lunedì 28 luglio 2025

FINLANDIA - Sammallahdenmäki


Sammallahdenmäki è un sito archeologico funerario dell'età del bronzo che si trova in Finlandia, nei pressi di Lappi. Nel 1999 è stato incluso nell'elenco dei patrimonio dell'umanità dell'UNESCO.
Il sito si trova su di una collina, lontano dalla strada che porta da Tampere a Rauma. In origine si trovava nei pressi della costa del Golfo di Botnia, ma in seguito al sollevamento terrestre subito nel corso dei secoli ora esso si trova a ben 15 chilometri dal mare. Si tratta di uno dei più importanti siti dell'età del bronzo di tutta la Scandinavia.
Il sito è composto da 36 tumuli funerari in granito, eretti fra il XV e il V secolo a.C. Quattro di questi tumuli furono scavati dall'archeologo Volter Högman nel 1891, tra cui quelli detti Kirkonlaattia ("pavimento della chiesa", un insolito tumulo rettangolare di 16 metri per 19, con un tetto piatto) e Huilun pitkä raunio ("il lungo tumulo di Huilu", circondato da un'antica cinta muraria in pietra).

FINLANDIA - Pitture rupestri di Astuvansalmi

 

Le pitture rupestri di Astuvansalmi (finnico: Astuvansalmen kalliomaalaukset ) si trovano a Ristiina,  Mikkeli, nel sud della Savo, in Finlandia, sulle rive del lago Yövesi, che fa parte del grande lago Saimaa . I dipinti si trovano da 7,7 a 11,8 metri sopra il livello dell'acqua del lago Saimaa . Il livello del lago era molto più alto al tempo in cui furono realizzate le pitture rupestri. Ci sono circa 70 dipinti nella zona. 
Le pitture rupestri furono trovate ufficialmente dall'archeologo finlandese Pekka Sarvas nel 1968, anche se la gente del posto le conosceva già da prima.
La roccia su cui si trovano i dipinti sembra una testa umana, forma particolarmente visibile durante l'inverno se vista dal ghiaccio del lago. La roccia è stata presumibilmente una sorta di luogo di culto o di cerimonia. Le immagini dell'alce nelle pitture rupestri finlandesi possono essere collegate al "cerimonialismo animale", secondo il quale la continuità delle specie
cacciate è garantita da un rituale in cui l'animale viene restituito al suo "proprietario". 
I dipinti più antichi furono realizzati intorno al 3000-2500 aC. Si trovano al livello più alto (circa 11 metri). Il livello dell'acqua è cambiato rapidamente (circa 2,5 metri) con la frana di Vuoksi . Successivamente il livello scese lentamente di 8 metri fino al livello attuale. Tutti i dipinti successivi sono stati realizzati da barche durante i diversi livelli storici dell'acqua.
Altri reperti archeologici sono stati rinvenuti nel sito, sul fondo del lago, tra cui piccole statuette d'ambra di antiche divinità ( Ukko e Akka ). Sono stati trovati
anche alcuni gioielli di animali, uno dei quali mostrava una testa di orso. I gioielli e le statuette si riferiscono ad alcune cerimonie religiose svolte nel sito.
Sono state trovate anche punte di freccia, datate al 2200–1800 aC e al 1300–500 aC.
Insediamenti dell'età della pietra risalenti al 3300–2800 aC circa sono stati trovati vicino ad Astuvansalmi a Heiniemi.
Le pitture rupestri di Astuvansalmi contengono le seguenti immagini: da 18 a 20 alci, circa altrettante figure umane, decine di mani e tracce di animali, da 8 a 9 barche, e figure geometriche e immagini che si pensa mostrino un pesce e un cane.
I dipinti potrebbero avere un collegamento con la tradizione sciamanica siberiana e nordeuropea , dove si pensava che il sole fosse un cervo o un alce che correva nel cielo. Anche i Lapponi (o Sami ) credevano che il sole fosse una renna solare cosmica in corsa. Le persone nei dipinti erano gli sciamani, che avevano un contatto con il mondo degli spiriti attraverso la trance con i loro tamburi e canti. Lo
sciamanesimo è la tradizione culturale più antica della Finlandia e del Nord. Era attivamente presente già nel Paleolitico .
L' alce è stata tradizionalmente una preda molto importante per le popolazioni del nord. L'alce ha anche significato il Centro dell'Universo. Alcuni dei diciotto alci di Astuvansalmi hanno dei puntini sul cuore. Tutti tranne uno guardano a ovest. Alcuni si muovono e altri stanno in piedi.
La barca era un importante mezzo di trasporto nelle regioni lacustri della Finlandia preistorica. Grandi barche di pelle e legno venivano già costruite prima che i Vichinghi iniziassero a costruire le loro grandi navi. Le barche erano abbastanza simili ai modelli degli indiani nordamericani.
Le figure umane sono sia sciamani che spiriti, legati alle cerimonie di caccia. Le figure umane potrebbero anche significare le persone che le hanno disegnate. Si pensa che la rara figura femminile che tiene un arco in mano mostri la mitica " Tellervo ", una dea della mitologia del Kalevala , che si ritiene sia la progenitrice della razza umana. Le donne solitamente non partecipavano mai alla caccia, per questo si ritiene che abbia una natura più divina.


