mercoledì 25 giugno 2025

FRANCIA - Menhir di Champ-Dolent

 
Il 
menhir di Champ-Dolent (in francese: Menhir du/de Champ-Dolent) è - con i suoi 9,5 metri di altezza (e se si esclude il grande menhir di Locmariaquer, spezzato però in quattro tronconi) - il più alto monumento megalitico della Bretagna: si trova nei dintorni di Dol-de-Bretagne, a circa due chilometri dal centro abitato nel dipartimento dell'Ille-et-Vilaine, e risalirebbe al Neolitico.
È classificato come monumento storico dal Ministero della Cultura francese dal 1889.
Come accaduto ad altri menhir (ne è un celebre esempio il menhir di Saint-Uzec), anche il menhir di Champ-Dolent è stato fatto oggetto di tentativi di cristianizzazione, come dimostrano alcune immagini del XIX secolo, nelle quali è visibile una croce nella sua sommità.
Il menhir di Champ-Dolent, realizzato in granito rosa e fissato al terreno da un grosso masso di dolerite, raggiunge un'altezza di 9,30 metri, una larghezza media di 1,80 m ed ha una circonferenza di 8,70 m e 1 m di spessore. Il suo peso complessivo è di circa 100 tonnellate.
Secondo un leggenda, il menhir sarebbe caduto dal cielo con lo scopo di separare due fratelli in lotta tra loro. Da questa leggenda, forse ricollegabile ad una battaglia realmente avvenuta nel 560 a Dol-de-Bretagne tra re Clotario e suo figlio Chramme, deriverebbe anche il nome del luogo, Champ-Dolent, che significherebbe "Campo del dolore". Secondo un'altra teoria "Champ Dolent" significherebbe invece "pietra del cammino di Dol".
Secondo un'altra leggenda, il menhir sarebbe un pezzo del campanile della Cattedrale di Dol-de-Bretagne, finito in un campo a qualche chilometro di distanza dopo essere stato colpito con una roccia lanciata dal diavolo dal Monte Dol, nel tentativo di distruggere l'edificio appena costruito da San Samson.
Al menhir di Champ-Dolent sono legate anche alcune superstizioni popolari, come quella secondo cui il menhir tenderebbe a sprofondare nel terreno ogni qual volta una persona muore e che il giorno in cui si sarà interrato completamente, sarà il giorno del giudizio.

FRANCIA - Signora di Brassempouy

 


La Signora di Brassempouy (in francese La dame à la capuche, letteralmente "La signora col cappuccio") è un frammento di una statuetta in avorio risalente al paleolitico superiore scoperto vicino a Brassempouy, Francia nel 1894. Con un'età stimata di 25 000 anni è la più antica rappresentazione realistica di un volto umano mai trovata.
Brassempouy è un piccolo villaggio della Chalosse, una piccola regione nel dipartimento delle Landes, nella Francia sud-occidentale. Vicino al villaggio si trovano due grotte, distanti 100 metri l'una dall'altra, le quali sono state i primi siti paleolitici esplorati in Francia; sono note come Galerie des Hyènes, così chiamata per la presenza al suo interno di numerosi resti di iena delle caverne, e la Grotte du Pape, dal nome di una vicina fattoria, in cui fu scoperta la testa scolpita insieme ad altre 8 figure umane, queste ultime considerate lavori incompleti.
La Grotte du Pape fu inizialmente esplorata da Pierre-Eudoxe Dubalen nel 1881 e successivamente da J. de Laporterie e Édouard Piette dal 1894 in poi. Dal momento che le tecniche di scavo archeologico in quegli anni erano allo stato embrionale, non si fece molta attenzione alla stratigrafia del sito contenente i resti, che fu poi devastato da un campo base predisposto dai dilettanti dell'Association française pour l'avancement de la science nel 1892. Tuttavia, Piette descrisse una stratigrafia appartenente al tardo e medio Solutreano; egli definì l'ultimo livello da lui raggiunto con il termine éburnéen in riferimento alla copiosa quantità di avorio in esso contenuto. Moderni studi del sito sono stati eseguiti sotto la direzione dello studioso di preistoria francese Henri Delporte, tra il 1981 e il 2000.
Nel 1894, durante gli scavi di Édouard Piette, uno di questi strati, oggi riconosciuto come Gravettiano, ha restituito diversi frammenti di statuette femminili, tra cui la Signora di Brassempouy. Piette vedendo che le figure erano strettamente correlate con le rappresentazioni di animali del Magdaleniano, redasse una ipotetica cronologia che fu poi respinta da Henri Breuil.
La piccola testa è scolpita in avorio di mammut; secondo l'archeologo Paul Bahn non è possibile attribuire un sesso alla figura, ma essa è comunemente chiamata "signora" oppure "donna". È alta 3,65 cm, profonda 2,2 cm e larga 1,9. Il suo viso è triangolare, e sembra tranquilla. Mentre fronte, naso e sopracciglia sono scolpite in rilievo, la bocca è assente. Una fessura verticale sul lato destro del volto è legata alla struttura interna dell'avorio. Sulla testa si vede una serie di incisioni a scacchiera formata da due serie di solchi superficiali ad angolo retto gli uni tra gli altri, che è stata interpretata come una parrucca, un cappuccio, o semplicemente una rappresentazione dei capelli.
L'antropologo americano Randall White, nel suo testo The women of Brassempouy: A century of research and interpretation pubblicato nel 2006 sul Journal of Archaeological Method and Theory osserva che "Le figurine emersero dal suolo in un contesto sociopolitico e intellettuale coloniale e quasi ossessionato dalle questioni di razza". White ha notato che anche se lo stile utilizzato è essenzialmente realistico, le proporzioni della testa non corrispondono a nessuna popolazione umana attuale o passata. Dalla metà del XX secolo le interpretazioni sono passate dalla questione razziale a quelle di femminilità e fertilità.
La Signora di Brassempouy appartiene alla cultura materiale del Paleolitico superiore, il Gravettiano o, più precisamente al medio gravettiano e quindi a un intervallo di tempo tra 28.000 e 22.000 anni fa. È più o meno contemporanea con le altre figure di donna scolpite nella preistoria come per esempio quelle di Lespugue, Dolní Věstonice e Willendorf, tuttavia, si distingue tra le altre per l'elevato realismo della rappresentazione.
La Signora di Brassempouy è conservata presso il Musée d'Archéologie Nationale di Saint-Germain-en-Laye, vicino a Parigi. Poiché l'avorio è molto sensibile ai fattori esterni quali la temperatura, l'umidità e la luce, il reperto non fa parte della mostra permanente del museo. Invece di tanto in tanto fa parte di mostre temporanee.
A Brassempouy, invece, sono conservati una varietà di oggetti scavati nella Grotte du Pape e sono in esposizione presso la Maison de la Dame. Questo spazio espositivo, dedicato principalmente alla archeologia della regione, contiene anche una bella serie di calchi di sculture paleolitiche, tra cui i nove esemplari provenienti da Brassempouy, ma anche le ben note veneri da Lespugue, Willendorf e Dolní Věstonice, così come la Venere di Mal'ta, e la Venere di Grimaldi.
Nel 1976 la Signora di Brassempouy è stata raffigurata su un francobollo da 2,00 franchi. Anche la Repubblica del Mali le ha dedicato un francobollo da 15 franchi CFA.

