giovedì 14 dicembre 2023

Locri Epizefiri (Calabria)

 


Locri Epizefiri (in greco antico: Λοκροὶ Επιζεφύριοι, Lokroi Epizephyrioi) fu una città della Magna Grecia, fondata sul mar Ionio, nel VII secolo a.C., da greci provenienti dalla Locride.
Locri Epizefiri fu l'ultima delle colonie greche fondate sul territorio dell'attuale Calabria. I coloni, giunti all'inizio del VII secolo a.C., si stabilirono inizialmente presso lo Zephyrion Acra (Capo Zefirio), oggi Capo Bruzzano, e solo più tardi si insediarono pochi chilometri a nord della città storica conservando però l'appellativo di Epizephyrioi, che significa appunto "attorno a Zephyrio".
La zona archeologica dell'antica Locri Epizefiri si trova nel comune di Portigliola, circa 3 km a sud dell'attuale centro abitato del comune di Locri, si estende nel territorio pianeggiante compreso tra la fiumara Portigliola, la fiumara Gerace, le basse colline di Castellace, Abbadessa e Manella, e il mare. Il fatto che tale area si trovi a distanza dagli odierni centri abitati ha preservato quasi integralmente la città antica: tuttavia, nel corso dei secoli, sono state usate pietre prelevate nell'area per edificare nuove case nei dintorni.
Gli scavi archeologici portati avanti da Paolo Orsi (tra il 1908 ed il 1912), da Paolo Enrico Arias (tra il 1940 ed il 1941) e da Giulio Jacopi (nel 1951), hanno rivelato che l'abitato, organizzato con un impianto urbanistico regolare, è attraversato da una grande arteria che ancora oggi conserva il nome greco di "dromo".
La città antica, che era difesa da una cinta muraria di 7 km, in molti tratti ancora visibile. All'esterno delle mura si estendono le necropoli, mentre la maggior parte delle aree sacre sono disposte in prossimità della cinta. I santuari all'interno delle mura sono dotati di edifici templari monumentali e risalgono al periodo arcaico, mentre quelli situati immediatamente all'esterno presentano un aspetto meno monumentale, pur essendovi state rinvenute abbondanti offerte votive.
Tra i monumenti ancora oggi visibili c'è il teatro, risalente al IV secolo a.C. con rifacimenti in età romana: è l'unico edificio pubblico non sacro riportato alla luce a Locri. Si tratta di una costruzione realizzata sfruttando una conca naturale situata ai piedi dell'altura di Casa Marafioti. Rimangono, oltre alle fondazioni dell'edificio scenico, parte dei gradoni in arenaria della cavea, che potevano accogliere circa 4 500 spettatori. In età romana imperiale l'edificio fu trasformato eliminando le file più basse delle gradinate e costruendo un alto muro semicircolare in blocchi di calcare, in modo da proteggere gli spettatori durante le lotte tra gladiatori o tra uomini e animali.
Per quel che concerne il periodo arcaico va menzionato il santuario di Zeus che nel corso del tempo ebbe un'articolazione sempre più ricca. In base alla scoperta a metà altezza della collina della Mannella di un deposito di iscrizioni, così importante per la più tarda amministrazione della città, si è congetturata la presenza dell'agorà ai suoi piedi.
E sempre all'interno della cinta di mura sulla collina della Mannella fu apprestato, con ogni probabilità nel VI secolo a.C., un luogo di culto per un'altra divinità olimpica, Atena. Altri luoghi di culto, sorti a mano a mano fuori dalla cinta muraria, come il santuario delle ninfe in Contrada Caruso o quello di Demetra in Contrada Paparezza (cf. infra), oltre a diverse installazioni domestiche vanno a completare e arricchire il quadro di una colonia, dove dalla molteplicità di costumanze religiose ben trapela anche la differenziazione della cultura cittadina.
L'area sacra di Afrodite si trova nei pressi dell'abitato di Centocamere, situato vicino alla costa, ed è un complesso formato da un tempietto, da una serie di ambienti con portico a "U" e da un cortile centrale; la sua costruzione, avvenuta in due tempi, è da collocarsi tra la fine del VII e la metà del VI secolo a.C., mentre il suo utilizzo si è protratto fino alla metà del IV secolo a.C. In località Marasà sud, immediatamente all'esterno delle mura, e a contatto con l'area delimitata dalla stoa ad U sorgono un sacello tardo arcaico (databile tra il 500 e il 480 a.C.) dedicato senza dubbio ad Afrodite e la cosiddetta casa dei leoni, dove avevano luogo celebrazioni private delle Adonie, improntate allo "stile" di culto ateniese, tenute da tiasi femminili.
La necropoli locrese più nota è quella di Lucifero, dove sono state rinvenute circa 1 700 tombe databili tra il VII e il II secolo a.C. e spesso segnalate da vasi di grandi dimensioni, di buona fattura e pregio, opera di ceramografi ateniesi di fama, oppure da "arule", piccoli altari in terracotta decorati con immagini del mondo dell'oltretomba.