DANIMARCA - Testa n. 597 di Copenaghen di Gneo Pompeo Magno


Nella scultorea a tutto tondo romana, esistono due ritratti di Gneo Pompeo Magno: una testa giovanile al Louvre, già a Venezia, e una testa in età matura alla Ny Carlsberg Glyptotek vicino a Copenaghen. Un altro ritratto simile a quest'ultimo, di qualità pressoché pari, si trova nella collezione Grimani al Museo archeologico nazionale di Venezia.
La testa del Louvre ritrae il generale romano in età giovanile, con un'espressione leggermente patetica e una caratteristica torsione del collo. L'espressione retoricamente patetica, il virtuosismo del modellato molto sfumato, lo rendono ascrivibile alla corrente internazionale del "barocco" ellenistico, dove le esigenze di veridicità delle fattezze del soggetto ritratto erano comunque secondarie al rispetto della tradizione secolare dei modelli antecedenti.
La testa n. 597 di Copenaghen venne rinvenuta nella tomba dei Licinii (famiglia discendente da Pompeo per adozione) e la fisionomia del personaggio è perfettamente confrontabile con i ritratti su monete. È alta 26 cm ed oggi è esposta priva del busto aggiunto in epoca moderna.
Si tratta di una copia dell'età di Tiberio o di Adriano di un originale databile al 60-50 a.C. Rispetto al ritratto precedente la costruzione plastica è più salda, con un punto focale all'attaccatura della capigliatura, dove le lunghe ciocche culminano nella ciocca "ribelle" al centro. Forse deriva dalla statua onoraria che doveva trovarsi nella curia di Pompeo, opera dello scultore Pasitele, ma non abbiamo possibilità di riscontri. In ogni caso l'autore doveva avere ben presente i modelli ellenistici, come il ritratto di Alessandro Magno di Lisippo, che ha un'acconciatura simile.
La rigidezza patrizia del ritratto romano repubblicano è qui mitigata da un plasticismo più ricco e da un'espressione più serena, con le fattezze del viso che sono trattate con morbidezza, la quale diventa però incisiva su alcuni tratti salienti, come gli occhi e il taglio della bocca.
Da un punto di vista stilistico si tratta di una mediazione, tipica del periodo tra il 70 e il 50 a.C., tra le forme del ritratto ellenistico e la durezza del ritratto repubblicano romano, senza però allontanarsi da un certo verismo e da una tecnica secca derivata dall'esperienza medio-italica. Nella successiva epoca di Augusto, alcuni elementi del ritratto di Pompeo verranno maggiormente sviluppati nella ritrattistica, fondendosi con l'attitudine fredda e limpida tipica degli scultori neoattici.
Esistono alcune statue colossali a tutto tondo di Pompeo raffigurato come un eroe mitologico (uno a Milano, uno a Roma), la cui fisionomia è convenzionalmente idealizzata.