FRANCIA - Dolmen di Curton

 

Il dolmen di Curton è un vicolo coperto situato nella città di Jugazan , nel dipartimento della Gironda , in Francia .
L'edificio fu parzialmente distrutto intorno al 1850: scomparvero i primi ortostati sul lato nord. Padre Labrie ha scavato il sito nel 1904. Intorno al 1975, il monumento ha subito uno scavo sotterraneo. È elencato come monumento storico con decreto del24 ottobre 1995.
Si tratta di un vicolo coperto, orientato ovest-nord-ovest / est-sud-est: si estende per 7,55  m di lunghezza con una larghezza variabile tra 1,10  m all'ingresso, 0,75  m al centro e 1,35  m al il fondo; l'altezza delle lastre è di 0,30  m all'ingresso e 1,30  m al capezzale. È delimitato da cinque ortostati sul lato sinistro (lunghezza da 1,10 a 1,40  m ), tre sul lato destro (lunghezza da 0,90 a 1,70  m ) e da una lastra al capezzale (lunghezza 1,15  m ). Solo uno delle tavole di copertura è ancora al suo posto, misura 2,50  m per 2,10  e poggia su due pilastri sul lato sud e uno sul lato nord. La passerella coperta è stata realizzata direttamente sul basamento roccioso che costituisce il terreno.
La lastra è stata bocciardata sulla sua faccia interna. È decorata con incisioni superficiali e incomplete dovute all'erosione della parte superiore della lastra. Le incisioni corrispondono a tre cerchi, uno dei quali è sormontato da sei linee parallele e un secondo da due linee dello stesso tipo, che potrebbero essere rappresentazioni del sole. Un disegno a forma di "U" (o ferro di cavallo) e un altro di forma arrotondata ma incompleta completano l'insieme. Questi motivi (cerchi solari e "ferri di cavallo") si trovano frequentemente nei monumenti megalitici europei.
Durante i suoi scavi, padre Labrie scoprì numerose ossa umane corrispondenti ad almeno otto individui (cinque uomini e tre donne), sei dei quali furono scoperti distesi a due a due. Il corredo funerario rinvenuto consisteva in un pendente cilindrico, due oggetti ossei indeterminati a forma di ancora, conchiglie ( cardium e pectunculus), frammenti di ceramica senza decorazione e due strumenti di selce levigata (un'ascia e un'ascia). La parte occidentale del dolmen conteneva anche due vasi gallo-romani. Alcuni degli oggetti scoperti da Labrie sono conservati al Museo d'Aquitania .

FRANCIA - Grotta Chauvet

 