Uno dei templi interni alla cinta muraria è il Tempio ionico di Marasà, una costruzione databile attorno al VI-V secolo a.C.
Tra i maggiori rinvenimenti statuari vi è il gruppo marmoreo dei Dioscuri a cavallo, esposto nel Museo nazionale della Magna Grecia di Reggio Calabria. Si tratta di una imponente scultura raffigurante un Dioscuro che scende da un cavallo impennato sorretto da un tritone con la barba, il busto umano coperto da un panno e il resto del corpo con sembianze di pesce. Nello stesso Museo, oltre ai numerosi reperti provenienti dagli scavi effettuati nella zona dell'antica colonia greca, sono esposte alcune antefisse a testa di sileno, che forse coronavano a scopo decorativo la scena del Teatro. Nella cella tesauraria del santuario della Mannella dedicato a Kore-Persefone sono state trovate numerose tavolette fittili (Pinakes), scolpite con la tecnica del bassorilievo e diverse decorazione in mosaico, raffiguranti scene mitologiche, risalenti per la maggior parte alla prima metà del V secolo a.C. Alcune fanno riferimento alla pratica della prostituzione sacra delle vergini, in uso presso la società locrese. Questo tempio era inoltre di piccole dimensioni, per questo si pensava che fosse un luogo di culto privato. Nonostante le sue limitate dimensioni erano presenti anche scuole e biblioteche, per l’apprendimento dei giovani. Un particolare che differenzia questo tempio dagli altri, dedicati a Persefone, era che per gli abitanti di questa città la dea simboleggiava saggezza e conoscenza, il tempio era luogo dove i devoti potevano cercare la sua guida.
Secondo molti studiosi, il celebre Trono Ludovisi proviene proprio dal tempio ionico di Afrodite di contrada Marasà dell'antica polis. Del resto un frammento di pínax, quadretto votivo in terracotta del 470-60 a. C.circa rinvenuto nel tempio di Persefone in contrada Mannella presso Locri e attualmente nel Museo della Magna Grecia a Reggio Calabria, mostra parte di una figura femminile pressoché identica a una delle due donne rappresentate sui lati del Trono Ludovisi.
Secondo l'archeologa Margherita Guarducci, il Trono costituiva il parapetto del bothros; ipotesi avvalorata dal fatto che le dimensioni della scultura combaciano al centimetro con i tre lastroni di pietra superstiti, del rivestimento del bothros, ancora visibili nell'area archeologica del Tempio di contrada Marasà.
All'esterno della città vi sono diverse necropoli, presso le contrade Monaci, Russo, Faraone, Lucifero, dove sono state ritrovate oltre 1 700 tombe.
La Necropoli di contrada Lucifero, in uso dall'VIII secolo a.C. al III secolo a.C. comprende tombe di tre tipi: tomba a fossa, tomba alla cappuccina e tomba a semibotte.
Vi sono stati trovati oggetti di valore e pregiati, importati dalla Grecia o dalla Magna Grecia (IV secolo a.C.), tra cui vasi, specchi, ornamenti di bronzo e monili in metallo prezioso.
Gli oggetti da toletta per donna erano per la cosmesi personale (pissidi e lekànai, dal greco λεκάνη, vassoio).
Nella necropoli di Lucifero sono stati trovati specchi in bronzo (prodotti da artigiani locali), e fibule (spille di bronzo per abiti, prodotti locali del VI e V secolo a.C.).
In tutte le tombe sono state trovate delle lekythoi, al sing. lekythos, ovvero vasi per contenere oli profumati per toeletta, usati anche dagli atleti prima degli esercizi sportivi e per i rituali funebri.
Gli specchi, produzione tipica locrese, esportati in Magna Grecia ed in Sicilia, erano fabbricati in bronzo con manici a figura maschile o femminile.
La Necropoli di contrada Parapezza, a sud-ovest di Lucifero, comprende oltre 200 tombe. Fu usata intensamente in età arcaica (VI secolo a.C.) e in età ellenistica (III e II secolo a.C.).
In una tomba ad inumazione sono stati trovati piccoli contenitori importati da Corinto, dall'oriente greco (Asia Minore) e dall'Attica.
Nel VI secolo a.C. erano usati grandi contenitori di ceramica (anfore per il trasporto del vino e dell'olio), molte delle quali erano state importate da Corinto o da Atene. Vi sono inoltre delle anfore importate dalla Laconia; questo tipo di ceramiche fu prodotto nel VII e VI secolo a.C. La ceramica laconica, diffusa in tutto il Mediterraneo, veniva fabbricata usando un'argilla rosata, coperta da ingubbiatura giallina, sulla quale si dipingevano figure in nero.
Sono state ritrovate delle hydriai, vasi a tre anse per attingere e trasportare acqua. I vasi più grossi venivano usati per contenere i corpi senza vita di piccoli bambini. Altri vasi venivano usati per le ceneri dei defunti.