DANIMARCA - Carro solare di Trundholm


Il carro solare di Trundholm (Solvognen in lingua danese) è un manufatto bronzeo risalente alla tarda Età del bronzo, realizzato col metodo della cera persa. È conservato nel Nationalmuseet di Copenaghen.
La scultura fu scoperta nel 1902 nella landa di Trundholm (Zelanda occidentale), situata nella costa nordoccidentale dell'isola della Selandia (Sjælland) in Danimarca, in una regione conosciuta come Odsherred (all'incirca a 55°55′N 11°37′E). È datata XV - XIV secolo a.C.
La statua raffigura un cavallo ed un grande disco, entrambi collocati in una struttura a forma di carro con ruote a raggi. Il cavallo è sostenuto da un tondino, posto sopra quattro ruote, collegato al disco, che è sostenuto da due ruote. Tutte le ruote presentano quattro raggi.
Il disco ha un diametro di circa 25 cm e presenta solo sul lato destro una patina dorata; il perché di ciò è stato interpretato come un'antica credenza diffusa presso le popolazioni nordiche. Esse ritenevano che il Sole venisse trasportato lungo il cielo da Est ad Ovest durante il giorno, presentando il suo lato luminoso alla Terra, mentre di notte avrebbe compiuto il viaggio in senso inverso, mostrando alla Terra il suo lato oscuro. 

DANIMARCA - Donna di Haraldskær

 
La Donna di Haraldskær è una mummia di palude risalente all'età del ferro, rinvenuta in una torbiera che ne aveva naturalmente preservati i resti. Fu ritrovata nello Jutland, in Danimarca, nel 1835: a scoprirla furono degli operai intenti allo scavo di torba sulla tenuta Haraldskær. Le controversie riguardanti l'età e l'identità di questo corpo ben conservato sono state risolte nel 1977, quando la datazione al radiocarbonio ha definitivamente collocato la sua morte intorno al 500 a.C. Questo ritrovamento archeologico costituisce una delle prime mummie di palude mai rinvenute, insieme alla mummia di Tollund e all'Uomo di Lindow.
Il corpo della donna di Haraldskær si è notevolmente conservato grazie all'ambiente anaerobico e ai tannini dell'ambiente di torbiera in cui fu ritrovata. Il reperto si presenta non solo con lo scheletro intatto (cosa molto rara nelle mummie di palude), ma anche con la pelle e gli organi interni in buone condizioni. Il corpo è ora conservato in una teca di vetro dentro il Museo Culturale a Vejle, Danimarca.
Dopo la scoperta del corpo, le prime teorie sulla sua identità vertevano attorno alla figura di Gunnhild di Norvegia, vissuta nel 1000 d.C. circa. La maggior parte dei corpi recuperati nelle torbiere sono vittime di un violento assassinio o sacrificio rituale; infatti, queste persone venivano sepolte nelle paludi e non in terra asciutta.
Nella Jómsvíkinga saga si racconta che la regina Gunhild fu assassinata e poi sepolta in una palude, dopo che la sua morte era stata ordinata dal re danese Araldo Denteazzurro. Convinto che il corpo appartenesse alla regina, Federico VI di Danimarca ordinò la creazione di un elaborato sarcofago scolpito per conservare i resti. Questo trattamento speciale spiega l'eccellente stato di conservazione del cadavere; non ebbe un trattamento simile la mummia di Tollund, scoperta successivamente, che per questo motivo non fu adeguatamente preservata: del ritrovamento originale della mummia di Tollund rimane oggi solo la testa, essendo andata persa la maggior parte del corpo,
Un giovane archeologo del XIX secolo, J.J.A. Worsaae, avrebbe sostenuto invece l'opposta teoria, facendo risalire la Donna di Haraldskær all'età del Ferro. La datazione al radiocarbonio, eseguita nel 1977, ha successivamente svelato che la donna morì all'incirca nel 500 a.C. circa, escludendo che potesse trattarsi della regina Gunhild.
Il corpo possiede ancora la pelle completamente intatta, così come gli organi interni e le articolazioni del corpo; a prima vista può sembrare una persona che sia deceduta da circa un anno. Secondo le varie stime fatte dagli studiosi, al momento della morte, il soggetto, doveva avere circa 50 anni. Il cadavere ha una ferita alla giunzione del ginocchio, dove qualche oggetto molto affilato è penetrato con una certa profondità. Non è chiaro se la donna fu vittima di un omicidio o se fu sacrificata durante qualche rito religioso.
Nel 2000 sono stati eseguiti dei test forensi sul contenuto dello stomaco, dai quali si è appurato che l'ultimo pasto effettuato dalla donna era a base di miglio e more. Inoltre si è appurato che sul collo c'erano dei segni come se una corda fosse stata stretta per tortura o strangolamento. Da tutto ciò si è dedotto che, molto probabilmente, si trattò di un'uccisione rituale, dal momento che nello Jutland non era utilizzata la sepoltura come pratica più diffusa per inumare i morti, bensì la cremazione.
Esiste solo un numero limitato di paludi vecchie di millenni dove sussistono le condizioni migliori per la corretta conservazione dei tessuti di mammiferi. La maggior parte di queste si trova nel nord Europa, nelle quali sono stati scoperti circa 700 corpi fino al 2006. Queste paludi si sono formate in zone prive di drenaggio dove si verifica un ricambio di acqua dolce limitato, ma sono anche caratterizzate da un ambiente quasi completamente anaerobico che, privo di ossigeno, impedisce ai microrganismi aerobici di attaccare e decomporre i tessuti. Inoltre l'ambiente è completamente saturo di acidi organici e aldeidi.
Queste torbiere acide hanno la capacità di conservare capelli, vestiti e oggetti in pelle. Un ottimo esempio di cuoio capelluto completamente preservato, insieme all'abbigliamento, è la Ragazza di Egtved risalente all'età del bronzo, recuperata sempre nello Jutland, Danimarca.
La maggior parte delle mummie di palude mostra segni di deterioramento posteriori alla loro scoperta. Infatti, quando tali campioni sono esposti alla normale atmosfera, senza speciali tecniche di conservazione, può iniziare rapidamente il processo di decomposizione. Il risultato è che molti esemplari sono andati effettivamente distrutti.
Geograficamente i principali luoghi in cui sono state scoperte mummie di palude sono Danimarca, Germania settentrionale, i Paesi Bassi (almeno 65), il Regno Unito e in Irlanda. Il più antico di questi reperti risale al'8000 a.C. circa, mentre la maggior parte dei campioni provengono dall'età del ferro all'epoca romana (circa 800 a.C. al 400 d.C.). Nello Jutland sono state avviate grandi campagne di scavo da quando si è scoperto che le torbiere anaerobiche possedevano questa capacità di conservazione.
Il primo riferimento letterario alla Donna di Haraldskær fu nel 1845 nel lavoro del drammaturgo danese Jens Christian Hostrup. Nell'opera drammatica La danza del passero e della gru, ritrae la regina Gunhild come un misterioso fantasma che si materializza davanti a un sarto e che reca con sé un misterioso anello. Il dono altera il modo in cui le persone percepiscono l'uomo e lo trasforma in una figura eroica. L'opera schernisce la borghesia del XIX secolo e critica l'ipotesi che il corpo ritrovato appartenga alla regina Gunhild.

