domenica 15 ottobre 2023

Museo Archeologico e Sala Longobarda, Pavia (Lombardia)

 


I Musei Civici di Pavia, detti anche Musei del Castello visconteo, sono un'istituizione che raggruppa i vari musei comunali della città di Paviaː la sezione archeologica e altomedievale con reperti romani, goti e longobardi, la sezione Romanica e Rinascimentale, la Pinacoteca Malaspina, con la Sala del Modello ligneo del Duomo e la sezione del '600-'700, il Museo del Risorgimento, la Gipsoteca, la Quadreria dell'Ottocento, la Civica Scuola di pittura, la Collezione Morone, la sezione del Novecento. I Musei Civici sono ospitati all'interno del Castello visconteo.

Museo Archeologico e Sala Longobarda
La collezione archeologica comprende materiali rinvenuti fortuitamente durante lavori agrari o edilizi; al museo sono pervenuti soprattutto dal collezionismo privato (raccolta Giuletti, Reale ecc.). I portici del piano terra del castello ospitano il Lapidarium costituito da stele, sarcofagi, are funerarie e votive, epigrafi, capitelli, colonne e miliari di età romana.
La prima sala è dedicata al territorio di Ticinum (questo era l’antico nome di Pavia) in età romana e, tra gli altri reperti, in essa è esposta una area sepolcrale, formata da tombe a cremazione in mattoni e un cippo sepolcrale, del I d.C. rinvenuta a Casteggio. La sala ospita anche i reperti provenienti dalla necropoli celtica rinvenuta nel 1957 a Santa Cristina e Bissone, i cui corredi, datati al II secolo a.C. si caratterizzano per la presenza di oggetti stilisticamente di tradizione gallica (come i vasi cinerari) abbinati a prodotti tipicamente romani, quali le ceramiche a vernice nera. Non diversamente, il corredo esposto della tomba del I secolo a.C. rinvenuta nel contesto urbano di Pavia è contemporaneamente celtica (nelle ceramiche e nelle fibule) e romana (negli elementi laterizi della cassetta e nel balsamario fittile). Si tratta di testimonianze delle progressiva penetrazione delle cultura romana nel mondo celtico cisalpino. Sempre al medesimo periodo risale un pezzo di grande interesse: una ciotola in argento che sull'orlo reca incisa una iscrizione formata da un nome ligure seguito da una indicazione di misure ponderali romane rinvenuta presso Zerbo in un gruppo di tombe "gallo-romane" ad incinerazione e datata al II secolo a.C.
Nella II° sala è esposta la collezione egizia, donata dal marchese Malaspina di Sannazzaro (che l’acquistò da Giuseppe Nizzoli cancelliere del consolato austriaco ad Alessandria d’Egitto tra il 1818 e il 1828), formata da circa 150 reperti tra papiri, vasi canopi, amuleti e bronzetti. La collezione egizia non è l’unica sezione del museo contenente materiali non provenienti dal territorio pavese: ricordiamo solo la collezione di ceramiche fenicio-puniche (nella foto a sinistra, raramente presenti nei musei italiani al di fuori della Sardegna) lasciate da Francesco Reale nel 1892 o la raccolta di vasi italioti (tra cui un grande cratere a campana attribuibile al Pittore di Iris) proveniente dai “vecchi fondi” del museo.
Sempre nella stessa sala è conservata anche la raccolta di vetri di età romana, probabilmente la più importante del nord Italia, all’interno della quale si trovano pezzi di grandissima qualità e rarità, come il kantharos in vetro blu scuro proveniente da Frascarolo e la coppa di Ennion. I vetri romani del museo si segnalano per qualità e varietà tipologica. Nella raccolta, ascrivibile nella maggioranza dei pezzi al I e al II secolo d.C., sono infatti testimoniate le più diverse tecniche di lavorazione (vetro fuso entro stampo, soffiato entro stampo, a pareti lisce e con decorazioni in rilievo, soffiato a mano libera, naturale e colorato) e una ampia gamma di forme (bottiglie, coppe, olpi e balsamari). La frequenza dei rinvenimenti in città e nel suo territorio ha consentito di ipotizzare la presenza di officine vetrarie nella zona nel I secolo d.C.
