sabato 28 giugno 2025

MACEDONIA DEL NORD - Scupi

 

Scupi
 fu una città romana, poi fortezza legionaria dai tempi di Augusto. È oggi un sito archeologico situato tra Zajčev Rid ed il fiume Vardar, alcuni chilometri dal centro di Skopje, in Macedonia del Nord.
Fin dal II secolo a.C. era un importante centro dei Dardani. Fu quindi conquistato attorno al 29-28 a.C. durante le campagne militari di Marco Licinio Crasso. Egli, infatti, compì imprese militari lungo il basso corso del Danubio in questi anni, battendo numerosi popoli tra cui Geti, Daci, Bastarni, Mesi, Triballi e Dardani. Crasso intraprese la sua prima campagna per aiutare la popolazione alleata dei Denteleti., che era stata attaccata dai Bastarni, che in precedenza avevano sottomesso anche le popolazioni limitrofe di Triballi e Mesi. Crasso partì con ogni probabilità da Eraclea Sintica, percorse la via lungo il fiume Strymon, liberando per prima cosa la città di Serdica (capitale dei Denteleti). Successivamente avanzò in direzione dei Mesi, invadendone le terre e battendoli insieme ai Bastarni del re Deldo, alla confluenza tra il fiume Ciabrus ed il Danubio, nelle vicinanze di Ratiaria. L'esito finale della campagna del 29 a.C. fu che i Bastarni furono costretti a tornare alle loro sedi originali, in Scizia, mentre i Mesi furono sottomessi.
L'anno successivo (28 a.C.) si rivolse contro le popolazioni dei Traci, che lo avevano ostacolato sulla strada del ritorno l'anno precedente, ottenendo la sottomissione di Maedi, Serdi e Bessi, non degli Odrisi che si erano subito dimostrati a lui fedeli alleati. Riuscì, infine, a battere alcune tribù geto-daciche, presso le cave di Ciris, conquistando la loro roccaforte di Genucla, in Dobrugia.[9] Sulla strada del ritorno, divise l'esercito in due colonne: con la prima attaccò i Mesi Triballi (la cui capitale era probabilmente Oescus (oggi Gigen), con la seconda, egli stesso, batté i Mesi Artaci. Al termine di questo secondo anno di campagna è, però, poco probabile che i Mesi siano stati annessi alla provincia di Macedonia. Al contrario, le tribù della Tracia, pur rimanendo ancora indipendenti, diventarono popoli clienti di Roma. Crasso era così riuscito ad affermare il prestigio romano sull'intera regione a sud del basso Danubio.
Una quindicina di anni più tardi, durante le campagne dalmato-illiriche del 13-9 a.C., Tiberio operò lungo il fiume Sava arrivando a sottomettere i pannoni Breuci, grazie all'alleanza della potente tribù celtica (sottomessa nel 14-13 a.C.) degli Scordisci. Sembra, invece, che l'allora governatore della provincia macedonica, Marco Vinicio, sotto l'alto comando di Tiberio, abbia prima condotto il suo esercito lungo il fianco orientale dell'Illirico, consolidando la via di penetrazione che da Scupi conduceva a Naisso e poi a Sirmio; in seguito sia riuscito ad occupare l'intera area della Dardania e della bassa valle della Sava (inclusa la piana di Sirmio), conquistando i territori della popolazione degli Amantini, sia sottomettendo (o stipulando con gli stessi un trattato di alleanza) anche il potente popolo degli Scordisci
Tiberio al termine delle operazioni decise di privare i suoi nemici delle armi e vendette come schiavi la maggior parte dei loro giovani, dopo averli deportati, mentre per questi successi Augusto concesse a Tiberio, non il Trionfo, ma gli ornamenta triumphalia. Contemporaneamente, lungo il fronte orientale, il governatore di Galazia e Panfilia, Lucio Calpurnio Pisone, era stato costretto ad intervenire in Tracia, poiché le genti del luogo, in particolare i Bessi, minacciavano il sovrano trace, Remetalce I, alleato di Roma. Al termine di queste operazioni, l'intero Illyricum fu occupato dalle armate romane e rimase in pace fino alla rivolta dalmato-pannonica del 6-9.
In seguito a questi eventi potrebbe essere stata, pertanto, costruita una fortezza legionaria, sopra il preesistente centro dei Dardani. A questo periodo potrebbe riferirsi l'iscrizione di un veterano della legio IV Macedonica.
Divenne Colonia Flavia Aelia Scupi e molti veterani di numerose legioni dell'esercito romano furono qui posizionati.
Fu poi fondata una città romana al tempo dell'imperatore Domiziano (81-96), tanto che Scupi divenne capitale della romanizzata Dardania. Durante le guerre marcomanniche un'orda di barbari Costoboci fu qui intercettata ed annientata dalla Cohors II Aureliae Dardanorum.
Durante il periodo delle invasioni barbariche del III secolo, venne combattuta nei suoi pressi una battaglia, nella quale i barbari (forse Sarmati) vennero respinti dall'allora governatore di una delle due Mesie, Regaliano.
La città fu poi abbandonata nel 518 in seguito ad un devastante terremoto che distrusse completamente la città.


MACEDONIA DEL NORD - Teatro antico di Ocrida

 

Il teatro antico di Ocrida è un teatro situato nell'omonima città macedone e risalente al periodo ellenistico. Fu costruito nel 200 a.C. ed è l'unico teatro ellenistico del paese; gli altri tre, Scupi, Stobi e Heraklea Lynkestis, risalgono all'epoca romana. Non è chiaro quante persone sedessero nel teatro originale poiché è rimasta solo la sezione inferiore. Il teatro all'aperto ha una posizione ideale: le due colline che lo circondano lo proteggono dai venti che potrebbero interferire con l'acustica durante le rappresentazioni.
In epoca romana il teatro fu utilizzato anche per i combattimenti dei gladiatori. Tuttavia, poiché fu anche un luogo di esecuzioni di cristiani da parte dei romani, si trasformò rapidamente in un luogo molto detestato dalla gente del posto. Infatti, a seguito di questa avversione, il teatro fu abbandonato e sepolto dalla gente del posto dopo la fine dell'Impero romano. Ciò permise di preservare ottimamente la maggior parte della struttura, per poi essere scoperta accidentalmente negli anni '80. Infatti, durante i lavori di costruzione intorno ad alcune delle case della zona, furono scoperti grandi blocchi di pietra con incisioni del dio greco Dionisio e delle muse, il che portò gli archeologi a credere che un teatro greco (Dioniso e le muse erano legati alle arti dello spettacolo) doveva trovarsi nelle vicinanze.
Dalla fine degli anni '80, il teatro tornò a essere sede di spettacoli pubblici, come rappresentazioni teatrali, concerti, opere liriche e balletti. Recentemente, si svolgono ogni estate spettacoli culturali di alto profilo nell'ambito dell'Ohrid Summer Festival.


