martedì 15 ottobre 2024

Via Lauretana (Toscana)

 


La via Lauretana è un'antica strada etrusco-romana della Val di Chiana che collegava Cortona a Montepulciano e Siena. Venne realizzata dagli etruschi e venne poi sfruttata e ampliata, come molte altre, dai romani, con innovative tecniche di costruzione. Nacque per collegare la Lucumone alle consorelle tirreniche. La strada partiva da Cortona e il tracciato si distaccava dalla vecchia Via Cassia, costruita intorno al 125 a.C. forse dal censore Lucio Cassio Longino Ravilla, sul precedente percorso etrusco Veio-Orvieto-Chiusi-Cortona-Arezzo-Fiesole. Dopo aver attraversato Centoia (il nome del paese deriva dal latino centuria, unità di 100 soldati che formavano una legione e da qui la centuriazione romana che consisteva nella suddivisione di un territorio in 100 parti, poi assegnate ai coloni e calcolate secondo le linee incrociate delle strade) e il ponte murato sul fiume Clanis sotto Valiano, incrociava la nuova Cassia Adrianea, voluta dall'imperatore Adriano nel 123 d.C. costruita al centro della valle per raggiungere più velocemente Firenze e i passi appenninici. Da qui, procedendo verso ovest, il vecchio tracciato etrusco-romano ancora oggi passa per Gracciano (come indica il toponimo Podere Strada nelle vicinanze del Torrente Salarco), sale a Montepulciano ed entra in Val d'Orcia. Prosegue per le pendici dell'Amiata toccando Seggiano, Castel del Piano e Arcidosso, scende in Maremma per Roccalbegna, Murci, Scansano, Magliano in Toscana fino ad arrivare a Talamone e Orbetello.



Con l'irreversibile impaludamento della Val di Chiana (IX secolo), dal percorso iniziale si sviluppò la cosiddetta Via Lauretana, nata per collegare Cortona a Montepulciano e Siena. Il nome Lauretana (di probabile attribuzione settecentesca) deriva dal toponimo Loreto, localizzato nella piana sotto Cortona, nella zona del Sodo e che dà il nome anche al fosso locale. È da qui che partiva il primo ramo di questa strada che Emanuele Repetti nel suo Dizionario chiamò Antica Lauretana distinguendola dalla più importante Strada Regia Lauretana. La primitiva via, che con molte probabilità esisteva già in epoca romana come uno dei tanti diverticoli della Via Cassia e abbandonata per forza maggiore dopo l'allagamento della valle, passava per Fratta, Santa Caterina, Fratticciola, Creti, Ponti di Cortona, Foiano della Chiana, Lucignano, Rigomagno, San Gimignanello, Asciano e terminava a Siena. Nel 1775 per ordine del granduca Leopoldo II d'Asburgo-Lorena, la tratta più importante della Lauretana fu completamente ristrutturata e potenziata, nel tentativo di sviluppare il commercio del grano della Val di Chiana con il resto della regione. Caduta in disgrazia ormai da molti anni come la maggior parte delle strade toscane, fu oggetto di una vera e propria rinascita. I lavori della Strada Regia Lauretana terminarono nel 1787.
Dal punto di vista strategico, questa strada, dopo l'impaludamento della valle, fu per circa dieci secoli la più importante della zona. Da Cortona a Camucia la strada tagliava in linea retta la pianura fino a Centoia e con un percorso collinare arrivava al castello di Valiano. Attraversava la palude chianina tramite il ponte di Valiano che insieme a quello di Chiusi e ai 3 ponti di Arezzo, rappresentò un vitale punto di passaggio del vasto lago stagnante. Era l'unica strada che permetteva ai fiorentini di raggiungere Montepulciano, vera e propria enclave medicea incuneata nello Stato senese, un canale di territorio ben difeso da Valiano, per la chiesa della Maestà del Ponte, passando per la Parcese e la Corbaia, oggi Montepulciano Stazione, e il castello di Gracciano Vecchio, arrivava sul colle di Montepulciano. La diramazione della Lauretana per Siena si distaccava alla Parcese (zona soprapasso dell'Autostrada del Sole) e raggiungeva il Monastero di San Pietro d'Argnano, l'abbazia che darà il nome in epoca comunale alla villa e castello di Abbadia Argnano, località conosciuta anche come Badia de' Caggiolari o Badia in Crepaldo, oggi Abbadia di Montepulciano. Resiste ancora nella memoria popolare di alcuni abitanti del paese di Abbadia il toponimo strada vecchia (oggi Via Morandi) che sta ad indicare un breve tratto di via che si distaccava dalla Lauretana all'altezza dell'abitato di Santa Maria. Il toponimo non lascia dubbi sull'antichità di questa diramazione della Lauretana che proseguiva per il Palazzo (il toponimo potrebbe indicare la presenza nel Medioevo di una fattoria fortificata), le Tombe e Sambuono (due aree sepolcrali di età etrusca e romana), dove si congiungeva con l'importante strada che collegava Montepulciano al Castello di Ciliano e Torrita di Siena. Poco più avanti di Abbadia di Montepulciano la Via Lauretana entrava nello stato senese presso Torrita di Siena, lambiva le mura fortificate della cittadina fedele alla balzana, passava ai piedi del Castello di Guardavalle e vicino alle fattorie della Fratta e dell'Amorosa. L'antico tracciato da Abbadia di Montepulciano alle porta di Sinalunga è in pratica quello dell'odierna Strada Provinciale 326. La Lauretana attraversava poi il borgo di Rigaiolo, saliva a Collalto lambendo Sinalunga, raggiungeva Asciano e oltrepassato il fiume Ombrone, per le Crete Senesi, scendeva fino a Taverne d'Arbia, i Due Ponti e terminava alle porte di Siena.