La grotta Chauvet, pronuncia francese: [ʃoˈ.ve], pronuncia occitana: [tʃawˈvɛt]; è uno dei più noti e importanti siti preistorici europei, ricco di testimonianze, simboliche ed estetiche, del Paleolitico superiore (Aurignaziano). La grotta Chauvet, che prende il nome dal suo scopritore, si trova presso la colline delle Cirque d'estre Vallon-Pont-d'Arc nell'Ardèche (regione Rhône-Alpes). La sua scoperta risale al 18 dicembre 1994 a opera dello speleologo e fotografo Jean-Marie Chauvet, accompagnato da due amici, Éliette Brunel e Christian Hillaire. Chauvet aveva sistematicamente esplorato la zona alla ricerca di grotte archeologiche, ritenendo, a ragione, che l'area potesse dare un importante ritrovamento. E infatti, dopo aver scoperto ed esplorato più di venti grotte con pitture, graffiti e reperti, ha trovato la magnifica grotta che ora porta il suo nome.
La grotta corre per oltre 500 metri all'interno della montagna, e fu scavata nei millenni dal fiume Ardèche. Di grandissima bellezza, ha lunghe pareti traslucide di cristalli e cupole iridescenti. Viene resa famosa dalla scoperta, nel 1994, di numerose pitture parietali risalenti all'uomo di Cro-Magnon, del Paleolitico superiore. Il nostro antenato abitava all'epoca questa zona che offriva un paesaggio simile alla tundra, ed era desolata e fredda.
La grotta presenta pitture e incisioni di diversi animali quali bisonti, mammut rossi, gufi, rinoceronti, leoni, orsi, uri, cervi, cavalli, iene, renne, lupi (pochi) ed enormi felini scuri (forse leopardi). Soli o ritratti in branco, nei colori resi disponibili dagli elementi naturali, gli animali ritratti assommano ad oltre 500 opere databili dai 32.000 ai 36.000 anni fa, nel Paleolitico superiore. Possiamo ipotizzare che questo luogo fosse un importante centro di culto dell'epoca.
Le figure hanno un dinamismo potente e la mancanza di definizione (molte sono abbozzate, ma non terminate) contribuisce a dare all'insieme un carattere magico e quasi ipnotico. Gli animali paiono uscire dalla roccia stessa o rientrarvi a seconda della prospettiva e dei giochi di luce. Questo tipo di organizzazione estetica è comune a tutta l'arte visiva del Paleolitico. Nella grotta troviamo anche ossa di vari animali (non ossa umane), teschi di Ursus spelaeus e una roccia che per risalto e forma può sembrare quasi un altare primitivo, su cui tra l'altro è appoggiato un teschio di orso, quasi fosse stato offerto o utilizzato per qualche rito.
Se si accetta questa teoria, la sala più interna della grotta Chauvet (la Sala del Fondo), avrebbe potuto rappresentare il fulcro del viaggio iniziatico. Qui infatti scende un pendente che si innalza a 1,20 m dal suolo, e da questo uno strano essere ibrido e antropomorfo guarda la parete dinnanzi. Ha corna frontali che gli danno il vago aspetto di un bisonte e occhi tondi come se fossero di un insetto. Alcuni lo hanno chiamato lo Stregone della grotta.
Il pendente ha una chiarissima forma fallica e si pone davanti ad una cavità dall'evidente forma vaginale. Le forme del pendente, incompiute e difficili da analizzare, paiono tracciare le linee opulente di un corpo femminile, molto simili alle statuette a tutto tondo reperite in numerosi luoghi in Europa.
Questa suggestiva fusione di forme maschili e femminili, animalesche e umane, aiutata dalle caratteristiche proprie della "sala" stessa deve averle dato una valenza particolare. Una terza figura unisce la donna all'essere ibrido ed è una chiara figura leonina, che ancora rimanda al cerchio morte-vita-rigenerazione che emerge chiaramente in tutte le testimonianze di questo nostro passato ancestrale. La figura del leone diverrà una figura mitica ed allegorica sin nei bestiari medioevali, restando associata ai suoi significati originari. Il leone viene ad impersonare la figura di un Dio arbitro di morte e portatore di vita, ma soprattutto di una rinascita totale che è fuori dalle possibilità dell'uomo.
Questa ipotesi suggestiva si basa sull'analisi comparata di forme religiose arcaiche sopravvissute sino ad oggi o documentate (a partire da Frazer, ne Il ramo d'oro e poi in molti altri studi) più che su fatti archeologici, ritrovamenti o prove. La realtà è che non sappiamo nulla di una cultura che, definita appunto "pre-istorica", non ha lasciato molto di sé, e dobbiamo tenerci lontani dal confondere le ipotesi (spesso ispirate da contaminazioni vagamente new age) dai fatti.
Quello che emerge dai "fatti" è solo che le impronte rosse delle mani su diverse pareti della grotta sono state eseguite da uno stesso individuo (riconoscibile perché c'è traccia di un suo lieve difetto fisico: il quinto dito della mano destra presenta la falangina lievemente piegata verso l'interno), che molte pitture hanno al di sotto tracce di immagini precedenti anche di 5000 anni, che non vi sono resti umani, che la grotta una volta era meno profonda e disagevole (si è poi sigillata a causa di una frana), che vi venivano adoperate torce in legno, che era frequentata da orsi non si sa se contemporaneamente alla frequentazione umana, che le pitture paiono così fresche perché ricoperte di calcite, che chi l'ha frequentata circa 30000 anni fa non ha visto molte concrezioni e stalattiti che vediamo oggi in quanto non ancora formate (fonte: Cave of Forgotten Dreams di Werner Herzog).
La grotta è ricca di evoluzioni nella tecnologia della lavorazione della pietra, dei materiali scolpibili (steatite, avorio) e nella produzione di nuove armi e tecniche di raccolta.
È caratterizzata da un'arte volta alla scultura e all'incisione di figure femminili, solitamente in pietra o avorio, di gioielli e soprattutto di ornamenti, simbolo di appartenenza ad un credo e ad un gruppo sociale. Questi sono usualmente fatti di conchiglie, denti di animali e steatite. I reperti di questo periodo sono altamente figurativi e spesso complessi, grazie ad una struttura sociale che, supponiamo, era in grado di comunicare, tramandare e trasporre visivamente concetti simbolici articolati che caratterizzeranno l'opera umana in tutti i periodi a venire.
I materiali usati in queste lontane forme d'arte sono moltissimi e scelti con cura, come con cura erano lavorati. Ulteriori reperti ci dicono chiaramente che la musica faceva già parte dell'espressività di quei popoli.
Nell'aprile 2015 è stata aperta al pubblico la replica della grotta Chauvet-Pont d'Arc, che permetterà a tutti di ammirare, tramite una perfetta riproduzione, la grotta e le sue manifestazioni d'arte parietale. È il più grande duplicato di grotta paleolitica mai realizzato al mondo, dieci volte più grande del facsimile di Lascaux. Tutti gli elementi geologici ed artistici, quali stalagmiti, stalattiti, formazioni rocciose, pitture e incisioni rupestri, sono stati riprodotti in scala 1:1 in un ambiente sotterraneo identico all'originale. I sensi dei visitatori vengono stimolati dalle stesse sensazioni visive ed acustiche, riprodotte con estrema cura.

