Locri Epizefiri (in greco
antico:
Λοκροὶ Επιζεφύριοι, Lokroi
Epizephyrioi) fu una città della Magna Grecia, fondata sul mar
Ionio, nel VII secolo a.C., da greci provenienti dalla Locride.
Locri Epizefiri fu l'ultima
delle colonie greche fondate sul territorio
dell'attuale Calabria. I coloni, giunti all'inizio del VII
secolo a.C., si stabilirono inizialmente presso lo Zephyrion
Acra (Capo Zefirio), oggi Capo Bruzzano, e solo più tardi
si insediarono pochi chilometri a nord della città storica
conservando però l'appellativo di Epizephyrioi, che significa
appunto "attorno a Zephyrio".
La zona archeologica dell'antica Locri
Epizefiri si trova nel comune di Portigliola, circa 3 km a
sud dell'attuale centro abitato del comune di Locri, si estende
nel territorio pianeggiante compreso tra la fiumara Portigliola, la
fiumara Gerace, le basse colline di Castellace, Abbadessa e Manella,
e il mare. Il fatto che tale area si trovi a distanza dagli odierni
centri abitati ha preservato quasi integralmente la città antica:
tuttavia, nel corso dei secoli, sono state usate pietre prelevate
nell'area per edificare nuove case nei dintorni.
Gli scavi archeologici portati avanti
da Paolo Orsi (tra il 1908 ed il 1912),
da Paolo Enrico Arias (tra il 1940 ed il 1941)
e da Giulio Jacopi (nel 1951), hanno rivelato che
l'abitato, organizzato con un impianto urbanistico regolare, è
attraversato da una grande arteria che ancora oggi conserva il nome
greco di "dromo".
La città antica, che era difesa da una
cinta muraria di 7 km, in molti tratti ancora visibile.
All'esterno delle mura si estendono le necropoli, mentre la
maggior parte delle aree sacre sono disposte in prossimità della
cinta. I santuari all'interno delle mura sono dotati di edifici
templari monumentali e risalgono al periodo arcaico, mentre quelli
situati immediatamente all'esterno presentano un aspetto meno
monumentale, pur essendovi state rinvenute abbondanti offerte votive.
Tra i monumenti ancora oggi visibili
c'è il teatro, risalente al IV secolo a.C. con rifacimenti
in età romana: è l'unico edificio pubblico non sacro riportato alla
luce a Locri. Si tratta di una costruzione realizzata sfruttando una
conca naturale situata ai piedi dell'altura di Casa Marafioti.
Rimangono, oltre alle fondazioni dell'edificio scenico, parte dei
gradoni in arenaria della cavea, che potevano
accogliere circa 4 500 spettatori. In età romana imperiale
l'edificio fu trasformato eliminando le file più basse delle
gradinate e costruendo un alto muro semicircolare in blocchi
di calcare, in modo da proteggere gli spettatori durante le
lotte tra gladiatori o tra uomini e animali.
Per quel che concerne il periodo
arcaico va menzionato il santuario di Zeus che nel corso
del tempo ebbe un'articolazione sempre più ricca. In base alla
scoperta a metà altezza della collina della Mannella di un
deposito di iscrizioni, così importante per la più tarda
amministrazione della città, si è congetturata la presenza
dell'agorà ai suoi piedi.
E sempre all'interno della cinta di
mura sulla collina della Mannella fu apprestato, con ogni
probabilità nel VI secolo a.C., un luogo di culto per un'altra
divinità olimpica, Atena. Altri luoghi di culto, sorti a
mano a mano fuori dalla cinta muraria, come il santuario delle ninfe
in Contrada Caruso o quello di Demetra in Contrada
Paparezza (cf. infra), oltre a diverse installazioni
domestiche vanno a completare e arricchire il quadro di una colonia,
dove dalla molteplicità di costumanze religiose ben trapela anche la
differenziazione della cultura cittadina.
L'area sacra di Afrodite si
trova nei pressi dell'abitato di Centocamere, situato vicino
alla costa, ed è un complesso formato da un tempietto, da una serie
di ambienti con portico a "U" e da un cortile centrale; la
sua costruzione, avvenuta in due tempi, è da collocarsi tra la fine
del VII e la metà del VI secolo a.C., mentre il suo
utilizzo si è protratto fino alla metà del IV secolo a.C. In
località Marasà sud, immediatamente all'esterno delle mura, e
a contatto con l'area delimitata dalla stoa ad U sorgono
un sacello tardo arcaico (databile tra il 500 e il 480
a.C.) dedicato senza dubbio ad Afrodite e la cosiddetta casa dei
leoni, dove avevano luogo celebrazioni private delle Adonie,
improntate allo "stile" di culto ateniese, tenute da tiasi
femminili.
La necropoli locrese più nota è
quella di Lucifero, dove sono state rinvenute circa 1 700
tombe databili tra il VII e il II secolo a.C. e
spesso segnalate da vasi di grandi dimensioni, di buona fattura e
pregio, opera di ceramografi ateniesi di fama, oppure da "arule",
piccoli altari in terracotta decorati con immagini del mondo
dell'oltretomba.
