domenica 25 maggio 2025

Sicilia - Villaggio di Filo Braccio, Filicudi

 

Il villaggio di Filo Braccio è un insediamento dell'età del bronzo antico sito presso l'isola di Filicudi in Sicilia.
Venne scoperto nel 1959 da Bernabò Brea e poi nuovamente studiato nel 2009. Il villaggio appartiene alla cultura di Capo Graziano della prima fase.
Si estendeva con capanne, stalle e depositi, con ambienti a pianta ovale creati con pietre e ciottoli di mare. Attualmente parte del villaggio sta scomparendo a causa dell'erosione della costa. Sembra che l'abitato abbia avuto due frequentazioni con diversi rifacimenti.
Le capanne misurano fino a 5 metri di lunghezza. A nord era presente un muro con funzione di contenimento del terreno. Le capanne avevano una divisione interna degli spazi mentre il pavimento era di argilla sovrapposta ad uno strato di ciottoli e frammenti ceramici che favoriva l'isolamento dal terreno.
Tra i ritrovamenti vi è del vasellame, come le olle, le ciottole e i vasi di varie dimensioni.
Gli abitanti poi si spostarono presso il villaggio di Capo Graziano dove trovarono condizioni migliori per la difesa.
Dal villaggio di Filo Braccio proviene uno dei più interessanti reperti di tutta la cultura di Capo Graziano, si tratta di una tazza con decorazioni incise, rinvenuta presso la capanna F. L'importanza di questa tazza risiede nel fatto che probabilmente è il più antico esempio di raffigurazione della preistoria italiana (Graziano I). Per quanto faccia parte della cosiddetta cultura di Capo Graziano si può dire che si discosta rispetto ai comuni reperti. Il disegno rappresenta chiaramente un uomo a braccia aperte in cui è possibile notare anche le dita e il corpo. Chiaramente l'intera rappresentazione è stilizzata, così come le onde del mare rappresentate con delle linee a zig-zag e delle barche formate da linee orizzontali con altre minori verticali. Non è chiaro chi sia rappresentato, se un uomo o una divinità, se le barche partono o arrivano, tuttavia è importante dire che è l'unico esempio di rappresentazione complessa, rispetto alle semplici linee di decorazione che troviamo nelle ceramiche anche della seconda fase.

Sicilia - Serra Casale


Serra Casale (o monte Casale) è un'elevazione montuosa di 910 m s.l.m. che fa parte dell'antico apparato vulcanico dei Monti Iblei di cui fa parte anche il vicino Monte Lauro di 986 m.
Le loro cime segnano il confine tra le attuali province di Siracusa e Ragusa e fanno da spartiacque tra le vallate dell'Irminio e dell'Anapo.
L'importanza della serra Casale è dovuta essenzialmente alla presenza di importanti reperti archeologici, riportati alla luce dall'archeologo Paolo Orsi, agli inizi del XX secolo (nella foto, Kore in calcare da monte Casale, 570-560 a.C., Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi, Siracusa). L'Orsi li identificò come facenti parte della città greca di Casmene. Il sito di serra Casale presenta inoltre tracce di insediamenti Sicani risalenti, sembra, al periodo in cui questi si dovettero spostare dalla costa verso l'interno sotto la minaccia di invasori provenienti dal mare. L'area a quel tempo era ancora ricoperta di fitti boschi di leccio e di platani orientali ricchi di selvaggina.
Rimangono inoltre tracce di villaggi fortificati della civiltà di Castelluccio costruiti in posizione strategica per il controllo delle vie di comunicazione.

