martedì 5 dicembre 2023

Museo archeologico nazionale delle Marche (Marche)


Il Museo archeologico nazionale delle Marche si trova ad Ancona, all'interno del cinquecentesco palazzo Ferretti. Documenta in modo pressoché completo la preistoria e la protostoria del territorio marchigiano; comprende ricche collezioni relative alla civiltà greca, romana e a quella dei Galli Senoni. I reperti relativi alla civiltà picena formano la più completa raccolta esistente; per la ricchezza delle sue collezioni il museo è uno dei più importanti musei archeologici d'Italia. Dal dicembre 2014 il Ministero per i beni e le attività culturali lo gestisce tramite la Direzione regionale Musei.
Il museo, con il nome di "Gabinetto paleoetnografico ed archeologico delle Marche", fu istituito nel 1863 dalla Regia Commissione Conservatrice delle Marche.
Successivamente le collezioni archeologiche furono ampliate da Carisio Ciavarini, dal maggio 1876 Ispettore degli scavi e dei monumenti del Regio Commissariato per i Musei e Scavi di Antichità per l'Emilia e le Marche, e sistemate nel fabbricato delle Regie Scuole Tecniche in via San Martino, dove Ciavarini insegnava e dove il museo fu ospitato dal 1868 al 1877. Fu quindi trasferito nella sede del Palazzo degli Anziani e da qui, nel 1884, passò nell'ex Convento di San Domenico. Fu di nuovo trasferito nel 1898 nelle più ampie sale dell'ex convento degli Scalzi, in via Duomo n.12, dove rimase fino al 1923.
Nel 1906, grazie alla ricchezza e alla rappresentatività delle sue collezioni, l'istituzione ottenne il riconoscimento statale e assunse la denominazione di Museo Archeologico Nazionale delle Marche. Il riconoscimento dell'interesse nazionale non va sottovalutato poiché all'epoca i musei archeologici nazionali italiani erano pochi, tra cui i tre di Roma (Museo nazionale romano, Museo nazionale preistorico, Museo nazionale etrusco) e quelli di Napoli, Firenze, Cagliari, Taranto, Parma e di Portogruaro. Dopo l'apertura del museo di Ancona e di quello di Matera (1911), il numero dei musei archeologici rimase stabile sino agli anni settanta del Novecento.
Il museo rimase al convento degli Scalzi fino al 1923, quando fu trasferito negli spaziosi locali del convento di San Francesco alle Scale ed inaugurato il 9 ottobre 1927 alla presenza del re Vittorio Emanuele III di Savoia. Secondo i criteri dell'epoca, i chiostri furono trasformati in fiorenti giardini, gli arredi vennero realizzati da esperti ebanisti, i sostegni delle vetrine furono ispirati ai trapezofori pompeiani; tutto ciò rendeva l'ambiente del museo all'altezza delle collezioni ospitate. Le sezioni erano tre: preistorica, picena e gallica, mentre specifici settori erano dedicati alla collezione numismatica e alle ricche raccolte provenienti dalla necropoli picena di Numana e da quella greco-romana di Ancona.
Durante la Seconda Guerra Mondiale l'edificio fu pesantemente danneggiato dai bombardamenti, con conseguenti danni alle collezioni che improvvidamente non erano state inviate nei depositi allestiti dal soprintendente Pasquale Rotondi a Sassocorvaro; nel dopoguerra non fu dunque possibile riaprire subito al pubblico le raccolte.
