domenica 22 giugno 2025

Sardegna - Museo archeologico nazionale "G. Asproni" di Nuoro

 


Il museo archeologico nazionale "G. Asproni" è un museo archeologico nel centro storico di Nuoro, nei pressi della Cattedrale di Santa Maria. Ha sede in un palazzo ottocentesco appartenuto a Giorgio Asproni, politico e intellettuale sardo del XIX secolo.
Dal dicembre 2014 il Ministero per i beni e le attività culturali lo gestisce tramite il Polo museale della Sardegna, nel dicembre 2019 divenuto Direzione regionale Musei.
L'esposizione comprende reperti provenienti dal territorio della provincia storica di Nuoro, pertinenti a un arco cronologico compreso tra il Paleolitico e il Medioevo. Il materiale più consistente è relativo all'età nuragica. L'allestimento ha un'impronta fortemente didattica, con riproduzioni di alcuni monumenti (per esempio Sa Sedda 'e sos Carros di Oliena), da cui provengono gli oggetti scavati. Attualmente l'esposizione si sviluppa al piano terra, mentre sono ancora in fase di allestimento i piani superiori.
La prima sala del museo espone reperti paleontologici relativi ad alcuni degli animali che popolavano la Sardegna nel Pleistocene. Tra questi, spiccano i resti di animali oggi non più presenti in Europa, come alcune specie di scimmie o di iene. La maggior parte dei rinvenimenti proviene dagli scavi del Monte Tuttavista di Orosei e da grotte del territorio di Oliena.
I materiali più antichi sono costituiti da pietre scheggiate del paleolitico. È poi presente una selezione di materiali soprattutto in ceramica relativi alle varie fasi della preistoria della Sardegna. All'età del bronzo antico si data lo scheletro di Sisaia, una donna che fu sepolta individualmente con un rituale differente rispetto a quello collettivo prevalente, il cui cranio presenta i segni di una trapanazione avvenuta probabilmente per motivi magico-religiosi a cui la donna era poi sopravvissuta, come mostrato dalla perfetta saldatura della rondella ossea rimossa e poi riposizionata.
La fase nuragica è quella a cui il museo archeologico di Nuoro dedica maggior spazio, esponendo alcuni dei reperti più importanti. Sul piano tematico, l'esposizione privilegia i materiali provenienti dai luoghi di culto caratterizzati dalla presenza rituale di acqua (templi a pozzo e fonti sacre). Tra le altre cose, si segnalano come punti di forza dell'esposizione una vasta collezione di bronzetti nuragici, la ricostruzione di parte del complesso di Sa Sedda 'e Sos Carros di Oliena, e alcuni dei conci decorati del nuraghe Nurdole di Orani.
All'età ellenistica è dedicato uno spazio ridotto, ma sono comunque presenti elementi di pregio, come frammenti di ceramica decorata proveniente dalla Grecia o dalla Puglia.
La romanizzazione del territorio è rappresentata da un campionario delle più diffuse forme e produzioni di ceramica e anfore di età romana, ma sono anche presenti epigrafi e un diploma militare, cioè un attestato di congedo di un soldato che aveva servito nell'esercito romano al tempo dell'imperatore Traiano.
Un'ultima vetrina presenta alcuni frammenti di ceramica medievale e postmedievale, provenienti dall'area del castello di Posada.


Sardegna - Museo Archeologico Nazionale "Antiquarium Turritano"

 


Il Museo Archeologico Nazionale "Antiquarium Turritano" è un museo archeologico di Porto Torres.
Inaugurato nel 1984, dal dicembre 2014 il Ministero per i beni e le attività culturali lo gestisce tramite il Polo museale della Sardegna, nel dicembre 2019 divenuto Direzione regionale Musei.Il percorso espositivo è articolato su due piani: al piano terra sono esposti principalmente materiali provenienti dalle necropoli messe in luce in area urbana, una sezione dedicata alla statuaria e una subacquea. Al piano superiore sono invece esposti i reperti provenienti dalle terme centrali, la sezione dei marmi e inoltre la collezione comunale, messa insieme dal signor Emilio Paglietti tra Ottocento e Novecento. Questa comprende reperti che coprono un arco cronologico molto vario, non tutti provenienti dal territorio di Porto Torres.