Sicilia - Contrada Stretto

 

Il sito di Contrada Stretto si trova nell’omonima contrada che prende nome da una sella collinare, tagliata dalla costruzione della strada per Corleone, in un’area interessata da una grande cava attiva fino alla fine degli anni ’60.
Il clima salubre, la fertilità dei terreni, la presenza di numerosi corsi d’acqua  hanno determinato l’insediamento nel territorio di Partanna di popolazioni pre e protostoriche, e successivamente greche, romane, bizantine, arabe e dei vari dominatori della Sicilia, come testimoniano i numerosi reperti archeologici e il vasto patrimonio culturale del territorio.
L’importante presenza, in contrada Stretto, di una rete di fossati neolitici (5570-5400 a. C.), scavati nella calcarenite, forse utilizzati per scopi irrigui, ha valso a Partanna la denominazione di città della civiltà dei fossati. Nel sito sono stati infatti rinvenuti almeno cinque lembi di fossati, di cui il più imponente misura circa 1-1.20 m di larghezza e 13 m di profondità. Le enormi dimensioni del tracciato del fossato, ricostruibile per una lunghezza di circa 46 m , tramite i resti rintracciati nei diversi saggi, e la presenza in esso di ceramica, selce, ossidiana, resti di flora e fauna, strati di cenere e segni di fuoco, hanno indotto gli archeologi ad ipotizzare una diversa utilizzazione da quella idraulica e a propendere per un  uso cultuale. Stesso uso è stato attribuito ad una galleria coeva ai fossati, rinvenuta durante la campagna di scavi del 1994, che conduce ad una polla d’acqua ancora attiva e molto suggestiva da visitare anche dal punto di vista naturalistico.
Per la singolarità delle sue evidenze archeologiche lo Stretto è stato definito “Santuario delle acque”.
Gli scavi e le campagne di ricognizione hanno messo in luce anche delle tombe a grotticella e delle monumentali tombe a camera risalenti all’età del Bronzo in cui sono stati recuperati corredi funebri di ceramiche e  vasi della tipologia Partanna-Naro, caratteristici di altri villaggi protostorici del trapanese, ora conservati presso il Museo Archeologico Regionale di Palermo. Notevole testimonianza dell’alto grado di sviluppo raggiunto dagli abitanti del sito nell’età del Bronzo è il rinvenimento di un cranio trapanato che porta i segni di un intervento chirurgico. Da studi sul reperto si è potuto constatare che l’individuo interessato dalla trapanazione ha continuato a vivere per circa un anno dalla data dell’operazione. Il cranio è oggi conservato presso il Museo Archeologico di Palermo. Altri reperti neolotici e dell’Età del Bronzo sono esposti nel Museo del Basso Belice, presso il castello Grifeo di Partanna 

(da turismo.trapani.it)

Sicilia - Necropoli di contrada Bellamagna


La necropoli di contrada Bellamagna si trova 2,5 chilometri a nordovest di Pozzallo, ma rientra all'interno dei confini amministrativi del comune di Modica, in provincia di Ragusa. Appartiene alla cultura di Castelluccio, diffusa in Sicilia nell'età del Bronzo antico, dal 2200 al 1450 a.C. Sono state individuate 87 tombe a grotticella artificiale, la maggior parte delle quali a pianta circolare o subcircolare. Alcune presentano nicchie al loro interno. Una dozzina di tombe non furono portate a termine. La zona fu utilizzata come necropoli anche in età tardoantica, come testimoniano nove piccoli ipogei e una trentina di tombe a fossa.

Sicilia - Villaggio "castellucciano" di Poggio Biddini

 
Il villaggio "castellucciano" di Poggio Biddini è sito nel territorio del comune di Acate in provincia di Ragusa. L'insediamento risale all'età del bronzo (2300-1800 a.C.) nel periodo castellucciano. Il sito, scoperto nella seconda metà del XX secolo, rappresenta un villaggio agricolo costituito da circa 20-30 capanne abitate da una comunità umana. Le capanne avevano forme circolari o sub circolari ed alcune presentavano dei piccoli focolari all'interno.
La particolarità del sito è dovuta alla scoperta di alcune sepolture attestanti una pratica funeraria ancora sconosciuta in Sicilia. Sotto il pavimento di una capanna sono stati rinvenuti due crani femminili separati dal resto del corpo e privi di mandibola. La cosa è stata interpretata come un segno di culto degli antenati al femminile.
Simili rinvenimenti si sono riscontrati solo in Israele.


