L'
Antiquarium di Lucrezia Romana è
un piccolo museo archeologico collocato nel quadrante
sud-est della Capitale, in una zona che prende il nome di Lucrezia
Romana, tra via Tuscolana, via delle Capannelle e il Grande
Raccordo Anulare. Fu inaugurato al pubblico il 28 marzo 2015
dall'allora Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il Museo
Nazionale Romano e l'Area Archeologica di Roma, e dedicato
all’archeologo Giuseppe Vitale, prematuramente scomparso nel 2004 a
soli trentasette anni. Successivamente è stato annesso al Parco
archeologico dell'Appia Antica.
Il museo espone i materiali provenienti
dalle indagini archeologiche preventive effettuate negli ultimi
venticinque anni nel territorio compreso tra le antiche via
Latina e via Castrimeniensis dove la recente
urbanizzazione ha portato alla scoperta di siti archeologici databili
a partire dalla preistoria.
Gli scavi sono stati effettuati nel
territorio dell’attuale VII Municipio, in particolare nelle
zone di Osteria del Curato, Lucrezia Romana, Tor Vergata, Morena, Romanina, Centroni, Cinecittà, Anagnina, Quadraro,
quartieri Appio e Tuscolano. Le indagini archeologiche
hanno permesso di individuare siti preistorici, eneolitici, dell'età
del Bronzo, necropoli di età medio repubblicana e imperiale oltre
che lussuose ville.
L’Antiquarium espone una piccola
ma interessante collezione che offre una panoramica sulla vita
quotidiana dei nostri antenati, facendo ripercorrere le tappe
fondamentali che hanno portato a cambiamenti significativi del
paesaggio antico e delle modalità di utilizzo del territorio. Nel
Museo è possibile usufruire di un percorso di visita attraverso
codice QR realizzato dagli studenti dell'Istituto
Ferrari-Hertz nell'ambito di un progetto di alternanza
scuola-lavoro in collaborazione con il Servizio Educativo del Parco.
L’Antiquarium si articola in due
edifici: un’antica cisterna e un casale databili ai primi del
Novecento, restaurati e adibiti a spazio museale.
All’interno della ex-cisterna (sala
A) la collezione è esposta con ordinamento cronologico in senso
antiorario, a partire dalle prime vetrine sulla destra che ospitano
reperti databili tra Neolitico finale (4170-4040 a.C.)
ed Eneolitico finale (2580-2470 a.C.), fino alle ultime
vetrine sulla sinistra, con reperti di età medievale e
rinascimentale.
I reperti databili in epoca preistorica
provengono sia da abitati che da tombe, nelle quali costituivano
elementi del corredo. Tra gli utensili sono presenti le punte di
freccia in selce e le lame di ossidiana, vetro di origine
vulcanica. I frammenti di vasi in ceramica, realizzati a mano, sono
pertinenti a scodelle e a olle, di forma molto semplice nelle fasi
più antiche e dal profilo più articolato nelle fasi più recenti.
Passando alla Protostoria sono
presenti reperti dell’età del Bronzo antico (2300-1700 a.C.) e del
Bronzo finale (1200-950 a.C.), da abitati e necropoli, nelle
quali costituivano oggetti del corredo del defunto: fibule, rasoi,
anelli e anche un pettine in avorio.
Seguono i reperti provenienti dalle
tombe di età Orientalizzante (fine dell'VIII - inizi del VI secolo
a.C.), periodo di grande fermento culturale caratterizzato da
frequenti contatti commerciali tra le popolazioni del Mediterraneo,
del vicino Oriente e dell’Europa centrale. Ricchi corredi funerari
riproducevano il servizio da banchetto aristocratico con vasi che si
distinguono per raffinatezza ispirandosi a modelli greci con ricca
decorazione dipinta: aryballoi (piccoli vasi a corpo ovoide
o globulare) e oinochoai (brocche con orlo trilobato). Sono
anche presenti anforette, coppe e kyathoi in bucchero,
distintivo della cultura etrusca e ottenuto dalla cottura in
atmosfera riducente, ossia senza l’immissione di aria nella camera
di cottura delle fornaci.