Sardegna - Civico Museo Archeologico di Ozieri

 
Il Civico Museo Archeologico "Alle Clarisse" di Ozieri è uno dei musei più importanti del Nord Sardegna. Dal 2003 è stato trasferito presso i locali dell’ex convento delle Clarisse. Nelle sue vetrine sono presenti i reperti più significativi ritrovati nel territorio comunale di Ozieri: materiali esposti sono datati a partire dalla preistoria all’età moderna. ((nella foto, Dea Madre, Neolitico medio 3500-4500 a.C., sala I)
Il Civico Museo Archeologico, inaugurato nel 1985 in un convento francescano del XVI secolo, si sposta nel 2003 nel settecentesco ex convento delle Recoletas de Santa Clara, appositamente restaurato e ristrutturato. Il convento, istituito ufficialmente nel 1753 per ospitare le Clarisse di Tempio, fu invece occupato dalle monache di Orosei, a causa dell'indigenza in cui versavano. A causa della legge Ratazzi, nel 1889 l’edificio fu requisito per ospitare i militari che vi insediarono la caserma Pietro Micca. Nel 1953 i militari lasciarono l’edificio e l’anno successivo una parte fu donata alla chiesa, mentre l’altra parte, rimasta in proprietà al Comune, fu utilizzata per attività scolastiche e sociali e divenne infine casa popolare. In seguito al finanziamento regionale ed europeo per il recupero di edifici monumentali fu possibile restaurare l’edificio, il quale, terminato nel 2002, divenne la nuova sede del Civico Museo Archeologico di Ozieri e per questo denominato “Alle Clarisse”. L’ingresso originario era situato in via Azuni ed introduceva a tre ambienti voltati, collegati fra loro e con un ampio corridoio anch’esso voltato.
I militari spostarono l’ingresso esattamente al lato opposto: rinforzarono le antiche mura spagnole trasformandole negli attuali bastioni e realizzarono un terrapieno che divenne la piazza d’armi, realizzarono una gradinata in granito che divenne l’ingresso principale della struttura e aggiunsero un piano superiore su una parte della struttura, che infatti si differenzia dall’altra parte perché coperto da una capriata di legno in stile piemontese.
Percorso espositivo

Esterno: Cortile – Nel cortile è sistemato un piccolo lapidario, che accoglie una stele centinata di tomba di giganti, i bacili nuragici e l’architrave della chiesa campestre di S. Luca.

Primo piano:

SALA I: La preistoria – Al Neolitico Medio (4.900 – 4.400 a.C.) si riferiscono ceramiche, una dea madre in osso, un anellone, dai siti Bariles, Baldosa e Bisarcio. IL Neolitico Recente Sardo (4.100 – 3.500 a.C.), caratterizzato principalmente dalla Cultura di San Michele o di Ozieri, è rappresentato da materiali provenienti soprattutto dalla grotta omonima e da quella contigua di Mara, che restituiscono un panorama delle fantasiose ceramiche del periodo appartenenti sia all’orizzonte del Neolitico Recente S. Ciriaco, che alla fase classica Ozieri del Neolitico finale, fra tutte la famosa Pisside, e dal primo Eneolitico Sub – Ozieri. (nella foto, Pisside della cultura di Ozieri, Neolitico recente sardo)

SALA II: La civiltà nuragica – Dedicata al territorio durante la civiltà Nuragica (1.850 – 238 a.C.), che abbraccia l’età del Bronzo e del Ferro, fino all’età romana. La presenza di giacimenti metalliferi e risorse agropastorali e il loro sfruttamento causarono una importante frequentazione del territorio testimoniata oggi da 123 nuraghi e altri monumenti dell’epoca. Le ceramiche, fra cui bracieri, bollitoi, askòs, pesi da telaio e fusaiole, gli utensili in pietra, come mortai, lisciatoi, macine e conci mammellari parlano di attività diversificate. Il lingotto egeo - cipriota di Bisarcio, e altri ritrovamenti costituiti da oggetti in metallo documentano l’importanza del territorio, inserito al centro di vie di comunicazione già nell’età preistorica. (nella foto, Lingotto egeo cipriota in rame, da Bisarcio)

