giovedì 15 maggio 2025

Sardegna - Sa Rocca 'e su Lampu (Sardegna)

 

La domus de janas di Sa Rocca 'e su Lampu è un monumento archeologico funerario situato in territorio di Florinas, nella Sardegna nord-occidentale. Ubicata sull'orlo di un tavolato calcareo, si affaccia sulla lunga valle dei Giunghi, un'area ricca di testimonianze che documentano la continuità dell'insediamento umano fin dalla preistoria.
La tomba è del genere "a prospetto architettonico", una tipologia di domus presente quasi esclusivamente nel Sassarese e quantificata in numero di 90 unità, caratterizzata dal prospetto che riproduce un'imitazione della stele centinata tipica delle tombe dei giganti. La domus è scavata in una parete di calcare quasi a strapiombo sulla valle sottostante. Presenta un prospetto alto 2,60 m raffigurante una stele semplice, priva delle classiche scorniciature, levigata dagli agenti atmosferici o forse intenzionalmente dall'uomo. Sulla parte alta sono presenti tre fori di 15–16 cm di diametro per 9–14 cm di profondità, atti presumibilmente ad ospitare piccoli betili in pietra o legno.
Nella parte bassa del monumento è presente l'esedra, semicircolare, lunga 7,40 metri dove scorre un sedile di 0,40 x 0,25 m di altezza. Al centro si apre il portello di ingresso, oggi largo 1,35 e alto 1,30 m ma originariamente più stretto, attraverso il quale si accede al vano funerario. Come la gran parte delle domus a prospetto architettonico realizzate ex novo è dotata di una sola camera; questa ha pianta semi ellittica (2,35 x 3,00 m) e profilo circolare con altezza massima di 0,83 m. Al suo interno sulla sinistra si apre un'ampia nicchia della quale sfugge la funzione ma che presumibilmente veniva utilizzata per depositarvi oggetti votivi.
Il monumento, oggetto di studio da parte dell'archeologo Paolo Melis a fine secolo scorso, può essere ascritto alla cultura di Ozieri, nel Neolitico recente (3500/3300-2900 a.C.).


Sardegna - Enas de Cannuja

 


La domus de janas di Enas de Cannuia di Bessude è una necropoli scavata nella roccia, la cui origine viene fatta risalire al III millennio a.C. nell'età della Cultura di Abealzu-Filigosa.
La necropoli di enas de Cannuia comprende 6 domus de janas scavate in un costone trachitico. Alle tombe presumibilmente si arrivava utilizzando le tacche scavate nella parete rocciosa analoghe a quelle che ancora si conservano nella necropoli di Domus de janas Sos Furrighesos a Anela.


 

Sardegna - Tomba di Molafà


La tomba di Molafà (o più correttamente Domus a prospetto architettonico di Molafà) è un sito archeologico preistorico situato nel comune di Sassari, in località Molafà. Si tratta di una domus de janas con prospetto architettonico, scolpito nella roccia, che ricorda la stele centrale e l'esedra delle tombe dei giganti, tanto da essere definita da alcuni una "tomba dei giganti scavata nella roccia". Questa tipologia tombale è tipica di alcune aree del sassarese mentre è sconosciuta nel resto della Sardegna, dove si hanno solamente domus de janas e tombe dei giganti di tipo classico.
Venne riutilizzata in epoca medioevale come cappella rupestre e fu oggetto di alcuni rimaneggiamenti.

