domenica 1 giugno 2025

Umbria - Spello, Porta Venere

 


La porta Venere è una delle sei porte urbiche, di arte romana, della cittadina umbra di Spello, così chiamata nel Seicento per la vicinanza con un tempio dedicato alla dea della bellezza, di cui sono state rinvenute evidenti tracce nel parco di villa Fidelia.
La porta, realizzata in travertino bianco e decorata da lesene di ordine dorico, è contraddistinta da tre aperture arcuate (fornici), del periodo del regno dell'imperatore Ottaviano Augusto (27 a.C.-14 a.C.), comprese tra due possenti torrioni dodecagonali romanici, su alti sostegni quadrati.
Originariamente era presente una duplice cortina con patio interno. Il fornice destro faceva accedere a una via sotterranea in direzione della porta Urbica; il sinistro stabiliva la comunicazione con il cammino di ronda verso il punto più elevato del borgo.
Si può notare, per motivi di difesa, anche una parte fortificata con doppio accesso. Le due torri che affiancano la porta (che sovente è stata confrontata con la porta Palatina di Torino, dello stesso periodo) sono dette di Properzio, dal nome del poeta latino Sesto Aurelio (47 a.C.-14 a.C.), cui Spello ed Assisi si contendevano l'onore di aver dato i natali: ma lo scrittore nacque molto probabilmente nella città poi di San Francesco.
La porta di Venere fu, per la prima volta, analizzata e illustrata nel 1540 dall'architetto bolognese Sebastiano Serlio e, nel Seicento, da altri studiosi del posto che ne intuirono il collegamento con il tempio fuori le mura trecentesche spellane.
Tutti gli autori di testi sul manufatto, e le relazioni delle guide ottocentesche, convengono sul carattere sacro della porta, orientata verso l'anfiteatro e il santuario di villa Fidelia: l'impronta commemorativa del monumento è evidenziata dalla cronaca delle processioni che vi transitavano in direzione di Assisi e Perugia, come, in epoca medievale, dei cortei dei consoli di Spello diretti alla sagra annuale della vicina chiesetta di San Claudio. Il complesso monumentale ha subìto nei secoli alcuni importanti restauri (pure recenti), si trova in ottime condizioni e domina come sempre l'intreccio di antichi vicoli e palazzetti della cittadina umbra.


Umbria - Spello, Anfiteatro romano

 

L'anfiteatro romano di Spello è situato a nord-ovest della città di Spello, l'antica Hispellum, nella provincia di Perugia, in Umbria.
Posto sulla Via Centrale Umbra a breve distanza dalla chiesa di San Claudio, come tutti gli anfiteatri umbri non si adagia ad un colle, ma è completamente costruito. L'opera risalente al I secolo d.C. testimonia la grandezza raggiunta da Hispellium Colonia Julia durante l'epoca imperiale. Avendo una discreta importanza in età romana e probabilmente data la mancanza di spazio all'interno delle mura, la città fu dotata di un anfiteatro isolato.
All'esterno l’anfiteatro era ornato da pilastri con colonne semicircolari a righe bianche e rosa. I resti di queste colonne sono stati portati alla luce solamente nel lato occidentale. Sono ancora visibili alcune parti delle gradinate e qualche tratto della pavimentazione originaria, oltre ai resti di mura costruito con la tecnica dell'opus vittatum. Numerose sono le epigrafi rinvenute nella zona durante gli scavi del 1957-1958.
Saccheggiato nei secoli per ricavarne materiale lapideo, si ha notizia che nel XVII secolo alcune pietre siano state asportate per farne massicciate stradali ancora presenti in prossimità del sito archeologico stesso.
Pur conservando ancora intatto il suo aspetto e la sua visibile forma ellittica, attualmente il sito archeologico è in totale stato di abbandono, lasciato all'incuria totale la vegetazione predomina sulle rovine, e di conseguenza non è visitabile.