SALA III: L’età fenicio - punica e romana – I ritrovamenti di età fenicio - punica nel territorio sono sporadici e costituiti da monete e pochi frammenti ceramici. I restanti reperti esposti nella sala provengono da stanziamenti e costruzioni di epoca romana, che segna una riduzione nel numero di abitanti, alcuni in continuità con i precedenti, altri di nuovo impianto ed estranei a modelli locali. Importanti documenti epigrafici sono la stele di Ferentius da Cuzi e due miliari, che insieme ai tre ponti sul Rio Mannu qualificano il territorio come luogo di transito importante e di collegamento fra Turris e Olbia nella direttrice che da Cagliari raggiungeva il porto sul Tirreno. Sono inoltre esposti materiali da stipe votiva, un busto di Sarda Ceres, balsamari, reperti vitrei, cinerari da necropoli, in particolare da Bisarcio, Punta ‘e Navole, Sa Mandra ‘e sa Jua e Ruinas. (nella foto, Olpe punica)

SALA IV: Sezione medioevale – L’epoca bizantina e altomedievale è illustrata dagli anelli a castone piramidale, fibbie, orecchini, fibule provenienti da Bisarcio nonché dagli orli e dalle pareti di grandi ziri provenienti da varie località, perché sopravvissuti fino al ‘600 e ‘700; sono esposti anche frammenti di maiolica arcaica pisana, lustri catalani, valenciani e altre ceramiche autoctone e provenienti dalla penisola. Trovano posto qui anche oggetti in osso e avorio di uso apotropaico. (nella foto, fibbie alto-medioevali)

Secondo piano:

SEZIONE NUMISMATICA: La collezione numismatica conta circa seimila monete confluite da numerosi ripostigli e ritrovamenti. La collezione, divisa in quattro sale, spazia dalle monete greche e puniche fino alle monete di epoca sabauda, a dimostrazione della continuità di frequentazione del territorio nei secoli. (nella foto, monete romane, bizantine e medievali)

SEZIONE ETNOGRAFICA: La sezione etnografica è costituita dal materiale proveniente da donazioni private (a sinistra, foto della sala donazioni). La collezione Bandini, è costituita da ritratti e oggetti personali del magistrato Pietro Cosseddu - Virdis e della nobildonna Annetta de Raimondi. La donazione Marinelli è anch'essa composta da ritratti e altri oggetti appartenuti al generale Giannino Baroncelli. La collezione Gallisay - Carta raccoglie spartiti, manoscritti autografi e stampe del musicista Priamo Gallisay. La collezione Manchia è invece costituita da abiti tradizioniali, databili ai primi anni del novecento.


Sardegna - Museo archeologico di Villa Sulcis, Carbonia

 


Il museo archeologico di Villa Sulcis è un museo archeologico facente parte del sistema museale di Carbonia. È situato dal 1988 all'interno di Villa Sulcis, che negli anni 1930 era la residenza del direttore delle miniere di Carbonia, ed è stato ampliato e rinnovato nel 2008.
I materiali esposti, provenienti da diverse località del Sulcis, sono datati a partire dal periodo preistorico sino all'epoca bizantina. Tra i reperti esposti nel museo si segnalano quelli del riparo sotto roccia preistorico (mesolitico e neolitico) di Su Carroppu di Sirri, delle necropoli a domus de janas di Monte Crobu, Cannas di Sotto e di Is Locci Santus, che hanno restituito importanti testimonianze della Sardegna prenuragica, e dell'area archeologica di Monte Sirai e dell'omonimo nuraghe.
Nel museo si trovano tre sale.
La Sala del Territorio riguarda l’intero comprensorio: da Su Carroppu di Sirri a Monte Crobu, da San Giovanni Suergiu a Su Fussu tundu di Santadi, dal Nuraghe Sirai al tempio di Bagoi a Narcao.
Qui è raccontata innanzitutto la preistoria e la protostoria: la nascita dell’agricoltura, dei villaggi, il culto delle divinità e le città dei morti nel Neolitico (6000-3300 a.C. ca.); i contatti con le culture europee, la lavorazione dei primi metalli nel periodo Eneolitico (3300-2200 a.C. ca.); le culture dell’Età del Bronzo (2200-900 a.C. ca.), con lo sviluppo della civiltà nuragica; i cambiamenti dell’Età del Ferro (900-510 a.C. ca.) e i contatti con i Greci, gli Etruschi e soprattutto con i Fenici.
Attraverso le vedute dell'antica Via Sulcitana si giunge alla Sala del Sulcis fenicio, illustrato dai materiali di Sulky-Sant’Antioco e del centro costiero di Bitia.
Nella Sala di Monte Sirai la vita del centro fenicio e punico è descritta attraverso i temi (il tempio e le divinità, l’architettura e le attività domestiche, le sepolture e i riti funerari), e gli spaccati della vita quotidiana. In particolare potrete addentrarvi nella città punica con la ricostruzione di una cucina, della tomba a camera n. 10 e del tofet. Seguendo poi il percorso circolare, sul lato sinistro, si giunge al paesaggio in età punica e romana: ritornando alla prima sala si ritrova il territorio in età romana (238 a.C. - 500 d.C. ca.), con i miliari della Via Sulcitana e le necropoli di Carbonia.