Ara della Regina (Toscana)

 

L'ara della Regina posta sul "Pian di Cìvita", nei pressi di Tarquinia, è un tempio etrusco che veniva utilizzato in antichità per la celebrazione di riti e preghiere; si tratta di uno dei ritrovamenti archeologici più importanti della zona. È ben visibile il basamento e quello che si ipotizza fosse l'accesso alla cella interna del tempio, costruito con blocchi di nenfro, una roccia piroclastica tipica della regione.
La divinità alla quale era destinato il culto all'interno del santuario rimane ancora ignota, ma da studi recenti se ne ipotizza l'identificazione probabilmente con Artume, ossia Diana per i Romani.Grazie alle opere di restauro e di scavi svoltesi nel 1938 è possibile visitare quest'opera edilizia datata intorno al IV secolo a.C.. Il basamento, che è l'unico resto rimasto, è in macco, una pietra calcarea diffusa in Etruria.
I Cavalli alati, un'opera di laboriosa manifattura di arte etrusca, costituiscono il più importante ritrovamento avvenuto in questo sito. Questa lastra di terracotta, emersa nel 1938 durante i restauri condotti dall'archeologo Pietro Romanelli, rappresenta due equini alati e venne ritrovata interamente frammentata.
Per la ricostruzione è stato necessario un preciso lavoro di restauro. Anticamente erano però due le lastre che ornavano il frontone del tempio, una raffigurante i due cavalli alati e l'altra contenente una biga, andata perduta. La tavola di terracotta, databile tra la fine del V e gli inizi del IV secolo a.C., è ora conservata al Museo Nazionale di Tarquinia.


Frontone di Talamone (Toscana)


Il frontone di Talamone è un raro esempio di frontone in terracotta risalente al 150 a.C., reperto di epoca etrusco-ellenistica venuto alla luce sul poggio Talamonaccio, nei pressi di Talamone, che costituiva la parte superiore frontale dell'antico tempio etrusco di Talamonaccio. Esso costituisce l'iconografia artisticamente più importante che ci sia pervenuta del mito della Tebaide o dei Sette contro Tebe, in quanto viene raffigurata la scena del combattimento finale tra i fratelli Eteocle e Polinice, figli di Edipo e Giocasta, durante l'assedio di Tebe. Al centro della scena i corpi morti dei due fratelli vengono portati via, mentre intorno è raffigurata la fine degli altri eroi della spedizione.
Rinvenuto alla fine dell'800, è patrimonio del Museo archeologico di Firenze, dove rimase esposto fino all'alluvione di Firenze e poi nuovamente dal 1982, fin quando fu inviato in una mostra a lungo termine a Orbetello (Grosseto), organizzata all'interno della Caserma Umberto I. Nell'ultimo decennio la Soprintendenza Archeologica della Toscana (Firenze) ne ha concesso il prestito e lo ha inviato ad alcune importanti mostre sia in Italia che all'estero, al termine delle quali è ritornato al Museo Archeologico fiorentino.

Museo Civico Archeologico di Fiesole (Toscana)

 

