Il
complesso nuragico di
Romanzesu è un sito archeologico che si trova a 750 m s.l.m. in
località "Poddi Arvu" (il pioppo bianco), nella foresta
di sughere dell'altopiano granitico di Sa
Serra, a circa 13 chilometri da Bitti, in provincia di
Nuoro.
Si tratta di un
villaggio nuragico esteso per oltre sette ettari risalente
all'Età del bronzo, vicino alla sorgente del fiume Tirso,
e che comprende il pozzo sacro, un centinaio di capanne,
due templi a mégaron, un tempio rettangolare,
un anfiteatro ellittico a gradoni, e una grande
struttura labirintica.
Il toponimo Romanzesu deriva dalla
presenza di testimonianze di epoca romana. Nel II - III
secolo d.C. i romani infatti occuparono l'altopiano costruendo
delle mansiones (fattorie) in località "Sa Pathata",
"Juanne Pala" e Olusthes.
Le prime notizie risalgono al 1919,
quando l'archeologo Antonio Taramelli, durante dei lavori di
ricerca d'acqua, scoprì il pozzo sacro. In seguito agli scavi, la
scala trapezoidale che scendeva al pozzo venne distrutta dagli operai
e l'acqua sorgiva deviata verso un abbeveratoio. Negli
anni Cinquanta i tubi in ceramica furono
sostituiti da un canale in blocchi di granito, rendendo così
difficilmente leggibili le antiche strutture.
Il pozzo sacro si trova al
centro dell'area sacra. Di esso rimangono diciannove filari in
blocchi di granito. Ha una struttura a tholos, cioè con pianta
circolare e copertura a pseudocupola; i muri poggiano sulla
roccia da cui sgorga la sorgente. Il vano del pozzo dispone di una
panchina che doveva in origine seguire tutta la circonferenza.
Si ritiene possa risalire all'Età del
bronzo recente e finale (XIII-IX secolo a.C.) e che fosse un tempio a
pozzo dove si svolgevano le cerimonie legate al culto delle
acque. Esso è infatti collegato all'anfiteatro da un canalone con
gradoni lungo 42 metri che portava l'acqua della sorgente
all'anfiteatro. Vicino al pozzo sono stati riportati alla luce
tre betili in granito (piccoli cippi simboleggianti la
divinità).
L'anfiteatro è una grande vasca
circolare su un dislivello di 1,60 metri che raccoglieva l'acqua del
pozzo quando essa superava il livello della scala. È circondata da
sei tribune a gradoni, su cui probabilmente si raccoglieva la gente
del villaggio. Originariamente doveva essere lastricato. La vasca
probabilmente era utilizzata per le abluzioni rituali e altri riti
politico-religiosi e, forse, anche per l'ordalia dell'acqua nei
giudizi sui delitti contro la proprietà.

Le capanne del villaggio nuragico hanno
pianta circolare e pavimento lastricato. All'interno vi è un sedile
di pietra perimetrale ed un focolare sempre in pietra posto al centro
del vano. Alcune di esse sono di grandi dimensioni ed una si
distingue per la presenza di un muro divisorio interno. Presso le
capanne sono stati trovati reperti in ceramica risalenti
all'Età del Bronzo medio (XVI secolo a.C.), da cui si può dedurre
che in un primo tempo la sorgente venisse usata soltanto per
l'approvvigionamento idrico dell'abitato.
Nel complesso nuragico sono stati
ritrovati due templi a megaron, cioè di forma rettangolare
allungata con un vestibolo che precede la cella, ed un terzo
caratterizzato dall'ingresso posto su uno dei lati lunghi.

Il tempio a megaron, dal pavimento
in argilla, era originariamente costruito con i muri laterali
della cella prolungati ad anta sulla facciata e sul retro ed ha un
vestibolo i cui muri sono costruiti con l'impiego di pietre più
piccole e disposte in modo più accurato. All'interno vi è una cella
che conserva i banconi perimetrali per la deposizione delle offerte,
una fossa circolare che originariamente forse fungeva da sostegno per
i contenitori che raccoglievano una riserva d'acqua per le abluzioni
rituali, o che forse alloggiava un elemento architettonico, e tracce
dell'originario pavimento in argilla.
Lo scavo documenta tre fasi edilizie:
- prima fase (XV-XIV secolo a.C.)
durante la quale il tempio venne costruito.
- seconda fase (XIII-XI secolo a.C.)
durante la quale venne costruita una facciata rettilinea che
chiudeva la parte originaria prolungata ad anta
- terza fase (X-IX secolo a.C.)
durante la quale venne abbattuta la facciata rettilinea e creato un
ambiente con fronte absidato che aumentò lo spazio del
vestibolo. Furono inoltre coperte le due fosse circolari e la porta
d'ingresso venne parzialmente occultata da un piano di piccole
pietre che dovevano sostenere il nuovo pavimento.
Si suppone che in quest'epoca il tempio
abbia conosciuto un graduale abbandono (le cui ragioni sono tuttora
sconosciute) oppure sia stato destinato ad uso non esclusivamente
religioso.

Il cosiddetto labirinto (forse la
capanna del sacerdote stregone) è una struttura di muri
concentrici databile al XIII-IX secolo a.C. che introduce,
attraverso un corridoio ad anello, in un vano centrale rotondo (che
in origine doveva essere coperto come le altre capanne) al cui centro
vi è un basamento circolare in pietra e che conserva una parte di
pavimentazione lastricata. All'interno del vano centrale sono stati
rinvenuti molti ciottoli fluviali di quarzo rossiccio.