Accanto ai vetri, si trovano alcune sculture di età romana rinvenute in città e nel suo territorio, tra le quali spicca un busto in marmo greco raffigurante Artemide Soteira di Cefisodoto il Vecchio (nella foto a sinistra), copia romana del I- II secolo d.C. Le sale III° e IV° espongono reperti di età romana rinvenuti localmente: ceramica comune (tra cui anche dei vasi "antropoprosopi, cioè che riproducono sul corpo le fattezze umane, molto diffusi nella prima età imperiale nel nord Italia e nelle regioni transalpine), bronzi, terra sigillata, ceramiche fini da mensa, altri vetri romani e grandi reperti architettonici e scultorei, tra cui la statua di togato, nota con il nome di Muto dall’accia al collo, risalente al I- II secolo d.C. e proveniente dalla porta occidentale della città (porta Marenga). Tra le sculture di età romana vi è anche un ritratto femminile, in marmo greco, pertinente ad una statua funeraria, che rappresenta una donna in età matura con occhi profondamente incavati e cappelli raccolti sulla nuca e quindi riportati in avanti con una "stuoia" di treccioline, testimonianza della plastica "colta" di Pavia sul finire del III secolo. Sempre da un monumento sepolcrale proviene anche un cippo in marmo con l'immagine di Attis, risalente al I secolo d.C. Vi sono reperti celtici del periodo di La Tène e ceramica invetriata (con riferimento al rivestimento in pasta di vetro fluido con cui è ricoperta l'argilla) di I secolo d.C., anche a forma di uccello.
Sempre legata alle vicende di Pavia e del suo territorio è la Sala Longobarda, dove sono esposti argenti paleocristiani (tra cui un cucchiaio liturgico, una ciotola ed un nodo di calice ritrovati fra il presbiterio e la navata laterale della basilica di San Michele Maggiore nel 1968), oreficerie tardo romane e gote (tra le quali alcune notevoli fibule a staffa) e reperti di età longobarda (tra cui un raro bronzetto di età longobarda raffigurante un guerriero), testimonianza del importanza e splendore di Pavia, allora capitale del regno (nella foto di copertina si può osservare una fibbia ostrogota da Torre del Mangano). Molti sono i reperti di grande interesse (anche storico) conservati: la fronte di un sarcofago del II secolo d.C. contiene un'epigrafe che commemora i lavori del re goto Atalarico all’anfiteatro di Pavia tra il 528 e il 529. Alla stessa epoca risalgono anche un'epigrafe funeraria in marmo e scritta in greco di una famiglia siriaca, proveniente dalla chiesa di San Giovanni in Borgo e alcuni frammenti di tegoloni con il bollo del vescovo Crispino II (521- 541), prova della presenza di fornaci in città anche dopo la fine del mondo romano. 
La sala ospita anche la grande lastra tombale marmorea, rinvenuta a Villaregio nell’Ottocento, del filosofo Severino Boezio (480 circa - 524 o 526, nella foto a sinistra), e le lastre tombali di re Cuniperto, della figlia Cuniperga, della regina Ragintruda e del duca Audoald. Testimoni della rinascenza liutprandea sono i noti plutei di San Maria Teodote, che raffigurano l’albero della vita tra draghi alati e un calice affiancato da pavoni, e il frammento di pluteo con testa di agnello dall'ex palazzo Reale di Corteolona, mentre sempre legato al passato regio di Pavia è l'iscrizione del sarcofago delle regina Ada (moglie del re Ugo di Provenza, morta nel 931 e sepolta nella chiesa di San Gervasio e Protasio) e la sella plicatilis, sedia pieghevole di arte carolingia o ottoniana, esemplare raro (pochissimi museo europei conservano arredi di quell’epoca e quasi nessuno di essi raggiunge la qualità dell’esemplare pavese) per la complessità tecnica e il raffinato decoro.

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