venerdì 18 luglio 2025

PALESTINA - Tall al-Ajjul

Tall al-Ajjul 
è un sito archeologico in Palestina, nella Striscia di Gaza, identificato spesso con la città hyksos di Sharuhen.
L'area archeologica si trova nel deserto del Negev, tra le città di Raphia e Gaza. I primi lavori di scavo furono effettuati da Flinders Petrie (tra il 1930 ed il 1934) che inizialmente si convinse di aver trovato il sito dell'antica Gaza. Identificata con Sharuhen, la principale piazzaforte dei sovrani hyksos in Palestina, fu anche la residenza di Khamudi, ultimo sovrano della XV dinastia egizia, dopo la caduta della capitale Avaris.

PALESTINA - Palazzo di Hishām

 

Il Palazzo di Hishām è un complesso residenziale invernale dei califfi omayyadi, risalente all'VIII secolo d.C., sito a circa cinque chilometri a nord della città di Gerico, del quale rimangono oggi solo alcune rovine.
Il palazzo fu eretto tra il 743 ed il 744 a cura di al-Walid II ibn Yazid II, nipote e successore del califfo Hisham ibn 'Abd al-Malik (691 – 743), che regnò dal 723 fino alla morte.
Esso fu eretto sul modello delle terme romane e fu decorato con mosaici e stucchi.
Il complesso comprende un palazzo, un cortile pavimentato, un ambiente per i bagni, una moschea, un cortile con fontana, un giardino di 60 ettari contenente piante, animali, mosaici e decorazioni di elevato livello.
Il palazzo stesso era un ampio edificio quadrato con un'entrata monumentale e stanze su due piani circostanti un lungo porticato.
Un sofisticato sistema di tubazioni sotterranee forniva acqua calda (una parte del sistema esiste ancora). La zona destinata ai bagni veniva utilizzata anche come sala per le udienze e per i banchetti. L'architettura della sala per I bagni e la Fontana contiene alcuni esempi delle tecniche tardo antiche e classiche di costruzione ignote in altri posti.
Scavi recenti hanno portato in luce laboratori e magazzini che confermano l'appartenenza del palazzo al periodo degli omayyadi.
Elemento caratteristico ed emblema del Palazzo è una finestra, probabilmente crollata a causa del terremoto, ricostruita e sorretta da un apposito muretto in mattoni. Si tratta di una finestra a forma rotonda: una corona circolare in laterizio nella quale è inscritta una rosetta esalobata con al centro un foro a sezione circolare: pare che sia stata questa finestra, la cui forma divenne nota in Europa grazie ai crociati, ad ispirare la forma dei rosoni che ornano le facciate di molte cattedrali gotiche europee.
Nell'angolo destro dei bagni c'è un piccolo locale riservato al principe. In esso stava un delizioso e misterioso pannello in mosaico. Il suo disegno è un grande albero sotto il quale si vede, sul lato destro, un leone attaccare un cervo mentre sul sinistro due cervi pascolano tranquillamente. L'interpretazione di questa raffigurazione non è univoca. Alcuni sostengono che probabilmente essa rappresenta il buono ed il cattivo governo, mentre altri lo spiegano sostenendo che il leone rappresenta il principe ed i cervi le donne del suo harem. Quest'ultima interpretazione si fonda sull'osservazione che i cervi paiono tranquilli e per nulla intimiditi dalla presenza del leone. Migliaia di frammenti sono immagazzinati nel Museo Rockfeller a Gerusalemme ma pochi hanno potuto studiarli.
Gli stucchi che mostrano dipinti di donne seminude sono unici nell'arte islamica e le decorazioni per tutto il palazzo che superano in sontuosità le equivalenti romane vengono considerate come la dimostrazione della natura poco religiosa degli Omayyadi.
Molti dettagli del palazzo sono ora noti agli storici grazie agli scavi ed alla ricostruzione della disposizione fatta da Robert Hamilton.
Il palazzo fu distrutto da un terremoto nel 747.