(nelle foto, dall'alto in basso:
- ricostruzione del Tophet
- tomba fenicia, coppa attica con amuleti
- vaghi di collana o di bracciale in paste vitree, oro e altri metalli)


Sardegna - Museo archeologico comunale Ferruccio Barreca, Sant'Antioco

 

Il Museo archeologico comunale Ferruccio Barreca è il museo archeologico di Sant'Antioco. È stato progettato nei primi anni settanta e la sua edificazione è stata completata nel 1975, con il contributo della Cassa del Mezzogiorno, divenuta in seguito Agenzia per il Mezzogiorno. Dopo circa vent'anni, con il passaggio della struttura alla Regione Autonoma della Sardegna e quindi al Comune di Sant'Antioco, hanno avuto inizio i lavori di allestimento tecnico. Il museo è stato inaugurato il 9 gennaio del 2006, ed è inserito nel percorso di visita dell'area archeologica di Sant'Antioco.
Nel museo sono esposti i reperti archeologici degli insediamenti nell'area di Sant'Antioco.
Risalgono al neolitico e alla civiltà nuragica gli oggetti venuti alla luce negli scavi in varie zone dell'isola.
Molti materiali testimoniano la cultura fenicia, che ebbe proprio a Sant'Antioco, nell'antica Sulki, il più antico insediamento in Sardegna. Sono esposti gli oggetti ritrovati nelle tombe del tofet: utensili, anfore, lucerne, gioielli, amuleti, maschere apotropaiche. Lo stesso tofet è ricostruito in un modello che illustra la disposizione delle stele e delle urne rinvenute negli scavi.
L'ultima sezione è dedicata alla civiltà romana, che si insediò nell'area dal III secolo a.C.; sono esposti corredi funebri e oggetti in uso nella vita quotidiana, come pentole e stoviglie.

(nelle foto, dall'alto in basso:
- ricostruzione stratigrafica del Tophet
- maschera di Sileno)