Sicilia - Monte Manganello

 

Monte Manganello è il toponimo di un importante rilievo nel quale si insediò un piccolo centro protostorico, in cui si protrasse un villaggio capannicolo dal Bronzo Antico al Bronzo Medio, situato nel territorio comunale di Piazza Armerina, a circa 10 km dal centro abitato. Vi si accede percorrendo la strada provinciale 89/a dal centro di Piazza Armerina, qualche chilometro prima di raggiungere il lago Olivo.
La scoperta del sito archeologico è stata fatta da due soci del gruppo archeologico di Piazza Armerina nel 1999, conseguentemente alla realizzazione delle aree tagliafuoco, da parte della forestale che comportarono interventi di sterro. Oltre a resti attribuibili ad un villaggio di fase castellucciana furono riconosciute alcune tombe a grotticella immediatamente al di sotto della cima di Cozzo Comune.
A seguito di ciò venne effettuata una rapida campagna archeologica d'emergenza dalla Soprintendenza B.C.A. di Enna nell'anno 2000. Lo scavo permise, in relazione agli elementi portati alla luce, di definire inizialmente l'area come un villaggio preistorico cronologicamente inquadrabile tra la tarda età del rame e la prima età del bronzo. Uno studio più recente, attribuisce le ceramiche solo ad una fase media e avanzata della cultura di Castelluccio.
Sono stati individuati diversi gruppi di tombe a grotticella artificiale, oltre a quello già noto di “Cozzo Comune”. In totale si tratta di tre aree adibite a necropoli.

Sicilia - Pizzo Cannita

 


Pizzo Cannita è un'altura di 208 m nel territorio comunale di Misilmeri in Sicilia, sede di un sito archeologico datato tra il VI e il IV secolo a.C..
Il toponimo Cannita trae origine o dalla forma allungata della vetta calcarea (simile ad una canna) se vista da nord o dalla presenza, lungo il corso del vicino fiume Eleuterio, di numerosi canneti; un'altra ipotesi etimologica farebbe derivare il toponimo da Matteo La Cannita, un possidente locale.
Le prime notizie sulla presenza di fossili in una grotta di Pizzo Cannita si devono a scavi effettuati nel 1928 (Ursus, Cervus, Lupus, Elephas, Sus).
Nel 1695 e nel 1727 in località Portella di Mare furono rinvenuti due sarcofagi antropoidi di matrice punica del VI-V secolo a.C., oggi conservati presso il Museo archeologico regionale di Palermo ed esempi unici di questa categoria scultorea rinvenuti fino ad oggi in Sicilia. Tale necropoli, secondo la testimonianza dell'abate Michele Del Giudice, rientrava nella tipologia della camera ipogeica scavata nel banco roccioso, a pianta quadrangolare con tetto piano, cui si accedeva tramite un dromos a gradini chiuso da un lastrone litico. Sul lato orientale del pianoro della Cannita affiorano ruderi murari riferibili alla cinta muraria, mentre su quello sud-occidentale emergono i filari di fondazione di due strutture murarie angolari, costituite da filari di blocchi isodomi di calcarenite, la cui accurata tecnica indica una datazione al V secolo a.C. Nel sito, a seguito di rinvenimenti avvenuti nel secondo dopoguerra, è stata riscontrata l'esistenza di un'area sacra dedicata ad Atena; di tale destinazione cultuale sono testimonianza una statuetta fittile di Atena guaritrice ed una testina della stessa dea, oltre ad un'iscrizione greca in dialetto dorico incisa su una coppa ad alto piede («εκθυε επε μοι ται Αθαναια ι τυχαγαθαι», «Sacrifica su di me ad Atena per un buon auspicio») insieme ad un'arula fittile con grifoni in lotta con un equide, anse antropomorfe di braciere sacrificale, un gallo fittile originariamente policromo ed un oscillum con Menadi danzanti. L'assenza di frammenti ceramici posteriori al III secolo a.C. induce a supporre che la distruzione dell'abitato sia avvenuta nel corso della prima Guerra Punica, intorno al 261 a.C. Secondo un'ipotesi del 1953, basata sul ritrovamento di una moneta greca con la dicitura Kronia, l'insediamento di Pizzo Cannita sarebbe corrisposto alla città di Cronia, attestata da Polieno. I materiali rinvenuti nell'insediamento di Pizzo Cannita sono conservati al Museo archeologico regionale di Palermo.