PALESTINA - Nicopolis


 
Nicopolis (o Nikopolis) è un sito archeologico della Palestina ed una delle possibili identificazioni della località di Emmaus citata nel Nuovo Testamento: nei pressi del sito sorgeva il villaggio arabo di `Amwâs (o `Imwâs), raso al suolo dagli israeliani durante la guerra dei sei giorni.
Nicopolis si trova a circa 30 km ad ovest di Gerusalemme proprio al limite tra le montagne della Giudea e la valle di Ayalon. Il sito archeologico si trova nelle vicinanze dell'abbazia trappista di Latrun.
Il nome “Emmaus” deriva probabilmente dalla parola Ebraica "Hammat" o "Hamta", che significa “sorgente calda” (Emmaus è chiamata con questo nome nel Midrash Zuta del Cantico dei Cantici 6,8 e nel Midrash Rabba di Lamentazioni 1,45). Questo nome fu ellenizzato probabilmente durante il II secolo a.C. e si trova nell’antica letteratura ebraica sotto forma di Ammaus, Ammaum, Emmaus, Emmaum, Maus, Amus, etc.
La posizione di Emmaus è indicata sulle carte geografiche romane. La Tavola di Peutinger situa Emmaus a circa 19 miglia (28 km) ad ovest di Gerusalemme, mentre la mappa di Tolomeo indica una distanza di 20 miglia (circa 29,5 km). Questo dato è confermato da antiche testimonianze, tra cui antichi manoscritti e traduzioni del Vangelo di Luca (p.e. Codex Sinaiticus) che indicano una distanza tra Emmaus e Gerusalemme di 160 stadi, così come fanno anche san Girolamo (Lettera 108), Eusebio di Cesarea ("Onomasticon"), il pellegrino anonimo di Bordeaux ed altri.
La posizione geografica di Emmaus è descritta nel Talmud di Gerusalemme, trattato Sheviit 9.2.
In virtù della sua posizione, Emmaus ha assunto un importante ruolo amministrativo, militare ed economico in alcune fasi della sua storia. Emmaus viene citata per la prima volta nel primo libro dei Maccabei, capitoli 3-4, nel contesto delle guerre di Giuda Maccabeo contro i Greci (II secolo a.C.).
Durante il periodo degli Asmonei, Emmaus divenne una località importante della valle di Ayalon e acquisì il ruolo di centro amministrativo regionale (centro della toparchia), (cfr. Giuseppe Flavio, Guerra giudaica 3,3,5). Giuseppe Flavio fa menzione di Emmaus molte volte nei suoi scritti: “Guerra giudaica 2,4,3; 2,20,4; 3,3,5; 4,8,1; 5,1,6”; “Antichità giudaiche 14,11,2; 14,15,7 ;17,10,7-9”. Egli parla della distruzione di Emmaus da parte dei Romani nell’anno 4 a.C. (Antichità giudaiche 17,10,7-9). Dopo la devastazione causata dai Romani, Emmaus divenne un piccolo paese, come viene detto nel brano seguente tratto dal Vangelo di Luca:
Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante (cento) sessanta stadi da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. … Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero.
Dopo la disfatta della rivolta di Bar-Kochba nella prima metà del II secolo d.C., a Emmaus si stabilirono i Romani e i Samaritani. Agli inizi del III secolo d.C., uno studioso e scrittore cristiano di origine Romana chiamato Giulio Africano visse e lavorò a Emmaus. Secondo gli storici Bizantini (Eusebio di Cesarea, S. Girolamo, Filippo di Side e altri), Giulio Africano guidò una delegazione di abitanti locali presso l’imperatore romano Eliogabalo ottenendo per Emmaus lo status di città (polis) e il nome di “Nicopolis”, che portò durante il tardo Periodo Romano e il Periodo Bizantino. Come scrisse Eusebio di Cesarea:
Emmaus, da dove proveniva Cleopa che è citato dall’evangelista Luca. Oggi è Nicopolis, una famosa città della Palestina. (“Onomasticon, scritto nel 290-325 d.C.).
Durante il Periodo Bizantino, Emmaus-Nicopolis divenne una grande città ed una sede vescovile. Sul luogo dell’apparizione del Cristo risorto fu costruita un enorme complesso ecclesiale, che servì da luogo di pellegrinaggio e le cui rovine esistono tuttora. All’arrivo dei conquistatori musulmani (VII secolo d.C.), Emmaus riprese il suo nome semitico, in arabo “Amwas” o “Imwas”, ma perse la sua importanza di centro regionale.
Durante il periodo delle Crociate, ad Emmaus riprese la presenza cristiana e fu ricostruita la chiesa bizantina. Però la memoria dell’apparizione di Gesù risorto a Emmaus iniziò ad essere celebrata anche in tre altri luoghi della Terra Santa: Ha-Motsa (circa 4 miglia/6 km a ovest di Gerusalemme), Qubeibe (circa 7 miglia / 12 km a nordovest di Gerusalemme) e Abu-Gosh (circa 7 miglia/12 km a ovest di Gerusalemme).
Il villaggio arabo di Amwas fu ancora una volta identificato con l’Emmaus biblico e la Nicolopis romano-bizantina da alcuni studiosi del XIX secolo, tra i quali Edward Robinson (1838-1852), M.V. Guérin (1868), Clermont-Ganneau (1874) e J.B. Guillermot (1880-1887). Inoltre, una santa locale di nome Maria di Gesù Crocifisso, monaca del Monastero carmelitano di Betlemme, ebbe nel 1878 un’apparizione, nella quale Gesù stesso indicò Amwas come la Emmaus del Vangelo. Grazie a questa rivelazione, il luogo santo di Emmaus fu acquistato dai musulmani da parte del monastero carmelitano, furono condotti scavi archeologici e riprese il flusso di pellegrini a Emmaus-Nicopolis. Il villaggio arabo di Amwas fu completamente distrutto nel 1967 durante la Guerra dei 6 Giorni.
Gli scavi archeologici a Emmaus iniziarono nel tardo XIX secolo e stanno continuando ancor oggi: Clermont-Ganneau (1874), J.-B. Guillemot (1883-1887), i Padri domenicani L.-H. Vincent & F.-M. Abel (1924-1930), Y. Hirschfeld (1975), M. Gichon (1978), M. Louhivuori, M. Piccirillo, V. Michel, K.-H. Fleckenstein (dal 1994). Durante gli scavi eseguiti sui terreni del “Canada Park” (“Ayalon”) furono scoperti dei resti delle fortificazioni di Emmaus risalenti al Periodo Asmoneo, così come dei bagni romani del III secolo d.C., delle caverne sepolcrali ebraiche del I secolo d.C., degli impianti idrici romano-bizantini, pressoi per l’olio e tombe. All’interno della proprietà del luogo santo di Emmaus furono fatti altri ritrovamenti, quali delle caverne sepolcrali ebraiche del I secolo d.C., una pressa per l’olio, delle tombe e numerosi oggetti del periodo romano-bizantino (monete, lampade ad olio, vasi e gioielli). Il muro posteriore di est, a tre absidi, della chiesa bizantina fu portato alla luce, insieme ad un battistero esterno e a mosaici policromi, così come i muri della chiesa dei crociati che furono costruiti appoggiati all’abside centrale bizantina (XII secolo). Nella zona di Emmaus sono state trovate diverse iscrizioni ebraiche, samaritane, greche e latine incise su pietra.
Emmaus-Nicopolis ha conservato il suo antico nome di “Emmaus” (Amwas) attraverso le età della storia. La tradizione cristiana di venerare questo luogo come la Emmaus dove il Cristo risorto è apparso è anch’essa sopravvissuta nel corso dei secoli.