Da contesti funerari, abitativi e
sacri, compresi tra l’età arcaica e l’età repubblicana (tra
fine VI secolo e fine I secolo a.C.) provengono ornamenti personali,
decorazioni architettoniche, oggetti di culto che testimoniano la
persistenza della tradizione etrusco-italica nell’arte romana e
contemporaneamente l’adozione di tecniche, gusti e tradizioni
proprie dell’arte greco-ellenistica. Nella tarda età repubblicana
le numerose fattorie che popolavano il suburbium di Roma si
trasformano in impianti produttivi, le villae rusticae, adibiti alla
produzione su vasta scala di vino e olio. Queste ville erano
articolate in pars rustica, dedicata alla produzione, e pars
urbana o dominica, ossia la zona residenziale riservata ai
proprietari, da cui provengono le decorazioni più ricche come
affreschi, stucchi, mosaici. Il suburbio era interessato anche da
luoghi di culto dei quali restano tracce nei depositi di ex voto di
terracotta, che riproducono in maniera molto realistica ritratti
degli offerenti o elementi anatomici per la cui guarigione si
chiedeva l’intercessione divina.
Ad epoca giulio-claudia (fine I secolo
a.C.- fine I secolo d.C.), risalgono oggetti provenienti dalle
fiorenti villae rusticae, appartenenti alle famiglie più ricche
del patriziato e della nobiltà, che popolavano il suburbio. Seguono
alcuni esempi di corredi funerari in uso presso le classi sociali
medio-basse dei primi due secoli dell’Impero. Il corredo di una
tomba rinvenuta presso la via Tuscolana con un bracciale in bronzo “a
serpentina” e vasellame in ceramica africana: un guttus, ossia un
“vaso da cui il liquido fuoriusciva a goccia a goccia”, dotato di
un beccuccio e che poteva anche essere usato come biberon e un askòs,
ovvero un vaso che conteneva liquidi pregiati.
Il corredo di una tomba trovata presso
via S. Giorgio Morgeto conserva uno specchio in bronzo, un vago di
collana in pasta vitrea, un dente di animale in osso, un balsamario
in vetro e una figurina femminile. Curiosa è la presenza di un ex
voto all’interno di una sepoltura: forse era indossato dalla
defunta a ricordo o a ringraziamento di una malattia risoltasi
positivamente.
Da una tomba infantile della necropoli
di Osteria del Curato proviene una statuetta in terracotta
di Arpocrate, divinità popolare tra i ceti più modesti,
identificato anche con Horus, figlio di Iside e Osiride.
Le sepolture conservano spesso oggetti
della vita quotidiana dei defunti, ad esempio gioielli o elementi di
vestiario, che erano indossati al momento della sepoltura o deposti
come corredo funebre. Sono presenti collane in pasta vitrea e oro, in
ambra (resina fossile che in antico era considerata di grande pregio)
e orecchini in oro e pasta vitrea di un tipo chiamato in antico
crotalia, perché le perle nel muoversi urtavano tra di loro
tintinnando come i crotali che erano strumenti musicali simili alle
nacchere.
Altri oggetti appartenenti al mondo
della bellezza femminile sono il contenitore per cosmetici, gli
specchi in bronzo, le pinzette, gli aghi crinali o spilloni, gli
unguentari o balsamari e i tintinnabula, cioè campanelli e sonagli
in bronzo deposti nelle tombe per allontanare gli spiriti malvagi.
L’ultima vetrina della sala espone
oggetti rinvenuti in sepolture tardo antiche e alto medievali della
zona (che mostrano corredi molto semplici spesso composti solo da
recipienti ceramici o in vetro e lucerne) oltre a ceramiche
rinascimentali come i piatti o la ciotola dai vivaci colori datati al
XVI secolo.
