Vedova di Lisimaco (generale di Alessandro Magno, poi re di Tracia e di Macedonia) nel 275 a.C. Arsinoe era andata in sposa, secondo l'usanza egizia, al proprio fratello Tolomeo II, faraone d'Egitto; i due fratelli furono chiamati Philadelphoi (in greco antico: Φιλάδελφοι, "fratelli-amanti"). Come "regina dell'Alto e del Basso Egitto", Arsinoe II condivise tutti i titoli regali del fratello, con il quale appare nei ritratti monetali dell'epoca. Nel colosso in questione, la regina è identificata come figlia del dio della terra Geb e perciò nelle vesti di Iside[1]; normalmente rappresentata fuori dell'Egitto come una donna greca della sua epoca (Cammeo Gonzaga?), Arsinoe II compare qui come un'antica regina egizia, con il lungo vestito aderente,
la pesante parrucca e i due urei tipici delle "Spose reali" dei faraoni della plurimillenaria storia egizia.
I colossi furono verosimilmente traslati a Roma per ordine dell'imperatore Caligola (37–41 d.C.), che volle posizionarli negli Horti Sallustiani per decorare un "padiglione faraonico" in onore della propria regalità e famiglia. Caligola nutriva un particolare interesse nei confronti dei culti egizi e pare che talvolta indossasse la barba posticcia tipica dei faraoni. Insieme ai colossi di Tolomeo e Arsinoe, prelevati da Eliopoli, l'imperatore trasferì a Roma anche una celebre statua di Tuia, regina-madre di Ramses II, in granito nero, anch'essa al Museo Gregoriano Egizio. A questo "gruppo di famiglia" composto da una madre, Tuia, e da due fratelli-sposi, Caligola fece aggiungere una nuova statua della propria sorella Giulia Drusilla nelle vesti di Arsinoe II: morta nel 38, era stata immediatamente divinizzata dal fratello, sospettato di aver intrattenuto con lei relazioni incestuose (il gruppo statuario del fratelli-sposi Tolomeo II e Arsinoe II rafforzerebbe i sospetti in tal senso).
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