DANIMARCA - Uomo di Tollund

 


L'uomo di Tollund è una mummia di palude particolarmente ben conservata grazie agli sfagni, muschi tipici delle torbiere che ne hanno arrestato la decomposizione, appartenente a un uomo vissuto all'incirca nel IV secolo a.C. in Scandinavia, durante l'età del ferro. Fu sepolto in una palude di torba nello Jutland in Danimarca. La mummia di Tollund è notevole per il fatto che il suo corpo, in particolare il volto, si è così ben conservato da sembrare morto solo di recente.
Il 6 maggio 1950, i fratelli Viggo ed Emil Højgaard, del piccolo villaggio di Tollund, erano andati a tagliare della torba per la loro stufa alla torbiera di Bjældskor Dale, 12 km ad ovest di Silkeborg in Danimarca. Mentre lavoravano notarono in uno strato di torba un volto che affiorava. I lineamenti erano così ben definiti che, supponendo di aver scoperto la vittima di un recente omicidio, denunciarono immediatamente il ritrovamento alla polizia di Silkeborg. La polizia si rese presto conto che il corpo, che si trovava sepolto a 2,5 metri di profondità nella torbiera, non apparteneva alla vittima di un crimine recente ma che doveva trattarsi di un ritrovamento archeologico. Si recò quindi sul posto insieme ad alcuni ricercatori del museo di Silkeborg che, resisi conto dell'importanza della scoperta, mandarono a chiamare l'archeologo P.V. Glob, esperto in mummie di palude. Glob stabilì che la datazione del corpo poteva collocarsi a circa 2000 anni prima e che l'uomo era stato probabilmente ucciso e gettato nella palude come sacrificio a divinità legate alla fertilità. L'ottimo stato di conservazione degli organi interni e della pelle permisero agli scienziati di eseguire studi accurati ed importanti.