I giardini di Adone (IV secolo a.C.) erano realizzati nelle anfore da trasporto, opportunamente spezzate e capovolte. Venivano coltivati finocchi e lattughe, innaffiati con acqua calda per accelerarne la crescita.
La Necropoli di contrada Faraone è posizionata nel nord-est dell'area urbana. Durante gli scavi è stato trovato un piccolo frontone in calcare con fregi dorici (frontone del naiskos), datato tra il IV e III secolo a.C.
Il celebre Santuario di Persefone situato a mezza costa del colle della Mannella è stato definito da Diodoro Siculo come "il più famoso tra i santuari dell'Italia meridionale" (ma escludeva la Sicilia). Non è ancora stato compreso quale culto si praticasse in questo santuario, ma sembra si tratti delle divinità dell'oltretomba, principalmente Persefone. Le ricchezze del Persephoneion locrese furono depredate da Dionisio II (360 a.C.), Pirro (276 a.C.) e dal comandante romano Pleminio luogotenente di Scipione dopo la cacciata da Locri Epizefiri durante la seconda guerra punica (205 a.C.). Gli oggetti votivi rinvenuti nel complesso architettonico (terrecotte figurate, frammenti di vasi, arule, pinakes, specchi e iscrizioni con dedica alla dea) si datano tra il VII e il II secolo a.C.
Riguardo al Tempio Ionico in contrada Marasà si sa che nella prima metà del V secolo a.C. i locresi abbatterono il tempio arcaico e lo sostituirono con uno più grande in stile ionico in calcare. Orsi pensa che il tempio sia stato importato da Siracusa.
Il tempio di Marasà fu realizzato da architetti e maestranze siracusane operanti a Locri Epizefiri nel 470 a.C. su iniziativa del tiranno Ierone di Siracusa (alleato e protettore dei locresi). Il nuovo tempio ha la stessa ubicazione ma è orientato diversamente.
Il tempio è stato distrutto nel XIX secolo ed i ruderi mostrano oggi un solo rostro di colonna.
La dimensione del tempio era di 45,5 m per 19,8 m. La cella, libera da sostegni sull'asse centrale, era preceduta da un pronaos (vestibolo) con due colonne fra le ante, che si ripetevano anche fra le ante dell'opistodomo, il vano retrostante la cella, non comunicante con questo. Nello spessore dei muri tra pronaos e cella erano inserite le scale di servizio, per accedere al tetto, come in alcuni templi agrigentini.
Al centro della cella tre grandi lastre di calcare, infisse verticalmente nel terreno, rivestivano un bothros (fossa sotto il livello del pavimento), che doveva essere di notevole importanza per il culto.
Il tempio aveva 17 colonne ioniche sui lati lunghi, e 6 colonne sulla fronte. Le colonne dovevano essere di circa 12 m di altezza, con base a capitello ionico a volute. L'epistilio (blocchi sulle colonne) con architrave a tre fasce e dentelli in sostituzione del fregio, non era molto sviluppato in altezza, così come i frontoni dall'inclinazione assai poco accentuata.
Questo tempio era molto più alto dei templi dorici (rapporto altezza e larghezza 1:1), ed è uno dei pochi templi ionici della Magna Grecia.
Da un esame preliminare risulta che a Locri Epizefiri vi fosse un Tesmophorion, un Iatreion di Demetra (Grotta Caruso), e un Persephoneion che apparentemente veniva adibito a Telesterion per i Misteri "Eleusini".
La connessione di Locri con il culto occidentale di Afrodite e Adone è stata evidenziata dall'analisi di Torelli che ha identificato il bothos del tempio di Marasà con la cassa-tomba del giovane dio. Si tenga conto che nella stoà ad U sono stati rinvenuti 356 bothroi con resti di pasti, evidentemente destinati alla celebrazione di banchetti sacri. La casa dei leoni che sorge in zona limitrofa a questo complesso è un luogo destinato all'omaggio rituale privato nei confronti di Adone. Di questo culto locrese ci dà notizia anche la poetessa Nosside, che forse faceva parte di uno dei thiasi femminili che onoravano il dio.
Identificato nel XX secolo da P. E. Arias, il teatro greco di contrada Pirettina sfrutta una concavità naturale ai piedi del pianoro Cusemi ed è stato scavato tagliando i gradini nell'arenaria tenerissima. La prima fase del teatro risale alla metà del IV secolo a.C.
L'edificio conteneva fino a 4 500 spettatori. Dalla cavea (koilon) costituita da gradoni tagliati in parte nella roccia ed in parte sistemati con lastre della stessa arenaria, si godeva un notevole panorama della città e del mare.
La gradinata era divisa in sette cunei (kerkìs, in greco κερκίς) mediante 6 scalette (climax, in greco κλῖμαξ). Una partizione orizzontale (diazoma) separava le gradinate da altre (epitheatron) oggi rovinate. Si pensa che il teatro servisse anche per riunioni politiche.

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