La
casa della Venere in Bikini,
conosciuta anche con il nome di casa di Maximus, è
una casa di epoca romana, sepolta durante l'eruzione
del Vesuvio del 79 e ritrovata a seguito degli scavi
archeologici dell'antica Pompei.
Costruita nel II secolo a.C., durante il I secolo a.C. la
proprietà venne divisa dando origine alla casa nella sua forma
definitiva. Fu danneggiata dal terremoto del 62:
iniziarono i lavori di restauro, come testimoniato dalla chiusura di
una porta che la collegava alla vicina casa di Lucius Habonius
Primus e dalle decorazioni in quarto stile, ma, ancora
non completati o presumibilmente interrotti, ipotesi avvalorata da un
graffito ritrovato su un affresco e due statue spezzate, venne
ricoperta sotto una coltre di ceneri e lapilli durante l'eruzione
del Vesuvio nel 79: ritrovamenti di oggetti da cucina e di
scheletri fanno supporre che la casa fosse abitata al momento
dell'eruzione.

Fu scoperta nel 1913 a seguito degli scavi archeologici promossi
da Vittorio Spinazzola: in questo caso venne riportata alla luce
la facciata, sulla quale campeggiavano alcuni manifesti elettorali,
tra cui uno dove veniva citato un certo Maximus, da cui la casa
prese il nome. Una seconda fase di esplorazioni si ebbe tra il
1952 e il 1954 condotte dal team di Amedeo Maiuri:
l'abitazione venne completamente esplorata ma si hanno notizie
frammentarie sui ritrovamenti in quanto i reperti furono catalogati
come se si trattasse di un inventario; fu a seguito di queste
indagini che venne ritrovata la statua della Venere in
bikini che diede il nome definitivo alla casa. Altre
esplorazioni ci furono tra il 1955 e il settembre del 1961, ma
mancano i rapporti dello scavo: in questo periodo le indagini erano
abbastanza veloci, pensando per lo più a rimuovere il materiale
piroclastico; in alcuni punti il materiale vulcanico risultava essere
intaccato, segno di una precedente manomissione, prima degli scavi
ufficiali.
La casa si trova nella regio I, lungo via dell'Abbondanza e ha
un'estensione di circa duecento metri quadrati. Sono diverse le
ipotesi sul proprietario: secondo Matteo Della Corte potrebbe
trattarsi di un centro Maximus, come testimonia un'iscrizione
elettorale ritrovata sulla facciata, sulla quale campeggiavano altri
manifesti sia in rosso che in nero, mentre secondo Melinda
Armitt sarebbe potuta appartenere a un liberto della famiglia
di Poppea, da due sigilli ritrovati in un armadio;
l'identificazione del proprietario rimane tuttavia incerta perché
tali nomi si ritrovano anche in altre abitazioni di Pompei. Il
marciapiede che corre nei pressi dell'ingresso è in malta grezza su
uno strato di malta grigia. La porta d'ingresso fu puntellata non
appena il materiale piroclastico iniziò a depositarsi. Il
corridoio d'ingresso ha una decorazione parietale incompiuta: lo
zoccolo è in nero diviso in scomparti, mentre la zona centrale è in
giallo delimitati in scomparti con disegni di candelabri e bordi
ornamentali: al centro sono posti medaglioni con teste femminili.
Presente anche un graffito che recita "Venite amantes":
secondo Della Corte la casa poteva essere un lupanare. Nel
corridoio non è stato ritrovato alcun reperto.

Si accede quindi all'atrio. Nella parete nord è presente un accesso
secondario, mentre le pareti sud e est sono rivestite con intonaco
grigio scuro. Al centro della stanza è l'impluvium con base in
cocciopesto e l'aggiunta di pezzi di marmi colorati: nei pressi
dell'impluvio tre colonne, posizionate in modo tale da poter essere
viste dall'esterno, che fungevano da piedistallo, su cui per poggiata
una statua, ossia la cosiddetta Venere in bikini che dà il
nome alla casa. La statua, conservata al Museo archeologico
nazionale di Napoli, venne ritrovata nel gennaio 1954, mancante
di un braccio: raffigura Venere con mamillare dorato
nell'atto di allacciarsi un sandalo dopo aver fatto un bagno,
poggiandosi a un amorino; talvolta, erroneamente, viene indicata
come ritrovata o nella praedia di Giulia Felice o di una
casa che non esiste, questo perché la casa della Venere in Bikini,
nel corso degli anni, subì il cambio delle coordinate. Sul lato
sud dell'ambiente sono state ritrovate numerose cerniere: in un primo
momento si era supposto potessero essere di una cassaforte, mentre
successivamente si è arrivati alla conclusione che si tratta di un
mobile. Tra gli oggetti contenuti: otto recipienti in bronzo come
brocche e piatti, una lanterna, bottiglie in vetro, una bussola e un
calamaio in bronzo, gioielli in oro, bronzo e vetro, pietre preziose,
oggetti in marmo, dadi e oggetti da gioco, due denti di cinghiale,
monete in bronzo, oro e argento una brocca decorata in argento, una
statua in terracotta di Cupido, oggetti da toeletta in bronzo e
due sigilli con i nomi C. Poppaei Idrus e Cissus Pithius
Communis; se da un lato restano dubbi sulla reale provenienza di
questi oggetti, dall'altro una quantità così elevata lascia
presupporre che la casa fosse abitata al momento dell'eruzione.
L'ambiente, ancora in fase di restauro come dimostra il programma
decorativo delle pareti abbandonato dopo una prima verniciatura, non
presenta pavimentazione.
Lungo il lato nord dell'atrio, ai lati del corridoio d'ingresso, si
aprono due stanze: una, probabilmente inutilizzata al momento
dell'eruzione e in attesa di restauro, come comprovato anche dalla
mancanza di reperti al suo interno, mostra delle pareti prive di
intonaco e pavimentazione che poteva essere in malta o lavapesta.