Uno dei templi interni alla cinta
muraria è il Tempio ionico di Marasà, una costruzione databile
attorno al VI-V secolo a.C.
Tra i maggiori rinvenimenti statuari vi
è il gruppo marmoreo dei Dioscuri a cavallo, esposto nel Museo
nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria. Si tratta
di una imponente scultura raffigurante un Dioscuro che scende da un
cavallo impennato sorretto da un tritone con la barba, il busto umano
coperto da un panno e il resto del corpo con sembianze di pesce.
Nello stesso Museo, oltre ai numerosi reperti provenienti dagli scavi
effettuati nella zona dell'antica colonia greca, sono esposte alcune
antefisse a testa di sileno, che forse coronavano a scopo
decorativo la scena del Teatro. Nella cella tesauraria del santuario
della Mannella dedicato a Kore-Persefone sono state trovate
numerose tavolette fittili (Pinakes), scolpite con la tecnica del
bassorilievo e diverse decorazione in mosaico, raffiguranti scene
mitologiche, risalenti per la maggior parte alla prima metà del V
secolo a.C. Alcune fanno riferimento alla pratica della
prostituzione sacra delle vergini, in uso presso la società locrese.
Questo tempio era inoltre di piccole dimensioni, per questo si
pensava che fosse un luogo di culto privato. Nonostante le sue
limitate dimensioni erano presenti anche scuole e biblioteche, per
l’apprendimento dei giovani. Un particolare che differenzia questo
tempio dagli altri, dedicati a Persefone, era che per gli abitanti di
questa città la dea simboleggiava saggezza e conoscenza, il tempio
era luogo dove i devoti potevano cercare la sua guida.
Secondo molti studiosi, il
celebre Trono Ludovisi proviene proprio dal tempio ionico
di Afrodite di contrada Marasà dell'antica polis. Del
resto un frammento di pínax, quadretto votivo in terracotta del
470-60 a. C.circa rinvenuto nel tempio di Persefone in contrada
Mannella presso Locri e attualmente nel Museo della Magna Grecia a
Reggio Calabria, mostra parte di una figura femminile pressoché
identica a una delle due donne rappresentate sui lati del Trono
Ludovisi.
Secondo l'archeologa Margherita
Guarducci, il Trono costituiva il parapetto del bothros; ipotesi
avvalorata dal fatto che le dimensioni della scultura combaciano al
centimetro con i tre lastroni di pietra superstiti, del rivestimento
del bothros, ancora visibili nell'area archeologica del Tempio
di contrada Marasà.
All'esterno della città vi sono
diverse necropoli, presso le
contrade Monaci, Russo, Faraone, Lucifero, dove
sono state ritrovate oltre 1 700 tombe.
La Necropoli di contrada Lucifero,
in uso dall'VIII secolo a.C. al III secolo a.C. comprende
tombe di tre tipi: tomba a fossa, tomba alla cappuccina e
tomba a semibotte.
Vi sono stati trovati oggetti di valore e
pregiati, importati dalla Grecia o dalla Magna Grecia (IV secolo
a.C.), tra cui vasi, specchi, ornamenti di bronzo e monili in metallo
prezioso.
Gli oggetti da toletta per donna erano per la cosmesi
personale (pissidi e lekànai, dal greco λεκάνη,
vassoio).
Nella necropoli di Lucifero sono stati trovati
specchi in bronzo (prodotti da artigiani locali), e fibule (spille
di bronzo per abiti, prodotti locali del VI e V secolo
a.C.).
In tutte le tombe sono state trovate delle lekythoi,
al sing. lekythos, ovvero vasi per contenere oli profumati per
toeletta, usati anche dagli atleti prima degli esercizi sportivi e
per i rituali funebri.
Gli specchi, produzione tipica locrese,
esportati in Magna Grecia ed in Sicilia, erano fabbricati in bronzo
con manici a figura maschile o femminile.
La Necropoli di contrada
Parapezza, a sud-ovest di Lucifero, comprende oltre 200 tombe. Fu
usata intensamente in età arcaica (VI secolo a.C.) e in età
ellenistica (III e II secolo a.C.).
In una tomba ad
inumazione sono stati trovati piccoli contenitori importati
da Corinto, dall'oriente greco (Asia Minore) e
dall'Attica.
Nel VI secolo a.C. erano usati grandi
contenitori di ceramica (anfore per il trasporto del vino e
dell'olio), molte delle quali erano state importate da Corinto o
da Atene. Vi sono inoltre delle anfore importate dalla Laconia;
questo tipo di ceramiche fu prodotto nel VII e VI
secolo a.C. La ceramica laconica, diffusa in tutto
il Mediterraneo, veniva fabbricata usando un'argilla rosata,
coperta da ingubbiatura giallina, sulla quale si dipingevano figure
in nero.
Sono state ritrovate delle hydriai, vasi a tre anse
per attingere e trasportare acqua. I vasi più grossi venivano usati
per contenere i corpi senza vita di piccoli bambini. Altri vasi
venivano usati per le ceneri dei defunti.