Umbria - Gubbio, Teatro romano


A Gubbio, appena oltre le mura romane, si trova il teatro romano, risalente al I secolo a.C. Costruito tra il 55 e il 27 a.C., una lapide qui ritrovata menziona una serie di lavori fatti in epoca augustea da Gneo Satrio Rufo, quattuorviro di Gubbio. Sono ben conservate le arcate inferiori, parte di quelle superiori, la cavea (che poteva contenere anche 6.000 spettatori) e la scena con nicchie curve e rettangolari.
Scavi e conseguenti opere di recupero e restauro si sono succedute fin dal Quattrocento, e hanno portato alla luce diversi mosaici di pregevole fattura. In particolare un grande emblema rappresentante un leone che attacca un leopardo fu rinvenuto a metà del Cinquecento durante la campagna di scavi promossa dai conti Gabrielli, proprietari dei terreni su cui sorge il teatro. Trasportato a Roma dal conte Girolamo Gabrielli (1513-1587), il mosaico fu sistemato prima nel giardino del suo palazzo sotto la Trinità dei Monti, e poi in una sala interna. Descritto in situ fino alla metà del Settecento, fu in seguito acquistato da Thomas Coke, I conte di Leicester per la propria residenza di Holkham Hall, dove tuttora si trova.


Umbria - Gubbio, Antiquarium


L’edificio a Gubbio adibito ad antiquarium, situato nelle vicinanze del Teatro romano, è un tipico fabbricato rurale di modeste dimensioni, articolato su due piani. Durante i lavori di consolidamento furono rinvenuti i resti di murature antiche pertinenti ad una domus romana molto ampia.
La domus, occupata dal casolare, presenta atrio, tablino, cucina, latrina e pavimentazioni in cocciopesto e mosaico. All’interno del tablino è conservata una pavimentazione a mosaico con decorazione geometrica in bianco e nero, di cui rimangono solo pochi lacerti, e al centro un tondo (emblema) con la raffigurazione policroma di Scilla in opus vermiculatum.
Vista l’importanza dei mosaici e della casa romana, è stata effettuata la ricostruzione in 2D che ripropone la decorazione geometrica del tappeto musivo dell’ambiente e dell’emblema con Scilla, di cui si conserva solo la parte centrale. Tale operazione costituisce un efficace strumento per la comprensione delle pavimentazioni, altrimenti difficoltosa, poiché molto lacunose.
Il piano superiore dell’antiquarium è stato allestito con materiale archeologico; un ambiente è stato destinato a presentazioni e conferenze.

Umbria - Assisi, Tempio di Minerva

 


Il cosiddetto tempio di Minerva, di arte augustea, sorge ad Assisi (Asisium), in piazza del Comune, dedicato probabilmente ad Ercole ed eretto nel 30 a.C.. Fu trasformato in chiesa di Santa Maria sopra Minerva nel XVI secolo, con il relativo campanile, chiamato "Torre del Popolo". Risulta essere tra i templi romani meglio conservati del mondo antico.
L'edificio appartiene alla tipologia del tempio prostilo corinzio "in antis" (con pronao delimitato lateralmente dal prolungamento delle pareti della cella), con colonne scanalate poggianti su alti plinti quadrangolari, trabeazione e frontone.
Il nome deriva da un'interpretazione posteriore, dovuta al ritrovamento di una statua femminile; è stata invece rinvenuta una lapide votiva dedicata ad Ercole.
Il tempio fu edificato per volere di due dei quattuorviri (massimi magistrati cittadini), Gneo Cestio e Tito Cesio Prisco, che furono anche i finanziatori del progetto.
Nell'alto medioevo, la cella fu trasformata nella chiesa di San Donato, poi degradata a "casalino", per passare poi all'ordine benedettino che vi ricavò abitazioni e botteghe. Nel XIII secolo fu adattata a sede del comune, che destinò il piano inferiore a sede carceraria, deputando quello superiore ad aula del consiglio cittadino.
Nel 1539 il papa Paolo III volle far trasformare il suo interno in chiesa cattolica dedicata alla Vergine. L'edificio venne quindi rimaneggiato poi in stile barocco nel XVII secolo.
Durante il suo viaggio in Italia, il 25 ottobre 1786 il poeta Goethe giunse ad Assisi e volle visitare soltanto il tempio di Minerva.
Il tempio conserva la facciata, che in origine si affacciava su una piazza identificata come la piazza del foro romano, spiccando su un podio rialzato. Restano sei colonne con basi attiche, fusti scanalati e capitelli corinzi (foto a sinistra), poggiate su piedistalli che interrompono la scalinata di accesso. Si conserva anche la trabeazione con il fregio, che in antico recava un'iscrizione con lettere di bronzo, delle quali restano i fori di fissaggio, e con la cornice con mensole e il frontone, di dimensioni proporzionalmente ridotte.
La cella è andata completamente distrutta durante la costruzione della chiesa nel XVI secolo.
Recentemente è stato riscoperto un breve tratto del tempio vicino all'altare, con un arco murato. Il piccolo tratto non è più stato coperto ed è tuttora visibile. Sono emerse inoltre parte dell'antica pavimentazione romana e il grande muro di terrazzamento posteriore. Dal cortile dell'edificio attiguo risulta visibile il fianco sinistro dell'edificio templare e, al fondo, il muro di sostegno del terrapieno.

