domenica 11 febbraio 2024

Forme ceramiche greche: XXIII, Kalathos e kalathiskos



In senso proprio, i termini kalathos (trascrizione dal greco antico κάλαϑος) e il suo diminutivo kalathiskos (greco antico καλαϑίσκος) indicano canestri o panieri di vimini o di canne con base più stretta dell'apertura, usati per riporvi frutta, spighe od oggetti, specie relativi ai lavori muliebri. Se fornito di ansa, prende il nome di psykter (ψυκτήρ). Sono il simbolo dell'operosità femminile o anche di particolari divinità: quelle legate all'abbondanza, come Cerere, o ai lavori femminili, come Atena, che secondo il mito fu la prima filatrice. Le sacerdotesse di queste dee e di Afrodite usavano come copricapo kàlathoi di giunchi o di rose. 
Era usato nei sacrifici dai sacerdoti e dalle sacerdotesse, come ci dicono le pitture vascolari, per offrire le primizie alle divinità. La leggendaria nascita del capitello corinzio narrata da Vitruvio narra di un kalathos attorno a cui s'era avviluppato un acanto. Il kalathiskos è legato alla danza rituale omonima, praticata da danzatrici che lo usavano come copricapo; quando tale danza era in onore di Apollo Karneios, era eseguita da giovani di entrambi i sessi, sempre con lo stesso copricapo.
Da questi contenitori è derivato un tipo di vaso piuttosto raro, con pareti più o meno svasate o anche quasi verticali, che imita il kalathos o il kalathiskos di vimini o canne. La definizione è convenzionale.
Nelle foto, dall'alto:
- Kalathos rinvenuto a Nafplio
- Kalathos (Museo archeologico del Ceramico, Atene)
- Statuetta di danzatrice con kalathiskos (Metropolitan Museum of Art, New York)
- Kalathos protogeometrico (Museo archeologico di Kiel)

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