MACEDONIA DEL NORD - Stobi

 

Stobi era una città della regione storica della Peonia, conquistata dai macedoni, incorporata in seguito nella provincia romana detta Macedonia Salutaris e situata nell'attuale Macedonia del Nord; è nota come Gradsko.
È collocata sulla principale rotta che porta il Danubio al Mar Egeo ed era costruita sull'inserzione dei due fiumi Erigon e Axios, dove costituiva un importante centro commerciale e militare a causa della posizione strategica. Oggi è uno dei siti archeologici macedoni più importanti.
La città di Stobi fu costruita dal popolo dei Peoni nella fertile valle del Vardar, vicino all'unione dei due fiumi Erigon e Axios e rappresentò subito un centro economico importante, specializzandosi specialmente nella produzione di marmo, proveniente dal vicino monte Klepa, sviluppandosi fino a raggiungere l'estensione di circa 25000 m² e scalzando Bylazora da capitale della Peonia, fino alla conquista dell'intera regione da parte dei macedoni. Filippo II conquistò la Peonia nel 350 a.C., annettendo questo territorio nel suo regno. Tuttavia concesso una certa indipendenza, per il fatto che i sovrani peoni poteva ancora regnare in quanto rappresentanti del monarca macedone. Fra il IV e il III secolo a.C. la popolazione di Stobi era già completamente ellenizzata.

Nel 168 i romani sconfiggono Perseo di Macedonia e la Macedonia viene divisa in quattro repubbliche separate. Solo nel 148 le quattro aree saranno riunificate in un'unica provincia romana. La città si trovava al crocevia di molte vie romane, in particolar modo di alcune diramazione della via Egnatia e della Via Militaris. La città viene menzionata per la prima volta da Livio nel 197 e con Augusto conosce un periodo di grande incremento demografico, come documenta l'ampliamento dell'area urbana con molte nuove costruzioni. I cittadini di Stobi godettero addirittura dello ius Italicum e la città fu a capitale della provincia romana Macedonia Salutaris, l'imperatore Teodosio I si stabilì addirittura a Stobi nel 388. Lo sviluppo della città fu però stroncato nel V secolo da due eventi: il saccheggio da parte degli Ostrogoti di Teodorico nel 479 ed il terremoto del 518. Le invasioni degli Avari nel VI secolo contribuirono a far decadere definitivamente l'economia e lo sviluppo della città.

MACEDONIA DEL NORD - Heraclea Lyncestis



Heraclea Lyncestis, pronunciata anche Herakleia Lynkestis (in greco: Ἡράκλεια Λυγκηστίς o Ἡράκλεια Λύγκου), fu un'antica città greca, situata 2 km a sud dell'attuale città di Bitola, nella Macedonia del Nord.
Heraclea fu fondata da Filippo II di Macedonia verso la metà del IV secolo a.C., dopo che aveva conquistato la regione circostante della Lincestide e l'aveva incorporata nel suo Regno di Macedonia.
La città fu nominata così in onore dell'eroe della mitologia greca Heracles. L'epiteto Lynkestis della regione di cui Heraclea era capoluogo significa "la terra della lince" in Greco.
Heraclea era una città importante dal punto di vista strategico nel periodo ellenistico, siccome si trovava al limitare del confine fra Macedonia ed Epiro a ovest e del mondo non-greco verso nord, fino alla metà del II secolo a.C., quando i Romani conquistarono la Macedonia e distrussero il suo potere politico. I Romani divisero la Macedonia in 4 regioni ed Heraclea si trovava nella IV regione. La principale strada romana nell'area, la Via Egnatia, passava per Heraclea, che era un importante luogo di sosta. La prosperità della città fu mantenuta principalmente grazie a questa strada. Heraclea fu citata anche da Giulio Cesare nel De Bello Civili.
Al principio del periodo bizantino (dal IV al VI secolo d.C.), Heraclea era un'importante sede episcopale. Alcuni dei suoi vescovi sono stati citati negli atti dei Concili della Chiesa, come il vescovo Evagrius di Heraclea negli Atti del Concilio di Sardica del 343 d.C.. Alcune vestigia di questo periodo sono costituite da una basilica minore ed una maggiore, la residenza del vescovo e una basilica cimiteriale nei pressi della necropoli.
Nella basilica maggiore, tre navate sono ricoperte di mosaici con iconografia a base di motivi floreali molto ricchi e figurativi; questi mosaici ben conservati sono spesso presi come bell'esempio del periodo iniziale dell'arte cristiana. Sono noti anche altri vescovi di Heraclea vissuti tra il IV ed il VI secolo d.C., come il vescovo Quintilinus menzionato negli Atti del Secondo Concilio di Efeso del 449 a.C.. Nel 472 d.C., la città fu saccheggiata dalle orde di Ostrogoti/Visigoti comandati da Teodorico il Grande e, nonostante un grande dono che il vescovo della città gli fece, nel 479 d.C. fu nuovamente saccheggiata. La città fu restaurata verso la fine del V e il principio del VI secolo d.C.
Verso la fine del VI secolo, la città subì ripetuti attacchi da parte di tribù slave. Tra il VI e il VII secolo d.C., quando gli Slavi si stabilirono nelle regioni settentrionali dei Balcani, sul luogo del teatro abbandonato furono edificate parecchie abitazioni.
La città di Heraclea sorgeva sulla collina posta circa 2 km a sud dell'odierna città di Bitola. Tra gli edifici scoperti e indagati risalenti al tempo del dominio romano ad Heraclea vi sono: monumenti votivi, un portico, le terme, un teatro, le mura delle città.
Al principio del periodo cristiano, Eraclea era un'importante sede episcopale. Alcuni dei suoi vescovi sono menzionati nei sinodi in Serdica ed in altri paesi adiacenti, come anche in altre città vicine. Di questo periodo sono gli insiemi della basilica minore e della maggiore. La basilica cimiteriale con una necropoli è situata a est del teatro.
L'imperatore romano Adriano edificò il teatro nel centro della città, su una collina, quando si stavano restaurando molti edifici della Provincia romana di Macedonia. Cominciò ad essere utilizzato sotto il regno di Antonino Pio. Scoperta nel 1931, una piccola tessera di osso per un sedile nella XIV fila (su XX) è la più antica testimonianza nota dell'esistenza del teatro. Lo stesso teatro non fu scoperto fino al 1968. All'interno del teatro si trovavano tre gabbie per animali e nella parte occidentale un tunnel. Il teatro andò in disuso nel corso del IV secolo, quando le lotte gladiatorie nell'Impero Romano furono bandite, a causa della diffusione della Cristianità, della costituzione dell'Impero Romano d'Oriente e dell'abbandono di rituali che erano percepiti come riti pagani e di divertimento.
Una basilica minore (nella foto a sinistra) fu scoperta negli scavi compiuti prima della II Guerra Mondiale, tra il 1936 e il 1938. Dapprincipio, si riteneva che fosse un antico palazzo, ma, nel corso di ricerche successive effettuate negli anni 1960–1964, apparve chiaro che si trattava di una basilica paleocristiana. All'interno della basilica, si trova un mosaico pavimentale decorato realizzato con la tecnica dell'"opus sectile" e parecchie stanze sono ivi state scavate. La prima stanza era utilizzata per il battesimo e la seconda stanza aveva un mosaico pavimentale realizzato con la tecnica dell'"opus tessellatum". Dopo la creazione del complesso della basilica maggiore, fu cambiata la funzione di queste stanze. Con la scoperta delle pareti, la plastica architettonica ed i pavimenti sono stati ricostruiti elettronicamente.
La basilica maggiore è un edificio monumentale con uno spazio composto da portici colonnati aperti, uno spazio destinato a esonartece, uno destinato a nartece, due annessi settentrionali ed uno spazio con tre annessi meridionali. I pavimenti di questi spazi sono costituiti da mosaici con disegni geometrici e floreali. Il mosaico del nartece è di stile paleobizantino, una grande composizione di dimensione pari a 100 m (328 ft). Ci sono uccelli, alberi, cervi, un cane rosso, che simboleggia il Paradiso, e bestie che simboleggiano il dominio terrestre. Questo mosaico è datato alla fine del VI secolo. La basilica maggiore è costruita sopra un'altra precedente e fu costruita all'incirca tra il IV ed il VI secolo.
Il pavimento a mosaico della basilica maggiore è rappresentato sul verso della banconota macedone da 5000 dinari emessa nel 1996.
La Residenza Episcopale fu scavata tra il 1970 e il 1975. La parte occidentale fu scavata per prima e il lato meridionale è prossimo alle mura cittadine. Le stanze lussuose sono ubicate nella parte orientale. La II, la III e la IV stanza hanno tutte pavimenti a mosaico. Tra la III e la IV stanza c'è un varco che conduceva all'ingresso orientale della residenza. Il varco fu appositamente creato tra il IV e il VI secolo d.C.