Umbria - Narni, Ponte di Augusto

 

Il ponte di Augusto è un ponte di epoca romana situato nei pressi di Narni Scalo ed utilizzato anticamente per l'attraversamento della gola creata dal fiume Nera. Ai piedi della città di Narni, percorrendo la via Flaminia, si giunge, lungo la strada della Funara, poco prima della frazione di Stifone, vicino al fiume Nera. Questo, imboccando la gola dei monti Corviano e Santa Croce, va ad infrangersi sui piloni del ponte romano di Augusto, che originariamente univa i due monti.
Citato dalle fonti classiche, raffigurato da artisti e viaggiatori, vero capolavoro dell'architettura romana, è da porre in relazione alle grandi ristrutturazioni volute da Augusto nel 27 a.C., lungo il percorso della strada consolare Flaminia. Dell'imponente struttura originaria restano due piloni voltati ad arco sulla sponda del monte Corviano, una contrapposta sezione sulla sponda del monte Santa Croce e i ruderi di due piloni dell'arcata centrale, crollata prima del 1055.
La lunghezza originaria del ponte doveva essere di circa 160 m per un'altezza di 30 m, con una luce mirabile dell'arco centrale di circa 32 m, mentre la larghezza del piano stradale era di 8 m. Il fronte, realizzato in nucleo cementizio e paramenti di blocchi squadrati con bugnature e a corsi alternati, presenta (a due terzi dell'altezza dei pilastri) una cornice aggettante, che si ritrova nella parte interna dell'arcata. I piloni hanno una pianta rettangolare e sono in parte impostati sulla roccia.
Nel corso del tempo, è stato più volte soggetto a crolli e gravi danneggiamenti, come quelli risalenti al 1053-54. Si suppone che il ponte s'innalzasse su quattro arcate, tutte con un'ampiezza diversa che variava dai 19 m della prima, 32 m dell'arcata centrale, circa 17 m della terza e 16 m della quarta, se esisteva. Secondo il Guattani, le pietre furono levate da un luogo chiamato Valle Mantea, presso Civitella San Paolo, alla volta di Fiano Romano; nel 1724 venne inoltre scoperto come le pietre rimanessero saldamente connesse tra loro in quanto, oltre alla calce, erano state adoperate delle anime di ferro saldamente piombate alle loro estremità.


Umbria - Narni, Ponte Cardona


Ponte Cardona faceva parte dell'acquedotto romano della Formina e nei suoi pressi cade convenzionalmente il centro geografico dell'Italia peninsulare. Ponte Cardona è uno dei quattro ponti romani che si trovano lungo il percorso dell'acquedotto della Formina.
Ad oggi la sua bellezza emerge dalla vegetazione in quanto l'acquedotto non è più utilizzato, ed è visitabile in maniera autonoma seguendo i sentieri ben tracciati recentemente nel bosco.
È stato costruito nel I secolo d.C. in opera quadrata con blocchi di travertino per permettere all'acqua di giungere a Narni. È costituito da un solo arco a tutto sesto, che richiama lo stile dell'età augustea.

