venerdì 2 maggio 2025

SVEZIA - Anundshög

 


Anundshög, detto anche Anundshögen (in svedese: "tumulo di Anund") è un tumulo vicino Västerås nella contea di Västmanland, il più grande in Svezia. Ha un diametro di 60 metri ed è alto circa 9 metri.
Ai piedi del tumulo, accanto alla Eriksgata ("strada di Eric"), vi sono poste più pietre runiche, tra cui la imponente Vs13, eretta attorno all'anno 1000, che recita: "Folkvid innalzò tutte queste pietre dopo suo figlio Heden, fratello di Anund. Vred scolpì le rune"
Da questa iscrizione è derivata l'attribuzione del tumulo a re Anund, sebbene le misurazioni con il radiocarbonio diano una stima molto più antica, tra l'età del bronzo e quella del ferro. Sempre in prossimità del tumulo vi sono i resti di undici sepolture minori (tra i 6 m e i 10 m di diametro), di dieci circoli di pietra e cinque navi di pietra, di cui due molto estese (51 m e 54 m), poste una dietro l'altra.
Nel lunghissimo periodo di esistenza del sito, esso fu utilizzato per rituali di ogni sorta e per le riunioni delle thing.
La maggior parte delle distruzioni avvenne attorno al 1600, presumibilmente perché la presenza del sito non era più accettabile per lo spirito cristiano del tempo. Molte delle pietre furono rierette o ricollocate negli anni sessanta del novecento.

NORVEGIA - Graffiti rupestri di Alta

 


