giovedì 25 gennaio 2024

Fiaschetta pendaglio amuleto di Poggio Sommavilla - STATI UNITI


La Fiaschetta pendaglio amuleto di Poggio Sommavilla è un vasetto in impasto bruno con iscrizione del VII secolo a.C. appartenuto a una donna, e rinvenuto nel 1895 nel corredo funerario della Tomba III nella Necropoli del centro arcaico di Poggio Sommavilla.
Disperso dopo gli scavi del 1895 condotti da F. Benedetti, prima venduto alla collezione privata Tyszkiewicz, poi riacquistato dallo scopritore-venditore F. Benedetti che nel 1898 ha tentato di rivendere al Museo di Copenaghen, le trattative sono fornite da H. Slaskov Robert. Poi attraverso Henry Lillie Pierce Found, venduto al Museum of Fine Arts dove è conservato dal 1901. Mediante lo stesso Found il museo si assicurò diverse ceramiche dall'area falisca ed etrusco-meridionale nonché alcune ceramiche attiche provenienti dalla collezione privata Torlonia degli scavi di Gsell di Vulci. Dopo gli Incontri di studio Questioni epigrafiche e linguistiche a proposito dell'iscrizione di Poggio Sommavilla, 22 giugno 1973 in occasione della Mostra maggio-luglio 1973, sono stati inviati i calchi e le morfologie al Centro dell'etruscologia-italica CNR, dal Museum of Fine Arts di Boston.
Il Vasetto fiaschetta pendaglio amuleto è d'impasto bruno è alto 57 mm e spesso 25 mm ha forma lenticolare ed è interamente cavo, alla sommità è provvisto di un breve orifizio cilindrico: i lati presentano margini rilevati con fori pervi entro i quali doveva passare un filo. Sulle due facce è incisa una figura rudimentale di Airone circondato da una decorazione ad archetti legati (Il motivo a occhielli correnti è da ritenersi tra i più popolari a Capena). Intorno al collo è presente un'iscrizione destrorsa spiraliforme con lettere alte mm 3,5-4,5 nella riga principale e mm 2,5 in quella superiore, sul lato un'iscrizione destrorsa con ductus curvo verso l'alto e lettere alte mm 4-6, sulla faccia un'iscrizione apparentemente sinistrosa con ductus che segue la linea del dorso dell'airone e lettere alte 30-40 mm.
Confronti con tale oggetto sono stati ricercati nella morfologia delle fiasche del pellegrino orientali e orientalizzanti, ma risultano poco pertinenti per la maggiore dimensione, mentre il più vicino confronto è un esemplare di fiaschetta a impasto buccheroide di 8 cm di diametro rinvenuto nel deposito votivo di Campetti a Veio, questo ultimo confronto potrebbe far attribuire all'oggetto, un valore magico sacrale. Se esso veniva appeso al corpo, la sua morfologia, le immagini graffite e le stesse scritte che le accompagnano potrebbero attribuirle una funzione di amuleto di bulla. Per i suoi caratteri esterni, compresa l'iscrizione, potrebbero classificarlo nella serie dei vasetti-gingillo che contenevano sostanze in misura limitata, note in Etruria nella seconda metà del VII secolo a.C. sui quali compare il testo di Dono.
Interessante è anche l'accostamento alle Fiasche del Nuovo Anno di iconografia Egizia rinvenute a Cerveteri a Vulci a Monteroni, alle fiaschette Nuragiche o agli amuleti di bulla probabili ascendenti dei pendagli ritrovati nel tumulo delle Pietrera di Vetulonia.
Nel quadro molto articolato delle scritture attestate nella seconda meta del VII secolo a.C. nell'Etruria meridionale e nel Lazio, l'iscrizione di Poggio Sommavilla mostra affinità con l'area falisco-veiente-capenate, sigma a quattro tratti e forma della ypsilon (Mauro Cristofani).
Un tentativo raffinato di interpretare il testo si deve al conoscitore di dialetti italici arcaici Marcello Durante, avvenuto dopo un incontro di studio nel 1973. 
L'alfabeto è vicinissimo a quello delle più antiche iscrizioni del territorio falisco, così da far pensare ad un forte influsso da questo ambiente. Ma esistono particolari che sembrano escludere l'ipotesi di una pura e semplice adozione della scrittura falisca arcaica. Purtroppo la stessa lettura complessiva delle parole presenta incertezze per la difficoltà di distinguere e identificare alcune lettere, come i segni rettangolari con e senza barretta, per i quali si è proposto rispettivamente il valore di h e θ, e il segno più o meno in forma di 8 che si è voluto leggere f come nell'alfabeto etrusco; ma è anche possibile che si tratti, almeno in parte, di varianti della medesima lettera. Un'ipotesi suggestiva, benché per ora incontrollabile, è che qui sia presente un segno derivato dal B dell'alfabeto greco diffuso nel Lazio, adottato per indicare il suono di passaggio da bh a f o l'alternanza b/f..... e che questo segno sia in ultima analisi all'origine dell’8 = f etrusco.


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