L'uomo di Tollund era stato sepolto ad una distanza di 50 metri dalla terraferma ed il suo corpo era stato disposto in posizione fetale e seppellito sotto circa 2 metri di torba. Indossava un cappuccio di pelle tenuto saldamente fermo da una cinghia annodata sotto il mento ed intorno alla vita si trovava una cintura di pelle di bue. Ad eccezione di questo il corpo era completamente nudo. Solitamente i corpi dell'età del ferro rinvenuti nelle torbiere erano vestiti oppure i loro abiti erano stati posti accanto a loro. Non si sa perché l'uomo di Tollund non avesse degli abiti, anche se è possibile che questi si siano decomposti nel tempo se erano stati realizzati in fibre vegetali.
Intorno al collo della vittima vi era un capestro con il nodo scorsoio rivolto verso le spalle. I capelli erano stati tagliati molto corti, della lunghezza di un paio di centimetri e al momento del ritrovamento apparivano di colore rosso acceso dovuto all'effetto dell'acqua della torbiera: non è stato possibile accertare il loro colore originale. Sul mento è presente una barba di circa 1 millimetro di lunghezza, segno che l'uomo non si era rasato nelle ventiquattro ore precedenti alla morte.
Al momento della scoperta gli scienziati che esaminarono l'uomo di Tollund stimarono il momento della morte intorno a 2000 anni fa basandosi sui resti di cibo contenuti nello stomaco. Negli anni successivi il corpo fu sottoposto a numerosi esami, tra cui il test del carbonio-14, che hanno permesso di datare la morte tra il 300 e il 400 a.C. Esami ai raggi X hanno mostrato che la testa è integra e cuore, polmoni e fegato sono ben conservati. Gli sfagni, muschi presenti sul luogo del ritrovamento e tipici delle torbiere hanno la caratteristica di rendere acido il terreno; l'acidità del suolo, in associazione con la mancanza di ossigeno sotto la superficie, hanno reso possibile la conservazione dei tessuti molli. L'uomo era alto 161 centimetri e doveva avere un'età compresa tra i 30 e i 40 anni. Era sicuramente un uomo adulto in quanto i denti del giudizio erano già spuntati.
Fu probabilmente impiccato con la corda che è stata ritrovata serrata intorno al collo: anche se gli esami ai raggi X hanno rivelato che le vertebre cervicali non erano spezzate, gli scienziati sono certi che la causa della morte sia stata l'impiccagione. Il cappio ha lasciato infatti chiari segni sulla pelle sotto il mento e al lato del collo, anche se non vi era alcuna ferita evidente sulla parte posteriore del collo dove il nodo era posizionato al momento del ritrovamento. Inoltre la lingua era distesa, come spesso accade durante le impiccagioni.
Durante gli esami degli anni '50 lo stomaco e l'intestino furono rimossi dal corpo e furono prelevati campioni del suo contenuto. Gli scienziati hanno scoperto che l'ultimo pasto dell'uomo fu un porridge a base di verdure e sementi, sia coltivate come orzo e semi di lino sia selvatiche come Camelina sativa e corregiola. Complessivamente sono stati identificati circa 40 diversi semi. In base alla fase di digestione è stato dedotto che il pasto sia stato consumato tra le 12 e le 24 ore prima della morte. Nello stomaco non vi erano tracce di carne, di pesce né di frutta fresca, il che fa pensare che l'uomo sia morto durante l'inverno, quando la disponibilità di questi alimenti era più scarsa. La stagione invernale è anche compatibile con il fatto che temperature basse sono necessarie per la conservazione delle mummie di palude.
L'orzo presente nello stomaco presentava tracce di ergot, un fungo allucinogeno parassita delle graminacee ed in particolare della segale, e alcuni ricercatori hanno ipotizzato che potrebbe essere stato assunto volontariamente per alterare il proprio stato mentale prima di essere sacrificato. Nel 2002 la mummia di Tollund è stata sottoposta a nuovi esami, tra cui una tomografia computerizzata tramite la quale sono state estratte più di 16000 immagini. I nuovi test hanno confermato l'impiccagione come causa della morte e l'incredibile buona conservazione degli organi interni.
Il corpo è esposto al museo Silkeborg in Danimarca, anche se solo la testa è originale. Dal momento che le tecniche di conservazione del materiale organico non erano sufficientemente avanzate nei primi anni cinquanta del secolo scorso per consentire la conservazione dell'intero corpo, si scelse di preservare solo la testa, sostituendo l'acqua contenuta nelle cellule con cera d'api. Questo permise di preservare l'aspetto della testa, mentre il resto del corpo venne essiccato. Nel 1987 il Silkeborg Museum ha ricostruito il corpo basandosi sulle dimensioni dei resti dello scheletro e sulle fotografie scattate negli anni '50, in modo da ottenere una replica fedele di quella che era la sua posizione originale al momento della sepoltura.