graffiti rupestri di Alta (Helleristningene i Alta) fanno parte di un sito archeologico nei pressi della città di Alta, nello Stato norvegese di Finnmark. Dopo il rinvenimento del primo graffito o, più precisamente, della prima incisione, nel 1972, più di 5000 graffiti sono stati scoperti in numerosi siti attorno ad Alta. Il sito principale, situato a Jiepmaluokta a circa quattro chilometri da Alta, ospita circa 3000 incisioni ed è stato trasformato in un museo a cielo aperto. Questo luogo venne inserito tra i patrimoni dell'umanità dell'UNESCO il 3 dicembre 1985. È il solo sito archeologico norvegese ad aver avuto questo onore.
Le incisioni più antiche sono databili attorno al 4200 a.C., mentre le più recenti sono del 500 a.C. La grande varietà di immagini illustra una civiltà dedita alla caccia e raccolta in grado di controllare branchi di renne, abile nella costruzione di barche e nella pesca. Questi popoli praticavano riti sciamani che comprendevano il culto degli orsi e di altri animali. La conoscenza di questa civiltà si limita a quello che si apprende dall'analisi delle pitture rupestri.
Al momento della creazione delle incisioni la Norvegia settentrionale era abitata da una tribù dedita alla caccia e raccolta che si crede discenda dagli antichi Komsa, una civiltà dell'età della pietra che si espanse lungo la costa norvegese seguendo il recedere dei ghiacciai durante l'ultima glaciazione, intorno all'8000 a.C. Il periodo di circa 5000 anni durante i quali vennero fatte le incisioni vide numerosi cambi culturali, tra cui l'adozione degli utensili in metallo e le scoperte in settori quali la costruzione di barche e le tecniche di pesca. In ogni caso le immagini mostrano molte scene mondane e simboli religiosi. Le incisioni più recenti mostrano molti tratti in comune con quelle rinvenute nella Russia nord-occidentale, il che fa pensare a contatti tra le culture di tutto il nord Europa.
Le connessioni tra gli autori di queste opere, i Komsa ed i lapponi sono in qualche modo congetturali; nel caso dei Komsa è interessante notare che secondo le prove archeologiche l'economia dei Komsa era basata quasi esclusivamente sulla caccia ai pinnipedi, mai raffigurati nei graffiti di Alta.
Le connessioni con la cultura Sami (lapponi) sono più facilmente desumibili visto che questi ultimi hanno vissuto nella stessa zona e nello stesso periodo in cui vennero operate le ultime incisioni; inoltre numerosi soggetti dei disegni sono utensili usati anche dai Sami. In assenza di altre prove linguistiche o di DNA, tutte le ipotesi restano non dimostrabili.
Le incisioni vennero fatte utilizzando scalpelli in Quarzite costruiti utilizzando martelli di rocce più dure; alcuni scalpelli sono in mostra presso il Museo di Alta. L'abitudine di usare scalpelli in pietra sembra essere continuata anche dopo la costruzione dei primi utensili in metallo.
A causa degli effetti del rimbalzo post-glaciale l'intera Scandinavia iniziò a sollevarsi dopo la fine dell'ultima glaciazione. Anche se questo effetto è tuttora attivo (al ritmo di circa un centimetro l'anno), si crede che in passato fosse molto più marcato, addirittura tale da essere percepibile da un uomo durante la vita. Si pensa che alcune incisioni fossero sulla costa, e che siano state spostate in seguito fino a raggiungere quasi un centinaio di metri nell'entroterra.
Le prime incisioni vennero scoperte nell'autunno del 1972 nell'area di Jiepmaluokta (che in lingua Sami significa "baia dei pinnipedi"), a circa quattro chilometri dal centro di Alta. Durante gli anni settanta vennero portati alla luce molti altri graffiti nei dintorni della città, soprattutto attorno a Jiepmaluokta (in questo luogo si trovano oltre 3000 dei 5000 graffiti totali). Un sistema di passaggi in legno di circa tre chilometri venne costruito a Jiepmaluokta durante la seconda metà degli anni ottanta, ed il Museo di Alta venne spostato dal centro della città al sito archeologico nel 1991. Nonostante i siti archeologici siano numerosi, l'unico aperto al pubblico resta Jiepmaluokta.
Molte delle rocce di Alta sono ricoperte da muschi e licheni; una volta scoperti i graffiti le piante sono state attentamente rimosse e le rocce pulite per mostrare le opere. Tutte le incisioni sono state fotografate e sono state archiviate. In molte zone non viene fatta manutenzione per tenere puliti i graffiti, una volta documentati (a parte, ovviamente, il divieto di costruzione). Nella aree accessibili al pubblico i graffiti sono stati colorati con ocra, al fine di rendere maggiormente riconoscibili le opere. L'effetto estetico è quello originale delle pitture rupestri.