FRANCIA - Grotta Cosquer

 

La grotta Cosquer è una delle più interessanti grotte sommerse al mondo, grazie alla presenza di graffiti preistorici i più antichi dei quali risalgono a circa 27.000 anni fa. Prende il nome da Henri Cosquer, un sub francese che la scoprì nel 1991. L'ingresso è situato nel mar Mediterraneo a 37 m di profondità, pochi km ad est di Marsiglia. Henri Cosquer, sommozzatore professionista, scoprì casualmente la grotta nel 1985, mentre si trovava in immersione a 37 m di profondità nella baia di Triperie nei pressi di cap Morgiou, vicino alla cittadina di Cassis. Pensando di trovarsi davanti ad una grotta interessante, vi entrò, percorrendo un buio corridoio sottomarino lungo 175 m circa sfociante in una ampia sala solo parzialmente allagata, di circa 50 m di diametro e presentante numerose stalattiti. Fu solo poco tempo dopo, sviluppando le foto scattatevi, che Cosquer s'accorse dell'impronta di una mano con sole tre dita impressa su una parete.
Il sub tornò quindi nella grotta, stavolta in compagnia di alcuni amici, e la scoperta si rivelò sensazionale: più di cento figure, geometriche, di mani umane e di animali, erano dipinte sulle pareti e ricoperte da un sottile strato di calcite. Vennero contattati quindi gli esperti, e nel 1991 il paleontologo Jean Courtin visitò la grotta e studiò i dipinti, che stimò databili a non meno di 20.000 anni prima: dunque, più antichi di quelli di Lascaux, risalenti a "solo" 13.000 anni or sono. Nel 1991 la scoperta venne resa nota.
La grotta venne subito, e a più riprese, visitata e studiata da vari esperti che però, a causa della "sensazionale" età delle pitture e alle non attendibili prove col carbonio 14 (i dipinti erano troppo antichi per poterne garantire l'età), pensavano si trattasse di clamorosi falsi, realizzati ad arte dallo stesso Cosquer ed amici per farsi pubblicità. Ma a favore della sincerità del sub francese giocava un ruolo fondamentale la calcite che copriva gli affreschi: questa si forma per sedimentazione, e tale processo può durare millenni, quindi è difficilmente falsificabile nel giro di poco tempo.
La conferma definitiva dell'autenticità delle pitture è arrivata solo nel 1998, quando un attentissimo studio dei materiali usati per la loro realizzazione ha riscontrato tracce di legno e pollini estinti nella zona dalla fine dell'ultima era glaciale. Dunque, la grotta Cosquer è databile ad un periodo compreso tra i 27.100 - 19.000 anni or sono: più antica, quindi, di Lascaux ed una delle più antiche in assoluto.
Le pitture della grotta, per stile e raffigurazioni, vanno divise in due periodi ben distinti di frequentazione dell'ambiente, entrambi siti nel Paleolitico superiore.
Il primo periodo è databile a 27.100 anni fa, quindi al pieno Gravettiano. Le figure ad esso risalenti sono per lo più impronte di mani, realizzate con la tecnica dello "stampino": la mano veniva appoggiata alla parete, e su di essa gli uomini preistorici soffiavano una polvere ocracea che ne lasciava l'ombra sulla roccia. Ciò che maggiormente colpisce, nella grotta Cosquer, è che la maggior parte delle mani si presentano prive di alcune, se non di tutte le dita; a tal proposito, sono state formulate le più svariate ipotesi, dalla mutilazione rituale ad un vero e proprio alfabeto in segni. Sono presenti, poi, numerose impronte impresse direttamente nella parete, oltre a ben visibili graffi e ditate disposti in maniera particolare, fino ad arrivare alle prime figure animali: alcuni cavalli e figure simili a cervi incise sulla parete, fino ad arrivare a quelle che, con pochi dubbi, sono rappresentazioni di un sesso femminile ed un sesso maschile, che confermerebbero la destinazione rituale delle incisioni.
Il secondo periodo di frequentazione è databile a 18-19.000 anni fa, quindi ascrivibile al Solutreano. Le figure ad esso inerenti sono molte di più, nonché assai diverse: tema preferito adesso è quello degli animali, e compaiono più di cento figure, tra stambecchi, cavalli, buoi, uri, bisonti, meduse ed altri ancora, oltre a particolari figure geometriche di difficile interpretazione. Ovviamente, le figure superstiti sono quelle che si trovano al di sopra del livello del mare: gli studiosi hanno calcolato che molte altre figure sono state, nel corso dei millenni, cancellate dall'acqua e dai minerali.
Il materiale usato per la realizzazione delle pitture consiste perlopiù in vari tipi d'ocra e carboni di legna misti. Il tipo di legna usato, dimostratosi rivelatore per la datazione della grotta, apparteneva a pino silvestre e pino nero, alberi estinti nella zona da almeno 10.000 anni; inoltre, nella legna sono stati ritrovati pollini appartenenti a betulle, albero tipico dei climi freddi, che conferma l'epoca glaciale. A tal proposito, sul pavimento della grotta sono stati trovati i resti di un focolare, ma nessuna traccia di ossa od oggetti di vita quotidiana. Ciò confermerebbe che la grotta non fosse usata come abitazione, ma come santuario, nel quale gli uomini preistorici si ritrovavano per incontrarsi e compiere riti magici particolari per propiziarsi la caccia.
Lo stile di questi animali (alcuni anche semplicemente incisi nella roccia) è splendidamente naturalistico nonché "moderno": lo studioso Jean Clottes ha notato che le figure sono tutte rappresentate di profilo, ma le orecchie e le zampe, accoppiate, sono raffigurate frontalmente per dare l'idea della tridimensionalità.
A causa della sua posizione al di sotto del livello del mare, la grotta è chiusa al pubblico. L'accesso è consentito solo agli studiosi ed il tunnel sottomarino è stato ostruito con dei massi. Recentemente è stato presentato un progetto per rendere accessibile la grotta da terra con l'ausilio di un ascensore sotterraneo, ma l'ipotesi è stata scartata per le conseguenze che potrebbero derivarne a causa della pressione.
Per poter usufruire e visitare questa grotta è stato creato a Marsiglia, il Cosquer Méditerranée, una struttura museale espositiva all'interno del quale è possibile visitare fisicamente la grotta ricostruita con anche riprodotti i vari graffiti preistorici.