ALBANIA - Butrinto

 


Butrinto (in albanese Butrint o Butrinti) è una città e un sito archeologico in Albania, vicino al confine con la Ciamuria, parte del sud dell’Albania. Nell'antichità era conosciuta come Bouthroton in greco antico e come Buthrotum in latino. Si trova su una collina vicina al Canale di Vivari. Abitata fin dai tempi della preistoria, Butrinto era una città appartenente alla civiltà Illirica.
Secondo Virgilio venne fondata dal profeta troiano Eleno, figlio del re Priamo, che dopo la caduta di Troia sposò Andromaca e si spostò a occidente. Lo storico Dionigi di Alicarnasso scrisse che Enea visitò Butrinto dopo la sua stessa fuga dalla distruzione di Troia, e Virgilio ricordò la città in alcuni versi del suo poema dedicato all'eroe troiano:
«Subito vediamo sparire le aeree rocche dei Feaci;
costeggiamo le spiagge dell' Epiro ed entriamo nel porto
Caonio e ci avviciniamo all'alta città di Butroto

(Eneide, III, 291-293; traduzione di Luca Canali)
Butrinto fa parte dell’itinerario culturale ‘Rotta di Enea’, certificato dal Consiglio d’Europa.
Butrinto in origine era una città della storica regione dell'Epiro, con contatti con la colonia greca di Corfù e le tribù dell'Illiria a nord.

I resti archeologici più antichi datano ad un periodo compreso fra il XIII e XII secolo a.C. . L'insediamento originario probabilmente mercanteggiava con Corfù e aveva una fortezza ed un santuario. Butrinto si trovava in una posizione strategicamente importante a causa dell'accesso allo stretto di Corfù. Dal IV secolo a.C. crebbe in importanza e comprendeva un teatro, un tempio ad Asclepio ed un'agorà.
Nel 228 a.C. Butrinto divenne un protettorato romano insieme a Corfù, e successivamente divenne parte della provincia dell'Epiro. Nel 44 a.C. Cesare designò Butrinto come colonia per ricompensare i soldati che avevano combattuto per lui contro Pompeo, tuttavia il proprietario terriero locale Tito Pomponio Attico si oppose al suo corrispondente Cicerone, che stava agendo nel Senato romano, contro il piano. Come risultato, pochi coloni si spostarono a Butrinto. Nel 31 a.C. L'imperatore Augusto, fresco vincitore della Battaglia di Azio contro Marco Antonio e Cleopatra, rimise in vigore il piano per fare di Butrinto una colonia di veterani. I nuovi residenti espansero la città e, fra l'altro, costruirono un acquedotto, le terme, un foro e un ninfeo.
Nel III secolo gran parte della città venne distrutta da un terremoto, che rase al suolo parecchi edifici del foro e dei dintorni. Gli scavi archeologici hanno rivelato che la città era già in declino e stava diventando un centro manifatturiero, anche se la città sopravvisse comunque e divenne un porto molto importante.


All'inizio del VI secolo Butrinto divenne un vescovato e vennero costruiti nuovi edifici come il battistero (uno dei più grandi dell'epoca paleocristiana) e la basilica. La Basilica di Butrinto è da riconnettersi alla basilica dei Santi Cosma e Damiano di Giurdignano (vicino ad Otranto) che presenta un simile impianto planimetrico con abside poligonale con estradossi, come nella basilica di Butrinto. L'imperatore Giustiniano rafforzò le mura della città, che però venne saccheggiata nel 550 dagli Ostrogoti guidati dal re Totila. Gli scavi evidenziano che le importazioni di beni dal vicino oriente continuarono fino agli inizi del VII secolo, quando i Bizantini persero il controllo della zona. Butrinto segue così la stessa sorte di gran parte delle città balcaniche dell'epoca, dove la fine del VI e l'inizio del VII secolo sono uno spartiacque fra l'età romana e il medioevo.
Dal VII secolo Butrinto si ridusse ad una piccola città fortificata e, in breve, venne conquistata dal primo impero bulgaro, prima di essere riconquistata dai Bizantini nel IX secolo. Rimase un avamposto dell'impero contro gli assalti dei Normanni fino al 1204 quando, a seguito della IV Crociata, l'Impero Bizantino si frammentò e Butrinto entrò a far parte del Despotato d'Epiro. Nei secoli seguenti quest'area fu luogo di scontro fra Bizantini, Angioini e Veneziani, e la città cambiò di mano parecchie volte. Nel 1267 Carlo I d'Angiò prese controllo di Butrinto e di Corfù e ricostruì sia le mura che la basilica. Nel 1386 Butrinto e Corfù vennero acquistate dagli Angioini da parte della Repubblica di Venezia, ma i mercanti veneziani erano principalmente interessati a Corfù e Butrinto cominciò un nuovo periodo di decadenza. Nel 1490 vennero costruite una torre e una piccola fortezza.
Nel 1797 Butrinto venne ceduta a Napoleone in seguito al trattato di Campoformio, e due anni dopo venne conquistata dal governatore ottomano Alì Pascià di Tepeleni, fino a che nel 1912 divenne parte dell'Albania. Ormai comunque il sito della città originale era stato abbandonato.
I primi moderni scavi archeologici cominciarono nel 1928 quando il governo fascista di Mussolini mandò una spedizione verso Butrinto. Gli scopi oltre che scientifici avevano anche ragioni geopolitiche, puntando ad estendere l'egemonia italiana nella zona. La spedizione era condotta da un archeologo italiano, Luigi Maria Ugolini, che fece un ottimo lavoro. Ugolini morì nel 1936, ma gli scavi continuarono fino al 1943, quando furono fermati dalla seconda guerra mondiale. Vennero riportate alla luce la città romana e la città ellenistica, comprese la porta dei leoni e le porte Scee, chiamate così da Ugolini in ricordo delle famose porte di Troia nominate nell'Iliade di Omero.
Dopo che il governo comunista di Enver Hoxha prese il potere nel 1944, le missioni archeologiche straniere vennero bandite. Il lavoro venne proseguito da archeologi albanesi, fra i quali Hasan Ceka. Nel 1959 le rovine vennero visitate da Nikita Chruščёv, il quale suggerì a Hoxha di convertire l'area in una base sottomarina. Negli anni settanta l'Istituto Albanese di Archeologia intraprese una campagna di scavi su larga scala.