Sicilia - Sito archeologico di Cassibile

 

Il sito archeologico di Cassibile è uno dei più vasti della Sicilia, in quanto comprende numerose tracce rupestri e rovine in un territorio inserito fra i comuni di Avola, Noto e Siracusa. Parte del sito ricade in terreni privati e pertanto risulta di difficile accesso.
Avola antica rappresenta il principale nucleo di tale sito, in quanto posto ai bordi della Riserva di Cavagrande del Cassibile, luogo di interesse sia archeologico che naturalistico. Cavagrande, come dice la stessa denominazione è il canyon più largo e lungo della zona; più a nord sono presenti altre cave, molto più strette che terminano in corrispondenza dell'attuale abitato di Cassibile. Una di queste cave è la Cava Sant'Anna, ed è la più interessante dal punto di vista archeologico perché contiene al suo interno la Necropoli di Cassibile, che è, dopo Pantalica, il più grande complesso tombale della civiltà sicula. Sono presenti infatti circa duemila tombe a grotticella artificiale, databili ad un periodo che va dal 1000 all'800 a.C., epoca storica denominata dagli archeologi come "Seconda facies di Pantalica" o di "Cassibile", in quanto prende il nome proprio da questa necropoli. Sono stati rinvenuti numerosi reperti, oggi custoditi presso il Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi, come le fibule ad arco a gomito, e vasellame. Altri complessi tombali, più isolati, sono inseriti all'interno delle cave successive; si tratta di tombe posteriori e quasi tutte a camera.
I numerosi reperti ci svelano che la civiltà che viveva tra Avola antica e Cassibile era molto raffinata, probabilmente per via di un costante contatto con i Fenici e per la sua vicinanza al mare. La necropoli di Cava Sant'Anna fu riutilizzata in epoca bizantina, e molte tombe furono destinate anche ad altri usi; lo dimostrano gli arcosoli all'interno di alcune tombe a camera. Inoltre è assai probabile che, il colle piramidale che si trova di fronte alla necropoli, chiamato "Cugno Mola" è da identificarsi con il fortilizio, di cui parla Tucidide (VII.80) nel racconto sulla Guerra del Peloponneso; cioè doveva trattarsi del luogo, in prossimità della foce del fiume Cassibile, dove i siracusani avevano installato una fortezza militare per sorvegliare gli Ateniesi in fuga. I siracusani infatti dal colle impedirono agli ateniesi di entrare nella valle del Cassibile, dove avrebbero cercato rifugio presso i siculi di Avola antica. Evidentemente i siracusani e i siculi, in vista dell'imminente vittoria siracusana, si erano alleati contro il nemico ateniese.
Per l'estensione della necropoli, si è ipotizzata l'esistenza di un grande centro siculo (spesso identificato con una delle antiche città chiamate Hybla), nato in seguito al sovrappopolamento di Pantalica intorno all'XI secolo a.C. e che aveva in Avola antica il suo fulcro. Del centro abitato rimane solo un tempietto dorico d'età greca, prostilo.