I giardini di Adone (IV
secolo a.C.) erano realizzati nelle anfore da trasporto,
opportunamente spezzate e capovolte. Venivano coltivati finocchi e
lattughe, innaffiati con acqua calda per accelerarne la crescita.
La Necropoli di contrada Faraone è
posizionata nel nord-est dell'area urbana. Durante gli scavi è stato
trovato un piccolo frontone in calcare con fregi dorici (frontone
del naiskos), datato tra il IV e III secolo a.C.
Il celebre Santuario di
Persefone situato a mezza costa del colle della Mannella è
stato definito da Diodoro Siculo come "il più
famoso tra i santuari dell'Italia meridionale" (ma
escludeva la Sicilia). Non è ancora stato compreso quale culto
si praticasse in questo santuario, ma sembra si tratti delle divinità
dell'oltretomba, principalmente Persefone. Le ricchezze
del Persephoneion locrese furono depredate da Dionisio
II (360 a.C.), Pirro (276 a.C.) e dal comandante
romano Pleminio luogotenente di Scipione dopo la cacciata
da Locri Epizefiri durante la seconda guerra punica (205
a.C.). Gli oggetti votivi rinvenuti nel complesso architettonico
(terrecotte figurate, frammenti di vasi, arule, pinakes, specchi
e iscrizioni con dedica alla dea) si datano tra il VII e il II secolo
a.C.
Riguardo al Tempio Ionico in
contrada Marasà si sa che nella prima metà del V secolo a.C. i
locresi abbatterono il tempio arcaico e lo sostituirono con uno più
grande in stile ionico in calcare. Orsi pensa che il tempio
sia stato importato da Siracusa.
Il tempio di Marasà fu realizzato da
architetti e maestranze siracusane operanti a Locri Epizefiri nel 470
a.C. su iniziativa del tiranno Ierone di Siracusa (alleato
e protettore dei locresi). Il nuovo tempio ha la stessa ubicazione ma
è orientato diversamente.
Il tempio è stato distrutto nel XIX
secolo ed i ruderi mostrano oggi un solo rostro di colonna.
La dimensione del tempio era
di 45,5 m per 19,8 m. La cella, libera da
sostegni sull'asse centrale, era preceduta da un pronaos (vestibolo)
con due colonne fra le ante, che si ripetevano anche fra le ante
dell'opistodomo, il vano retrostante la cella, non comunicante con
questo. Nello spessore dei muri tra pronaos e cella erano
inserite le scale di servizio, per accedere al tetto, come in alcuni
templi agrigentini.
Al centro della cella tre grandi lastre
di calcare, infisse verticalmente nel terreno, rivestivano
un bothros (fossa sotto il livello del pavimento), che
doveva essere di notevole importanza per il culto.
Il tempio aveva 17 colonne ioniche sui
lati lunghi, e 6 colonne sulla fronte. Le colonne dovevano essere di
circa 12 m di altezza, con base a capitello
ionico a volute. L'epistilio (blocchi sulle colonne)
con architrave a tre fasce e dentelli in sostituzione
del fregio, non era molto sviluppato in altezza, così come i
frontoni dall'inclinazione assai poco accentuata.
Questo tempio era molto più alto dei
templi dorici (rapporto altezza e larghezza 1:1), ed è uno dei pochi
templi ionici della Magna Grecia.
Da un esame preliminare risulta che a
Locri Epizefiri vi fosse un Tesmophorion, un Iatreion di
Demetra (Grotta Caruso), e un Persephoneion che
apparentemente veniva adibito a Telesterion per i Misteri
"Eleusini".
La connessione di Locri con il culto
occidentale di Afrodite e Adone è stata
evidenziata dall'analisi di Torelli che ha identificato il bothos del
tempio di Marasà con la cassa-tomba del giovane dio. Si tenga
conto che nella stoà ad U sono stati rinvenuti
356 bothroi con resti di pasti, evidentemente destinati
alla celebrazione di banchetti sacri. La casa dei leoni che
sorge in zona limitrofa a questo complesso è un luogo destinato
all'omaggio rituale privato nei confronti di Adone. Di questo culto
locrese ci dà notizia anche la poetessa Nosside, che forse faceva
parte di uno dei thiasi femminili che onoravano il dio.
Identificato nel XX secolo da
P. E. Arias, il teatro greco di contrada Pirettina sfrutta una
concavità naturale ai piedi del pianoro Cusemi ed è stato scavato
tagliando i gradini nell'arenaria tenerissima. La prima fase del
teatro risale alla metà del IV secolo a.C.
L'edificio conteneva fino a 4 500
spettatori. Dalla cavea (koilon) costituita da gradoni
tagliati in parte nella roccia ed in parte sistemati con lastre della
stessa arenaria, si godeva un notevole panorama della città e del
mare.
La gradinata era divisa in sette cunei
(kerkìs, in greco κερκίς) mediante 6 scalette (climax, in
greco κλῖμαξ). Una partizione orizzontale (diazoma) separava
le gradinate da altre (epitheatron) oggi rovinate. Si pensa che il
teatro servisse anche per riunioni politiche.