PALESTINA - Tell es-Sultan



Tell es-Sultan è una collina artificiale, formata dalla sovrapposizione di numerosi strati abitativi, situata in prossimità della Gerico moderna. Il sito ha origine durante la fase del neolitico preceramico A e B.
Il 17 settembre 2023 il sito dell'Antica Gerico/Tell es-Sultan è stato iscritto nella Lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO dalla quarantacinquesima sessione del Comitato del patrimonio mondiale riunito a Riad.
Le prime costruzioni appartengono alla cultura natufiana: si tratta di strutture in pietra che sembrano risalire al X millennio a.C.
Nel neolitico pre-ceramico A (IX-VIII millennio a.C., più precisamente 8350-7370 a.C.), chiamato "cultura sultaniana", l'insediamento aveva un'area di quattro ettari ed era circondato da un muro in pietra, con una torre alta 8,5 metri. Le abitazioni erano di forma circolare e costruite in mattoni crudi. Venivano coltivate varietà domestiche di orzo e frumento. La dieta degli abitanti era integrata dalla caccia. Alla fine di questa fase Tell es-Sultan venne abbandonata, per essere poi ricolonizzata da popolazioni semi-nomadi nella fase successiva.
Nel neolitico preceramico B (VIII-VI millennio a.C., più precisamente intorno al 7220-5850 a.C., sebbene le datazioni del carbonio 14 sembrino indicare date leggermente più antiche), l'abitato venne ricostruito sulla superficie erosa degli strati superiori della fase precedente. Le case erano costruzioni rettangolari in mattoni crudi, su fondazioni in pietra. I mattoni erano sagomati a forma di pani e conservano profonde impronte di pollici, destinate a facilitarne il maneggiamento. Attorno ad un cortile centrale si articolavano diverse stanze, una delle quali era più grande e presentava suddivisioni interne, mentre le altre erano probabilmente utilizzate come magazzini. Le stanze erano pavimentate in argilla.
In un edificio, una nicchia ricavata nel muro può aver contenuto una sorta di colonna realizzata in pietra vulcanica scheggiata: questa sistemazione è stata interpretata come un possibile ambiente di culto.
I morti erano seppelliti sotto i pavimenti delle case abbandonate e sono presenti sepolture collettive. Gli scheletri non erano sempre completamente articolati e questo ha fatto pensare che il rito prevedesse un periodo di esposizione all'aperto del cadavere, prima della sepoltura. Sembra inoltre che sia stato praticato il culto dei morti: venivano conservati i crani (in un ripostiglio ne furono trovati sette insieme), sui quali erano ricostruite in argilla le fattezze del volto, con gli occhi in alcuni casi realizzati con l'inserimento di conchiglie. Un uso simile è documentato anche nei siti di Tell Ramad e di Beisamun.
Veniva coltivata una maggiore varietà di piante domestiche e forse era stata addomesticata la pecora.
Per l'industria litica, sono stati ritrovati strumenti realizzati con ossidiana di provenienza non ancora identificata, e stoviglie intagliate in calcare morbido. Erano presenti inoltre strumenti in osso. Venivano realizzate figure antropomorfe stilizzate in argilla, quasi a grandezza naturale e figurine in creta raffiguranti esseri umani o animali. Erano utilizzate a scopo ornamentale conchiglie e perline in malachite.
Nel tardo IV millennio a.C. l'insediamento fu occupato, nella fase nota come "Neolitico 2", da popolazioni legate culturalmente a quelle dei contemporanei siti nella Siria occidentale e sul corso medio dell'Eufrate. Le costruzioni erano ancora a pianta rettangolare, costruite in mattoni crudi e con pavimenti in argilla.
Il Bronzo Antico viene diviso in due fasi, Ia (3400-3200 a.C.) e Ib (3200-3000 a.C.). Questi due periodi sono definiti rispettivamente periodo pre-urbano e proto-urbano a causa delle profonde differenze riscontrate tra essi, a partire dagli scavi di John Garstang.