Il Museo di Alta contiene oggetti provenienti da tutta l'area circostante che raccontano la civiltà che creò le opere, una documentazione fotografica di tutti i graffiti ed altri reperti della cultura Sami, i fenomeni delle aurore polari e la storia della zona durante la seconda guerra mondiale. Il museo ricevette l'European Museum of the Year Award nel 1993. Dal momento che non esistono reperti scritti di quel periodo, non c'è modo di conoscere il significato dei graffiti. Possibili spiegazioni comprendono l'uso in rituali sciamani, simboli totemistici di unità tribale o segni del confine del territorio della tribù.
Alcuni dei soggetti più ricorrenti sono elencati qui sotto.
Animali
Molti animali sono raffigurati nelle scene incise; tra loro spiccano per numero le renne, spesso mostrate in branchi a volte allevati, altre volte cacciati. Altri animali rappresentati sono gli alci, varie specie di uccelli e di pesci. Gli animali gravidi venivano rappresentati con un cucciolo visibile all'interno della madre.
Sembra strano che, secondo le ricerche archeologiche, dal 30 al 95% del cibo necessario alla tribù provenisse dal mare, ma scene di pesca appaiono in circa l'1% delle opere conosciute; possibili spiegazioni comprendono il fatto che la pesca in acque costiere fosse meno difficoltosa della caccia, e quindi necessitasse di minori rituali, oppure gli animali di terra potrebbero essere stati più importanti dal punto di vista religioso, e per questo motivo venivano raffigurati più spesso.
Orsi
Sembra che gli orsi giocassero un ruolo importante nella cultura di quelle tribù: venivano raffigurati spesso, e non solo in scene di caccia. Alcune posizioni dimostrerebbero che gli orsi venivano adorati. Sono di speciale interesse anche le orme lasciate dagli animali: mentre gli altri animali e gli uomini sono associati ad orme orizzontali, quasi a disegnare un piano della terra, gli orsi sono gli unici animali ad avere talvolta delle orme verticali. Questo fatto ha portato alcuni studiosi a supporre che fossero collegati in qualche modo al culto dell'oltretomba (o della morte in generale). La rappresentazione degli orsi sembra essersi interrotta attorno al 1700 a.C., il che starebbe ad indicare un cambiamento nelle credenze religiose in quel periodo.
Scene di caccia e pesca
Molte delle scene che raffigurano uomini li riprendono in scene di caccia, davanti alla loro preda; queste scene sono state tradizionalmente spiegate come rituali di caccia, nonostante gli attuali studiosi sembrino favorire un'interpretazione più complessa secondo cui le scene di caccia e pesca sarebbero i simboli di varie tribù, e le scene contemporanee di caccia e pesca rappresenterebbero un tentativo (o la semplice speranza) di allacciare relazioni con le tribù vicine. L'uso di lance, archi e frecce è evidente nel periodo più remoto. Similmente i pescatori vengono mostrati nell'atto di usare esclusivamente lenze, il che mostra la loro capacità di creare ami ed esche.
Sono particolarmente interessanti le immagini delle barche: mentre all'inizio si disegnavano solo le piccole barche, in seguito apparvero anche barche più grandi, alcune delle quali trasportavano fino a trenta persone ed erano ben equipaggiate, con decorazioni a forma di animali sugli archi e polene simili a quelle rinvenute in seguito sulle navi vichinghe.
Scene di vita mondana e di rituali
È particolarmente difficile interpretare le scene di interazione tra umani; le scene che mostrano apparentemente danze, preparazione di alimenti o atti sessuali potrebbero riferirsi a riti particolari. In più, anche se le scene mostrano scene di vita mondana, resta misterioso il motivo che portò alla loro incisione. Scene sessuali potrebbero essere connesse a rituali di fertilità, quelle di cucina potrebbero indicare periodi di abbondanza di cibo. Alcune scene mostrano differenti posizioni sociali, indicati da particolari cappelli ed altri capi di abbigliamento; queste persone sono state riconosciute come sacerdoti, sciamani o capi di una tribù.
Simboli geometrici
Tra le immagini più misteriose vi sono i simboli geometrici, trovati soprattutto nelle zone più antiche. Alcuni sono oggetti circolari, a volte circondati da frange, altri mostrano trame complicate di righe verticali ed orizzontali. Alcuni di questi sono stati associati ad utensili di aspetto simile (le griglie di linee ad esempio rappresenterebbero le reti da pesca), ma il significato della maggior parte resta sconosciuto.

