Il Civico Museo Archeologico
"Alle Clarisse" di Ozieri è uno dei musei più
importanti del Nord Sardegna. Dal 2003 è stato trasferito
presso i locali dell’ex convento delle Clarisse. Nelle sue vetrine
sono presenti i reperti più significativi ritrovati nel territorio
comunale di Ozieri: materiali esposti sono datati a partire
dalla preistoria all’età moderna. ((nella foto, Dea Madre, Neolitico medio 3500-4500 a.C., sala I)
Il Civico Museo Archeologico,
inaugurato nel 1985 in un convento francescano del XVI secolo, si
sposta nel 2003 nel settecentesco ex convento delle Recoletas de
Santa Clara, appositamente restaurato e ristrutturato. Il convento,
istituito ufficialmente nel 1753 per ospitare le Clarisse di Tempio,
fu invece occupato dalle monache di Orosei, a causa
dell'indigenza in cui versavano. A causa della legge Ratazzi,
nel 1889 l’edificio fu requisito per ospitare i militari
che vi insediarono la caserma Pietro Micca. Nel 1953 i
militari lasciarono l’edificio e l’anno successivo una parte fu
donata alla chiesa, mentre l’altra parte, rimasta in proprietà al
Comune, fu utilizzata per attività scolastiche e sociali e divenne
infine casa popolare. In seguito al finanziamento regionale ed
europeo per il recupero di edifici monumentali fu possibile
restaurare l’edificio, il quale, terminato nel 2002, divenne la
nuova sede del Civico Museo Archeologico di Ozieri e per
questo denominato “Alle Clarisse”. L’ingresso originario era
situato in via Azuni ed introduceva a tre ambienti voltati, collegati
fra loro e con un ampio corridoio anch’esso voltato.
I militari spostarono l’ingresso
esattamente al lato opposto: rinforzarono le antiche mura spagnole
trasformandole negli attuali bastioni e realizzarono un
terrapieno che divenne la piazza d’armi, realizzarono una gradinata
in granito che divenne l’ingresso principale della struttura e
aggiunsero un piano superiore su una parte della struttura, che
infatti si differenzia dall’altra parte perché coperto da una
capriata di legno in stile piemontese.
Percorso espositivo
Esterno: Cortile –
Nel cortile è sistemato un piccolo lapidario, che accoglie
una stele centinata di tomba di giganti, i bacili nuragici e
l’architrave della chiesa campestre di S. Luca.
Primo piano:
SALA I: La preistoria –
Al Neolitico Medio (4.900 – 4.400 a.C.) si riferiscono ceramiche,
una dea madre in osso, un anellone, dai siti Bariles, Baldosa e
Bisarcio. IL Neolitico Recente Sardo (4.100 – 3.500 a.C.),
caratterizzato principalmente dalla Cultura di San Michele o di
Ozieri, è rappresentato da materiali provenienti soprattutto
dalla grotta omonima e da quella contigua di Mara, che restituiscono
un panorama delle fantasiose ceramiche del periodo appartenenti sia
all’orizzonte del Neolitico Recente S. Ciriaco, che alla fase
classica Ozieri del Neolitico finale, fra tutte la famosa Pisside, e
dal primo Eneolitico Sub – Ozieri.
(nella foto, Pisside della cultura di Ozieri, Neolitico recente sardo)
SALA II: La civiltà
nuragica – Dedicata al territorio durante la civiltà
Nuragica (1.850 – 238 a.C.), che abbraccia l’età del Bronzo
e del Ferro, fino all’età romana. La presenza di giacimenti
metalliferi e risorse agropastorali e il loro sfruttamento causarono
una importante frequentazione del territorio testimoniata oggi da
123 nuraghi e altri monumenti dell’epoca. Le ceramiche,
fra cui bracieri, bollitoi, askòs, pesi da telaio e fusaiole,
gli utensili in pietra, come mortai, lisciatoi, macine e conci
mammellari parlano di attività diversificate. Il lingotto egeo -
cipriota di Bisarcio, e altri ritrovamenti costituiti da oggetti in
metallo documentano l’importanza del territorio, inserito al centro
di vie di comunicazione già nell’età preistorica. (
nella foto, Lingotto egeo cipriota in rame, da Bisarcio)
SALA III: L’età fenicio -
punica e romana – I ritrovamenti di età fenicio - punica nel
territorio sono sporadici e costituiti da monete e pochi
frammenti ceramici. I restanti reperti esposti nella sala provengono
da stanziamenti e costruzioni di epoca romana, che segna una
riduzione nel numero di abitanti, alcuni in continuità con i
precedenti, altri di nuovo impianto ed estranei a modelli locali.
Importanti documenti epigrafici sono la stele di Ferentius da Cuzi e
due miliari, che insieme ai tre ponti sul Rio Mannu qualificano il
territorio come luogo di transito importante e di collegamento
fra Turris e Olbia nella direttrice che da
Cagliari raggiungeva il porto sul Tirreno. Sono inoltre esposti
materiali da stipe votiva, un busto di Sarda Ceres, balsamari,
reperti vitrei, cinerari da necropoli, in particolare da Bisarcio,
Punta ‘e Navole, Sa Mandra ‘e sa Jua e Ruinas. (
nella foto, Olpe punica)
SALA IV: Sezione medioevale –
L’epoca bizantina e altomedievale è illustrata dagli anelli a
castone piramidale, fibbie, orecchini, fibule provenienti
da Bisarcio nonché dagli orli e dalle pareti di grandi
ziri provenienti da varie località, perché sopravvissuti fino al
‘600 e ‘700; sono esposti anche frammenti di maiolica
arcaica pisana, lustri catalani, valenciani e altre ceramiche
autoctone e provenienti dalla penisola. Trovano posto qui anche
oggetti in osso e avorio di uso apotropaico. (
nella foto, fibbie alto-medioevali)
Secondo piano:
SEZIONE NUMISMATICA: La
collezione numismatica conta circa seimila monete confluite
da numerosi ripostigli e ritrovamenti. La collezione, divisa in
quattro sale, spazia dalle monete greche e puniche fino alle monete
di epoca sabauda, a dimostrazione della continuità di frequentazione
del territorio nei secoli. (
nella foto, monete romane, bizantine e medievali)
SEZIONE ETNOGRAFICA: La
sezione etnografica è costituita dal materiale proveniente da
donazioni private (a sinistra, foto della sala donazioni). La collezione Bandini, è costituita da ritratti e
oggetti personali del magistrato Pietro Cosseddu - Virdis e della
nobildonna Annetta de Raimondi. La donazione Marinelli è anch'essa
composta da ritratti e altri oggetti appartenuti al generale Giannino
Baroncelli. La collezione Gallisay - Carta raccoglie spartiti,
manoscritti autografi e stampe del musicista Priamo Gallisay. La
collezione Manchia è invece costituita da abiti tradizioniali,
databili ai primi anni del novecento.