A partire dal 1993 un'équipe di archeologi inglesi, guidati dal Prof. Richard Hodges (University of East Anglia, Penn Museum) ha ripreso le ricerche archeologiche all'interno ella città di Butrinto e nel vicino suburbio di Vrina. Gli scavi hanno riportato alla luce i resti del palazzo Triconch, l'area capitolina e forense, una torre tardoantica riusata nel periodo altomedievale come residenza, numerosi cimiteri urbani tra cui si segnala quello presso il pozzo di Junia Rufina, assieme a numerose altre strutture. Le indagini presso la pianura di Vrina hanno dimostrato l'esistenza di una colonia romana databile ad età augustea, attraversata da un imponente acquedotto che riforniva la città. L'intero progetto archeologico è stato finanziato e sostenuto dalla Butrint Foundation e dal Packard Humanities Institute, in collaborazione con l'Istituto d'Archeologia di Tirana. Allo scavo presso Butrinto hanno preso parte specialisti da ogni parte del mondo e studenti albanesi in archeologia, ai quali è stato dedicato il Training Programme.
Dopo la caduta del regime comunista nel 1992 il nuovo governo democratico progettò di sviluppare turisticamente il sito di Butrinto, e lo stesso anno esso divenne parte dell'elenco dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO. Nel 1997, a causa di una grande crisi politica e finanziaria, l'UNESCO inserì Butrinto nella lista dei siti in pericolo, a causa di furti di reperti, mancanza di protezione e problemi manageriali ed economici.
Nel 2000 il governo albanese istituì il Parco nazionale di Butrinto, e grazie all'aiuto del governo albanese e di enti internazionali il sito venne cancellato dalla lista dei Patrimoni dell'umanità in pericolo nel 2005, anno in cui anche il Parco Nazionale entrò a far parte dell'elenco dei Patrimoni dell'umanità.
Butrinto può essere un modello di come le comunità locali in paesi in via di sviluppo possono essere responsabilizzate attraverso l'utilizzo sostenibile del patrimonio culturale. Nel 2005 il Parco Nazionale in collaborazione con la Butrint Foundation e la Leventis Foundation riaprirono il museo che era stato distrutto nel 1997.
Butrinto può essere raggiunta dalla città di Saranda tramite una strada costruita nel 1959 in occasione della visita di Chruščёv. È un'attrazione turistica sempre più importante per coloro che passano le vacanze nella vicina isola greca di Corfù (da cui si può raggiungere Saranda in mezz'ora di aliscafo o 90 minuti di traghetto).

ALBANIA - Apollonia

 


Apollonia (in greco antico: Ἀπολλωνία κατ᾿ Ἐπίδαμνον, Apollōnía kat' Epídamnon o Ἀπολλωνία πρὸς Ἐπίδαμνον, Apollōnía pròs Epídamnon) è un sito archeologico sulla riva destra del fiume Voiussa, nei pressi del villaggio di Pojan, nell'attuale Albania.
Apollonia fu fondata nel 588 a.C. dai Taulanti, una tribù dell'Illiria e fu una base importante di commercio con i coloni Greci di Kerkyra (Corfù, odierna Grecia) e Corinto, fu probabilmente la più importante città, tra quelle conosciute con il nome di Apollonia (Απολλωνiα). Il luogo era già usato dai commercianti di Corinto e dai Taulanti, una tribù dell'Illiria, che rimase coinvolta con questo insediamento per secoli a stretto contatto con la civiltà greca. Il nome originale della città sembra che fosse Gylaceia dal suo fondatore, un certo Glyax, ma il nome fu poi modificato in onore del dio Apollo.
Aristotele considerò Apollonia come un importante esempio di oligarchia, poiché i discendenti dei coloni greci controllavano la città, e la numerosa popolazione per la maggior parte di origine Illirica.
La città divenne ricca grazie al commercio degli schiavi e sull'agricoltura, come pure il suo porto che si dice poteva contenere fino a 100 navi. Apollonia, come Dyrrachium poco più a nord, era un importante porto, il più vicino alla costa italica ed a Brundusium, peraltro punto di partenza della Via Egnatia che conduceva fino a Thessaloniki e Byzantium in Tracia. Aveva la sua propria zecca, che coniava monete trovate lontano, fino al fiume Danubio.
La città era inclusa nei domini di Pirro, re dell'Epiro. Nel 229 a.C. fu posta sotto il controllo della Repubblica romana. Fu occupata nel 168 a.C. dal re degli Illiri Genzio, sconfitto poco dopo dai Romani insieme all'alleato macedone Perseo, re di Macedonia. Nel 148 a.C. Apollonia divenne parte della provincia romana di Macedonia, più tardi incorporata nella provincia romana dell'Epiro. Durante la guerra civile tra Pompeo Magno e Cesare aiutò il secondo, ma si consegnò a Marco Giunio Bruto nel 48 a.C. Il primo imperatore romano Augusto compì alcuni studi in Apollonia nel 44 a.C. con il maestro Atenodoro di Tarso, e qui ricevette la notizia che il patrigno, Cesare, era stato assassinato. Apollonia fiorì sotto l'impero romano come ci racconta lo stesso Marco Tullio Cicerone nelle sue Filippiche, definita magna urbs et gravis, vale a dire grande ed importante città.
Il suo declino cominciò nel III secolo, quando un terremoto cambiò il corso del fiume Voiussa, causando al porto problemi di navigabilità e nelle zone circostanti casi di malaria. Il cristianesimo cominciò ad essere presente nella città fin dai primordi, e l'arcivescovo di Apollonia fu presente al Concilio di Efeso del 431 ed a quello di Calcedonia del 451. Comunque la città cominciò a svuotarsi in questo periodo per il continuo e progressivo sviluppo della vicina città di Valona, divenuta ora più importante.
Con la fine dell'antichità la città ridusse sempre più la sua popolazione, ospitando una piccola comunità di Cristiani che nel XIII secolo costruì sopra la collina, che faceva parte probabilmente della vecchia città, il monastero di Ardenica intorno alla chiesa di Shën Mëri di culto ortodosso dedicata a Maria, la madre di Gesù.
Il primo a rendersi conto della localizzazione dell'antica Apollonia fu Ciriaco d'Ancona, che ne descrisse nel 1435 i resti e le iscrizioni.
La città fu poi "riscoperta" con il movimento del Neoclassicismo europeo del XVIII secolo, benché non fu indagata da archeologi austriaci prima dell'occupazione del 1916-1918. I primi scavi furono seguiti da un'équipe francese negli anni 1924-1938 e parte del sito fu danneggiato durante la Seconda guerra mondiale. Dopo la guerra nuovi scavi furono condotti da esperti albanesi a partire dal 1948, benché molto del sito archeologico non sia stato ancora scavato ai giorni nostri. Molti degli oggetti trovati sono stati trasportati nel museo della capitale, Tirana. Durante il periodo di anarchia che seguì la fine della dittatura in Albania nel 1990, molti dei beni archeologici, manufatti e rovine, furono trafugati per essere venduti a ricchi mercanti e collezionisti occidentali all'estero. Dal 1996 il sito archeologico di Apollonia è al centro di uno studio dell'Università di Cincinnati (USA) "Progetto Archeologico Regionale Mallakastra" per indagare la storia dell'insediamento preistorico e storico e l'uso del territorio in Albania centrale, in una zona centrata sulla colonia greca di Apollonia. Dal 2011 è stato riaperto il Museo archeologico di Apollonia, che raccoglie molti reperti ritrovati durante gli scavi.