(da Wikipedia, l'enciclopedia libera)

NORVEGIA - Nave di Oseberg

 

La nave di Oseberg è un esempio molto ben conservato di karvi, una tipica nave vichinga da carico (e talvolta da guerra), scoperta in un grande tumulo presso una fattoria di Tønsberg, nell'odierna contea di Vestfold og Telemark, in Norvegia. Nel tumulo venne scoperto anche un ricco corredo funerario e due scheletri di donna. La data in cui la nave fu trasportata all'interno del tumulo è successiva all'834, anche se alcune parti di essa risalgono agli inizi del IX secolo e la nave stessa è probabilmente più antica. Gli scavi furono condotti dagli archeologi Gabriel Gustafson e Haakon Shetelig nel biennio 1904-1905. La nave, uno dei più importanti reperti giunti a noi dall'epoca vichinga; insieme ad alcuni degli oggetti trovati nello stesso luogo, è conservata al Museo delle navi vichinghe di Oslo.
La nave è l'esempio "classico" di lunga nave vichinga. Costruita quasi interamente in legno di quercia, lunga circa 21 metri e larga 5, con un albero alto 9 o 10 metri. Con una vela di circa 90 metri quadrati essa poteva raggiungere i 10 nodi di velocità. Nell'imbarcazione sono presenti 15 coppie di buchi per i remi, un largo timone ed un'àncora in ferro. La prua e la poppa sono decorate con complesse incisioni nel caratteristico stile animalistico chiamato stile Oseberg. Benché destinata alla navigazione in mare, la nave è piuttosto fragile e si pensa quindi che sia stata utilizzata esclusivamente per spostamenti lungo la costa.
La prua termina a spirale, con un testa di serpente, e la poppa termina a coda. Il serpente dal corpo spiraliforme doveva diventare motivo iconografico comune nei gioielli pendenti del periodo medio-vichingo: per di più, alcuni testi del XIII secolo fanno riferimento a navi da guerra definendole "dragoni" o "serpenti". Lungo la prua della nave sono intrecciati animali in stile animalistico Urnes, intagliati a bassorilievo, perfettamente disegnati a seguire il profilo del pannello; lo stesso artista scolpì presumibilmente i grassi e divertenti animali prensili posti sul tingl, il pannello di separazione della prua all'interno dell'imbarcazione.
Nella tomba vennero trovati i resti di due donne: una di queste aveva un'età compresa fra i 60 ed i 70 anni e soffriva di artrite e di altre malattie, mentre l'altra aveva un'età compresa fra i 25 ed i 30 anni. Non è chiaro se e quale di queste due figure fosse la più importante o se una delle due sia stata sacrificata per accompagnare l'altra nell'oltretomba, anche se l'opulenza degli oggetti trovati all'interno della tomba lasciano immaginare che ci si trovi di fronte ad una sepoltura destinata ad una persona di alto rango. Una delle donne indossava un vestito di lana rossa ed un velo di lino bianco, mentre l'altra indossava un vestito di lana blu più semplice ed un velo anch'esso di lana. Nessuna delle due indossava qualcosa fatto interamente di seta, benché alcune piccole strisce di seta fossero attaccate su di una tunica indossata sotto il vestito rosso.
Un'analisi dendrocronologica degli oggetti in legno trovati nella camera funeraria permettono di datare la tomba all'autunno dell'834. Pur rimanendo sconosciuta l'identità delle due donne, è stato suggerito che una di esse possa essere la regina Åsa Haraldsdottir di Agder della dinastia Yngling, moglie di Gudrød il Cacciatore, madre di Halfdan il Nero e nonna di Harald I di Norvegia, il primo re del paese. Gli studiosi comunque non concordano con questa teoria e alcuni ritengono che lo scheletro possa appartenere ad una sacerdotessa. Sulla nave, oltre ai due scheletri umani, furono ritrovati anche i resti di 14 cavalli, un bue e tre cani.
Successivi esami sui resti umani hanno permesso di scoprire molte cose sullo stile di vita delle due donne. La donna più giovane mostra una clavicola rotta, il che ha fatto inizialmente pensare ad un sacrificio umano, ma si è successivamente scoperto che l'osso presenta segni evidenti del fatto che la frattura venne curata per un certo periodo di tempo. I denti della donna mostrano segni che lasciano intendere che ella facesse uso di uno stuzzicadenti in metallo, un lusso molto raro nel IX secolo.
Secondo altri esami la donna più anziana aveva un tumore che ne ha probabilmente causato la morte. Ella soffriva inoltre della sindrome di Morgagni, un disturbo ormonale che le dovrebbe aver conferito un aspetto mascolino, barba compresa. Entrambe le donne avevano una dieta a base di carne, un altro lusso in un tempo in cui la maggioranza delle popolazioni norrene mangiavano pesce. Gli studi non sono invece potuti essere condotti sul DNA dei resti, poiché ne è stato ritrovato troppo poco; è quindi risultato impossibile stabilire se gli scheletri appartenessero a due donne imparentate fra di loro, per esempio una regina e sua figlia o sua nipote.
La tomba venne violata durante l'antichità, cosa che spiega l'assenza di metalli preziosi. Ciò nonostante, durante gli scavi dell'inizio del XX secolo sono stati portati alla luce un gran numero di manufatti ed oggetti della vita di tutti i giorni, tra cui 4 slitte finemente decorate ed un carro a quattro ruote riccamente intarsiato. Fra gli oggetti della vita comune sono stati trovati vestiti di lana, tessuti di seta importata e piccoli arazzi. Il sito di Oseberg è uno dei pochissimi in cui sono stati trovati esempi dell'arte tessile vichinga, oltre ad aver conservato l'unico carro a 4 ruote vichingo che sia giunto completo fino a noi. La tomba risale al periodo in cui veniva usato il cosiddetto "valknut" ed è uno dei pochi siti di quest'epoca giunti fino a noi.


PAESI BASSI - De Papeloze Kerk

 

De Papeloze Kerk (letteralmente: "la chiesa senza parroco"; ufficialmente: Dolmen) è un dolmen rinvenuto nei pressi del villaggio olandese di Schoonoord (comune di Coevorden), nella provincia della Drenthe, e risalente all'epoca della cultura del bicchiere imbutiforme (4.000-2.700 a.C.) È annoverato tra I più celebri megaliti dei Paesi Bassi. Il nome "de papeloze kerk" fu dato al megalito dai protestanti, che qui nel corso del XVI secolo tenevano dei sermoni contro la fede cattolica (paap è infatti il termine olandese usato per indicare il prete cattolico). Questo genere di sermoni erano tenuti in modo particolare dal riformatore Menso Alting.
Il dolmen si trova al nr. 118 della Slenerweg, nella Sleenerzand, regione boscosa situata tra i villaggi di Schoonoord e Noord-Sleen.