Sardegna - Museo archeologico nazionale di Cagliari


Il Museo archeologico nazionale di Cagliari è il più importante museo archeologico della Sardegna. Situato dal 1993 all'interno del complesso museale della Cittadella dei musei, negli spazi progettati dagli architetti Piero Gazzola e Libero Cecchini.
Nelle sue vetrine sono esposti molti dei reperti più significativi della Sardegna provenienti principalmente dalle province di Cagliari e Oristano, anche se non mancano oggetti preziosi rinvenuti nelle altre province dell'isola. I materiali esposti sono datati a partire dal periodo preistorico sino all'epoca bizantina.
La nascita del museo archeologico di Cagliari risale al 1800, quando il Viceré Carlo Felice, accogliendo la proposta del Cavaliere Lodovico Baylle, fece allestire in una sala del palazzo Viceregio il Gabinetto di Archeologia e Storia naturale affidato alla cura del Cavaliere De Prunner, che si occupò anche dell'ampliamento della collezione. Il Museo, concepito secondo i criteri dell'epoca come wunderkammer dove collezionare oggetti di pregio senza seguire precisi intenti scientifici, grazie al grande lavoro di raccolta di Baylle e de Prunner si arricchiva di oggetti di antichità, minerali e animali, nel 1802 fu, evento straordinario per l'epoca, aperto al pubblico. Nel 1805 il Viceré donò la collezione del Gabinetto alla Regia Università di Cagliari che nel 1806 venne trasferita nella sede universitaria a palazzo Belgrano. Gli spazi iniziali dedicati ai reperti archeologici zoologici e mineralogici vennero ampliati nel 1857. Una sala venne riservata a Museo mineralogico in cui vennero inclusi i reperti archeologici divisi in due settori una di cultura materiale e l'altro di reperti lapidei, nel 1858 i reperti mineralogici vennero smembrati nelle varie sedi universitarie e agli oggetti di antichità furono dedicati nuovi spazi.
Nonostante le diverse vicissitudini legate alla successione dei direttori del museo la collezione prosegue la sua espansione grazie delle numerose e importanti donazioni (prima Spano, poi Castagnino, Timon, Caput, Cara) e alle nuove campagne di scavo, per accogliere i nuovi oggetti venne creato da prima un gabinetto lapidario poi nel 1895 l'intero “Museo” venne spostato in alcune sale del Palazzo Vivanet in via Roma.
Nel 1904, l'edificio che ospitava la zecca in piazza Indipendenza venne adibito, su progetto di Dionigi Scano, a museo, e tra il 1901 e il 1931 il Soprintendente delle antichità della Sardegna, l'archeologo Antonio Taramelli, si occupò dell'allestimento.
Il museo era costituito da 7 sale: Sardegna prenuragica, romana, punico-romana, galleria statuaria, medagliere, età cristiana, giardino lapidario romano, giardino lapidario medievale, ed al primo piano del palazzo delle Seziate erano esposti quadri e oggetti medievali. I reperti furono divisi per età storiche e per luogo di provenienza. Vetrine lignee a parete e bacheche al centro della sala. Nel 1914 con l'acquisizione dei 1500 reperti della collezione Gouin, in seguito l'esposizione subì diversi cambiamenti ed integrazioni con materiali provenienti da scavi.
Dal 1993 il museo, arricchitosi negli anni di numerosi nuovi reperti, si è trasferito nell'attuale sede.
Il nuovo Museo archeologico fu concepito come articolato su quattro piani: il primo cronologico, esemplificativo delle principali culture e facies che si sono succedute in Sardegna dal Neolitico all'età bizantina.
Uno spazio importante fu dedicato alla ricostruzione del tophet di Tharros. Gli altri due piani, allestiti successivamente, illustrano topograficamente alcuni dei siti più importanti delle province di Cagliari e Oristano. Il quarto piano espositivo viene dedicato all'allestimento di mostre temporanee.
Da marzo 2014 ospita la mostra "Mont'e Prama 1974-2014" dedicata alle statue di Mont'e Prama.







le foto dall'alto in basso:
- Navicella nuragica con protome di bue e anatrelle sul parapetto, da Orroli
- Busto di Traiano da Olbia
- Terrecotte da Santa Gilla (foto di R.Civetta)
 - Dea Madre proveniente da Cuccurru S’Arriu
- Gigante di Mont'e Prama guerriero con scudo o pugilatore 








Sardegna - Menhir Museum, Laconi

 