Per la riapertura del Museo Archeologico Nazionale delle Marche si dovette attendere il 1958, quando fu allestito nell'attuale prestigiosa sede di Palazzo Ferretti. Il forte terremoto che colpì Ancona nel 1972 costrinse ad una nuova chiusura, protrattasi fino al 1988. A partire da quella data il museo ha gradualmente riaperto le sue sezioni, iniziando da quelle protostorica e preistorica, per proseguire con quelle dell'Età del Rame e del Bronzo, a quella ellenistica e infine (parzialmente) quella romana. Nel 2022 devono ancora essere riaperte la sezione altomedievale e la ricchissima collezione numismatica; deve inoltre essere completata la riapertura della sezione romana. Il Museo Nazionale ha sempre svolto un attivo ruolo nel contrastare il fenomeno della vendita illegale all'estero di reperti che, come in tutta Italia, è presente anche nelle Marche. Esemplare in questo senso fu il recupero dei Bronzi dorati da Cartoceto di Pergola: nel 1946, nonostante i disagi derivati dai bombardamenti che avevano semidistrutto la sede del Museo, l'unico dipendente ancora in servizio si recò sul luogo del ritrovamento e prese possesso dei frammenti di bronzo dorato che erano appena stati scavati, mentre il proprietario del terreno si era recato urgentemente a Roma; sospettando che il viaggio improvviso fosse dovuto all'intenzione di contattare il mercato antiquario clandestino, il dipendente sequestrò i reperti nel nome dello Stato e fece in modo di farsi consegnare altri frammenti precedentemente occultati. Fu così che fu possibile, dal 1959, esporre al pubblico il celebre gruppo statuario.
In negativo, il ruolo del Museo è deducibile dal fatto che, prima della sua istituzione, preziosi reperti trovati nelle Marche finirono all'estero; valgano i seguenti esempi.
alcuni crateri monumentali da Numana, capolavori della ceramica greca, che finirono al Metropolitan Museum di New York:
- il cratere a calice con Amazzonomachia attribuito al pittore dell'hydria di Berlino;
- il cratere a campana con satiri e menadi, attribuito al pittore di Methyse;
- il cratere a volute con centauri e lapiti, attribuito al pittore dei satiri villosi;
- la statuetta di bronzo del IV secolo a.C. raffigurante Poseidon, proveniente da Ancona ed ora conservata al Museum of Fine Arts di Boston
- la statuetta in ambra intagliata con Afrodite ed Adone, proveniente da Falconara ed ora al Metropolitan Museum of Art di New York, di arte etrusca, risalente al 500 a.C. circa. In tale scultura Afrodite fa innamorare Adone facendogli odorare un profumo contenuto in un alabastron, come narra il mito (foto qui in alto a destra).
- la lekythos con Amimone insidiata da Poseidon, del pittore della phiale, datata al 430 a.C. circa, reperto testimoniante la fase più antica di Ancona greca; proveniente da Ancona, anch'essa è conservata al Metropolitan Museum of Art di New York.