FRANCIA - Font de Gaume

 

Font de Gaume è una grotta situata nella Valle della Vézère, nel dipartimento della Dordogna, nel Perigord Noire, scoperta casualmente il 12 settembre 1901 da Denis Peyrony, un insegnante di scuola di Les Eyzies, pochi giorni dopo la scoperta analoga della grotta di Combarelles (avvenuta il 05 settembre dello stesso anno).
Esplorata all'epoca da Henri Breuil e Louis Capitan, vennero riconosciuti:
«80 bisonti, 40 cavalli, 23 mammut, 17 renne e cervidi, 8 buoi primitivi, 4 caprini, 2 rinoceronti, uno o due felini, un lupo, un orso, un uomo, al quale dovremmo aggiungere 4 mani umane, 19 figure tectiformi, 5 o 6 segni vari, per un totale di 198 figure definite o più o meno identificabili, oltre a un numero rimanente di figure non identificabili»
Attualmente, di tutte queste figure ne sono state riconosciute 230, oltre a numerose altre coperte dalle concrezioni calcaree che si sono depositate sulle pareti della grotta.
Si ritiene che la grotta non sia mai stata abitata per lunghi periodi dall'uomo, mentre è considerato certo un suo significato religioso durante il periodo Magdaleniano.
La grotta si apre a una ventina di metri dal fondo di una piccola valle sovrastata da una falesia e si prolunga per circa 160 metri, con una larghezza media di 2-3 metri ed una altezza che può raggiungere 30 metri. Da questa si diramano tre gallerie, la più lunga delle quali (una cinquantina di metri) è chiamata diverticolo laterale.
Nella galleria principale si osservano numerosi bisonti policromi (purtroppo alcuni deturpati da firme apposte durante il secolo scorso). In molti casi questi bisonti sono stati pitturati sfruttando ad arte rigonfiamenti delle pareti (o delle piccole cavità per l'occhio) in modo da simulare un effetto tridimensionale.
È interessante notare che si distinguono agevolmente i maschi dei bisonti (con attributi sessuali) dalle femmine (senza alcun attributo) e inoltre sembra che solo le femmine siano state pitturate di colore rosso.
Oltre ai bisonti, nei pressi del diverticolo si osservano figure di renne e di cavalli.
Nella grotta sono state ritrovate consistenti quantità di pigmenti colorati, pietre con evidenti tracce di pigmenti macinati e bastoncini di legno sporchi di pigmenti, evidentemente usati per disegnare.

FRANCIA - Roche-aux-fées

 

La Roche-aux-fées è un monumento megalitico, una sala coperta della lunghezza di 19,5 metri, che si può osservare nel territorio del comune di Essé (Ille-et-Vilaine).
Il suo nome deriva da una leggenda che sostiene che le pietre che costituiscono il dolmen siano state collocate da alcune fate nella loro posizione attuale.
Un'altra credenza popolare vuole che i giovani sposi debbano fare un giro attorno al dolmen, uno da un lato e uno dall'altro, contando il numero delle pietre, e se entrambi ne contano lo stesso numero la loro unione sarà duratura.


Si tratta di un dolmen a corridoio di tipo angioino. Il dolmen comprende una camera principale preceduta da un'anticamera; la camera principale è essa stessa divisa in quattro parti da tre pietre trasversali poste sulla parete della camera sul lato sud. La forma della struttura si avvicina ad un parallelepipedo che misura 19,5  m di lunghezza, circa 4,70  m di larghezza e massimo 4,10  m di altezza. L'anticamera, lunga 3,5 metri, è leggermente più bassa rispetto alla camera da letto principale con la quale comunica tramite una porta composta da due lastre trasversali.
La maggior parte degli autori elenca da quaranta a quarantadue pietre, le più pesanti delle quali raggiungono le quaranta tonnellate. Lo schema a fianco illustra la disposizione di quarantuno pietre: nove pietre orizzontali (tavoli), di cui una molto più piccola delle altre, e trentadue pietre verticali (ortostati), di cui una inclinata e una più grande per il capezzale. Una pietra si staglia in disparte, circondata dalle radici di un albero. La tavola del portico d'ingresso è un architrave lungo 5,5 metri poggiante su due pilastri alti un metro. Apparentemente fu instabile fino al 1855.
Le pietre sono scisto viola del Cambriano , il cui affioramento più vicino si trova nella foresta di Theil , a circa 5 km 17,1 di distanza. Il peso dei sei tavoli di copertura più grandi è compreso tra 40 e 45 tonnellate ciascuno, il che costituisce una certa sfida logistica.