SERBIA - Viminacium

 

Viminacium fu un'importante città dell'Impero romano, capitale della provincia della Mesia. La città era localizzata vicino alla moderna Kostolac (Serbia), nei pressi del Danubio.
Fondata nel I secolo sulle rive della Mlava, un affluente del Danubio, durante la seconda parte del principato di Augusto o nella prima parte di quello di Tiberio. Sotto l'imperatore Claudio, in seguito all'annessione della Tracia avvenuta nel 46, il sito militare potrebbe aver cominciato ad ospitare una fortezza legionaria, per cui la legione che prima si trovava a Naissus fu trasferita a Viminacium. La nuova fortezza divenne in seguito sede della Legio VII Claudia, ospitando però per qualche tempo ed in diverse circostanze vexillationes della IIII Flavia Felix.
Fu importante "quartier generale" delle truppe romane qui acquartierate (sembrerebbe sotto il comando di Quinto Sosio Senecione), che condussero la prima campagna militare sotto Traiano (anni 101 e 102) contro le truppe daciche di Decebalo. Non sarebbe pertanto un caso che l'anfiteatro rappresentato sulla colonna di Traiano a Roma, nella scena n.25 (secondo la classificazione del Cichorius) sia proprio quello di Viminacium, dove l'imperatore romano si era ritirato durante l'inverno del 101/102. Viminacium ricevette il rango di municipium sotto Adriano, che la visitò in un paio di occasioni, mentre, all'inizio del II secolo, divenne la capitale della Mesia superiore.
Fu visitata in un paio di occasioni dall'imperatore Settimio Severo e dalla moglie, Giulia Domna (nominata mater castrorum nel 195/196). Qui il figlio Caracalla fu proclamato Cesare attorno al 196 poco prima dello scontro con Clodio Albino. E sempre al periodo severiano potrebbe appartenere il legatus legionis della VII Claudia, Marcus Laelius Maximus.
All'inizio del regno di Gordiano III (239 o 240), la città ricevette lo status di colonia romana (Colonia Viminacium), ricevendo il diritto di battere monete di bronzo: la zecca di Viminacium coniò monete per diversi imperatori da Gordiano III (239) fino a Gallieno: tra queste anche alcune dell'usurpatore Pacaziano, il quale si ribellò a Filippo l'Arabo mentre era governatore della Mesia (248-249). Nella città nel corso del 251 soggiornarono Gaio Vibio Treboniano Gallo, Volusiano, Erennia Cupressenia Etruscilla ed Ostiliano che qui morì di peste.
L'aver parteggiato per l'usurpatore Ingenuo degli anni 255-256 portò Gallieno a punire la città, togliendo tutti i precedenti privilegi ricevuti di colonia romana e forse anche alla sua prima distruzione.
Nel luglio del 285 fu combattuta nelle sue vicinanze la battaglia del fiume Margus, che vide la vittoria di Diocleziano sull'imperatore Carino e la sua ascesa al trono. Nella zona vi soggiornò Costantino I durante il periodo delle sue campagne sarmatiche e gotiche degli anni 317-323. Alla morte di Costantino I, avvenuta nel 337 i tre figli, Costante I, Costantino II e Costanzo II, convocarono una conferenza nella città per decidere come dividersi l'Impero romano, lasciato loro in eredità dal padre. Viminacium fu distrutta nel 441 dagli Unni. La sua parziale ricostruzione come forte di frontiera avvenne sotto l'imperatore bizantino Giustiniano I. Questa roccaforte fu definitivamente distrutta degli Avari nel 584.
Nel corso degli ultimi tre decenni del XX secolo sono state condotte sul sito campagne di scavo in modo sempre più accurato e sistematico, che hanno portato alla luce tutta una serie di strutture pubbliche come: un anfiteatro per 12.000 spettatori, un acquedotto, delle terme e sembra anche un circus, oltre alle rovine della fortezza legionaria e delle canabae, dove si insediarono numerosi veterani delle legioni della zona. Sono state indagate, inoltre, oltre 10.000 tombe e recuperati oltre 30.000 oggetti. Non a caso è stata ribattezzata la "Pompei dei Balcani". È stata inoltre identificata la tomba dell'imperatore romano Ostiliano, che qui morì di peste nel 251, e che fu seppellito dal padre Decio. Nel III secolo fu instaurata per pochi decenni una zecca che coniò soprattutto monete di rame, ma anche d'argento, per le armate del limes moesicus.

SERBIA - Sirmio

 