PAESI BASSI - Navi di De Meern, Utrecht


Le navi di De Meern sono il nome collettivo di una serie di navi in ​​legno romane olandesi nella città di De Meer , Utrecht . Dal 1997 al 2008, una serie di navi sono state recuperate in vari stati di conservazione, in prossimità dei castelli romani di Laurum (l'attuale Woerden ) e Nigrum Pullum (l'attuale Zwammerdam ) lungo il Reno.
Dal 47 al 260 d.C., gli attuali siti facevano parte del limes , parte del confine di frontiera e dei posti di difesa dell'Impero Romano , e come tali divennero un luogo di frequente attività militare, con traffico navale per personale militare e rifornimenti. In quanto tali, le navi forniscono informazioni sulla provenienza della catena di approvvigionamento e delle attività della regione.
De Meern 1 fu scoperta a Leidsche Rijn nel 1997, ma fu finalmente scavata nel 2003. Dopo l'esumazione, la nave fu misurata 25 x 2,7 metri, con la dendrocronologia che restringeva il legname tagliato intorno al 148 d.C. ed era attivo dal 150 al 200 d.C. 
La nave conteneva una stiva, una cabina e una zona cottura, e all'interno della cabina erano conservati gli effetti personali del capitano e un set di strumenti, trovati all'interno di un armadio e di una scatola. Gli attrezzi indicano l'utilizzo delle barche per la falegnameria e la lavorazione della pietra. Oggetti militari rinvenuti all'interno della nave indicano che il suo proprietario potrebbe essere stato un veterano dell'esercito romano, che condusse lavori di riparazione lungo il limes. 
La nave presumibilmente naufragò a causa di un errore di navigazione e si scoprì che le tegole del tetto scavate presentavano carbonizzazioni, il che indica tracce di un incendio. 
I resti della nave sono esposti al Museum Hoge Woerd.
De Meern 2 e 3 sono due canoe di tronchi risalenti al II secolo. Dopo lo scavo di De Meern 1, nel 2003 è stato scoperto De Meern 4 a 150 metri di distanza, successivamente sono stati effettuati scavi nel 2005 . 
Si stima che la nave sia lunga 27 metri con la larghezza più grande misurata a 3,7 metri. Il legname utilizzato ha determinato una data di abbattimento del 100 d.C., con la provenienza locale dai Paesi Bassi centrali, intorno all'Olanda . La nave utilizzava un misto di tecniche di costruzione navale mediterranee e locali, con le parti in legno collegate a tasselli e giunti a mortasa e tenone , sebbene i giunti fossero utilizzati in modo rozzo. 
La nave fu affondata come discarica, per rinforzare l'argine contro una strada romana. 
La nave è stata coperta dopo il 2005 per ricerche future.
De Meern 5 è stato ritrovato alcuni decenni fa, ma successivamente è andato perduto e non è stato più riscoperto.  De Meern 6 è un barchino scoperto nel marzo 2008, datato 158-180, ma utilizzato fino al III secolo. Sono stati rinvenuti una tavola del fondo e un'intelaiatura, ma i dettagli hanno permesso di ricostruire la nave. Si tratta di un tipo non classificato di nave romana che misura 7,49 metri per 0,62 metri, con una lunghezza stimata di 9 metri, con fondo a forma di lancetta e incavo per la prua.

PAESI BASSI - Rijksmuseum van Oudheden, Leida

 

Il Rijksmuseum van Oudheden ("Museo statale delle Antichità"; abbreviato: RMO) è un museo archeologico di Leida, nei Paesi Bassi, fondato nel 1818.
Il museo fu fondato ufficialmente nel 1818 da re Guglielmo I dei Paesi Bassi.
Dopo che il re ebbe fondato il museo, si dovette trovare un luogo adatto per ospitare la collezione: il direttore del museo, Caspar Reuvens (scomparso nel 1835), individuò come sede adatta un'ex-casa patrizia sul Rapenburg, che era stata acquistata dell'Università di Leida nel 1801.
Il complesso fu quindi ampliato nel 1819 con la costruzione di altri edifici adiacenti all'edificio principale. Gli edifici tuttavia ospitavano in gran parte le collezioni del Museo di Storia Naturale e, con l'arricchimento della collezione del Rijksmuseum van Oudheden, cresciuta negli anni trenta del XIX secolo grazie a varie donazioni, l'edificio si rivelò insufficiente per ospitarla, tanto che il museo archeologico fu costretto a trasferirsi nel 1837 in un edificio sulla Breedstraat.
In seguito, nel 1893 parte della collezione del Rijksmuseum van Oudheden dovette però essere nuovamente trasferita nell'edificio al nr. 28 del Rapenburg.
Nel 1918, si scelse infine di trasferire la sede del Museo di Storia Naturale, che sarebbe poi diventato il Naturalis.
Tra il 1996 e il maggio 2001, fu intrapresa un'opera di ristrutturazione degli edifici che ospitano il museo.
L'inaugurazione di una nuova sezione dedicata all'archeologia dei Paesi Bassi
L'edificio principale in cui è ospitato il museo era un ex-convento di suore, utilizzato come tale fino alla fine del XVI secolo.