Sardegna - Necropoli di Su Murrone


La necropoli di Su Murrone è un sito archeologico ubicato ai piedi del monte Cucullai, nella regione storica dell'Anglona, Sardegna settentrionale. Fa parte del territorio di Chiaramonti, provincia di Sassari, da cui dista circa otto chilometri.
L'ipogeo è aperto su un bancone di trachite tufacea ed è composta da un'anticella ellissoidale con soffitto spiovente verso l'ingresso, e da una cella da cui si aprono 5 ambienti.
Dell’intero complesso monumentale al momento sono state esplorate 4 domus. Il complesso è stato frequantato in diverse epoche. Dalle indagini di scavo, del 1998-99 a cura di Giuseppe Pitzalis, la necropoli è stata ascritta al Neolitico finale (3200 a.C., cultura di San Michele), con successivo riutilizzo nell'età del rame (cultura del vaso campaniforme), nel Bronzo antico (cultura di Bonnanaro) e in epoca romana. La tomba è caratterizzata dalla presenza di tracce di colore rosso sulle pareti e dal soffitto nel quale, scolpito in rilievo, è rappresentato un tetto a doppio spiovente completo di trave principale e 28 travetti perpendicolari ad essa.
Fra gli altri motivi ornamentali, costituiti da cornici e lesene, spicca una coppia di protomi taurine riprodotte in rilievo sulle pareti della camera centrale, a simboleggiare il dio Toro o della fertilità.


Sardegna - Necropoli di Sas Arzolas de Goi

 


La necropoli di Sas Arzolas de Goi è un sito archeologico ubicato a breve distanza dal centro abitato di Nughedu Santa Vittoria, nella regione storica del Barigadu, Sardegna centrale. Situata in parte su una collina trachitica ed in parte in un masso risparmiato da lavori di cava, è composta da sette domus de janas di tipo pluricellulare.
L'interesse del sito è costituito principalmente dalla presenza di decorazioni eseguite con ocra rossa e da alcune protomi taurine ricavate nella roccia. La necropoli è inoltre arricchita da numerosi elementi architettonici quali lesene, pilastri, cornici e nicchie, e da un "focolare" scavato nel pavimento.
Il sito, cronologicamente ascrivibile al periodo compreso tra il Neolitico finale (cultura di Ozieri, 3200-2800 a.C.) e l'Eneolitico (2600 a.C.), è stato oggetto di indagini archeologiche da parte dell'archeologa Giuseppa Tanda.

Sardegna - Tempio di Domu de Orgia, Esterzili

 


Il tempio di Domu de Orgia (Domu 'e Urxia in Lingua sarda) è un importante sito archeologico nuragico situato in territorio di Esterzili, nella provincia del Sud Sardegna.
Il tempio, situato a più di 1000 metri di altitudine, è del tipo a megaron ed è il più importante di questa tipologia fra quelli presenti nell'isola. Racchiuso in un recinto sacro di forma ellittica, l'edificio è costruito con blocchi di scisto. Il tempio ha una pianta rettangolare di circa 10 metri per 20 e si compone di due camere precedute da un vestibolo in antis.
Gli scavi, che hanno riportato alla luce diversi bronzetti, hanno permesso di datare il complesso alla seconda metà del II millennio a.C. con frequentazioni fino all'epoca romana.

(foto di Mario Carcangiu)

Sardegna - Tempio di Demetra e Kore, Narcao

 

Il tempio di Demetra e Kore è un sito archeologico situato in località Bagoi, nella frazione di Terraseo del comune di Narcao, nella provincia del Sud Sardegna.
Si tratta dei resti di un antico tempio campestre di epoca tardo punica e romana dedicato ad una divinità protettrice dei raccolti: Demetra. Venne scoperto casualmente nel 1971 durante dei lavori di aratura. Iniziarono dunque gli scavi che rivelarono l'importante scoperta archeologica
Il tempio appare costituito da un edificio a pianta rettangolare; un secondo ambiente, adiacente al lato nord-ovest, conteneva molti ex voto, tanto da far pensare ad una specie di deposito.
Un terzo ambiente doveva probabilmente essere l'abitazione del sacerdote della dea. Frontalmente al tempio erano allineati cinque altari di dimensioni uguali più un sesto, più piccolo, presso i quali furono ritrovati abbondanti quantità di cenere, piccoli frammenti ossei e denti di animale compatibili con i sacrifici animali tipici dei riti dell'epoca.
Le numerosissime statuette, ritrovate nel tempietto presso Terraseo, raffiguravano Demetra specialmente come una donna con il velo, che stringe al seno un maialino e regge con la mano destra una torcia. Questi ex voto si presentano cavi all'interno e sono alte circa 15 centimetri. Vi sono tuttavia esemplari più grandi come la statua di culto della dea Demetra cruciforme.