Il B.A. Ia ha come caratteristiche villaggi rurali aperti senza mura, un'architettura domestica curvilinea (capanne circolari) e una sepoltura disarticolata e secondaria (dopo un primo periodo di esposizione all'aperto del cadavere). A questo periodo appartiene il sacello 420, identificato da Garstang come luogo di culto a cui associò due teste di mazza e una paletta egittizzante. Nel B.A. Ib l'architettura domestica si evolse, le case assunsero una forma "rettangolare", si costruirono i primi muri di terrazzamento, ed avvenne il passaggio alle sepolture primarie.
Nel B.A. II (3000-2700 a.C.), che a sua volta si divide in B.A. IIa e B.A. IIb, avvenne il passaggio al periodo urbano. Si eressero le prime fortificazioni in muratura e l'agricoltura, divenuta fonte primaria di sussistenza, venne sistematicamente adottata fornendo così alla città una maggiore quantità di commercio e risorse, il che contribuì alla stratificazione delle classi sociali. Vi fu uno sviluppo nella architettura domestica, non più curvilinea. La fine del B.A. II si ebbe con un terremoto violentissimo, che devastò tutte le città della Palestina.
Il B.A. III (2700-2300 a.C.) si suddivide in B.A. IIIa e B.A. IIIb. In quest'epoca si giunse all'acme dell'urbanizzazione palestinese, che vide fiorire i commerci e le città sorte sulle vie carovaniere, come Gerico. La città si ingrandì e vennero erette delle torri che consentirono una migliore protezione dell'abitato. Fiorirono nuove tecniche ceramiche come le Kiberth Kerak Ware (che prendono il nome dal sito dove sono state ritrovate) o le Red Burnished Ware. La città fu infine distrutta da nemici sconosciuti, forse gli Egizi della VI dinastia.
Il B.A. IV (2300-2000 a.C.) si suddivide in B.A. IVa e B.A. IVb. Vi fu la riconversione della città in un villaggio rurale sorto sulle rovine della vecchia città, e l'adozione delle tombe dette "a pozzo" con sepoltura primaria.
Nel Bronzo Medio Gerico, con le altre città cananee, fu vassalla dell'impero egiziano. Nel XIII secolo a.C. dovrebbe situarsi la distruzione della città ad opera degli Ebrei, raccontata dalla Bibbia. Secondo la maggior parte degli archeologi, a quel tempo Gerico era abbandonata. Secondo altre interpretazioni esisteva ancora un insediamento fortificato, con un muro in mattoni crudi, rivestito esternamente in pietra. In scavi diversi sarebbero inoltre state rinvenute tracce di distruzione risalenti a questo periodo. In realtà, tuttavia, sembra che le tracce siano riferibili a circa quindici diversi episodi cronologicamente distinti.
Un insediamento più tardo, che copre il periodo ellenistico, romano e islamico occupò le elevazioni di Tulul Abu el-'Alayiq, 2 km ad ovest del moderno villaggio di er-Riha. Un villaggio moderno copre i resti di una città fortificata dai Maccabei utilizzata anche dagli Asmonei e dai re di Giudea (II secolo a.C.-I secolo d.C.), che vi costruirono palazzi di residenza e un sistema per l'approvvigionamento delle acque.
Ad ovest della città si trova il monastero greco-ortodosso di Jabal Qarantal ("della Tentazione" o "della Quarantena"). All'epoca bizantina risale la sinagoga di Naaran o ʿAyn Duq.
A circa 4 km a nord della Gerico antica sorge il Qaṣr Hishām ("palazzo di Hishām") o Khirbet al-Mafjar, una struttura palaziale omayyade costruita dal califfo di Damasco Hishām ibn ʿAbd al-Malik e dal suo nipote e successore al-Walīd II (724-743). Nel 749 un terremoto distrusse il palazzo appena costruito ed il resto dell'abitato.
Il 22 aprile 1176, quasi un anno dopo la sconfitta ai Corni di Hama, il mediocre esercito di Sayf al-Dīn Ghāzī II, nipote di Norandino, che governava Mossul, fu sbaragliato dalla forze ayyubidi di Saladino, che stava portando sotto il proprio controllo i domini zengidi della Siria settentrionale e della Jazira.



PALESTINA - Qumran

 

Qumran era una località del Vicino Oriente abitata da una comunità essena sulla riva occidentale del Mar Morto, vicino a Gerico. Attualmente è compresa nella Cisgiordania. Il sito fu costruito tra il 150 a.C. e il 130 a.C. e vide varie fasi di occupazione finché, nell'estate del 68, Tito, al comando della legione X Fretensis creata da Augusto, la distrusse.
Qumran è divenuta famosa in seguito alla scoperta nel 1947 dei cosiddetti Manoscritti del Mar Morto e dei resti di un monastero dove si ritiene vivesse una comunità di Esseni.