Sezione preistorica
La sezione preistorica comprende quattro settori, dedicati al Paleolitico, al Neolitico, all'Età del Rame e all'Età del Bronzo.
Paleolitico

- Sala 1 - Prima dell'inizio del percorso cronologico, si trova la sala della Venere di Frasassi (foto in apertura, in alto); venne ritrovata nel 2007 all'interno della Grotta della Beata Vergine di Frasassi, poco distante dalla Grotta Grande del Vento; è stata realizzata utilizzando una stalattite. Si tratta di una figura femminile dalle forme generose, con gli avambracci piegati in avanti e con le mani congiunte, in un gesto di preghiera e di offerta; il ventre mostra che la donna è incinta. Il reperto è una venere paleolitica; in Italia esistono solo altri dieci esemplari simili. Risale a circa 20.000 anni fa (Paleolitico superiore, periodo Gravettiano o Epigravettiano antico).
- Sala 2 - Sono qui esposti i reperti più antichi mai rinvenuti nelle Marche: quelli della zona sommitale di Monte Conero, risalenti a circa 300.000 anni fa (Paleolitico inferiore). Si tratta di bifacciali e di manufatti su scheggia di cultura acheuleana. Più recenti sono i reperti realizzati con la tecnica Levallois.
- Sala 3 - Sono esposti oggetti realizzati con tecnica microlitica. Reperto specificatamente artistico è il ciottolo graffito con la figura femminile avente testa di lupo (foto a sinistra).
Neolitico (sale 4, 5 e 6). La sezione illustra esaurientemente la Rivoluzione neolitica, verificatasi nelle Marche nel VI millennio a.C. Espone infatti le prime testimonianze dell'agricoltura (macine e macinelli), dell'addomesticazione e dell'allevamento (ossa di animali domestici), del commercio (oggetti realizzati con ossidiana e steatite), della divisione del lavoro (vasi fittili), della costruzione di villaggi (resti di intonaco e di focolari domestici). Presenti anche i primi manufatti in pietra levigata.
Età del Rame (sala 7). La sezione presenta i primi, rari esempi di uso e di manipolazione dei metalli, oltre a splendide asce-martello in pietra levigata. I reperti testimoniano come le comunità diventino sempre più dipendenti dall'approvvigionamento dei metalli, disponibili solo in alcune zone geografiche. Questa sezione al Museo è indicata con il nome di "Prima Età dei Metalli", in quanto il rame usato in questo periodo era sempre impuro e in lega con altri elementi.
Età del Bronzo (sale 8 e 9). Sono esposti in questa sezione reperti provenienti dal più antico villaggio sorto nella zona di Ancona, al Campo della Mostra. Interessanti sono gli insiemi di pugnali di bronzo ritrovati in nascondigli (produzione locale dell'inizio del II millennio a.C.) e i frammenti di ceramica micenea (della fase neo-palaziale) provenienti da Ancona, che testimoniano i primi contatti tra la zona in cui sorge la città e la Grecia.
Sezione protostorica
La sezione protostorica illustra le civiltà che interessarono le Marche nell'Età del ferro: quella picena, diffusa su tutto il territorio regionale dal IX al III secolo a.C. e quella dei Galli Senoni, che invasero il territorio piceno settentrionale nel corso del IV secolo a.C.
Civiltà picena

Le testimonianze della Civiltà picena sono esposte nelle sale dalla 10 alla 27 e nella sala 32. La collezione di reperti piceni del Museo costituisce la più completa testimonianza della vita e dell'arte del popolo che diede unità etnica alle Marche nell'Età del ferro e il cui totem (il picchio verde) è raffigurato nello stemma della regione. La collezione picena comprende anche una ricca raccolta di ceramica greca e alcuni pregevoli oggetti etruschi, frutto del commercio che i Piceni avevano con i Greci e gli Etruschi.