Il museo ospita complessivamente circa 150.000 reperti. La collezione comprende vari oggetti, quali tessuti, scarpe, oggetti bronzei, strumenti musicali, ecc. provenienti da varie parti del mondo.
Il museo ospita, tra l'altro, una delle più ampie collezioni di reperti archeologici dell'Antico Egitto al mondo. Tra i reperti principali di questa collezione, figura il tempio di Taffeh, visibile nella sala principale del museo, dove trova posto dal 1979 e reperti provenienti dalla Tomba di Ptahmes in Saqqara.
Vi è inoltre una sezione dedicata all'archeologia dei Paesi Bassi, dalla Preistoria al Medioevo.

PAESI BASSI - Allard Pierson Museum, Amsterdam

 

L’Allard Pierson Museum è un museo archeologico diretto dall'Università di Amsterdam e dedicato a varie civiltà antiche, dalle civiltà mesopotamiche, all'Antico Egitto, agli Etruschi, all'Antica Grecia, all'Antica Roma, ecc.
Il museo è intitolato all'ex-pastore vallone Allard Pierson (1831 - 1896), primo professore, dal 1877, di Archeologia all'Università di Amsterdam ed è ospitato dal 1976 nell'ex-sede della Banca Nazionale in Oude Turfmarkt.
Il museo si trova nell'Oude Turfmarkt ("Vecchio mercato della torba), nella parte meridionale della Nieuwe Zijde (lett. "Zona nuova"), al confine con la Oude Zijde e della cosiddetta "Cerchia dei Canali Est".
Il museo non è di dimensioni eccessive. Vi si trovano vasellame, statuette, sculture, sarcofagi, mummie, ecc. L'esposizione è poi integrata da una mostra di 220.000 perle e una mostra di fotografie sull'area mediterranea risalenti al 1890 - 1912. L'edificio che ospita il museo è in stile neoclassico e risale al 1860.
Le origini del museo risalgono al 1926, quando alla morte di J. Six, successore di Allard Pierson alla cattedra di Archeologia all'Università di Amsterdam, fu fondata l'Allard Pierson Stichting ("Fondazione Allard Pierson"), che mise a disposizione della stessa Università la ricca collezione di libri e reperti di cui Six disponeva per l'insegnamento.
Nel 1929, la fondazione acquistò anche la collezione posta in vendita dal banchiere de L'Aia Lunsingh Scheurleer, travolto dalla crisi economica di quell'anno, e la donò all'Università di Amsterdam.
A partire dal 1931, la collezione fu esposta nella soffitta dell'Istituto di Archeologia Mediterranea nella Weesperzijde; quindi, il 12 novembre 1934, l'Allard Pierson Museum fu ufficialmente aperto nella Sarphatistraat.
La collezione si arricchì in seguito grazie a numerose donazioni.
Nel 1976, il museo fu trasferito nella sede attuale nell'Oude Turfmarkt: l'inaugurazione si svolse alla presenza della regina Beatrice.
Nel 1994, fu aggiunta una nuova ala al museo.


La collezione

Egitto
La sezione dedicata all'Egitto va dal 5000 a.C. all'XI secolo d.C.
Vi si trovano ceramiche, mummie di animali, scrigni, tessuti (tra cui spiccano quelli copti), modelli di piramidi, ecc.
Vi si trova anche un computer con cui poter scrivere il proprio nome in caratteri geroglifici.


Asia Occidentale

Nella sezione dedicata all'Asia Occidentale si trovano reperti provenienti soprattutto dall'Antica Persia: tra questi, figurano delle brocche utilizzate nei vari rituali.


