Il Torso Gaddi è una
scultura frammentaria in marmo (h 84,4 cm) di ambito
ellenistico, databile al II secolo a.C. e conservato nella Galleria
degli Uffizi a Firenze. L'opera, probabilmente un frammento
di centauro, fu in tutta probabilità scavata a Roma e, stando a
una possibile menzione di Vasari, appartenuta a Lorenzo
Ghiberti, i cui discendenti la cedettero poi a Giovanni Gaddi,
Cherico di Camera del papa. Opera ben nota nel Cinquecento, fu
amata dagli artisti, che ne copiarono spesso la possente muscolatura
e la posa "inclinata"; la citarono ad esempio lo stesso
Ghiberti nel suo Sacrificio di Isacco, il Rosso
Fiorentino nel Cristo morto compianto da quattro angeli, o
da Amico Aspertini nell'Adorazione dei pastori, ma dovette
ispirare anche il giovane Michelangelo Buonarroti e, più
tardi, Rubens. All'epoca si credeva che rappresentasse il torso
di un satiro. Similmente al torso di Belvedere, l'opera non fu
mai integrata da aggiunte e restauri successivi. Nel 1778 fu acquistato
dal Granduca Pietro Leopoldo che lo destinò alle Gallerie
fiorentine. L'opera è di solito riferita copia
vicina a un prototipo del II secolo a.C., raffigurante
un centauro con le braccia legate dietro la schiena e
facente parte di un gruppo con un centauro giovane, libero ed
esuberante, e uno anziano, martoriato da un amorino che lo cavalcava
colpendolo con la frusta. Il gruppo formava una metafora erotica
legata alle diverse conseguenze dell'amore in età giovanile o
avanzata. Inoltre la presenza dell'amorino simboleggiava il potere
di Eros, capace di domare anche gli orgogliosi centauri. Per la tensione dinamica e il modellato
molto rifinito l'opera è stata messa in relazione con la scuola
di Pergamo.
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