Sicilia - Anaktoron di Pantalica

 


L'Anaktoron di Pantalica è un edificio megalitico rinvenuto sull'acropoli di Pantalica, nel territorio di Sortino, comune italiano della provincia di Siracusa in Sicilia. Sull'altopiano di Pantalica rimangono quasi esclusivamente i ruderi dell'anaktoron, un edificio megalitico di grossi blocchi di 37,5x11,5m, con diverse stanze rettangolari, evidente imitazione dei palazzi micenei. Secondo questa tesi il principe locale (Wanax) proprio come quelli micenei comandava sulla popolazione locale. Esso appartiene alla prima epoca di Pantalica (XII-XI secolo a.C.) e ne rimangono soltanto i blocchi di fondazione. A tal proposito Paolo Orsi, in 'Pantalica e i suoi monumenti', scrive:
«Qualcuno degli Egei che poco prima del Mille toccavano la costa siracusana, si spinse o volontario o captivo per entro la valle dell'Anapo fino all'aspra Pantalica che già attraeva merci egee e si mise al servizio del principe come dimostrano i principi tectonici della Grecia micenea nel nostro palazzo ed anche lo schema planimetrico che ricorda in qualche parte le costruzioni achee
Egli quindi sostiene, assieme a diversi studiosi, il legame con le maestranze micenee che potrebbero aver favorito la costruzione dell'edificio anche in virtù di un già presente commercio tra le due sponde del mediterraneo. Ma non solo, è ben evidente che i siculi non fossero abili costruttori di edifici in pietra, poiché essi risiedevano in capanne fatte in materiale deperibile. Questa anomalia fu subito riscontrata da Orsi che ipotizzò l'utilizzo di maestranze esterne, in grado di eseguire lavori altrimenti non attuabili: «Se dunque i Siculi non furono né muratori, né costruttori, si affaccia come una strana anomalia l'edificio di Pantalica, che non a torto ho chiamato sede principesca o Anàktoron
L'edificio fu modificato e riutilizzato in epoca bizantina dopo un precedente abbandono. Vennero eseguite delle modifiche come il rinforzo con calce del muro perimetrale e la creazione di un pavimento in cemento. Il suo definitivo abbandono è avvenuto a causa di un incendio, forse dovuto dall'arrivo degli arabi.
All'interno sono state rinvenute diverse armi in bronzo e una fonderia, che fanno supporre un'ipotetico privilegio di fusione da parte del principe ivi residente. Bisogna tuttavia aggiungere che le porte dell'edificio avevano l'apertura verso l'esterno, il che fa supporre anche la funzione non residenziale del palazzo ma di possibile deposito o forziere (Rosa Maria Albanese, -La tarda età del Bronzo e la cultura di Pantalica)

Sicilia - Parco archeologico di Sabucina

 

Il parco archeologico di Sabucina (o Sabbucina, secondo la toponiia mufficiale), sito sul monte omonimo nei pressi di Caltanissetta (8 chilometri a nord-est), è un sito archeologico della Sicilia. Nel territorio si susseguirono insediamenti dall'età del bronzo antico (XX-XVI secolo a.C.), poi la fase di ellenizzazione del sito fino al periodo romano.
Il villaggio originario ha sicuramente origini pre-greche: fu, infatti, costruito dai Sicani, i quali sfruttarono l'agevole posizione del monte che domina l'intera vallata del Salso.
In base ai dati archeologici disponibili, le fasi dell'abitato possono essere suddivise come mostrato di seguito:
  • XXIII-XV secolo a.C.: alcuni villaggi di facies castellucciana ai piedi della montagna
  • XIII-X secolo a.C.: esteso abitato di capanne di facies di Pantalica Nord (tre fasi):
  • Nella prima fase (XIII-XII secolo a.C.) avviene l'occupazione del sito con la nascita di capanne circolari con diametro tra i 3,5 m e i 7 m scavate direttamente nella roccia con un gradone.
  • Nella seconda fase le capanne vengono delimitate perlopiù da muri a secco con diametri tra i 4,9 m e i 7,9 m.
  • Nella terza fase (XI-X secolo a.C.) i nuclei abitativi cambiano forma diventando a pianta rettangolare e spesso divisi in due ambienti tramite muri di pietre.
  • X-IX secolo a.C.: l'abitato diviene modesto (forse a causa di una violenta distruzione) e si collega alla cultura di Cassibile
  • VIII-VII secolo a.C.: nuovo insediamento con case rettangolari; aree di culto organizzate disposti sulla sommità della collina.
  • VI secolo a.C. il sito viene ellenizzato da coloni rodio-cretesi e realizzata la cinta muraria, che verosimilmente restrinse l'area abitata.
  • V secolo a.C. il centro viene distrutto da Ducezio, nel corso della rivolta sicula contro i Greci e poi ricostruito.[3] Sul finire del V secolo a.C. avvenne un'altra distruzione, questa volta da parte dei Cartaginesi contro i Greci.
  • IV secolo a.C.: la città viene ricostruita, le mura rinforzate e fortificate con torri quadrangolari ad opera di Timoleonte: il centro presentava un orientamento diverso.
  • 310 a.C. il sito viene abbandonato probabilmente per la distruzione operata da Agatocle determinando il trasferimento della popolazione che si disperde.
  • In epoca romana si insediano delle fattorie e ville in pianura presso Piano della Clesia e la necropoli di contrada Lannari.
La scoperta di questo sito archeologico è relativamente recente, infatti fu solo negli anni sessanta che venne intrapresa la prima campagna di scavi, guidata da Piero Orlandini, che condusse alla scoperta del villaggio capannicolo del Bronzo Tardo, risalente al XIII-X secolo a.C.; questa scoperta fu di straordinaria importanza, in quanto si trattò del primo villaggio di questo tipo individuato in Sicilia. Nella zona ai piedi della montagna, sono state rinvenute anche alcune tombe a grotticella, risalenti all'età del bronzo.