Sirmio (in latino: Sirmium), l'attuale Sremska Mitrovica in Serbia, fu un'importante città della Pannonia romana lungo il fiume Sava. L'attuale regione della Sirmia ha preso il nome da questa città. Numerose spedizioni militari furono infatti preparate proprio in questa città, spesso utilizzata come quartier generale. Ciò accadde sotto Marco Aurelio (durante le guerre marcomanniche), Massimino il Trace e Claudio II (nel 270).
Sirmio fu una delle città più antiche d'Europa: le prime tracce di vita umana organizzata reperite dagli archeologi risalgono al 5.000 a.C. La città, fondata nei territori delle tribù celtiche di Scordisci e Amantini nel III secolo a.C., fu conquistata per la prima volta dai Romani nel corso delle campagne dalmato-illiriche (13-9 a.C.) condotte da Tiberio e Marco Vinicio. Un ventennio più tardi, nel corso della rivolta dalmato-pannonica del 6-9, le truppe romane agli ordini di Aulo Cecina Severo riuscirono a difendere l'importante roccaforte (nel 6), organizzando per l'anno seguente l'offensiva che portò a rioccupare l'intera valle della Sava, via di comunicazione fondamentale per la vittoria finale romana. E sotto la dinastia dei Flavi, Sirmio raggiunse lo status di colonia romana, mantenendo un importante ruolo strategico nell'area nella nuova provincia romana di Pannonia. È probabile che durante le campagne daciche di Domiziano siano state installate in zona alcune vexillationes della legio II Adiutrix.
Nel 103, una volta terminata la prima fase della conquista della Dacia, la Pannonia fu divisa da Traiano in Pannonia superiore e inferiore, e Sirmio divenne capitale di quest'ultima, almeno fino a quando Adriano la portò ad Aquincum un quindicennio più tardi (costruendovi anche un nuovo palazzo del governatore). Durante le guerre marcomanniche fu anche quartier generale delle armate settentrionali di Marco Aurelio (a sinistra) negli anni 174 e 175 durante la prima expeditio germanica e nel 179-180 durante la secunda expeditio germanica. Qui potrebbe essere stata trasportata la salma dello stesso imperatore filosofo, morto il 17 marzo del 180, secondo quanto ci tramanda lo storico cristiano Tertulliano, contemporaneo ai fatti.
Nella città furono insediati numerosi beneficiari consulares della legio II Adiutrix e della legio IV Flavia Felix a partire dalla metà del II secolo fino alla prima metà del III secolo. Non a caso divenne nuovamente "quartier generale" per le nuove campagne di Massimino il Trace negli anni 236-237, quando l'obbiettivo erano gli Iazigi della piana del Tisza.
Massimino, infatti, dopo aver reso sicure le frontiere della Germania, si recò in Pannonia a Sirmium per l'inverno (del 235/236) e condusse nuove campagne contro i sarmati Iazigi della piana del Tibisco, che avevano provato ad attraversare il Danubio dopo circa un cinquantennio di pace lungo le loro frontiere, ed i vicini Quadi (come sembra testimonino alcune iscrizioni rinvenute in zona Brigetio). Egli aveva un sogno: quello di emulare il grande Marco Aurelio e conquistare la libera Germania Magna. Il suo quartier generale, posto a Sirmium, era al centro del fronte pannonico inferiore e dacico. Così infatti riporta la Historia Augusta:«Portate a termine le campagne in Germania [contro gli Alemanni], Massimino si recò a Sirmio, per preparare una spedizione contro i Sarmati, e programmando di sottomettere a Roma le regioni settentrionali fino all'Oceano.» (Historia Augusta - I due Massimini, 13.3.)
Numerose appaiono, infine, le iscrizioni lungo il tratto di limes pannonicus che univa nell'ordine i castra di: Ulcisia Castra, Aquincum, Matrica, Intercisa, Annamatia, Lussonium, Alta Ripa, Ad Statuas, Sopianae e Mursa, a testimonianza delle campagne militari nell'area sarmatica. In numero inferiore sono invece le iscrizioni lungo il tratto di limes dacicus, come ad esempio nella fortezza legionaria di Apulum.
Grazie ai successi ottenuti sul Danubio, l'imperatore poté ottenere i titoli di Dacicus (fine del 236-inizi del 237) e Sarmaticus (nel 237).
Attorno agli anni 245-247 fu istituito un comando militare generale e centralizzato, pririo a Sirmio, per l'intera frontiera del medio e basso Danubio che avrebbe dovuto comprendere, pertanto, le province di Pannonia inferiore, Mesia superiore ed inferiore, oltre alle Tre Dacie. A capo di questo distretto militare fu posto Tiberio Claudio Marino Pacaziano. E nel 260 potrebbe esserci stato lo scontro decisivo (se non fu invece a Mursa) tra le armate di Gallieno (imperatore legittimo) e quelle dell'usurpatore Ingenuo.
Aureliano, una volta morto Claudio II, fu proclamato imperatore da parte delle truppe di stanza in Pannonia, proprio a Sirmium, poco prima di affrontare gli Iutungi che avevano sfondato il fronte danubiano. E il successivo imperatore Marco Aurelio Probo, nativo della città, qui vi morì nel 282, mentre il suo successore Marco Aurelio Caro, era acclamato dalle truppe riunite di Pannonia. La Historia Augusta racconta di due curiosi episodi collegati alla vita dell'imperatore Probo, il quale ordinò di piantare delle viti di ottima qualità sul vicino monte Alma, che si trovava poco a sud della città, dopo aver fatto dissodare il terreno dai soldati; nel 282, decise, invece, bonificare una vasta zona paludosa (anche con la costruzione di un canale di scolo fino alla Sava) per ampliare il territorio della sua città natale a vantaggio dei suoi abitanti, mettendo, però, a lavorare molte migliaia di soldati, tanto che questi ultimi, esasperati, lo uccisero.
Nell'ottobre del 293 Diocleziano si recò a Sirmium per organizzare una nuova campagna militare per l'anno successivo, contro i sarmati Iazigi. L'anno seguente, infatti, ottenne un nuovo significativo successo sulle tribù sarmatiche, tanto da essere acclamato per la terza volta con il titolo di Sarmaticus maximus.
Pochi anni più tardi, nel 296, sempre Diocleziano stabilì una nuova suddivisione territoriale della regione, dividendola in quattro province (Pannonia Prima, Pannonia Valeria, Pannonia Savia e Pannonia Secunda); Sirmio divenne capitale della Pannonia Secunda. Già nel 293, in seguito all'instaurazione della Tetrarchia, l'Impero Romano era stato diviso in quattro parti e Sirmio era diventata una delle quattro capitali al pari di Augusta Treverorum, Mediolanum e Nicomedia. Durante la Tetrarchia la città divenne la capitale dell'imperatore Galerio, mentre con l'introduzione delle prefetture del pretorio nel 318 Sirmio divenne la capitale della prefettura dell'Illyricum. Tuttavia nel 379 la prefettura dell'Illyricum fu divisa in orientale ed occidentale; quest'ultima, comprendente Sirmio, fu inglobata nella prefettura dell'Italia, mentre la parte orientale mantenne la sua autonomia con capitale Tessalonica.