Il Menhir Museum, Museo della Statuaria Preistorica Sarda, sito in Palazzo Aymerich nel comune di Laconi, è un museo che contiene una collezione di statue stele, rinvenute nel territorio di Laconi, con il primo ritrovamento nel 1969.
Gli Aymerich, giunti in Sardegna nel 1323 a seguito dell'infante Alfonso D'Aragona, per conquistare l'Isola, hanno avuto un ruolo di preminenza nella storia locale, moderna e contemporanea, determinando spesso le alterne vicende che animarono questo territorio per 500 anni.
Inaugurato nel 1846 come residenza rurale dei marchesi di Laconi, il Palazzo è un esempio di stile neoclassico, frutto del progetto ottocentesco di Gaetano Cima, architetto cagliaritano a cui si deve la realizzazione del corpo nobile, della facciata dell'edificio e della cappella palatina. Il corpo principale dell’edificio si sviluppa su 3 piani ed è contraddistinto dalla facciata principale, in tipico stile neoclassico, scandita da finestre e balconcini.
All’interno, nel “piano nobile” destinato fin dalle origini ad ambiente di rappresentanza, sono ancora visibili carte da parati d’epoca, realizzate dalla tipografia francese Maison Dufour.
La superficie complessiva dello stabile è di oltre 5.000 metri quadrati, funzionale allo svolgimento di tutte le attività di conservazione e trasformazione delle derrate alimentari provenienti dai possedimenti agricoli e dagli allevamenti del territorio.
Nel 1969 il professore Enrico Atzeni scoprì la prima statua menhir sarda (Genna Arrele I).
L'istituzione museale, inaugurata nel novembre del 1996 nei locali dell'Ottocentesco Palazzo Municipale, dava spazio all'esposizione di 40 statue stele provenienti dalle campagne di Laconi.
Dopo l'acquisto del Palazzo Aymerich da parte del Comune di Laconi e il successivo restauro, nel 2010 viene inaugurata la nuova sede museale, che comprende oltre alle statue menhir di Laconi, statue provenienti dai territori di Villa Sant'Antonio, Allai e Samugheo.
L'esposizione museale si articola su tre livelli e undici sale all'interno del Palazzo Aymerich. Al piano terra si trova una prima esposizione di statue menhir, la riproduzione di una cava per la creazione delle statue e la restaurata Cappella Gentilizia della famiglia Aymerich. La visita prosegue per le corti esterne della dimora, per poi continuare nelle sale del secondo piano, dove sono esposte le restanti statue menhir del territorio e una collezione di manufatti, parte del corredo funerario di alcune sepolture del Neolitico e della prima età dei metalli, pertinenti allo stesso contesto di rinvenimento delle statue menhir.
Al primo piano , denominato piano nobile, vi sono le carte da parati ottocentesche della manifattura Joseph Dufour. Le restanti sale di questo livello sono sede di mostre temporanee.
I menhir di Laconi: La scoperta delle statue menhir di Laconi prende avvio nel 1969, quando venne rinvenuta in località Genna Arréle, la prima statua menhir, la quale "giaceva isolata sul ciglio alla destra della stradetta di penetrazione agraria, al margine di un terreno incolto." (Enrico Atzeni, 1973) Località come Genna Arréle, Perda Iddocca, Barrili, Palas De Nuraxi, Piscina 'e Sali, Bau Carradore, Nuraxi Orrùbiu, fanno ormai parte della sontuosa letteratura archeologica. Della nuova esposizione museale fanno parte 44 statue menhir, provenienti da diversi territori del paese.
La cappella gentilizia: La cappella di Palazzo Aymerich è una delle poche Cappelle Gentilizie di stile Neoclassico in Sardegna rimaste inalterate. Mostra all’interno pianta ottagonale: uno spazio raccolto, scandito da colonne scanalate in stucco e dipinte, bipartito in altezza da una cornice marcapiano a ovoli in forte aggetto; spazio consono alla sua funzione di luogo di preghiera e di riti religiosi. Si conserva in buone condizioni l'altare ligneo, orfano delle tre statue di proprietà della famiglia che lo decoravano.
Le Vetrine: I reperti custoditi nelle teche provengono da alcuni siti del territorio di Laconi, a carattere funerario, in particolare dalla necropoli di Pranu 'e Arranas dal Dolmen di Corte Noa e dalla tomba a circolo di Masone 'e Perdu. Abbracciano un arco temporale che dalla prima età dei metalli giunge fino alle fasi arcaiche dell'età del bronzo antico. Un'epoca compresa tra il 2700 e il 1800 a.C. I reperti
esposti comprendono vari archi temporali e toccano varie culture, dalla cultura di Abealzu-Filigosa, Bonnannaro e Campaniforme.
I menhir del territorio: Le tre statue di Allai appartengono a un più cospicuo gruppo di statue menhir provenienti da Pranu Orisa. Gli esemplari di Allai mostrano tre diverse tipologie di forma. A Samugheo, in località Paule Lutùrru e Cuccuru De Lai, le stele sono state rinvenute in frammenti e in giacitura secondaria in un muretto a secco presso i resti di una tomba di giganti nuragica e dell'omonimo nuraghe monotorre, inoltre sono stati ritrovati un centinaio di frammenti di statue antropomorfe iconiche e aniconiche ottenute dall'ignimbrite locale, reimpiegate in opera in un muretto a secco.
Il piano nobile: Il primo livello del palazzo è occupato dal piano nobile. Due sale sono impreziosite dalle sontuose carte da parati ottocentesche della manifattura Joseph Dufour, “Festa della Grecia e dei giochi olimpici” e “Monumenti di Parigi”.