Oggetti piceni del percorso cronologico. Tra i reperti più interessanti si segnalano: i corredi di armi, per le quali i Piceni sono famosi, i pettorali bronzei e i dischi-corazza, oggetti figurati nel tipico stile sintetico piceno, un coperchio bronzeo con statuine di opliti e arcieri danzanti attorno ad un totem, le ceramiche picene, di originalissima foggia, una brocca realizzata con un uovo di struzzo graffito di fattura orientale (foto a sinistra), gli avori scolpiti orientalizzanti, gli anelloni a nodi oggetti di incerto uso presi a simbolo della civiltà picena, due appliques con il Signore degli animali, alcune ambre scolpite. A proposito di questi ultimi oggetti, si ricorda che il popolo piceno era stato soprannominato "popolo dell'ambra" per l'amore che mostrava nei confronti di questo materiale dal colore e dalla luminosità solare e che il Piceno era un terminale della "via dell'ambra" che partiva dal Mar Baltico ed arrivava al Mediterraneo.
Un raro esempio di scultura italica preromana è la testa di guerriero in calcare (foto a sinistra). Nella sala 32 si possono ammirare i vasi dello stile detto "alto-adriatico", prodotto dell'estremo periodo piceno, ispirato alla ceramica greca, ma in cui le figure, con la stilizzazione spinta dei profili e delle acconciature, tendono quasi all'arte astratta.
Sale tematiche. Lungo il percorso di visita, strettamente cronologico, sono presenti quattro sale tematiche. Le sale tematiche 11 e 12 sono allestite all'interno della suggestiva torre medievale del palazzo.
Nella sala 1 sono esposti i reperti del villaggio protovillanoviano e poi piceno di Ancona, legato alle attività della pesca, della caccia, dell'allevamento e dell'agricoltura.
Nella sala 4 sono visibili i reperti dell'isola culturale villanoviana di Fermo.
La sala 11 presenta la collezione delle epigrafi picene scritte nei due caratteristici alfabeti usati nella regione durante l'Età del Ferro, testimonianze fondamentali della lingua picena meridionale e di quella settentrionale.
La sala 12 espone testimonianze dei luoghi di culto; tra i reperti qui conservati si segnalano le allungatissime figure in lamina di bronzo, simili alle "ombre della sera" etrusche.
Tra i vasi greci acquistati dai Piceni tra IV e V secolo (sale 22-27) ci sono sia vasi a figure nere, sia vasi a figure rosse. Si segnalano soprattutto il cratere a calice di Bacco, Arianna, Edipo e la sfinge (foto a sinistra), il cratere a volute a tre fasce rappresentanti scene di guerra, corse di cavalli e un simposio, l'anfora di Zeus ed Hera, il dinos di Prometeo, l'idria bronzea con protome leonina, la pisside a fondo bianco con la nascita di Afrodite, il dinos bronzeo con statuine di toro e di leone, il rhyton con scene dionisiache, il piattello ad alto piede con Eracle giovane ricoperto dalla pelle del leone nemeo, tipologia prodotta appositamente per il Piceno, e numerosi altri.
Tra gli oggetti etruschi acquistati dai Piceni (sale 12, 15, 16, 29, 30) si segnalano i vasi bronzei, gli scudi, gli argenti e gli avori. Notevole è la testa bronzea esposta nella sala 12, capolavoro della bronzistica etrusca.
Civiltà gallica