Sardegna - Necropoli di Moseddu, Cheremule

 


La necropoli di Moseddu è un sito archeologico situato alle pendici dell'antico vulcano di monte Cuccuruddu, nella regione storica del Meilogu, Sardegna nord occidentale. Appartiene amministrativamente al comune di Cheremule, centro abitato in provincia di Sassari, da cui dista circa due chilometri.
La necropoli è situata su un ampio affioramento calcareo e risulta piuttosto degradata a causa dello sfaldamento naturale tipico di quel genere di roccia. È formata da diciotto tombe ipogeiche del tipo a domus de janas con sviluppo planimetrico semplice, mono o bicellulare. Alcune sono interessate dalla presenza di elementi architettonici quali architravi, stipiti, gradini e cornici, scolpiti a bassorilievo nella roccia. La necropoli, segnalata durante gli anni quaranta del secolo scorso dall'archeologo Antonio Taramelli, è cronologicamente collocabile nella cultura di Ozieri del Neolitico finale (3200-2800 a.C.).
La domus che riveste maggior interesse è la tomba Branca. Posta in posizione leggermente isolata rispetto agli altri ipogei della necropoli, è formata da un'ampia camera a pianta rettangolare, con misure 3,10 x 5 m, alla quale si accede superando un breve dromos.
La peculiarità della tomba è data dalla presenza di una ventina di petroglifi, alcuni alti quasi 30 cm, incisi con la tecnica della martellina sui lati destro e sinistro del dromos e ai bordi del portello d'ingresso. Si tratta di figure antropomorfe particolarmente stilizzate, con corpo filiforme e testa rappresentata da un cerchio, talune con le braccia rivolte verso l'alto. La disposizione di alcune figure con gli avambracci alzati porta a suggerire lo svolgimento di un ballo, mentre una figura capovolta potrebbe essere la raffigurazione del defunto.
Identiche rappresentazioni sono riscontrabili anche nella tomba della Cava, così chiamata per la sua vicinanza ad una cava di pietra, peraltro risalente ad epoca romana.

Sardegna - Serra Orrios, Dorgali

 

Serra Orrios è un importante complesso archeologico nuragico situato nel comune di Dorgali, in provincia di Nuoro. Il sito, risalente al II millennio a.C., è un villaggio-santuario, fra i meglio conservati della Sardegna nuragica, costituito da un centinanio di capanne a pianta circolare, semplici o anche complesse e raggruppate in isolate, e da due aree sacre, circondate da dei recinti sacri che le separano dall'abitato, al cui interno sono presenti due tempietti del tipo ad antis o megaron.
Venne scavato tra il 1936 e il 1938 da Doro Levi. Successivamente nel 1961 il sito venne restaurato sotto la direzione di Guglielmo Maetzke.

(foto da SArdegnaTurismo)

Sardegna - Complesso nuragico di Romanzesu, Bitti

 