DANIMARCA - Ragazza di Egtved

 


Ragazza di Egtved è il nome attribuito ai resti ben conservati di una giovane donna dell'età del bronzo nordica, vissuta all'incirca nel 1390-1370 a.C., la cui sepoltura è stata scoperta in Danimarca nel 1921, nei pressi di Egtved. La ragazza aveva circa 16-18 anni al momento della morte, era di costituzione magra, alta 160 centimetri, con corti capelli biondi e unghie ben curate. La sua tomba è stata datata al 1370 a.C. circa. È stata scoperta insieme ai resti cremati di un bambino in un tumulo largo circa 30 metri e alto 4. Della ragazza si sono preservati solo i capelli, il cervello, i denti, le unghie, e parte della pelle. Nel tumulo, scavato nel 1921, fu trovata una bara con un allineamento est-ovest. Fu trasportata sigillata al Museo nazionale danese a Copenaghen, dove furono scoperti i resti.
La ragazza era stata sepolta completamente vestita su una pelle di mucca. Indossava un corpetto sciolto, con maniche che raggiungevano il gomito. Aveva la vita nuda e indossava una gonna corta fatta di stringhe. Aveva braccialetti di bronzo e una cintura di lana con un grande disco decorato con spirali e una borchia. Ai suoi piedi furono rinvenuti i resti cremati di un bambino di età compresa fra i 5 e i 6 anni. Vicino alla sua testa c'era una piccola scatola di corteccia di betulla che conteneva un punteruolo, spille di bronzo e una retina per capelli.
Nella bara furono inoltre rinvenuti fiori di achillea, e un recipiente che aveva contenuto birra fatta con grano, miele, mirto di palude e mirtillo rosso. Il suo particolare vestito, che fece scalpore quando fu portato alla luce nel 1921, è l'esempio meglio conservato di uno stile diffuso nel Nord Europa durante l'età del bronzo. La buona conservazione dei resti della ragazza di Egtved è dovuta alle condizioni acide del suolo.
Analisi dello stronzio nei suoi capelli, unghie e denti indicano che probabilmente era nata e cresciuta nella Germania sud-occidentale, nei pressi della Foresta Nera, ed aveva viaggiato molto durante gli ultimi anni della sua vita.

DANIMARCA - Calderone di Gundestrup

 