Il Museo Civico Archeologico di Fiesole si trova all'interno dell'Area Archeologica, in una posizione di eccezionale bellezza paesaggistica. Esso tramanda la lunga storia della città e del territorio fiesolano attraverso le testimonianze archeologiche che conserva.
I reperti archeologici esposti, infatti, permettono di seguire le tracce delle varie culture che si sono susseguite sul territorio, con particolare attenzione ai periodi etrusco, romano e longobardo. 
Il Museo, inoltre, possiede una vasta sezione antiquaria, formata da reperti donati da numerosi e importanti collezionisti e che consente di soffermarsi anche sul periodo greco.
Il Museo Archeologico di Fiesole nasce alla fine dell'Ottocento dalla necessità di raccogliere e conservare i reperti archeologici venuti in luce durante gli scavi del Teatro romano e, in generale, dei monumenti di quella che oggi è l'Area Archeologica.
La collezione museale, che dall’istituzione del Museo nel 1878 era ospitata all’interno dell’attuale Palazzo del Comune e che si era arricchita anche grazie alle donazioni da parte di privati e di altri enti culturali, trovò la sua sede definitiva nel 1914, quando venne inaugurato l'edificio dove si trova ancora oggi.
Il percorso espositivo
Si accede al Museo passando dalla terrazza che si apre sopra il Teatro romano e dalla quale è possibile cogliere con un unico sguardo tutta l’Area Archeologica. Nel portico sono esposti alcuni reperti, tra cui frammenti architettonici pertinenti al Tempio romano e un cippo confinario in pietra con iscrizione etrusca.
All'interno del Museo il percorso di visita si struttura su due livelli:
PIANO TERRA: ospita le sale dedicate alla sezione topografica, ovvero all'esposizione dei reperti recuperati in città e nel territorio divisi a seconda del luogo di ritrovamento.
Nella Sala 1 si trovano una selezione dei materiali più antichi recuperati a Fiesole (come le ceramiche villanoviane), le stele fiesolane (segnacoli di tombe etrusche, tipici del territorio fiesolano), i bronzetti votivi recuperati presso i templi etruschi della città e altri manufatti bronzei e in pietra di epoca romana.
Oltre al busto di lupa/leonessa in bronzo, uno dei più significativi reperti del Museo, nella sala 3 sono esposti i materiali rinvenuti negli scavi dell’Area archeologica, provenienti in particolare dal Teatro, dalle Terme e dal Tempio: tra questi, si segnala la stipe votiva del tempio con la piccola civetta in bronzo che suggerisce il legame tra questo edificio e la dea Minerva.
La piccola Sala 4, invece, raccoglie alcuni reperti del nucleo originario della primissima collezione del museo e prepara alla visita della sezione antiquaria al piano superiore. 
Il percorso al piano terra continua con le sale dedicate ai Longobardi e alle testimonianze che questo popolo ha lasciato a Fiesole. La ricostruzione di alcune sepolture e l'esposizione degli oggetti rinvenuti nei corredi funerari permettono di affrontare la cultura materiale e gli usi di questa popolazione di guerrieri e artigiani, che giunse in Italia stanziandosi anche a Fiesole a partire dalla fine del VI secolo d.C.
Lungo il percorso è inoltre possibile osservare da vicino i resti di alcuni muri di terrazzamento della città etrusca e altre strutture murarie di epoca romana rinvenute durante gli scavi archeologici effettuati alla fine degli anni Ottanta del Novecento in via Marini.
BALLATOI: al piano rialzato sono esposte le collezioni antiquarie, formate dai reperti (di vario tipo e provenienza) che nel corso del tempo alcuni collezionisti privati hanno donato al Museo. Tra i tanti oggetti di pregio, spiccano quelli della Collezione Costantini, che vanta numerose ceramiche greche, magno-greche ed etrusche. Tra le altre collezioni sono da segnalare quella dei buccheri etruschi e dei vasi italici della Società Colombaria di Firenze, quella numismatica e la Collezione Albites, composta di materiali greci, etruschi e romani di vario tipo, tra cui numerose sculture e urne cinerarie.


lunedì 14 ottobre 2024

Teatro romano di Anzio (Lazio)

 

Il teatro romano di Anzio si trova sul pianoro di Santa Teresa, poco a nord del centro dell'abitato: oggi è una zona residenziale, ma in passato fu occupata dall'antica Anzio, della quale rimangono solo poche tracce.
La cavea, del diametro di 30 metri, era suddivisa in 11 settori radiali a forma di cuneo interrotti da un corridoio semicircolare che permetteva l'afflusso degli spettatori o direttamente nella zona dell'orchestra o, tramite due rampe di scale, verso le parti superiori della cavea. Dietro la scena ci restano le tracce di quattro vani, probabilmente utilizzati dagli attori e una scala che conduceva evidentemente ad una balconata superiore al muro di scena. Subito dietro la scena una serie di basamenti di colonne sono i resti del porticato che serviva, in caso di piogge improvvise o di forte sole, per dare riparo agli spettatori. I resti dell'elevato a noi pervenuti sono molto scarsi, per questo è difficile capire l'effettiva capienza della struttura e il suo uso.
Sulla datazione della struttura gli studiosi hanno finora convenuto che la costruzione del teatro fosse da correlare con la deduzione neroniana di una colonia di veterani del pretorio nella seconda metà I secolo d.C..
La struttura, nel corso della sua lunga storia, non fu solo un teatro: cadde in disuso e fu reimpiegata come luogo di cottura delle ceramiche; le testimonianze del riuso ci vengono da una fornace ad archetti ritrovata all'estremità del corridoio anulare mediano che venne scavato sotto il vecchio piano di calpestio per circa 1,5 metri e lì fu installata la fornace. La nuova pavimentazione fu realizzata con lastre marmoree di riuso tra le quali sono state ritrovate monete del V-VI secolo, che permettono di datare la fase della fornace. Nella parodos opposta ci sono i resti di un'altra fornace di dimensioni minori. La completa defunzionalizzazione della struttura si ha con la sepoltura di alcuni individui nella zona della scena.
Le ricerche sul teatro cominciarono nel corso degli anni 1920 con uno scavo di cui non rimane alcuna documentazione.


Via Lauretana (Toscana)

  La  via Lauretana  è un'antica strada etrusco-romana della Val di Chiana che collegava Cortona a Montepulciano e Siena. Venne realizza...