Negli anni compresi tra il 317 ed il 324, Costantino vi soggiornò più volte, combattendo i Sarmati del tratto di limes pannonicus, ed ottenendo per ben tre volte il titolo vittorioso di Sarmaticus maximus (poco prima del 319, poi nel 323 ed infine nel 334). Lo stesso Mócsy crede che l'"imperatore cristiano" vi soggiornò quasi ininterrottamente fino al 324 (anno in cui le sue armate mossero contro Licinio), facendone la propria capitale e quartier generale delle armate del Danubio.
Anche Horst sostiene che tra le sue residenze imperiali preferite, nel corso degli anni compresi tra il 317 ed il 323, vi fosse Sirmium oltre a Serdica. Durante la fase finale della guerra civile (nel 324), Licinio abbandonò la città alle armate che avanzavano da Occidente di Costantino I. Alla morte di quest'ultimo (avvenuta tredici anni più tardi, nel 337), i tre figli (Costantino II, Costanzo II e Costante I), si riunirono a Sirmium, ed il 9 settembre furono acclamati Augusti dall'esercito, spartendosi l'Impero.
Il 15 marzo del 351, sempre a Sirmium, il cugino e cognato di Costanzo II, Gallo, fu nominato Cesare d'Oriente. Poco dopo Costanzo II organizzò e presiedette al concilio di Sirmio, che produsse un credo ariano e condannò Fotino di Sirmio; Costanzo prese atto della condanna e bandì Fotino definitivamente. In seguito questo imperatore trascorse altri periodi nella sua città natale, come nel corso della campagna contro Magnenzio (con quest'ultimo che tentò invano di assediare la città), durante l'inverno del 351/352 oppure dall'ottobre del 357 al maggio del 359, quando vi pose la sua corte imperiale (ampliando il preesistente palazzo imperiale) ed il suo quartier generale per le campagne militari condotte nella primavera di quello stesso anno contro gli Iazigi e gli alleati, Quadi. Il 10 ottobre del 361 le truppe del nipote di Costanzo II, Flavio Claudio Giuliano, sbarcarono a Bononia, da dove giunsero a Sirmium, ancora residenza della corte, che si arrese senza combattere. Qui Giuliano vi trascorse poco tempo, organizzando le forze in vista di un possibile scontro con Costanzo II, che non avvenne poiché morì evitando l'inizio di una nuova guerra civile. Pochi anni più tardi (fine del 363-inizi del 364), al tempo dell'imperatore Gioviano, Sirmio fu teatro di una rivolta di Batavi, i quali erano stati lasciati a guardia della città.
In seguito ad una nuova invasione di Quadi e Iazigi dei territori della Pannonia e della Mesia superiore (nel 374), Ammiano Marcellino racconta che lo stesso prefetto del Pretorio dell'Illirico, un certo Sesto Petronio Probo, che si trovava a Sirmio, pur avendo in un primo momento ipotizzato di fuggire dalla città, lasciandola in balia dei barbari, decise poi di rimanervi e di apprestarsi a resistere. Egli infatti decise di ripulire i fossati colmi di macerie, riparare i merli delle alte torri, la maggior parte delle mura, trascurate a causa di un lungo periodo di pace e di richiamare una coorte di arcieri Sagittari dal più vicino presidio per utilizzarla in un eventuale assedio. In seguito a questi eventi, l'intervento diretto dell'imperatore Valentiniano I, costrinse i barbari a ritirarsi (nel 375). Zosimo, infine, racconta che alla morte di Valentiniano I, il 17 novembre del 375, un fulmine si abbatté sulla città ed incendiò il foro e parte della reggia imperiale. Nel 376 la città divenne sede vescovile, mentre due anni più tardi, nel 378, Graziano vi sostò quattro giorni prima di raggiungere l'imperatore Valente, e poco dopo Teodosio I fu acclamato Augusto (nel 379).
Con l'avvento del Cristianesimo la città ne fu un importante centro di irradiazione nonché sede della diocesi di Sirmio e di cinque differenti concilii. In epoca romana Sirmio aveva un palazzo imperiale, un ippodromo, una zecca, un anfiteatro, un teatro e le terme.
Alla fine del secolo IV Sirmio fu presa dai Goti e poi annessa all'Impero Romano d'Oriente. Nel 441 fu conquistata dagli Unni e da quel momento rimase in mano a varie popolazioni barbariche come i Goti/Ostrogoti (dal tempo dell'imperatore Marciano, almeno a Teodorico il Grande) e Gepidi (dei quali fu anche temporaneamente capitale). Dal 567 Sirmio fu nuovamente inclusa nell'Impero Romano d'Oriente, per poi essere conquistata e distrutta dagli Avari nel 582.
Quasi seicento anni più tardi, nel 1167, nei suoi pressi fu combattuta un'importante battaglia, tra gli eserciti dell'Impero bizantino e del Regno di Ungheria. La decisiva vittoria dei bizantini costrinse gli ungheresi ad accettare la pace alle condizioni dettate da Costantinopoli.
I primi scavi archeologici avvennero nel 1957 e nei primi anni settanta, sulla base dei primi ritrovamenti effettuati, alcuni archeologi americani, sponsorizzati dal governo degli Stati Uniti, offrirono ai cittadini di Sremska Mitrovica di ricostruire completamente la città in un'altra posizione, in modo da poter scavare sul sito dell'antica Sirmium. Il governo jugoslavo sembra però che si sia rifiutato, sebbene abbia successivamente limitato la costruzione di nuove opere architettoniche venendo incontro alle necessità archeologiche del sito. Durante i successivi lavori per un nuovo centro commerciale del 1972, un operaio accidentalmente ha rinvenuto una vecchia pentola di epoca romana, a circa 2 m di profondità. Più tardi sono poi state trovate 33 monete romane d'oro, chiuse in una custodia di pelle all'interno di una parete di un'abitazione romana, identificabili con un piccolo tesoretto di risparmi, nascosti da una ricca famiglia romana durante il periodo delle invasioni barbariche. Di questo straordinario ritrovamento, vi erano quattro monete coniate a Sirmio, di Costanzo II.
I lavori di scavo si sono succeduti negli anni successivi portando alla luce anche i resti di un palazzo imperiale (la cui costruzione potrebbe essere stata iniziata già sotto Marco Aurelio tra il 170 ed il 175, o più probabilmente al tempo di Galerio a partire dal 293 circa), un ippodromo degli inizi del IV secolo (scavato in minima parte, che misurava 430-500 metri di lunghezza ed una larghezza complessiva attorno ai 70 metri), un anfiteatro, terme romane (dette "Bagni Liciniani", databili attorno al 308-316), un granaio (horreum), aree commerciali ed industriali, lussuose residenze urbane, così come condomini a più piani (insulae) dove viveva la popolazione più povera (si parla di 100.000 abitanti nel IV secolo), oltre ad un imponente cinta muraria ed un acquedotto (lungo 14 km) che portava le acque dalla sorgente Vranjaš del Fruška Gora. Fu inoltre istituita una zecca con due officine almeno a partire dal 320-326, durante il regno di Costantino I fino a Valentiniano I (le cui monete riportavano le scritte SIRM, SIROB, SM).