Ai piedi del Wadi Qumran esistono alcune antiche rovine che erano considerate resti di una fortificazione romana e che non erano state prese in considerazione dagli archeologi. Dopo la scoperta del Rotolo del Mar Morto di Isaia, avvenuta nel 1947, questo sito archeologico fu notevolmente rivalutato. Ben presto gli studiosi riconobbero che gli edifici erano appartenuti a una comunità religiosa ebraica. Si pensò subito che fossero stati i membri di questa comunità a nascondere i rotoli nelle grotte fra i vicini dirupi.
Scoperte successive, tuttavia, sembrarono mettere in dubbio questa ipotesi. Nelle prossimità del monastero, infatti, in una serie di grotte due pastori palestinesi di nome Muhammad ad-Dhib, soprannominato il "lupo" e Jum'a Khalil, soprannominato il "legno", rinvennero nel 1947 delle anfore antiche in cui erano custoditi degli ostraka e dei rotoli di papiro.
L'importanza storica principale di questo luogo è per la scoperta di papiri antichissimi racchiusi in anfore per preservarli dalla furia distruttrice dei Romani.
A Qumran sono inoltre stati ritrovati numerosi testi di tradizioni apocrife, ad esempio i libri di Enoch o il rotolo della guerra. Si ritiene che questi rotoli risalgano a un'epoca precedente all'abbandono del monastero, che avvenne presumibilmente nel 68, in occasione dell'inizio delle vicende belliche che portarono all'invasione romana (di Pompeo, a Gerusalemme nel 63 a.C.).
Dalla scoperta dei rotoli manoscritti, avvenuta nel periodo 1947-1956, un'intensa attività di scavi si è svolta nella zona, che diede luogo al ritrovamento di circa 900 rotoli, molti dei quali scritti su pergamena ed alcuni su papiro. Sono state rinvenute cisterne, usuali mezzi per il bagno rituale ebraico, e cimiteri, oltre a sale da pranzo o da assemblea e rovine di un piano superiore, ritenuto da alcuni uno scriptorium. Sono state rinvenute anche stoviglie in ceramica ed una torre.
Molti studiosi ritengono che si tratti della sede di una setta ebraica, probabilmente Esseni. Ma secondo Lawrence Schiffman, in base alle regole della comunità, la loro forte inclinazione al sacerdozio e l'eredità zadokita ed altri dettagli indicano una setta di orientamento sadduceo, sia che fosse distinta dai vari gruppi di Esseni o che fosse essa stessa uno di loro. Altri propongono interpretazioni diverse, alcune delle quali partono dalla presenza di un forte asmoneo, trasformato successivamente in una lussuosa residenza di una ricca famiglia o di un centro di lavorazioni, forse per produzione di ceramiche od altro.
Ad oriente del sito è stato scoperto un cimitero. Gran parte delle tombe contengono resti di maschi, ma anche di qualche femmina, ed alcune di esse potrebbero avere origine medievale. Solo una piccola parte delle tombe sono state scavate, poiché gli scavi archeologici nei cimiteri sono vietati dalle leggi ebraiche. Più di mille corpi sono sepolti nel cimitero di Qumran.
Una spiegazione è che quei corpi siano quelli di generazioni di appartenenti ad una setta, mentre un'altra è che si tratti di inumazioni avvenute in una località ove erano più facili da eseguirsi che nei terreni rocciosi circostanti.
I rotoli vennero rinvenuti in un gruppo di dodici caverne lungo l'insediamento, alcune delle quali accessibili solo attraversandolo. Alcuni studiosi hanno avanzato l'ipotesi che le caverne fossero sedi permanenti di biblioteche delle sette, a causa della presenza di resti di scaffalature, mentre altri credono che servissero come rifugio domestico per quelli che vivevano nei dintorni.
Molti dei testi ritrovati nelle caverne sembrano confermare ampiamente la fede e le pratiche religiose ebraiche oggi accettate, mentre altri parlerebbero di pratiche ed interpretazioni differenti, uniche o minoritarie. Alcuni studiosi credono che questi testi descrivano il credo degli abitanti di Qumran, che potevano essere Esseni o rifugiati politici per il sostegno fornito alle famiglie dei sacerdoti sadducei contro i sacerdoti/re asmoniani. Un'epistola pubblicata negli anni 1990 indica i motivi per la creazione di una comunità, alcuni dei quali paiono gli argomenti del Sadducei nel Talmud. Pare che gran parte dei rotoli siano stati nascosti nelle caverne durante i disordini della prima rivolta giudaica, sebbene alcuni potrebbero essere stati ivi riposte in precedenza.
Studi scientifici recenti hanno evidenziato che Qumran non era un luogo di eremitaggio maschile dedicato a sacerdozio e alla copiatura di testi sacri, sperduto nel deserto. Al contrario, esso era al centro di un dedalo di strade, ospitava un cimitero di oltre 1000 tombe tra le quali vi erano donne e bambini, era la sede di un avamposto militare e poi di un centro di produzione di vasi per uso sacerdotale, quindi di scambio commerciale e agricolo, anche con un certo lusso che non era compatibile con gli usi esseni. I manoscritti risultano compilati dalle mani di differenti copisti: l'ipotesi oggi più accreditata è che Qumran fosse abitata da famiglie sacerdotali ebraiche che aiutarono a mettere in salvo in fretta i manoscritti della biblioteca del Tempio di Gerusalemme, salvandoli dalla devastazione romana.
L'archeologo domenicano Jean-Baptiste Humbert fu il primo a recensire sistematicamente i reperti raccolti da Roland de Vaux, che lo nominò responsabile della catalogazione dei materiali e delle note. Fra i suoi volumi, tutti inediti al 2023, risultano di particolare interesse quelli relativi ai dati monetali che mostrano come Qumran fosse inserita nei traffici commerciali della regione.