Sebbene nessuno scavo lo dimostri, la presenza di una "pietra" indica che in origine la struttura era probabilmente coperta da un cumulo di macerie o da un tumulo dolmenico come la maggior parte dei monumenti di questo tipo. Allo stesso modo, a causa delle ossa rinvenute in monumenti simili, si può supporre che Roche-aux-Fées avesse un ruolo funerario .
Un modello 3D di Roche-aux-Fées è stato creato dal progetto Heritage Together utilizzando la fotogrammetria 


FRANCIA - Allineamenti di Carnac

 

Gli allineamenti di Carnac sono tra i complessi megalitici più estesi al mondo. Comprendono circa 3.000 monoliti, eretti 6.000 anni fa, disseminati nella campagna bretone. Gli allineamenti più significativi sono quelli della zona di Kermario, Kerlescan e di Mènec. Il sito comprende, fra l'altro, il più grande menhir preistorico attualmente conosciuto, lungo 20 metri e pesante 300 tonnellate.
Nel corso dei secoli i monoliti hanno destato l'interesse degli studiosi e la curiosità degli abitanti a causa della loro natura tuttora misteriosa. A partire dal XVIII secolo gli eruditi iniziarono ad interessarsi ai megaliti. Il marchese Christophe Paul de Robien, presidente del Parlamento di Bretagna che conia in quest'occasione le definizioni di dolmen e menhir, fu il primo a teorizzare l'ipotesi che potessero essere stele funerarie degli antichi abitanti celti. Un'altra ipotesi, sostenuta dall'ingegnere capo del genio reale a Port-Louis, Royer de La Savaugère, è quella che gli allineamenti fossero vestigia di un campo militare di Cesare, il quale durante la guerra gallica presidiò il luogo per sconfiggere la tribù dei Veneti. Inoltre Savaugère realizzò una pianta nella quale si evidenziava la distanza regolare di circa 2 metri tra una fila di menhir e l'altra. Cercò inoltre di stimare il peso di più di 4000 monoliti, scrivendo: “ho trovato che la cubatura di certuni deve pesare più di 80 migliaia (cioè 80 tonnellate)”.
Nel XIX secolo vengono corretti, da parte di Jacques Boucher il concetto di preistoria datazione della comparsa dell'uomo, vivacizzando la discussione sui reperti antichi. Tra il 1864 e il 1872 gli inglesi W. C. Lukis e Sir H. Dryden realizzarono delle piante più precise degli allineamenti di Carnac, che sono ancor oggi conservate a Guernsey, Londra e Oxford. Nel 1873 venne affidata la prima missione di studi ufficiale a Henri du Cleuziou che realizzò numerosi disegni, viste panoramiche e sezioni trasversali di Carnac. I suoi lavori vennero pubblicati in uno dei primi libri di divulgazione sull'argomento: La Création du monde, all'interno del quale però lo spazio di visibilità del tema fu limitato. Vennero condotti ulteriori studi dal Comandante A. Devoir, in particolare sugli angoli delle orientazioni solari, evidenziando l'asse che lega l'osservatore nel solstizio d'estate al punto del sorgere del sole. Successivamente numerosi astronomi si interessarono agli allineamenti, fra cui il britannico Sir Norman Lockyer. Tra il 1877 e il 1878 lo scozzese James Miln, viaggiatore e appassionato d'archeologia, condusse degli scavi nella zona di Kermario. Miln, precursore della moderna archeologia, registrò sistematicamente ritrovamenti portati alla luce, annotazioni che pubblicò nel 1881. Il ritrovamento di cocci gallici e romani lo convinsero maggiormente dell'ipotesi del “campo romano”, tuttavia le sue ricerche lo portarono ad evidenziare una netta distinzione tra il livello risalente all'epoca romana e quello d'incastro dei menhir, molto più antico. Nel 1882, dopo la morte di Miln, a Carnac venne inaugurata una struttura per custodire e conservare gli innumerevoli oggetti e reperti portati alla luce da lui. Agli inizi del ‘900 il politecnico R. Kerviler applicò ai megaliti le primizie della metrologia.
Tra il 1900 e il 1926 vennero pubblicate più di 1200 raffigurazioni dettagliate dei megaliti, ragguagliando il mondo intero dell'esistenza di questo misterioso e affascinante complesso. Nel 1950 con l'introduzione di metodi di datazione come il carbonio 14 fu possibile risalire con sicurezza all'effettiva età degli allineamenti. È stato appurato che i primi monoliti della zona risalgono al 4000 avanti Cristo, ossia 2000 anni prima rispetto a quanto ipotizzato nella prima metà del ‘900. Nel 1982 John Michell pubblica Megalitomania in cui la maggior parte dei megaliti del sito vengono ricondotti ai Celti, specialmente per quanto riguarda la zona di Kermario.
I caratteri comuni dei grandi allineamenti presenti a Carnac portano a pensare che potrebbero essere stati luoghi dediti alla celebrazione di culti. Le file potrebbero rappresentare grandi viali che portano ai cerchi costruiti in posizioni sopraelevate, e quindi privilegiate, che racchiudono il complesso megalitico. La presenza di uno spazio religioso aperto (le file di menhir) insieme a quella di un luogo di culto chiuso (il cerchio) rappresenterebbe, quindi, la pianta dei più antichi templi conservatisi fino ai giorni nostri.
Il missionario esperto nella pratica non scientifica della radiestesia Rev. Père Bourdoux riporta in un suo libro che Louis Merle di Capdenac, anch'egli radiestesista, esercitandosi nei suoi studi, trovò che i dolmens e menhirs del Morbihan risultavano situati al vertice dell'angolo formato dall'incrocio delle fasce sotterranee di acque o di minerali ma sempre esternamente, seppur vicinissimi, ai loro cosiddetti campi di influenza. Il Merle compì, i suoi studi e le sue ricerche su più di 150 dolmens, menhirs e megaliti situati a Carnac e affermò che tutti quei monumenti si trovano nella stessa ubicazione rispetto alle falde sotterranee acquifere e metallifere. Ne concluse che coloro i quali così li collocarono, conoscessero il modo di rilevare l’andamento delle acque sotterranee ed avessero dei motivi per segnalare i campi o zone d’influenza delle stesse.
La figura a lato è una rappresentazione schematica della disposizione di tali megaliti (a,b,c,d) ai vertici degli angoli formati dai corsi d’acqua.
I menhirs inoltre si trovano, sempre secondo il Merle, tutti piantati all'incrocio di almeno tre influenze sotterranee, ma nei modi seguenti:
1) Allorché la terza influenza (o corso d’acqua, o filone minerale) taglia l’angolo formato dalle due altre, alla sua estremità, il menhir è perfettamente verticale.
2) Quando la terza influenza attraversa le due altre verso l’interno dell’angolo il blocco granitico è inclinato, all'indietro, quasi volesse allontanarsene.
3) Quando, invece, la terza influenza incrocia le altre al di là dell’angolo formato, il menhir è proteso in avanti come se volesse avvicinarsene.
Le facciate o pareti di queste pietre erano grezze, salvo un lato solo che era spianato e lisciato. Questo lato era sempre rivolto verso il vertice dell'angolo costituito dall'incrocio di due correnti sotterranee.
Queste costruzioni di pietra consistono in menhir allineati o disposti in cerchio, che si ergono in un paesaggio megalitico insieme a menhir isolati, tombe individuali (tumuli) e collettive (dolmen).