SERBIA - Singidunum

 

Singidunum fu una città fondata dagli Scordisci nel III secolo a.C., poi conquistata dai Romani, attuale Belgrado. Fu inizialmente base d'appoggio della Classis Pannonica. L'origine celtica dell'insediamento è deducibile dal nome originario, Singidun, la cui terminazione dūn(on) significa "recinto" o "fortezza". La città è menzionata per la prima volta nel 275 a.C.. Apparteneva al popolo degli Scordisci. Il primo coinvolgimento dei Romani si verificò nel 75 a.C., quando Gaio Scribonio Curione Burbuleio, prefetto della Macedonia, penetrò in questo territorio per allontanarne gli Scordisci, i Dardani e i Daci.
Solo durante l'impero, però, i Romani conquistarono la regione, che fu organizzata nella provincia della Mesia nel 6: Singidun venne romanizzato in Singidunum. In un periodo non specificato, ipotizzabile attorno al 6 a.C.-11 d.C. il legatus Augusti Gneo Cornelio Lentulo l'Augure combatté contro i Geti, i Sarmati ed i Daci. Il fine di queste campagne potrebbe essere stato quello di isolare il potente regno dei Marcomanni di Maroboduo sul suo lato orientale, separandolo dall'altro potente e vicino regno dei Daci. L'obbiettivo finale del piano strategico di Augusto era quello di occupare la Boemia, in un piano che prevedeva la sottomissione della Germania Magna, portando i confini imperiali fino al fiume Elba. Nel corso di queste campagne Lentulo riuscì a respingere i Daci al di là del Danubio ed a costruire, già a quel tempo lungo la riva destra del fiume, presidi semi-permanenti per controllare i movimenti futuri di questo popolo. Queste operazioni si verificarono lungo il limes delle future provincie di Mesia superiore e Pannonia inferiore (a nord di Sirmio e ad est di Singidunum).
La città aveva una importanza inferiore alle vicine Sirmium e Viminacium, ma la sua disposizione sulla strada che portava al confine del Danubio la rese un punto ottimale per accamparvi delle legioni. Nell'86 vi venne costruito il castrum della Legio IIII Flavia Felix.
Durante la conquista della Dacia, la fortezza legionaria di Singidunum ebbe un ruolo fondamentale nella guerra. È possibile infatti identificare sulla colonna di Traiano a Roma alcune immagini della fortezza.
Adriano conferì alla città lo status di municipium, e successivamente Singidunum divenne una colonia. Si racconta che Massimino Trace (il futuro imperatore), quando venne a sapere che Eliogabalo era stato ucciso, decise di recarsi a Roma per conoscere il nuovo imperatore, Alessandro Severo. Quest'ultimo lo accolse con grande gioia e manifestazioni di affetto, tanto da nominarlo subito dopo tribuno laticlavio della Legio IIII Flavia Felix, di stanza proprio a Singidunum con queste parole: «Non ti ho affidato, oh Massimino mio carissimo e affezionato, il comando di soldati veterani, perché ho avuto paura che tu non potessi ormai più correggere i loro vizi, che si erano formati sotto il comando di altri. Hai ora sotto il tuo comando delle reclute. Fai in modo che apprendano la vita militare secondo i tuoi insegnamenti, il tuo valore, il tuo impegno, in modo che tu possa procurarmi molti Massimini, tanto importanti alla Repubblica.» (Historia Augusta - I due Massimini, 5.6-7.)
Con l'abbandono della Dacia da parte di Aureliano (nel 270-274 circa), Singidunum ritornò ad essere una città di frontiera. In seguito alla morte dell'imperatore Numeriano nel novembre del 284 (a cui il padre Caro aveva affidato l'Oriente romano), ed il successivo rifiuto delle truppe orientali di riconoscere in Carino (il primogenito di Caro), il naturale successore, fu elevato alla porpora imperiale un validissimo generale di nome Diocleziano. La guerra civile che ne scaturì inevitabilmente vide, in un primo momento, la vittoria di Carino sulle armate pannoniche dell'usurpatore Giuliano, ed in seguito la sconfitta delle sue armate e la sua morte (a causa di una congiura dei suoi stessi generali) nella battaglia del fiume Margus, nei pressi dell'antica città e fortezza legionaria di Singidunum, ad opera di Diocleziano (primavera del 285).
L'imperatore Costanzo II soggiornò a Singidunum nel giugno del 359. Nel 395, a seguito della divisione dell'impero tra i figli di Teodosio I, Singidunum entrò a far parte dell'Impero romano d'Oriente. Nel 441 subì un devastante raid degli Unni, che vendettero tutti gli abitanti.
Dopo essere stata occupata degli Unni, Singidunum fu invasa da Sarmati, Ostrogoti ed Avari. Fu a Singidunum che il principe Teodorico condusse un corpo di 6000 volontari ostrogoti alla vittoria contro Babai, re dei Sarmati, tra il 470 e il 473. Nel 579 il khan degli Avari Baian approfittò del fatto che le truppe bizantine erano in Oriente per attaccare Singidunum; la città cadde e l'imperatore Tiberio II dovette accettare di pagare agli Avari un tributo di 80.000 solidi l'anno. Nell'estate 583 la città fu assediata nuovamente da Baian; il nuovo imperatore Maurizio accettò di incrementare il tributo di 20.000 solidi l'anno. Un altro assedio si ebbe nel 591, ma la città resistette e l'assedio fu tolto dopo il pagamento di 2.000 solidi. Nel 598, invece, l'assedio degli Avari fu interrotto dall'arrivo dell'esercito romano comandato da Prisco.
Nel 630 arrivarono gli Slavi che rinominarono Singidunum in Belgrado ("città bianca"): infatti, la prima volta che è stato nominato il nome Beograd, fu nell'878, durante il regno dell'Impero bizantino, il Regno d'Ungheria e il Primo impero bulgaro. Per quattro secoli questi tre popoli si sono contesi Belgrado. Nel 1284, i Serbi conquistarono la città, che andò a far parte del Regno di Stefan Dragutin Nemanjić, il quale governò i suoi territori tra il 1276 e il 1282.


SERBIA - Palazzo imperiale romano di Sirmio

 


Il palazzo imperiale romano di Sirmio era un'antica struttura costruita al tempo del Cesare Galerio (attorno al 293) quando fece di Sirmio (oggi Sremska Mitrovica) la sua prima capitale dell'Illirico insieme, più tardi a Tessalonica. Il palazzo imperiale romano di Sirmio (oggi Sremska Mitrovica), sulla base delle indagini archeologiche (iniziate nel 1957), è da collocarsi nella parte sud-est dell'antica città, adiacente al circus (a nord del palatium). Galerio stabilì così la sua residenza imperiale a partire dal 293, come Cesare poi, come Augusto, sembra che abbia prediletto la sede imperiale di Tessalonica dal 305 in poi, fino ad almeno il 311 quando morì.
La pianta del palazzo imperiale di Galerio non è del tutto chiara. Il sito fu scoperto casualmente nel 1957 mentre si stava procedendo alla realizzazione di un palazzo residenziale. Qui vennero alla luce grandi mura, alcuni mosaici ed un impianto di riscaldamento sotto l'antica pavimentazione. Si trattava forse di un complesso termale interno al palatium. Poco più a nord sono poi state indagate altre aree adiacenti al palazzo, dove si è scoperto un grande circo romano. Il palazzo si trovava quindi, come similmente era accaduto anche ad Antiochia, Mediolanum ecc. in prossimità del circo (utilizzato spesso per la presentazione di cerimonie ufficiali davanti al pubblico cittadino/provinciale), delle mura, non molto distante dal fiume Sava. Il palazzo imperiale aveva sia la funzione di rappresentanza ed amministrativa, con adeguate sale di ampio respiro per i ricevimento di re clienti o alti dignitari imperiali, sia stanze private dove l'imperatore e la sua famiglia potevano vivere ed utilizzare quale residenza personale.