ARABIA SAUDITA - Bir Hima


Bir Hima
 (in arabo بئر حما) è un sito di arte rupestre nella provincia di Najran, nel sud-ovest dell'Arabia Saudita, a circa 200 km a nord della città di Najrān. Antico sito del neolitico e del paleolitico, il complesso di Bir Hima copre il periodo di tempo compreso tra il 7000 e il 1000 a.C. Bir Hima contiene numerosi avvallamenti il cui tipo è simile dall'Arabia settentrionale allo Yemen.
È stato designato, come parte dell'area culturale di Ḥimā, quale sito del patrimonio dell'umanità dell'UNESCO nel luglio 2021.


L'antica storia dell'occupazione umana di questo habitat è attribuita alle sue risorse di selvaggina, acqua e terreno calcareo. L'arte rupestre dell'Arabia Saudita, che ha trovato apprezzamento negli ultimi anni, è considerata tra le più ricche al mondo insieme ad altri esempi rinvenuti in Australia, India e Sudafrica. L'area fu esplorata dalla spedizione Philby-Ryckmans-Lippen, del 1951, e pubblicata da E. Anati (1969-1972). È stato quindi notato che le immagini sulle rocce erano incise nella formazione di arenaria e datate 300-200 a.C. Il suo ricco patrimonio di incisioni rupestri ha attirato l'attenzione del Dipartimento delle Antichità dell'Arabia Saudita solo dopo il 1976, quando il sito di Jubba e altri sono stati indagati. Uno dei membri della spedizione che ha studiato questa forma d'arte ha trovato un sito a ovest degli antichi pozzi di Bir Hima dove ha registrato 250 immagini.

Bir Hima, che è un antico sito paleolitico e neolitico, si trova a nord di Najran ed è classificato come sito del Paleolitico inferiore o Olduvaiano. Oltre ai petroglifi, qui sono stati trovati anche strumenti di intaglio utilizzati per quest'opera d'arte, realizzati con materiali come quarzite, andesite e selce. Le immagini sembrano essere state incise con il bronzo. I petroglifi annotati, quando furono trovati inizialmente negli anni 1950, consistevano in pugnali e spade, archi con frecce con punte di freccia trasversali, spade a falce e bastoni da tiro. Queste raffigurazioni sono state interpretate come simboliche dell'animismo spirituale.

Bir Hima, come parte di Najran, è un tesoro di petroglifi, eclissato solo da quelli trovati nella regione di Jubba. Qui sono stati identificati 100 siti. Nell'area di Najran sono state registrate fino a 6.400 illustrazioni umane e animali, tra cui più di 1.800 cammelli e 1.300 raffigurazioni umane. In questo importante sito di arte rupestre, oltre alle raffigurazioni di umani, giraffe e altri animali, sono registrate anche le iscrizioni del VI secolo di Dhu Nuwas, un re himyarita che occupò Najran. Un certo numero di frammenti articolati di cammelli sono stati scavati nel sito 217-44. Mentre le sue incisioni sono probabilmente molto precedenti a quelle di Hunters Palette, il guerriero Bir Hima, armato di arco, è quasi identico agli uomini sulla Hunters Palette. Sono state trovate anche migliaia di iscrizioni, in varie scritture tra cui l'alfabeto al-musmad, aramaico-nabateo, sud-arabo, greco e islamico.