Umbria - Carsulae

 

Carsulae era un'antica città di epoca romana (sebbene i primi insediamenti si registrarono in epoca pre-romana) posta lungo la futura via Flaminia, in Umbria, al confine tra i territori comunali di Interamna Nahars (Terni) e Casventum (San Gemini). Abbandonata già in epoca remota a seguito di gravi smottamenti del terreno, è ancora in parte sepolta sotto alcuni metri di terreno.
I primi insediamenti silvo-pastoriali ed agricoli si verificarono nel IX secolo a.C. e si svilupparono fino al V secolo a.C.. Dal IV secolo a.C. si incominciarono a intravedere le prime trasformazioni della città con la costruzione di una cinta muraria.
Con la costruzione della Via Flaminia a cura del console Caio Flaminio e cominciando nel 221 a.C. la città crebbe notevolmente grazie anche alle immigrazioni delle comunità montane limitrofe che vedevano un'ottima opportunità per migliorare le proprie condizioni di vita.
Carsulae divide la propria storia in due periodi: La Repubblica romana fino alla sua fine e successivamente Impero Romano. Dal III secolo d. C. non si saprà più niente a riguardo della città. La distruzione di Carsulae è strettamente connessa, come la propria nascita, alla Via Flaminia. Infatti la perdita di importanza del ramo occidentale della via a favore di quello orientale comportò il declino della città che dopo tentativi di conquista di popolazioni barbariche venne distrutta da un evento sismico e definitivamente abbandonata in età medievale.
Accanto al foro è situata la chiesa di San Damiano, edificata in epoca medievale con materiali prelevati dalle rovine carsulane.
Scavi saltuari e disordinati avvennero nel XVI secolo sotto la direzione del duca Federico Cesi, il quale possedeva un palazzo nella vicina Acquasparta, ed anche nel XVII secolo sotto Papa Pio VI. Solo nel 1951 cominciano le prime metodiche esplorazioni archeologiche e documentazioni fatte da Umberto Ciotti allora Soprintendente all’archeologia per l'Umbria. Significativo lavoro aggiuntivo fu svolto anche nel 1972.
Nel 2006, dopo una trentennale pausa di scavo, sotto l'ispettore Paolo Bruschetti, una nuova campagna di scavi è stata riaperta alle Terme Romane diretta dalla prof.ssa Jane Whitehead dell'Università Statale Valdosta con la collaborazione dell'Associazione per la Valorizzazione del Patrimonio Storico San Gemini. Nel 2020 la prof.ssa Elizabeth Collantoni dell'Università di Rochester dovrebbe riprendere gli scavi delle terme iniziati dalla prof.ssa Whitehead, che è andata in pensione nel 2018.
A partire dal 2017, si sono fatti vari scavi guidati da Massimiliano Gasperini e Luca Donnini, con il coinvolgimento del progetto australiano di archeologia Carsulae dell'Università di Macquarie a Sydney, in Australia.
Dagli scavi sono emerse quattordici strutture:
  1. Via Flaminia: il ramo occidentale della strada romana che attraversa Carsulae. La via Flaminia era la "strada principale" della città, fungendone da cardo maximus, e il tratto cittadino dispone di marciapiedi e cunette.
  2. Terme: si tratta di un ambiente absidato a pianta rettangolare, con pavimenti a suspensurae, interpretato come impianto termale, forse privato.
  3. Chiesa dei Santi Cosma e Damiano: costruita probabilmente nel VI secolo sui resti di un edificio romano, forse il macellum. I resti di questo edificio sono ancora visibili sul lato sud della chiesa. La chiesa iniziale era uno spazio rettangolare con abside. Un portico e due colonnati interni sono stati aggiunti nel corso dell'XI secolo utilizzando materiali raccolti dal sito, inclusi gli elementi che probabilmente decoravano la basilica o hanno elementi architettonici dal foro.
  4. Basilica: la sala riunione pubblica per i cittadini di Carsulae. La sala interna, che è rettangolare, ha una navata centrale e due navate laterali separate da file di colonne. L'abside in fondo ospitava la cattedra di un magistrato, usata per arbitrare o giudicare le controversie e amministrare la giustizia.
  5. Forum: la principale "piazza" della città antica, costruita su una struttura a terrazze dentro e intorno alla basilica ed ai templi gemelli. La linea di strutture voltate, o tabernae, nei pressi del Forum potevano essere allestite bancarelle del mercato o negozi. La chiesa dei Santi Cosma e Damiano
  6. Cisterna Antiquarium: raccoglieva l'acqua per l'utilizzo da parte del popolo della città.
  7. Arco di San Damiano: l'arco detto "di San Damiano" segnava l'ingresso settentrionale in città della via Flaminia, nei pressi di un'area funeraria ed era a tre fornici, di cui si conserva solo quello centrale. Venne costruito in opera quadrata di blocchi in calcare, anticamente coperti da un rivestimento in marmo, del quale resta traccia in fori per grappe di fissaggio e nella mancata rifinitura delle superfic.
  8. Monumenti funerari: il primo è conosciuto come il tumulo; molto decorato di una nobile famiglia, forse la famiglia Furia. Una lapide ora conservata al museo del Palazzo Cesi ad Acquasparta può essere stata presa da questo monumento. Il secondo, meno distinto, si trova nella necropoli di Carsulae.
  9. Anfiteatro: posizionato in una depressione naturale a est della via Flaminia, fu probabilmente costruito durante la dinastia dei Flavi. Costruito principalmente da strati di blocchi di pietra calcarea e mattoni.
  10. Teatro: probabilmente costruito al tempo di Augusto, prima della costruzione dell'anfiteatro. Il materiale da costruzione principale per il teatro era l'opus reticulatum.
  11. Templi gemelli: due templi che sono stati dedicati a due divinità romane sconosciute.
  12. Edifici Pubblici: utilizzati per scopi sconosciuti, probabilmente ospitavano gli uffici amministrativi per il governo locale, o servivano come palazzi per le famiglie aristocratiche. Ci sono quattro camere sontuosamente decorate con absidi rettangolari, con pareti in marmo e pavimenti in marmo.
  13. Collegium Iuvenum: scuola per i giovani.
  14. Due archi quadrifronti di piccole proporzioni: segnavano i limiti foro cittadino sulla via Flaminia. Uno di essi è stato parzialmente ricostruito.



