In senso proprio, i termini kalathos (trascrizione dal
greco antico κάλαϑος) e il suo diminutivo kalathiskos (greco
antico καλαϑίσκος) indicano canestri o panieri di
vimini o di canne con base più stretta dell'apertura, usati per
riporvi frutta, spighe od oggetti, specie relativi ai lavori
muliebri. Se fornito di ansa, prende il nome di psykter (ψυκτήρ).
Sono il simbolo dell'operosità femminile o anche di particolari
divinità: quelle legate all'abbondanza, come Cerere, o ai
lavori femminili, come Atena, che secondo il mito fu la prima
filatrice. Le sacerdotesse di queste dee e di Afrodite usavano come
copricapo kàlathoi di giunchi o di rose.
Era usato nei
sacrifici dai sacerdoti e dalle sacerdotesse, come ci dicono le
pitture vascolari, per offrire le primizie alle divinità. La
leggendaria nascita del capitello corinzio narrata da Vitruvio narra
di un kalathos attorno a cui s'era avviluppato un acanto.
Il kalathiskos è legato alla danza rituale omonima,
praticata da danzatrici che lo usavano come copricapo; quando tale
danza era in onore di Apollo Karneios, era eseguita da giovani
di entrambi i sessi, sempre con lo stesso copricapo.
Da questi contenitori è derivato un tipo di vaso piuttosto raro, con pareti più o meno svasate o anche quasi verticali, che imita il kalathos o il kalathiskos di vimini o canne. La definizione è convenzionale.
Da questi contenitori è derivato un tipo di vaso piuttosto raro, con pareti più o meno svasate o anche quasi verticali, che imita il kalathos o il kalathiskos di vimini o canne. La definizione è convenzionale.
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