Antica Grecia

La collezione dedicata agli antichi Greci è composta prevalentemente di ceramiche decorate con scene mitologiche.
Vi si trova anche una vetrina con sculture raffiguranti animali vari.


Antica Roma

Questa sezione è strutturata in modo tale da "raccontare" la vita quotidiana degli Antichi Romani.
Tra i "pezzi forti" della collezione, figura una vasca da bagno risalente al II secolo d.C.



PAESI BASSI - Canoa di Pesse


La canoa di Pesse è considerata la più antica imbarcazione conosciuta e la più antica canoa finora trovata.
La datazione al radiocarbonio ha indicato che l'imbarcazione fu costruita tra l'8040 e 7510 a.C., nel Mesolitico;viene considerata più antica della canoa di Dufuna, trovata in Nigeria.
Attualmente è esposta al Museo Drents di Assen, nei Paesi Bassi.
La canoa, che è del tipo cayuco, cioè una canoa scavata all'interno di un tronco d'albero, ha una lunghezza di 298 cm e una larghezza di 44 cm. È stata ricavata da un tronco di pino silvestre. All'interno della cavità sono presenti delle marcature, probabilmente derivanti dagli strumenti in selce o osso delle corna di cervo utilizzati per la lavorazione.
La canoa è stata scoperta nel 1955 nel corso della costruzione dell'autostrada A 28. L'autostrada passa poco a sud del villaggio di Pesse, nel comune di Hoogeveen, attraversando il sito di un'antica torbiera. Per costruire il tracciato stradale si dovette rimuovere la torba e, nel corso degli scavi, l'operatore di un escavatore incappò in quello che scambiò per un tronco d'albero, sepolto due metri al di sotto della superficie. Un agricoltore del posto notò il reperto e lo prelevò per portarlo all'Università di Groninga, dove venne esaminato e poi liofilizzato per la conservazione.
Il reperto è stato successivamente trasferito al Museo Drents, situato poco lontano dal luogo della scoperta.
Nel corso degli studi sono state sollevate alcune obiezioni sulla natura del reperto e sulla sua originaria utilizzazione. Un esperto danese venuto a vedere la canoa, sollevò il dubbio che un'imbarcazione così piccola potesse essere in grado di navigare. Una replica del reperto, costruita nel 2001 dall'archeologo Jaap Beuker (ex direttore del Museo Drents) nelle dimensioni e forma originali, è stata provata in acqua per cinque giorni, nel vicino lago di Witteveen, dimostrando che l'imbarcazione era manovrabile con la pagaia e in grado di navigare. Le dimensioni ridotte sono probabilmente da collegare a utilizzatori di piccola statura. La replica è ora esposta nel museo di Hoogeveen.
Altri studiosi hanno ipotizzato che potesse trattarsi di un oggetto completamente diverso, come una mangiatoia o un abbeveratoio per animali. Beuker ha fatto notare che all'epoca della costruzione della canoa non era ancora iniziato l'allevamento domestico degli animali, e quindi non poteva trattarsi di una mangiatoia.
La canoa inoltre ha una costruzione simile a quella di altre imbarcazioni preistoriche trovate in altri paesi, come la canoa di Dufuna.

POLONIA - Vaso di Bronocice

 