Il calderone di Gundestrup è un manufatto celtico datato tradizionalmente al III secolo a.C., nella tarda Età del ferro, anche se la recente datazione al radiocarbonio di residui di cera sul calderone e del metallo di cui è costituito ne sposterebbe in avanti l’origine fino al III secolo d.C.. Fu ritrovato il 28 maggio 1891 in una torbiera dell'Himmerland, nello Jutland, nel nord della Danimarca. È costituito da un insieme di 13 pannelli d'argento - di cui 5 rettangolari interni, 7 quadrati esterni (è andato perduto un ottavo pannello) e uno circolare che costituisce il fondo – di 42 cm di altezza, un diametro di 69 cm e un peso di 9 chilogrammi. Conservato presso il Museo Nazionale Danese di Copenaghen, le raffigurazioni presenti nelle tredici placche lo rendono un importante e discusso oggetto protostorico.
Non è un prodotto locale e si pensa che sia stato portato in Danimarca, come trofeo e offerta rituale, forse dai Cimbri, i quali nel 101 a.C. subirono una sconfitta da parte dei Romani e una parte di loro ritornò nella terra d'origine a nord, nell'Himmerland, proprio la zona del ritrovamento del calderone; ma il luogo di fabbricazione viene ipotizzato – scartata ormai una precedente attribuzione alla Gallia centrale - prevalentemente nella regione del basso Danubio, corrispondente all'incirca all'attuale Bulgaria. Se infatti lo stile e la tecnica della lavorazione – altorilievo di argento parzialmente dorato - sono riconosciute come traci, i motivi delle rappresentazioni sono soprattutto celtici; la spiegazione di questa mescolanza di motivi può essere data dalla coesistenza, in quella regione, di tribù celtiche - gli Scordisci – e della Tracia – i Triballoi. I più recenti studi radiometrici, che sposterebbero la datazione possibile fino al III secolo d.C., complicano le cose perché indicherebbero la sopravvivenza di usanze antiche in ambito pienamente romano.
Il calderone era un oggetto di comune uso domestico presso i Celti, ma la decorazione preziosa del calderone di Gundestrup rivela il suo utilizzo rituale. Nella piastra del fondo è raffigurato un sacrificio mentre quelle del contorno interno sviluppano il mito della nascita di un dio e in quelle esterne i sacrifici che propiziano i raccolti e le nascite.
In un pannello è rappresentato il dio Cernunnos, dalle corna di cervo, signore degli animali e delle forze della natura, mentre con una mano tiene il serpente dalla testa di ariete, simbolo della fertilità e con l'altra offre in dono il torquis, un collare, ornamento tipico dei nobili Celti. Accanto al dio, a sinistra, ancora un cervo e un toro, gli animali sacrificali, alla sua destra è la lupa, mangiatrice d'uomini, e poi un uomo che cavalca un delfino e animali reali e fantastici, come grifoni alati, elefanti e felini, soggetti poco frequentati dall'arte celtica e diffusi invece nell'area del mar Nero.
In un'altra placca è rappresentato Taranis, il dio della ruota, che tiene in mano il suo simbolo ed ha al fianco un guerriero con un elmo munito di corna, identificato in modo incerto con l'eroe celta Cú Chulainn, e ancora animali fantastici.
In un altro pannello ancora è raffigurato un sacrificio umano al dio Teutates, nel quale la vittima viene annegata in una botte. Un'altra interpretazione vuole vedervi invece un rito religioso di altra natura, una specie di battesimo o la rinascita di guerrieri morti mediante l'immersione nel calderone «magico»: secondo le leggende celtiche, in un calderone si può ottenere la moltiplicazione dei raccolti, come nel calderone dell'abbondanza di Dagda, o si può ottenere una conoscenza universale gustandone il contenuto. Tali virtù sono del resto da avvicinare a quelle delle sorgenti benefiche e anche il Graal della leggenda di re Artù non è che la rappresentazione cristianizzata del calderone dell'abbondanza e della conoscenza. Questo oggetto è un recipiente cultuale che rappresenta quindi il substrato celtico della leggenda medievale del Graal nonché, con le sue scene, quello che Georges Dumézil ha definito "il festino dell'immortalità".
Gli artefici del calderone, sorprendentemente, evidenziano contatti culturali che si estendevano per 6000 chilometri, dai Balcani fino all'India settentrionale e quindi alcune divinità raffigurate si possono definire panculturali; questo fatto spiega la presenza della raffigurazione di una dea accompagnata da elefanti al bagno rituale (divinità indiana Lakshmi).
Le placchette sono state sagomate partendo da un foglio metallico, grazie a temprature, e quindi i rilievi sono stati decorati con vari strumenti, tra i quali i punzoni.

DANIMARCA - Aggersborg

 