A ovest

Le Ménec. Situato a ovest di Carnac, è attualmente formato da 1.050 pietre allineate su una lunghezza di 950 metri.
Il villaggio di Le Ménec sorge all'interno del cerchio formato da 71 massi che si ergono uno a fianco all'altro. Tale complesso, di forma ovale, è spostato verso sud rispetto alle undici file di menhir che vi confluiscono. Uno di questi massi, il Gigante di Le Ménec, alto 3,50 metri, è sicuramente più antico rispetto all'allineamento stesso.


Toul-Chignan è il prolungamento orientale del gruppo di Le Ménec e si interrompe in prossimità di un cerchio tuttora visibile su entrambi i lati.
Più a est, si possono scorgere alcuni monoliti isolati.


A est
Kermario è forse il sito di Carnac maggiormente frequentato, grazie alle dimensioni gigantesche dei suoi monoliti.
Tale fama ha però alimentato un fenomeno di erosione dovuto alla presenza umana, che ha portato alla chiusura dell'accesso al sito. A ovest è presente una curva della strada che si suppone fosse il luogo in cui sorgeva il cerchio megalitico che delimitava l'estremità dell'allineamento. Vi è inoltre un dolmen privo del cairn originario.
Il dolmen, un sepolcro collettivo, era un tipo di sepoltura molto utilizzato nel Neolitico.
Luogo di riposo per molti defunti, si presenta sotto forma di un cairn (non più presente) che ricopre l'architettura megalitica dei corridoi e della camera funeraria. Dopo aver attraversato la Petite Métairie, le file di menhir risalgono sul pianoro di Le Moulin de Kermaux per poi discendere di nuovo verso lo stagno di Kerloquet, scavato nel XIX secolo.
La località di Le Manio presenta file di menhir che scavalcano un tumulo funerario a loro antecedente e in cima al quale si erge un menhir alto ben 3,50 metri.
Nel 1922 gli scavi condotti in questo tumulo, hanno portato alla luce arredi molto importanti attualmente esposti al Museo della preistoria di Carnac.
Il quadrilatero di Le Manio, situato più a est, è stato restaurato all'inizio del XX secolo.
È formato da blocchi di granito locale alti un metro che si ergono uno accanto all'altro. Secondo le antiche descrizioni, la sua funzione era quella di delimitare un tumulo individuale.
Il Gigante di Le Manio, si erge più a sud, con i suoi sei metri circa di altezza è il monolito più alto del sito.


Kerlescan è formato da tredici file di menhir ancora in ottime condizioni.
Questi allineamenti convergono a ovest verso i resti di un cerchio quadrangolare chiuso, a nord, da un lungo tumulo sul quale si erge un alto menhir posto sull'estremità occidentale. Le depressioni artificiali presenti al centro fanno supporre saccheggi di questo tumulo. Infatti, essendo il contenuto di questo tipo di tomba molto pregiato, suscitava l'avidità degli “antiquari” del XVIII secolo e XIX secolo.
Le Petit Ménec, sorge nel comune di La Trinité sur-Mer e prolunga con i suoi allineamenti il sitodi Kerlescan.
La tradizione popolare lega i megaliti di Carnac a San Cornelio, papa nel III secolo d. C.: si narrava che il santo, inseguito dai soldati romani, fuggì verso il mare, ma non trovando navi con cui scappare, ormai in trappola si voltò e trasformò tutti i soldati pagani in pietra. La chiesa di Carnac, che gli fu dedicata nel 1639, come altre chiese nella zona di Morbihan, possiedono diverse raffigurazioni del santo e dei menhir.