Sardegna - Museo nazionale archeologico ed etnografico "G. A. Sanna", Sassari

 

Il Museo nazionale archeologico ed etnografico "G. A. Sanna" di Sassari è la principale istituzione museale della Sardegna centro-settentrionale. È intitolato a Giovanni Antonio Sanna, imprenditore e politico originario di Sassari.
Il museo, originariamente composto da tre sezioni - archeologica, etnografica, pittorica - è attualmente in fase di riallestimento. Il nuovo progetto prevede l'ampliamento del materiale etnografico esposto nelle prime sale del museo e una nuova organizzazione del materiale archeologico; le opere pittoriche sono invece state spostate nella Pinacoteca nazionale di Sassari.
Dal dicembre 2014 il Ministero per i beni e le attività culturali lo gestisce tramite il Polo museale della Sardegna, nel dicembre 2019 divenuto Direzione regionale Musei.
L'origine ufficiale del museo risale al Regio Decreto n. 284 del 19 febbraio 1931 quando venne sancita la nascita del Regio Museo di Antichità ed Arte Giovanni Antonio Sanna intitolato all'omonimo deputato del Regno di Sardegna. Il Sanna aveva già donato, come lascito testamentario una collezione di 250 dipinti e gli altri reperti, in massima parte di origine archeologica e provenienti dagli scavi di "Turris Libisonis " ma mancò per molti anni una sede opportuna per ospitare le opere.
Fu la figlia del Sanna stesso, Zelì Castoldi Sanna a donare alla città il terreno per il museo e a commissionarne il progetto, eseguito tra l'aprile 1925 e il dicembre 1929 all'architetto Michele Busiri Vici.
Al museo così creato si aggiunsero successivamente altre collezioni private (Chessa, Dessì, Clemente ecc.) ed i reperti acquisiti, dal 1958, attraverso ricerche e scavi, dalla locale Soprintendenza per i Beni Archeologici.
Negli anni settanta Ercole Contu provvide ad un radicale rinnovo del museo, proponendo un ordinamento cronologico e topografico comprensibile ad un pubblico più vasto.
Riaperto nel 1986, negli ultimi anni il Museo Sanna è stato interessato da importanti lavori per l'abbattimento delle barriere architettoniche, la creazione di un padiglione per le esposizioni temporanee ed il riallestimento della sala di “Monte d'Accoddi” e la sala "romana". Nel marzo 2000 è stata inaugurata la nuova “Sezione medievale e moderna”. Dal 2010 la collezione pittorica non è più esposta nelle sale del museo, ma è visitabile presso la Pinacoteca Nazionale di Sassari in via Santa Caterina.

Sardegna - Museo archeologico comunale Giovanni Marongiu di Cabras

 