ARABIA SAUDITA - Mada'in Salih

 

Mada'in Salih chiamata anche al-Ḥijr ("luogo roccioso"), è un'antica città situata nell'Hijaz settentrionale (nell'attuale Arabia Saudita), a circa 22 km dalla città di al-ʿUlā
In tempi antichi la città era abitata da Thamudeni e Nabatei, ed era conosciuta con il nome di Hegra. Fu occupata da legionari romani durante l'espansione di Traiano nel Vicino Oriente, nel secondo secolo d.C.
Alcune delle iscrizioni rinvenute in questo luogo sono state datate al I millennio a.C. Tutti gli altri elementi architetturali risalgono invece al periodo dei Thamudeni e dei Nabatei, tra il II secolo a.C. ed il II secolo d.C.
«Tra il caldo e la foschia, in due ore di marcia sulla friabile piana sabbiosa raggiungemmo Medain Salih, secondo markaz o stazione di riposo sul percorso, a metà del lungo viaggio per la Mecca. L'arrivo della carovana fu accolto da molti colpi dei pezzi da campo, dopo di che smontammo al nostro accampamento di tende bianche, piantate un po' prima della qalaa» (Charles Montagu Doughty)
Recentemente sono state scoperte evidenze dell'occupazione romana ai tempi di Traiano e forse di Adriano: l'area montuosa di Hijaz nell'Arabia nordoccidentale probabilmente era parzialmente fertile e fece parte della provincia romana dell'Arabia Petrea con capitale Petra.
Nel 2008, l'UNESCO ha iscritto Madāʾin Ṣāliḥ tra i patrimoni dell'umanità, rendendolo il primo patrimonio riconosciuto dell'Arabia Saudita.
All'interno della società araba, Madāʾin Ṣāliḥ è considerata un luogo maledetto, a causa del fatto che viene citato nella sūra XV del Corano, intitolata al-Hijr.
Madāʾin Ṣāliḥ è oggi uno dei piccoli gioielli turistici sauditi. Viene considerata seconda solo alla famosa Petra (Giordania) per le sue rovine nabatee. Secondo il sito Nabatae.net "contiene 131 tombe dislocate lungo oltre 13,4 chilometri, che necessitano di molte ore per essere visitate tutte con una guida. La città possiede mura, torri, condotti d'acqua e cisterne".
Per poterla visitare è necessario un visto turistico, solitamente rilasciato a gruppi organizzati.

ARABIA SAUDITA - Isola di Tarout

 
L'Isola di Tarout  è un'isola del Golfo Persico appartenente alla provincia orientale dell'Arabia Saudita, collegata da due strade rialzate a Qatif. Si trova a 6 km dalla costa, ed è l'isola più lunga del Golfo Persico dopo l'isola di Qeshm, che si estende da Ra's Tannurah a nord di Qatif a ovest. L'isola ha una superficie di 70 chilometri quadrati e una popolazione (al 2010) di 77.757 abitanti. Contiene una serie di città e villaggi, tra cui la stessa Tārūt, Deyrah e Darīn. La storia di Tarout risale a prima del 5000 a.C. È considerata uno dei siti più antichi abitati dall'uomo, nonché una delle zone più antiche della penisola arabica.
Tarout era il cuore del regno di Dilmun e ha avuto un ruolo importante nella storia della regione dal 3000 a.C. L'insediamento umano in quest'area nel corso dei secoli è stato molto vasto e fino a tempi recenti ci sono state scoperte archeologiche.
L'isola ha avuto un ruolo significativo nell'attività commerciale in tutta la regione del Golfo Persico. Era un punto centrale per il commercio tra la Mesopotamia e lungo le zone costiere nell'est della penisola arabica. Le sue forti relazioni con molte delle aree urbanizzate lungo la regione erano ben note.
La pratica cristiana secondo la quale un matrimonio era valido solo se benedetto da un sacerdote fu per la prima volta incaricata da un sinodo di cristiani residenti nella regione tenuto a Darin nel 676 d.C. dal patriarca Giorgio I, vescovo capo della Chiesa d'Oriente, una delle due principali chiese della tradizione siriaca cristiana.
L'antico nome arabo del luogo era apparentemente 'Ishtarut. Nella Geografia greca di Tolomeo è chiamata Tharrō (θαρρώ); su una carta della Geografia di Tolomeo pubblicata in latino nel 1578 appare come Tharro. Ishtarut o Ashtaroot significa amore e dio della guerra, come credevano i Babilonesi, i Cananei e i Fenici.
Nel Medioevo l'isola era spesso chiamata Dairin o Daryn, per via di una delle sue città. Darīn è in realtà il nome del suo porto principale e ci sono stati anche tentativi più moderni di ribattezzarla Darīn. Nell'isola fu firmato il trattato di Darin nel 1915 tra Ibn Saud e il Regno Unito.
I ritrovamenti archeologici indicano che l'isola fu abitata sin dal 5000 a.C. e in seguito fu la dimora della civiltà di Dilmun, accadici, assiri e persiani. Successivamente venne occupata dall'Impero Persiano, l'Impero Islamico; fu colonizzata dai portoghesi e successivamente fece parte dell'Impero ottomano.
Le collezioni più importanti trovate a Tarout furono una statua d'oro puro che rappresentava la dea Ashtaroot. La statua venne trovata posta a terra in uno dei palmeti di Tarout.
Ci sono molte altre statue, vasi di rame e ceramica e armi tradizionali trovate a Tarout che sono esposte nel Museo di Riyadh. Contiene anche un forte portoghese che si trova ad Al Deyrah. Il castello portoghese era stato costruito sulle rovine di precedenti insediamenti tra i quali uno dei più antichi risalente a oltre 5.000 anni fa.
Il sito è costituito dalla Fortezza di Al-Sheikh Muhammad bin Abdul Wahhab Al Fehani, nonché dalla Fortezza di Abu Al-leaf, che si trova tra Tarout e Al Qatif, oltre alle tre moschee su la vecchia strada da Al Qatif.
Nel 1959 un uomo che puliva una strada scoprì delle rocce con iscrizioni sabee. I reperti più famosi trovati su Tārūt sono stati portati alla luce dagli archeologi danesi nel 1968 e in seguito frammenti di ceramica risalenti al 4.500 a.C. e altri del 3000 a.C. Quando il comune di Qatīf volle costruire una strada rialzata per Tārūt nel 1962, presero la sabbia dalla collina conosciuta come Tell Rafī'ah e trovarono manufatti dell'età della pietra, tra cui ceramiche e una statua. L'ultima scoperta è stata nel 1993 su Tell Rafi'ah.
Molti vasi sono stati trovati scolpiti nella steatite, in particolare da Tell Rafī'ah; i disegni sono molto artistici e includono rappresentazioni di gatti, uomini nudi e motivi legati al mare e alla pesca. La fonte della steatite era in realtà nella Persia sud-occidentale, ma l'industria dell'intaglio sembra essere stata locale.
Tra le statue antiche scoperte a Tārūt c'è quella di un uomo nudo fatto di pietra grigio scuro. È stato trovato negli anni '50 da un uomo che arava il suo campo. È quasi certamente di origine sumera, sebbene sia stato trovato a circa 1000 chilometri dalla città sumera più vicina. È un oggetto di altissima qualità, ma è stato quasi distrutto dai superstiziosi abitanti del villaggio, che pensavano avesse qualcosa a che fare con gli spiriti (jinn), che quindi lo tagliarono a metà e lo decapitarono. È stato restaurato e oggi si trova al Museo nazionale di Riyadh.
A Khārijīyah nel nord di Tārūt sono state trovate anche molte statuette di argilla.
Il castello di Tarout si trova nel centro dell'isola di Tarout, ai margini del villaggio di Al Deyrah. Il castello fu costruito nel periodo dal 1515 al 1521. Finora non si sa chi lo abbia costruito, anche se alcuni archeologi suggeriscono che sia stato costruito dai residenti di Qatif e Tarout per proteggerli dagli attacchi portoghesi, mentre alcuni ricercatori indicano che il castello fu costruito dai portoghesi per proteggersi dagli attacchi turchi, ma furono costretti a consegnarlo nel 1559 e si ritirarono dall'isola Tarout di all'isola di Awal, (oggi Bahrain).
Il castello è composto da 4 torri. Il suo cortile è un rettangolo con un profondo pozzo centrale che si ritiene fosse utilizzato per immagazzinare le provviste durante i periodi di blocco.