Nel casale (con le sale B, C e D) sono esposte statue,
elementi architettonici, sarcofagi, arredi marmorei, frammenti di
pavimenti in mosaico e affreschi, provenienti dalle tante ville
rustiche di età repubblicana e imperiale scoperte durante le
indagini archeologiche tra cui anche la Villa dei Sette Bassi.
Notevole è la pregevole vasca
rinvenuta al VI miglio della via Latina antica e databile
al II secolo d.C.. Ricavata in un unico blocco
di alabastro “cotognino”, di provenienza egiziana, è
stata ritrovata in frammenti e pazientemente ricomposta dai
restauratori del MIBAC. Questo tipo di vasca in epoca antica
decorava generalmente giardini o peristili (cortili porticati) di
ville oppure ambienti termali. L’esemplare qui visibile, invece,
proviene da un’area funeraria ed era probabilmente utilizzata per
lo svolgimento di riti religiosi o funebri.
I mosaici esposti, databili tra la fine
II e gli inizi del III secolo d.C., sono realizzati con tessere
bianche e nere e provengono dalla cosiddetta Villa del Casale di
Marzio, non lontana dall’Antiquarium.
Le due statue acefale (prive di testa),
rinvenute in un’area funeraria di via Lucrezia Romana ed esposte a
sinistra dei mosaici, ritraggono, secondo alcune ipotesi, i
proprietari della Villa del Casale di Marzio nella fase di età
augustea. Il personaggio maschile, in particolare, indossa la toga,
che era l’abito tipico del cittadino romano.
L’interessante affresco con
prospettive architettoniche (della fine del I secolo a.C.),
inquadrabile nel cosiddetto Secondo Stile Pompeiano, caratterizzato
da vedute prospettiche che tendono ad ampliare illusionisticamente lo
spazio della parete dipinta, è stato rinvenuto fuori contesto, a
ridosso di un mausoleo di età imperiale e non nella dimora in cui
originariamente doveva essere collocato.
Numerosi esemplari di statuaria
dell’età imperiale si conservano nell'’Antiquarium: statue
di Ermafrodito e di Priapo, una testa di fanciullo
o Eros, una testa maschile, forse Dioniso, una testa
femminile con una pettinatura tipica della seconda metà del II
secolo d.C., una testa femminile con copricapo statue di Eros e di un
Barbaro morente, una piccola statua di Ercole e un’erma
maschile acefala.
Una delle opere più belle conservate
nell’Antiquarium è la Nereide su mostro marino databile
nella metà del I secolo a.C. e proveniente dal IV miglio della via
Latina, in località Quadraro. Le Nereidi, secondo il mito, erano
delle divinità marine figlie di Nereo ed erano spesso raffigurate
sedute su mostri o cavalli marini.
Nel giardino e nel piazzale
dell’Antiquarium sono collocati cippi ed epigrafi; alcune
iscrizioni si riferiscono agli acquedotti, che caratterizzavano, e
caratterizzano ancora oggi, il paesaggio di questo settore del
suburbio sud-orientale di Roma, basti pensare al Parco degli
Acquedotti, dove ancora oggi si stagliano le imponenti arcate.Nelle
vicinanze dell’Antiquarium è possibile visitare alcune aree
archeologiche di grande valore.
Alle spalle del museo è conservato un
tratto di strada antica, la via Castrimeniensis, fiancheggiata da
strutture in laterizio che avevano la funzione di pozzi di ispezione
dell’Acquedotto Claudio. Quest’opera di alta ingegneria romana,
che in questo tratto corre sotterranea, è caratterizzata da poderose
arcate nell’area del Parco degli Acquedotti, raggiungibile da via
di Capannelle.
Percorrendo via Lucrezia Romana in
direzione nord e girando a destra per via Broglio, prima
dell’incrocio con via del casale Ferranti si giunge a un parco
pubblico che conserva un’area archeologica di grande valore,
risparmiata dall’urbanizzazione. Sono oggi visibili resti di
sepolcri e un tratto di strada basolata, identificabile con l’antica
via Latina.