Umbria - Orvieto, Tempio del Belvedere


L'unico tempio etrusco oggi ben visibile sopra la rupe di Orvieto (in provincia di Terni) è il tempio del Belvedere, situato nei pressi del pozzo di San Patrizio. La pianta è molto vicina alla descrizione canonica dei templi etrusco-italici fornita da Vitruvio nel suo trattato De Architectura.
Il tempio venne scoperto casualmente nel 1828 durante i lavori per costruzione della vicina strada.
Risale probabilmente al principio del V secolo a.C. ed ebbe vita fino ai primi decenni del III secolo a.C. Oggi sono ben leggibili il basamento, la scalinata d'ingresso, le basi di quattro colonne ed alcuni blocchi perimetrali.
Non si conosce la divinità venerata nel tempio. L'epigrafe dipinta su una coppa trovata nei dintorni del tempio riporta il nome di Tinia, lo Zeus degli Etruschi. Secondo altre ipotesi, tra le divinità venerate in questo santuario è da annoverare anche il dio Suri. Alle spalle del tempio trovava posto un ambiente sotterraneo rivestito di cocciopesto, in cui potremmo riconoscere una riserva per acque da destinare a celebrazioni liturgiche o piuttosto uno spazio destinato a particolari pratiche di culto.
Molti frammenti delle decorazioni architettoniche sono conservati al Museo Faina.


Umbria - Orvieto, Museo Faina


Il Museo Faina è un museo archeologico collocato nel palazzo Faina ad Orvieto, in provincia di Terni. Prende il nome da Claudio Faina.
Il museo è stato fondato, come collezione privata, nel 1864. Il museo comprende reperti antichi di età greca e corredi funebri etruschi, tra cui una raccolta di vasi attici a figure nere e rosse del VI-V secolo a.C., un monetiere e collezioni numismatiche.
Al piano terra sono conservati i frontoni del tempio del Belvedere di Orvieto, la celebre Venere di Cannicella, statua trovata nel santuario, compreso all'interno della necropoli di Cannicella e il cippo a testa di guerriero proveniente dalla necropoli del Crocifisso del Tufo entrambe site nei dintorni della cittadina di Orvieto.
Tra gli anni Sessanta e Ottanta dell’Ottocento, la collezione archeologica venne riunita dai conti Mauro ed Eugenio Faina.