I reperti della Civiltà gallica dei Senoni sono esposti nelle sale 28, 29, 30 e 31.
La collezione gallica è costituita dai reperti relativi all'invasione dei Galli Senoni nelle Marche settentrionali, molti dei quali in oro. Tra i pezzi più significativi ci sono le caratteristiche torque, alcuni elmi e spade celtiche. Molto ammirate dai visitatori della collezione sono le tre corone (a sinistra nella foto) di raffinatissima fattura realizzate con elementi vegetali in oro; esse rappresentano dei pezzi unici in Italia di una rara tecnica orafa che era invece diffusa nei contesti regali della Grecia.
Tra i numerosi oggetti che i Galli acquistarono dagli Etruschi, si segnala una teglia con anse raffiguranti guerrieri in duello ed alcuni oggetti di ornamento.
Dal 2015 sono nuovamente esposte al pubblico le sculture fittili del Tempio di Civiltalba, opera romana che rappresenta, tra le altre cose, alcuni guerrieri senoni.
Sezione greco-ellenistica

La sezione greco-ellenistica è esposta nella sala 33.
Sono esposti in questa sezione i ricchi materiali provenienti dalla necropoli ellenistica di Ankón (Ἀγκών in greco antico), ossia la città di Ancona durante la fase di colonia greca. Tra questi reperti si segnalano: una delle sei monete greche di Ancona conservate al Museo, oggetti in vetro, statuette, oggetti di oreficeria, servizi domestici in argento. Alcuni reperti sono testimonianze uniche nell'Adriatico a nord della Magna Grecia e mostrano lo stretto legame esistente in epoca ellenistica tra la Grecia ed Ancona, che era in questo periodo simile ad un'isola culturale.
Le stele funerarie figurate (a sinistra nella foto), con iscrizioni in greco, provengono dalla necropoli ellenistica di Ancona e sono reperti che trovano confronti solo delle isole Cicladi. I testi delle iscrizioni di ciascuna stele ed altri dettagli sono presenti nella voce "Scavi archeologici di Ankón", al capitolo "Le stele figurate e iscritte". Tra la sala ellenistica e quella romana è esposto il Bassorilevo con suonatrice di khitara danzante, risalente alla tarda fase ellenistica di Ankòn.
Oltre ai reperti greci provenienti dalla necropoli ellenistica di Ancona, il museo è ricco di notevoli esemplari di ceramica attica ritrovati nelle necropoli picene e che dunque non sono esposti nella sezione ellenistica, ma in quella protostorica, nelle sale che vanno dalla 22 alla 27.
Sezione romana
La sezione romana non è ancora visitabile completamente (2022), a 49 anni dalla sua chiusura; il 19 dicembre 2013 ne è stata però aperta una prima sala; oltre ai reperti in essa esposti, altre testimonianze romane sono visibili in allestimento provvisorio oppure nella sala della necropoli ellenistica di Ancona.
Reperti esposti nella prima sala della sezione romana. I reperti qui esposti provengono tutti da Ancona. Si segnalano: le decorazioni in avorio e in bronzo di tre letti funebri, il mosaico policromo raffigurante la testa di Oceano, il Sarcofago del Vinaio (foto 45), con bassorilievo raffigurante una scena di compravendita di vino (per il suo interesse ne è stata tratta una copia, esposta al Museo della Civiltà Romana), il bassorilievo della Musa citareda, il calco delle scene 58 e 59 della Colonna Traiana in cui l'imperatore e il suo esercito si imbarcano per la Dacia dal porto di Ancona, il modellino ricostruttivo dell'Arco di Traiano di Ancona, i reperti provenienti dagli scavi del porto traianeo di Ancona. Il pavimento della sala accoglie uno splendido mosaico proveniente da Helvia Recina, recante inserzioni di marmi colorati.


Dal 15 maggio 2015 sono finalmente esposte, nel panoramico corridoio che conduce alla sala 33, le pregevoli sculture fittili del Tempio di Civiltalba (qui in alto, nella foto), che raffigurano, tra l'altro, la scena del saccheggio del tempio di Delfi da parte di soldati celtici, avvenuto nel 279 a.C.
Reperti visibili in allestimento provvisorio. Nella galleria vetrata che corre intorno al cortile, si possono ammirare due magnifici esempi di sarcofagi romani: il sarcofago con scene del mito di Medea e quello con corteo marino di tritoni e nereidi; nella stessa galleria è presente un bell'esempio di cippo funerario figurato con iscrizione: la Stele del seviro Sesto Tizio Primo da Suasa.
Reperti romani esposti nella sala della sezione ellenistica
. Si segnalano: un affresco illusionistico con scene nilotiche e la testa marmorea dell'Imperatore Augusto (Augusto capite velato), trovata nei pressi della sede del Museo (foto a sinistra), il modellino ricostruttivo del Tempio di Venere di Ancona, i cui resti sono visitabili nell'area archeologica sottostante il Duomo, l'urna cineraria marmorea con volto dionisiaco, rinvenuta ad Ancona, in una sepoltura ancora visibile lungo Corso Matteotti.
A piano terra sono esposte inoltre le copie conformi dei Bronzi Dorati da Cartoceto; le loro copie ricostruttive svettano dal tetto di Palazzo Ferretti come simbolo dell'archeologia marchigiana. I Bronzi Dorati sono stati esposti nel museo dal 1959 al 1972 e nel 1988.
Sezione altomedievale
La sezione altomedievale non è ancora aperta (2022).
Comprende soprattutto le testimonianze lasciate nelle Marche dagli Ostrogoti (fine V secolo - inizi del VI secolo) e dai Longobardi (fine VI secolo - tutto il VII secolo). I reperti comprendono armi, accessori di abbigliamento e oggetti di oreficeria. È importante in quanto non sono molto comuni in Italia i ritrovamenti di questo periodo.
Collezione numismatica
La ricca collezione numismatica non è ancora aperta (2022).
Reperti paleontologici
Il Museo nazionale, pur avendo carattere archeologico, espone alcuni reperti paleontologici.
È esposto uno scheletro di orso trovato all'interno delle Grotte di Frasassi (in sala 1) e il calco dell'Ittiosauro di Genga (nella sala dei convegni).

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