Della facies di Pantalica Nord sono alcune
capanne circolari parzialmente scavate nella roccia e contenute da un muretto di pietre su cui poi si insediava la struttura lignea fatta di pali che determinano fori circolari nel terreno. Al centro delle capanne vi era il focolare, alcune di esse erano collegate ad ipogei sottostanti. Una delle capanne era adibita a fornace, essendo state ritrovate anche delle matrici in pietra per la costruzione di armi metalliche. Nel sito vengono ritrovati anche dei manufatti di ascendenza egea, segno della presenza di contatti o di migrazioni di genti dalla madrepatria sino alla Sicilia.
La fase finale della cultura di Pantalica Nord determina abitazioni a pianta rettangolare che richiama alle strutture abitative di Thapsos e persino modelli egei. Del IX secolo a.C. risalgono le tracce di una violenta distruzione, testimoniata da tracce di bruciature. A quest'epoca risalgono i manufatti provenienti dalla cultura di Cassibile e vasi in stile Sant'Angelo Muxaro.

A sud del muro di fortificazione, cioè all'esterno della cinta muraria, si trova l'antica
area sacra. Qui sono presenti una serie di ambienti rettangolari o circolari probabilmente destinati al culto di divinità ctonie. Lo sviluppo di tale area avviene tra l'VIII secolo a.C. e il V secolo a.C.
Ritrovamenti sono relativi ad una capanna adibita a santuario e al cosiddetto sacello di Sabucina. È quest'ultimo un modello in terracotta, risalente al VI secolo a.C., trovato nei pressi della necropoli, che rappresenta un tempietto con pronao in antis, un tetto a doppio spiovente, sormontato da due figure di cavalieri e con il basso timpano ornato da due maschere di tipo gorgonico.
In questa stessa area verrà poi costruito il quartiere artigianale con la presenza di una fornace per la fusione delle armi.

Il
muro di fortificazione risale all'ellenizzazione del sito, cioè al VI secolo a.C. dove è presente anche un torrione circolare. La fortificazione cinge la parte alta del monte. Dopo la distruzione operata da Ducezio nel V secolo a.C. la fortificazione viene rinsaldata con la costruzione di torri quadrate.
A seguito della distruzione da parte dei Cartaginesi, nella metà del IV secolo a.C. le mura vennero ripristinate e rinnovate consentendo anche la creazione di nuovi quartieri abitativi.