ARABIA SAUDITA - Al Naslaa


Al Naslaa è una formazione rocciosa naturale in pietra arenaria situata circa 50 chilometri a sud dell'oasi di Tayma in Arabia Saudita.
La roccia è alta oltre 6 metri e larga 9, ed è famosa per il fatto di essere divisa in due da un taglio verticale che sembra essere stato praticato con un laser. Ognuna delle due metà si trova su una sorta di piedistallo che la tiene sollevata dal terreno.
Sul lato sud della roccia sono presenti alcuni petroglifi, tra cui un uomo che tiene un cavallo per le briglie.
Sono state formulate diverse ipotesi sulla formazioni della precisa spaccatura. Secondo una teoria la roccia si troverebbe proprio in corrispondenza di una linea di faglia i cui due lati, spostandosi, hanno spaccato la roccia in corrispondenza di un suo giunto. Il vento e la sabbia avrebbero poi eroso il masso di arenaria, allargando la fessura fino a farle raggiungere l'aspetto odierno.
Secondo un'altra ipotesi il motivo all'origine della spaccatura sarebbero stati cicli di gelo e disgelo, con il congelamento dell'acqua che si era infiltrata in una fessura esistente. Anche in questo caso gli agenti atmosferici avrebbero poi ulteriormente eroso la roccia, allargando la fenditura.

ARABIA SAUDITA - Al-Fāw

 

Al-Fāw è il nome del sito dell'antica città di Qaryat al-Fāw del regno arabo dei Kinda all'incirca due millenni di anni or sono.
Essa costituiva allora una tappa lungo la Via dell'incenso tra l'antico Yemen e il resto della Penisola araba, sul bordo del grande deserto sabbioso del Rubʿ al-Khālī.
Il sito archeologico sorge nella provincia saudita di Riyāḍd, a una cinquantina di chilometri a sud del Wadi al-Dawasir.
La città era anche chiamata anticamente Qaryat al-Ḥamrāʾ (Qaryat "la rossa"), Dhū Kahl, Gerḥa, Dhāt al-Jinan, "la città del Paradiso".
Il 27 luglio 2024 il paesaggio culturale dell'area archeologica di al-Faw è stato inserito nella Lista dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO durante la quarantaseiesima sessione del comitato del patrimonio mondiale, diventando l'ottavo sito saudita del patrimonio dell'umanità.