FRANCIA - Grande menhir brisé di Locmariaquer

 


Il Grand Menhir Brisé ("Grande menhir spezzato"), conosciuto anche come Grand Menhir d'Er Grah (in bretone: Men-er-Hroëc'h, ovvero "Pietra della/e fata/") è il più grande menhir del mondo occidentale: risale all'incirca al 4500 a.C. e si trova nella cittadina francese di Locmariaquer, nel dipartimento del Morbihan (Bretagna meridionale), all'interno di un complesso megalitico che comprende anche il Tumulo di Er Grah e il dolmen noto come Table des Marchands. È classificato come monumento storico (dal 1889).
Spezzato in quattro tronconi, raggiungeva in origine l'altezza di circa 20 metri ed un peso complessivo di circa 280-350 tonnellate. Faceva probabilmente parte di un allineamento che comprendeva 19 menhir che si estendeva per 55 metri di lunghezza.
Gli antichi Romani lo chiamavano "Colonna del Nord", in quanto indicava la strada verso il porto sul Golfo del Morbihan.
Non è chiara l'epoca in cui il menhir andò semi-distrutto. Pare tuttavia che il suo abbattimento risalga addirittura a poco dopo la sua costruzione, ovvero al Neolitico, forse intorno al 4200-4300 a.C.
Il menhir è intagliato in un tipo di granito estraneo alla zona attorno a Locmariaquer e forse proveniente dall'altro lato della costa che si affaccia sul Golfo del Morbihan.
Secondo il Prof. Alexander Thom, il sito su cui si trovava in origine il menhir doveva servire come una sorta di calendario lunare.
Essendo - come detto - costituito di un tipo di granito estraneo alla zona, il gigantesco blocco di pietra fu trasportato per diversi chilometri con una tecnica sconosciuta. Fu quindi eretto probabilmente dopo aver eseguito le seguenti operazioni: la costruzione di una rampa a terra, il ribaltamento in una buca grazie all'utilizzo di leve e "capre" in legno e la puntellatura con delle pietre.Venne infine levigato per mezzo di alcuni percussori in quarzo.

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FRANCIA - Menhir di Peyrefitte

 
Il menhir di Peyrefitte (chiamato anche Pierrefitte o Pierre Fitte ) è un menhir situato a Saint-Sulpice-de-Faleyrens nel dipartimento francese della Gironda .
Il menhir è noto da molto tempo. È menzionato in una sentenza di Edoardo I pronunciata per la prima volta contro J. Grailly datata 27 maggio 1289. È designato come Petra-fixed , un nome trovato nel 1290 in un testo legale che pone limiti alla giurisdizione dei sindaci e delle giurie di Saint -Émilion .
Questo monumento è stato classificato come monumento storico dal 1889 . Le pratiche culturali legate a questo monumento sono incluse nell'inventario del patrimonio culturale immateriale della Francia .
Le sue dimensioni sono imponenti (5,20  m di altezza per 3  m di larghezza e 1,50  m di spessore). Il peso del megalite è stimato in 50 tonnellate, tenendo conto della parte interrata. È il menhir più imponente del sud-ovest della Francia.
Il menhir è costituito da un blocco monolitico di sezione quadrangolare e leggermente inclinato scolpito in una pietra calcarea con asterie. Probabilmente è stato estratto da affioramenti di questo tipo di roccia, situati a circa 2,5  km dal sito di Saint-Émilion.
Presenta una costrizione nella sua parte inferiore, che può essere il risultato di chi l'ha eretta o di un lavoro più recente dei cavatori. Su una delle sue facce, a 0,70  m sopra il terreno attuale, è presente una "buca per le offerte" circolare scavata nel Medioevo .
Come per tutti i menhir, in assenza di materiale litico o ceramiche trovate nelle vicinanze, la datazione è difficile. Il menhir è probabilmente contemporaneo ai numerosi vicoli coperti visibili nella regione che tradizionalmente datiamo al tardo neolitico (-3.500 / -2.800 a.C.).
Nel xix °  secolo , una tomba merovingia è stato scoperto nelle vicinanze conteneva ossa e due chiavi di ferro.
Secondo la tradizione popolare, il menhir sarebbe stato abbandonato in loco dalla Beata Vergine recatasi presso l' Abbazia di La Sauve-Majeure , la pietra originariamente destinata al completamento di uno dei due campanili. Un'altra tradizione è che il menhir segni la posizione di un vitello d'oro e l'ingresso a un passaggio sotterraneo. Nel 1806, lo storico JB Souffrain sostenne che sarebbe stato eretto dagli abitanti della regione intorno al 1451 per commemorare la partenza degli inglesi. Arriva addirittura a suggerire che il nome del megalite sia una deformazione di “Pierre de Fuite” (quello degli inglesi!).
Il megalite avrebbe il dono di curare i reumatismi, in particolare di quelli che zoppicano. Per diversi secoli, il menhir è stato un luogo di culto dove la gente veniva a pregare, ma la rivoluzione del 1789 ne pose fine. Ancora oggi la festa di San Giovanni (24 giugno) dà luogo a manifestazioni popolari. Il menhir è decorato per l'occasione. Il pubblico vi si reca in processione, tenendo in mano una candela accesa, fa due volte il giro del menhir ed esprime un desiderio. Infine, affida la sua candela alla corrente della vicina Dordogna. Alcuni scrivono il loro desiderio su un foglio di carta trasformato in una piccola barca e posto sull'acqua del fiume. I fuochi d'artificio rafforzano il significato solstiziale della festa.