Il vaso di Bronocice, scoperto presso Działoszyce, nel Voivodato della Santacroce, nei pressi del fiume Nidzica, in Polonia, è un vaso di ceramica in cui è incisa la prima immagine conosciuta di quello che potrebbe essere un veicolo a ruote. Viene datato con il metodo del radiocarbonio al 3635-3370 a.C., o al 3470-3210 a.C., ed è attribuito alla cultura del bicchiere imbutiforme. È attualmente esposto nel Museo archeologico di Cracovia (Muzeum Archeologiczne w Krakowie).
Il vaso è stato scoperto nel 1974-1976 durante lo scavo archeologico di un grande insediamento neolitico presso Bronocice, a circa 50 km a nord-est di Cracovia. Gli scavi furono effettuati tra il 1974 e il 1980 dall'Istituto di Archeologia ed Etnologia, Accademia polacca delle scienze e della State University of New York a Buffalo (Stati Uniti).
Sarunas Milisauskas, uno dei numerosi archeologi che ha lavorato al progetto di scavo di Bronocice ha scritto:
"La stagione di scavo del 1974 è andata oltre le nostre aspettative. Un motivo inciso rappresentante un carro è stato trovato in un vaso rinvenuto dentro un pozzo. Un osso animale associato con il vaso nel pozzo è stato datato con il metodo del radiocarbonio, intorno al 3400 a.C. (Bakker et al., 1999). Il vaso rappresenta uno dei primi elementi di prova per la presenza di carri a ruote in Europa" Milisauskas, insieme a Janusz Kruk, lo hanno attribuito alla cultura di Lublino-Volhynian (tra il 3100 e il 2200 a.C.), "contemporaneo alla fase più recente dello sviluppo del ciclo culturale di Tiszapolgar nel bacino del fiume Cisa ... la cultura è certamente più antica del periodo decadente della cultura del bicchiere imbutiforme nella Piccola Polonia".
L'immagine sul vaso raffigura simbolicamente degli elementi chiave dell'ambiente umano preistorico. La componente più importante della decorazione sono le cinque rappresentazioni rudimentali di quello che sembra essere un carro. Rappresentano un veicolo a quattro ruote a trazione animale. Le linee che le collegano probabilmente rappresentano degli assi. Il cerchio al centro potrebbe simboleggiare un contenitore per la raccolta. Altre immagini sulla ceramica comprendono un albero, un fiume e quelle che potrebbero essere dei campi intersecati da strade/fossati o il layout di un villaggio.
Le incisione sul Vaso di Bronocice possono rappresentare una sorta di sistema simbolico di "pre-scrittura", suggerito da Marija Gimbutas nel suo modello della "vecchia" lingua europea, simile a quello della cultura di Vinča (5700-4500 a.C.) noto come scrittura Vinča.
Secondo il linguista Stuart Harris, il significato della scritta è una composizione a rebus.
L'immagine sul vaso è la più antica rappresentazione ben datata di un veicolo a 4 ruote in tutto il mondo, che suggerisce l'esistenza di carri in Europa centrale già nel IV millennio a.C.. Questi carri erano presumibilmente trainati da bovidi, i cui resti sono stati ritrovati con il vaso. Le loro corna erano consumate, come se fossero state legate ad una corda, probabilmente a causa dell'utilizzo di una sorta di giogo.
Diversi ricercatori come Asko Parpola e Christian Carpelan, hanno sottolineato che "le lingue indoeuropee possiedono un vocabolario sul trasporto su ruote", fornendo così nuove informazioni di ricerca sull'origine della lingua indoeuropea; "I veicoli a ruote sono stati inventati intorno alla metà del IV millennio a.C." Altri ricercatori (David W. Anthony) suggeriscono che "l'evidenza dei vocaboli di lana e carro/ruota stabiliscono che il Proto-Indo-europeo è stato parlato dal 4000-3500 a.C. circa, probabilmente dopo 3500 a.C.".
Il sito è stato occupato durante la fase della ceramica imbutiforme, uno dei gruppi del complesso di culture che succedettero la cultura LBK nel nord Europa, nel V e IV millennio a.C. Le ossa del pozzo in cui il vaso è stato trovato sono state datate al radiocarbonio al 3635-3.370 a.C., che, come gli scavatori hanno sottolineato, è antecedente ai pittogrammi sumeri di ruote del periodo di Uruk.

POLONIA - Museo archeologico di Cracovia

 

Il museo archeologico di Cracovia (in polacco: Muzeum Archeologiczne w Krakowie) è un museo archeologico di Cracovia fondato nel 1850; è il più antico del genere in Polonia.
L'atto di fondazione fu firmato il 18 febbraio 1850 dal comitato che comprendeva personalità importanti come il Direttore della Biblioteca Jagellonica, Józef Muczkowski (Presidente del Comitato), Karol Kremer (membro del Sejm della Libera Città di Cracovia: Rzeczypospolita Krakowska), Wincenty Pol (professor UJ, poeta ed esploratore), così come Teofil Żebrawski (architetto, ispettore della città). Una serie di documenti, tra cui la dichiarazione di missione del museo, sono stati scritti per l'amministrazione, specificando la priorità del museo di ottenere reperti archeologici da donatori privati. La prima mostra del museo aprì nel 1857 presso il Palazzo Lubomirski a 17 św. Jana Street. La collezione ha origine in gran parte da donazioni private di numerose famiglie nobili polacche, tra cui l'ormai famosa statua di Swiatowid, il simbolo del museo