Il Museo archeologico comunale Giovanni Marongiu di Cabras, inaugurato nel 1997 ed intitolato al professor Giovanni Marongiu, ospita un'ampia raccolta di reperti archeologici che ci consentono di ripercorrere la millenaria storia della penisola del Sinis, una vasta regione che con il capo San Marco delimita a nord-ovest il golfo di Oristano.
L'esposizione museale si articola in diverse sezioni. La prima è dedicata alla località di Cuccuru is Arrius, sita lungo la sponda meridionale dello stagno di Cabras, dove gli scavi hanno evidenziato fasi di frequentazione particolarmente intense in età preistorica e protostorica. La seconda è riservata all'antica città di Tharros, fondata dai Fenici all'estremità meridionale della penisola e fiorente centro urbano anche nelle successive età punica e romana. Nel 2014 è stata aggiunta una nuova sezione dedicata ai Giganti di monte Prama.
I materiali proveniente da Cuccuru is Arrius documentano fasi di vita dalla preistoria fino all'età romana. Dalla necropoli ipogeica del Neolitico Medio (IV millennio a.C.) sono esposti materiali di corredo, costituiti da statuine femminili in pietra, vasi in ceramica, elementi di collana, punte di zagaglia in osso e strumenti in ossidiana. Particolarmente significativi i reperti che illustrano le successive fasi abitative del Neolitico Superiore (IV-III millennio a.C.) e dell'età del Rame (III millennio a.C.): ceramiche lisce e decorate, idoletti fittili e in marmo, strumenti in selce e ossidiana, accettine levigate in pietra verde, punteruoli in rame. Statuine fittili femminili e altri oggetti votivi rinvenuti nell'area del tempio a pozzo nuragico, ne testimoniano il riutilizzo come sede di un culto agrario in età età romano-repubblicana (III-I secolo a.C.). I materiali di una necropoli di età imperiale romana (I-III secolo) riportano alle ultime fasi di vita dell'insediamento.
La sezione riservata a Tharros propone un quadro delle indagini archeologiche condotte nel sito dal secolo scorso in poi. 
Ampio spazio è dato alla documentazione del tofet, il tipico santuario fenicio-punico, da cui provengono le numerose urne in ceramica e le stele in arenaria esposte nella sala centrale del Museo. Le urne, talvolta con una ricca decorazione dipinta, contenevano resti incinerati di fanciulli e di animali e, in qualche caso, anche amuleti ed elementi di ornamento. Ad esse erano associate nel santuario le stele, piccoli monumenti votivi spesso riproducenti in dimensioni ridotte degli edifici di culto. parte dell'esposizione è dedicata ai risultati degli scavi condotti nel quartiere artigianale prossimo al tofet. Oltre ai materiali ceramici, ai frammenti di terrecotte e di vasetti in pasta vitrea, di particolare interesse sono le scorie di ferro, i boccolari e i frammenti di parete di fornace che testimoniano l'intensa attività metallurgica svoltasi nell'area in età punica. Alcuni pannelli didascalici mostrano i risultati delle indagini archeometriche effettuate su tali materiali. La Tharros romana e paleocristiana è documentata da materiali ceramici, vitrei e lapidei, tra cui alcune teste e frammenti architettonici in marmo.
Nella sezione è esposto il complesso scultoreo originale dei Giganti di monte Prama, ad eccezione di un reperto per ogni tipologia scultorea rinvenuta.


Sardegna - Antiquarium Arborense, Oristano


L'Antiquarium Arborense, Museo Archeologico "Giuseppe Pau", nasce nel 1938 grazie all'acquisto, da parte del podestà di Oristano, della collezione Pischedda, la più grande raccolta privata di reperti archeologici della Sardegna.
Il piano terra del museo è riservato alle mostre temporanee, sempre di tema archeologico, mentre il piano superiore è dedicato all'esposizione stabile delle raccolte archeologiche e di alcune tavole di retabli quattro-cinquecenteschi.
La sala archeologica ospita la collezione Pischedda e altre collezioni minori, costituite da materiali provenienti specialmente dalla penisola del Sinis e compresi nel periodo preistorico e protostorico, dal neolitico alla civiltà nuragica.
Sono ben rappresentati anche i corredi tombali fenici e punici (VII-III secolo a.C.), provenienti in particolare da Tharros, e non mancano i reperti di età romana, paleocristiana e altomedievale (II sec. a.C.-VII sec. d.C.). Notevole il plastico ricostruttivo della città di Tharros nel IV sec. d.C. e il plastico ricostruttivo della città di Oristano nel XIV secolo d.C. durante il periodo giudicale, quando la città era circondata da una importante cinta muraria.
La sala retabli espone opere pregevoli quali il retablo di San Martino (XV secolo), il retablo del Santo Cristo (1533, di Pietro Cavaro) e il retablo della Madonna dei Consiglieri (1565, di Antioco Mainas).
L'Antiquarium Arborense è l'unico museo dell'isola a disporre di una sezione espositiva dedicata ai non vedenti e agli ipovedenti, dove è possibile toccare con mano alcuni fra i più bei manufatti esposti al Museo o facenti parte del patrimonio culturale cittadino.
I reperti esposti consentono di ricostruire la storia del territorio e del suo centro più importante, Oristano. I pezzi forti sono la coppa con Ercole che lotta con il toro di Creta, di produzione micenea e attica; un bruciaprofumi che raffigura Ercole con la "leontè" (pelle di leone) risalente ad epoca cartaginese; la collezione di ceramica etrusca proveniente da Tharros, la più ricca ritrovata fuori dell'Etruria; i vasi in vetro soffiato di età romana.  


(da SardegnaCultura.it)