Il complesso nuragico di Romanzesu è un sito archeologico che si trova a 750 m s.l.m. in località "Poddi Arvu" (il pioppo bianco), nella foresta di sughere dell'altopiano granitico di Sa Serra, a circa 13 chilometri da Bitti, in provincia di Nuoro.
Si tratta di un villaggio nuragico esteso per oltre sette ettari risalente all'Età del bronzo, vicino alla sorgente del fiume Tirso, e che comprende il pozzo sacro, un centinaio di capanne, due templi a mégaron, un tempio rettangolare, un anfiteatro ellittico a gradoni, e una grande struttura labirintica.
Il toponimo Romanzesu deriva dalla presenza di testimonianze di epoca romana. Nel II - III secolo d.C. i romani infatti occuparono l'altopiano costruendo delle mansiones (fattorie) in località "Sa Pathata", "Juanne Pala" e Olusthes.
Le prime notizie risalgono al 1919, quando l'archeologo Antonio Taramelli, durante dei lavori di ricerca d'acqua, scoprì il pozzo sacro. In seguito agli scavi, la scala trapezoidale che scendeva al pozzo venne distrutta dagli operai e l'acqua sorgiva deviata verso un abbeveratoio. Negli anni Cinquanta i tubi in ceramica furono sostituiti da un canale in blocchi di granito, rendendo così difficilmente leggibili le antiche strutture.
Il pozzo sacro si trova al centro dell'area sacra. Di esso rimangono diciannove filari in blocchi di granito. Ha una struttura a tholos, cioè con pianta circolare e copertura a pseudocupola; i muri poggiano sulla roccia da cui sgorga la sorgente. Il vano del pozzo dispone di una panchina che doveva in origine seguire tutta la circonferenza.
Si ritiene possa risalire all'Età del bronzo recente e finale (XIII-IX secolo a.C.) e che fosse un tempio a pozzo dove si svolgevano le cerimonie legate al culto delle acque. Esso è infatti collegato all'anfiteatro da un canalone con gradoni lungo 42 metri che portava l'acqua della sorgente all'anfiteatro. Vicino al pozzo sono stati riportati alla luce tre betili in granito (piccoli cippi simboleggianti la divinità).
L'anfiteatro è una grande vasca circolare su un dislivello di 1,60 metri che raccoglieva l'acqua del pozzo quando essa superava il livello della scala. È circondata da sei tribune a gradoni, su cui probabilmente si raccoglieva la gente del villaggio. Originariamente doveva essere lastricato. La vasca probabilmente era utilizzata per le abluzioni rituali e altri riti politico-religiosi e, forse, anche per l'ordalia dell'acqua nei giudizi sui delitti contro la proprietà.

Le capanne del villaggio nuragico hanno pianta circolare e pavimento lastricato. All'interno vi è un sedile di pietra perimetrale ed un focolare sempre in pietra posto al centro del vano. Alcune di esse sono di grandi dimensioni ed una si distingue per la presenza di un muro divisorio interno. Presso le capanne sono stati trovati reperti in ceramica risalenti all'Età del Bronzo medio (XVI secolo a.C.), da cui si può dedurre che in un primo tempo la sorgente venisse usata soltanto per l'approvvigionamento idrico dell'abitato.
Nel complesso nuragico sono stati ritrovati due templi a megaron, cioè di forma rettangolare allungata con un vestibolo che precede la cella, ed un terzo caratterizzato dall'ingresso posto su uno dei lati lunghi.

Il tempio a megaron, dal pavimento in argilla, era originariamente costruito con i muri laterali della cella prolungati ad anta sulla facciata e sul retro ed ha un vestibolo i cui muri sono costruiti con l'impiego di pietre più piccole e disposte in modo più accurato. All'interno vi è una cella che conserva i banconi perimetrali per la deposizione delle offerte, una fossa circolare che originariamente forse fungeva da sostegno per i contenitori che raccoglievano una riserva d'acqua per le abluzioni rituali, o che forse alloggiava un elemento architettonico, e tracce dell'originario pavimento in argilla.
Lo scavo documenta tre fasi edilizie:
  • prima fase (XV-XIV secolo a.C.) durante la quale il tempio venne costruito.
  • seconda fase (XIII-XI secolo a.C.) durante la quale venne costruita una facciata rettilinea che chiudeva la parte originaria prolungata ad anta
  • terza fase (X-IX secolo a.C.) durante la quale venne abbattuta la facciata rettilinea e creato un ambiente con fronte absidato che aumentò lo spazio del vestibolo. Furono inoltre coperte le due fosse circolari e la porta d'ingresso venne parzialmente occultata da un piano di piccole pietre che dovevano sostenere il nuovo pavimento.
Si suppone che in quest'epoca il tempio abbia conosciuto un graduale abbandono (le cui ragioni sono tuttora sconosciute) oppure sia stato destinato ad uso non esclusivamente religioso.


Il cosiddetto labirinto (forse la capanna del sacerdote stregone) è una struttura di muri concentrici databile al XIII-IX secolo a.C. che introduce, attraverso un corridoio ad anello, in un vano centrale rotondo (che in origine doveva essere coperto come le altre capanne) al cui centro vi è un basamento circolare in pietra e che conserva una parte di pavimentazione lastricata. All'interno del vano centrale sono stati rinvenuti molti ciottoli fluviali di quarzo rossiccio.