L'altra stanza invece era un negozio, con accesso, oltre che
dall'atrio anche da un cubicolo e dalla strada: ha
decorazioni in quarto stile, con pannelli rossi e gialli divisi da
bordi ornamentali e zoccolatura rossa. Nella parete ovest una nicchia
quadrata: al suo interno furono ritrovati tre tegole in terracotta e
pezzi di mattonelle rotte, verosimilmente parte di uno scaffale.
Nell'angolo sud-est è un podio: in un primo momento si era ritenuto
essere parte di una scala, ipotesi successivamente quasi del tutto
accantonata per via della forma insolita. L'assenza di merci
ritrovate fa supporre che il negozio fosse inattivo al momento
dell'eruzione.
Sul lato est dell'atrio sono presenti tre ingressi per altrettante
stanze: la prima ha pareti in quarto stile con zoccolatura rossa e
disegni geometrici mentre la parte mediana è bianca divisa in
pannelli con al centro architetture fantastiche, figure fluttuanti,
motivi grotteschi e temi mitologici come Piramo e Tisbe. La
pavimentazione, ancora incompiuta, è in pietra mescolata a malta.
All'interno dell'ambiente, così come nei due successivi, non sono
stati ritrovati reperti, forse, come dimostrato da alcune brecce nei
muri, indagata subito dopo l'eruzione: in questa stanza, l'unico
elemento ritrovato, è stato un oggetto in ferro a forma di T,
probabilmente resti di un mobile. Segue quindi un cubicolo, anche
se di dimensioni troppo ridotte per ospitare due letti o un letto e
un armadio; le decorazioni sono in quarto stile: base in giallo con
l'aggiunta di disegni di piante e zona centrale e superiore bianca,
con pannelli divisi tra loro da linee gialle e rosse e l'aggiunta di
uccelli. Il pavimento è in malta e cocciopesto. Il terzo
ambiente, con apertura sia sull'atrio che sul negozio, di cui forse
era un deposito (se si fosse trattato di un deposito avrebbe dovuto
avere un intonaco in bianco e rosa) oppure un cubicolo, ha pareti con
intonaco grezzo grigio: la decorazione è incompiuta.
A sud dell'atrio si apre il tablino o un deposito: dalla stanza una
porta e una finestra danno direttamente sul giardino, mentre una
scala nell'angolo nord-ovest, di cui rimangono le tracce, conduceva
al piano superiore. Le pitture si riscontrano nel muro sud e
nell'area sotto la scala: la zoccolatura è rossa e la parte mediana
è gialla divisa in scomparti da fasce bianche con al centro, in uno,
una testa femminile, e, in un altro, Dioniso e un sileno; al
di sopra della scala intonaco bianco grezzo. Il pavimento è in
cocciopesto con l'inserto di tessere bianche e nere. Dal numero di
cerniere ritrovate nella stanza, era ospitato un armadio e una
cassapanca che contenevano diverse anfore, una fibbia, un secchio e
un vaso in bronzo, una statua in marmo di Ermafrodito e
fiaschi in vetro.
Dal tablino si accede al giardino: la parete nord è intonacata in
bianco mentre le pareti sud e ovest presentano una decorazioni in
quarto stile con scene tipiche da giardino, in particolar modo
zoccolatura di colore chiaro con l'aggiunta di sfingi e parte mediana
con disegni di alberi, fiori e uccelli, oltre a una figura femminile
che regge un catino. Nell'angolo della parete sud-est è presente una
nicchia: la parte sottostante è affrescata in linea con il resto
dell'ambiente, mentre l'interno è di fattura più antica. Nei pressi
della bocca di una cisterna è stato ritrovato un puteale; anche
se mai rinvenuta, secondo gli archeologi, nel giardino poteva esserci
una meridiana. Il pavimento è in calce.
Dal giardino si accede al triclinio o, dai reperti
ritrovati, a una sala polifunzionale. La decorazione è in quarto
stile, con zona basale in rosso, adornata con delfini e creature
marine e parte mediana e superiore in fondo bianco con l'aggiunta di
architetture fantastiche e motivi ornamentali; al centro dei pannelli
della parte mediana, suddivisi tramite bordi ornamentali e amorini,
gli affreschi di Artemide e Atteone e il Giudizio di
Paride. La pavimentazione, forse incompleta, è in pietra. Nella
stanza sono state ritrovate cerniere che potevano appartenere a un
baule o un armadio; tra i reperti: due boccette e una tazza in vetro,
pentole, fibbie e gioielli in bronzo e altri oggetti in vetro e
pietra.
Ad angolo tra il giardino e il triclinio è presente un ambiente che
alcune mappe attribuiscono alla casa, mentre altre no:
potrebbe trattarsi della cucina. Le pareti sono intonacate, mentre il
pavimento è in cocciopesto. Una panchina, quasi del tutto distrutta,
era posta lungo il lato sud e una latrina era nell'angolo sud-est.
Nessun reperto è stato ritrovato, anche se secondo Armitt dalla
cucina provenivano diversi oggetti in bronzo, ceramica e vetro.
La
casa aveva un piano superiore a cui si accedeva dal tablino, crollato
a seguito dell'eruzione. Nella parte anteriore della casa, a
un'altezza di quattro metri sul piano del calpestio, sono stati
ritrovati due scheletri, uno dei quali con una borsa contenti oggetti
in bronzo. Altri elementi in bronzo sono stati ritrovati nelle parti
superiori dei materiali vulcanici ma non è possibile stabilire con
certezza se provenissero dalla casa: si tratta di una lampada in
argilla e una cerniera, un piede di leone e un anello in bronzo.