Aggersborg è il più grande castello circolare vichingo e uno dei siti più grandi di tutta la Danimarca. Si trova nelle vicinanze di Aggersund, nel nord del Limfjorden. Il sito consiste in un bastione circolare circondato da un fossato. Quattro strade principali disposte a croce si intersecano al centro del monumento. Le strade passano sotto il bastione esterno, lasciando la struttura circolare intatta.
L'anello aveva un diametro interno di 240 metri. Il fossato si trova otto metri al di fuori del bastione, ed era profondo circa 1,3 metri. Si ritiene che il muro fosse alto circa quattro metri. Il bastione fu costruito con del suolo e rafforzato e rivestito con legno di quercia. Il bastione costituiva la base per un parapetto in legno. Strade più piccole univano le quattro sezioni principali della fortezza.
Il sito moderno è una ricostruzione realizzata negli anni novanta del secolo scorso.
La datazione della struttura si è dimostrata difficile, dal momento che il sito archeologico è stato anche il sito di un villaggio dell'età del ferro. Comunque si ritiene che la costruzione del castello risalga al 980 durante il regno di re Harold Bluetooth e/o Sweyn Musdee. Cinque dei sei castelli circolari storici in Danimarca sono stati datati a questa epoca. La struttura venne completata entro uno o due anni, e utilizzata solo per un breve periodo di tempo; tra i cinque e i venti anni. Gli archeologi hanno stimato che il fortilizio avrebbe contenuto una guarnigione di circa 5.000 uomini, ospitati in 48 case lunghe, tipiche vichinghe, posizionate a gruppi di 12 per ogni settore del cerchio; non sono stati rinvenuti resti delle abitazioni, ma sono stati rinvenuti indizi circa la posizione dei muri.
Le case avevano tetti e lati curvi, simile alla forma di una nave; lunghe 32,5 metri e 8,5 metri larghe. Esse erano suddivise in una lunga sala interna, di circa 19 metri di lunghezza, e in sale più piccole poste alla fine della struttura. Si stima che la costruzione di un'unica casa abbia richiesto 66 grandi querce, mentre per l'intero sito, abitazioni incluse, sono stati abbattuti ben 5.000 alberi.
Un gran numero di reperti archeologici sono stati scoperti nel sito, tra cui molti oggetti di lusso importati. Tra gli esempi figurano sfere di cristallo di montagna e pezzi di vasi di vetro. Un anello d'oro danneggiato è stato scoperto sul sito e, una replica è esposta nel museo di Aggersborg.
La posizione geografica del sito permette al castello sia di essere ben protetto, sia di avere un facile accesso via mare, in quanto, quando fu realizzato il fortilizio, furono create anche delle vie marine per agevolare il transito navale. Aggersborg fu anche strategicamente situato in uno dei tre antichi incroci delle Hærvejen (strade militari) presenti in tutto il Limfjorden. Gli altri due incroci restavano a nord di Farstrup e vicino Lindholm Høje, Ålborg.
Non esistono ancora dati conclusivi per sostenere se Aggersborg sia stata una roccaforte di controllo per le rotte commerciali o se la sua funzione primaria fu quella di una caserma da dove partivano le incursioni vichinghe in Inghilterra.


DANIMARCA - Lindholm Høje


Lindholm Høje (tradotto in Collina Lindholm) è il più importante sito di sepoltura vichinga ed ex insediamento situato a nord della città di Aalborg, in posizione dominante rispetto a questa. Il primo grande scavo di 700 tombe fu iniziato nel 1952, anche se precedenti scavi, come ad esempio quello del 1889, erano stati già condotti.
La parte meridionale di Lindholm Høje risale al 1000-1050 d.C., mentre la parte settentrionale è significativamente più antica, risalente al Settecento-1000 d.C.
L'insediamento si trova su un importante incrocio sul Limfjorden, un tratto di mare che divide l'odierno Jutland. Durante il periodo vichingo, era possibile passare solo da questo punto, l'altra alternativa era il più lungo e difficile percorso attraverso il fiordo Aggersund.
L'insediamento è stato abbandonato circa nel 1200, probabilmente a causa della sabbia che si accumulava dalla costa occidentale, conseguenza questa della ampia deforestazione che ha esposto i banchi di sabbia ai venti occidentali. Comunque, l'insabbiamento del sito ha contribuito alla sua conservazione attraverso i secoli. A causa della sua posizione, l'insediamento fu evidentemente un significativo centro di commercio e questo è ancora più corroborato dai manufatti che sono stati scoperti dagli archeologi.
La maggior parte delle sepolture scoperte sono delle cremazioni, anche se un certo numero di inumazioni sono state rinvenute; sembra che la scelta tra la cremazione o l'inumazione dipendesse dal periodo dell'anno. La maggior parte delle tombe sono contrassegnate con pietre posizionate nella tradizionale forma di una barca, indicando l'importanza che aveva per i vichinghi la navigazione; sia la loro forma e le dimensioni indicavano il rango delle persone sepolte.
Il sito è immenso e molto ricco di materiale. Esiste un museo nelle vicinanze, donato dalla Aalborg Portland A/S, società produttrice di cemento per commemorare il loro centenario, il museo aperto dal 1992.

(foto di Simon Wedege Petersen)