martedì 22 aprile 2025

KERAMOS - Bucchero

 
Il bùcchero è un tipo di ceramica nera e lucida, di frequente sottile e leggerissima, prodotta dagli Etruschi per realizzare vasi. La caratteristica più evidente di questa tipologia di ceramica è la colorazione completamente nera che veniva ottenuta mediante una cottura particolare. Il bucchero fu utilizzato in Etruria dal secondo quarto del VII secolo a.C. alla prima metà del V secolo a.C..
Il bucchero etrusco è stato ritrovato sulla costa gallo-iberica, a Cartagine, in Magna Grecia, in Grecia, nel Basso Egitto e in Sardegna, Sicilia e Cipro. Inoltre, un bucchero eoliano, caratterizzato da uno stile semplice e grigio chiaro, compare nell'Eolide, cioè soprattutto nell'isola di Lemno con la sua polis più importante Mitilene, e a Lesbo nel VII e all'inizio del VI secolo a.C..
Il termine bucchero deriva dal castigliano "bùcaro", con il quale si definirono alcuni vasi giunti dall'America meridionale più o meno nello stesso periodo dei primi ritrovamenti nei siti
archeologici etruschi.
Gli oggetti foggiati ed essiccati all'aria venivano cotti in forni adatti a produrre un'atmosfera interna fortemente riducente (cioè priva di ossigeno) e, grazie alle reazioni chimiche che in quelle condizioni di cottura si sviluppavano, gli oggetti assumevano la colorazione nera (trasformazione dell'ossido ferrico dell'argilla in ossido ferroso) che li distingue da qualsiasi altro tipo di terracotta.
Il precedente locale del bucchero etrusco è la ceramica nero-lucida d'impasto, documentata a partire dall'età del bronzo, dalla quale il bucchero si sviluppa attraverso un processo di perfezionamento nella tecnica di depurazione e ossidazione.
All'inizio, nel VII secolo a.C., si hanno ancora esempi di riduzione parziale, con terrecotte di colore bruno e più chiare in frattura. Gli esemplari migliori per questo tipo di cottura vanno dal grigio scuro al nero (forse procurato aggiungendo carbone all'argilla). I primi esempi di bucchero sono apparsi a Caere nel sud dell'Etruria; lo stadio più antico, del secondo quarto del VII secolo a.C., è il più curato e forse il prodotto di una singola bottega. Le pareti raggiungono la sottigliezza del protocorinzio e la superficie è di un nero profondo con un alto grado di brillantezza. Dopo il 650 a.C. la novità ceretana viene adottata da nuovi laboratori nel resto dell'Etruria
(Veio, Tarquinia, Vulci) fino a raggiungere il Lazio e la Campania; le botteghe dell'Etruria centro-settentrionale si distinguono soprattutto per la produzione di quello che viene chiamato "bucchero pesante" (dal secondo quarto del VI all'inizio del V secolo a.C.), caratterizzato da pareti spesse e decorazione plastica a rilievo e tutto tondo. Contestualmente diminuisce la qualità dei vasi che acquisiscono pareti più spesse, colorazione più chiara e opaca, decorazioni semplificate; Caere mantiene la supremazia nella produzione del bucchero, ma non la qualità tecnica e artistica del primo periodo.
Il bucchero etrusco fu esportato nel Mediterraneo soprattutto per quanto riguarda alcune forme (oinochoai, kantharoi, calici), con una fase intensa tra VII e VI secolo a.C.
Tra le forme più frequenti si trova l'anfora che si presenta tipicamente di piccole dimensioni con collo alto, largo alla base e stretto nella parte alta, con manici a nastro che vanno dalla spalla al labbro, corpo globulare all'inizio e ovoidale nella forma evoluta che confluisce nel secondo quarto del VI secolo a.C. nella forma dell'anfora nicostenica. Diffuse sono anche l'oinochoe (vaso simile alla brocca utilizzato per versare vino e acqua) in forme svariate, l'olpe, con funzione simile all'oinochoe, lo skyphos (coppa) derivato dal protocorinzio, il kotyle che non sopravvive però al VII secolo a.C., il calice, con le pareti spesse e senza anse, labbro alto e ciotola bassa, il kantharos che ripete la forma del calice al quale aggiunge alte anse a nastro (presenti anche nel kyathos) e che è
popolare dall'ultimo quarto del VII secolo a.C. fino alla metà del VI, la kylix (coppa per il vino). Alcune di queste forme hanno precedenti nella ceramica greca mentre altre nascono da tradizioni locali o da importazioni orientali.
Nel bucchero etrusco la forma ha più importanza di qualunque altro effetto decorativo, tuttavia fin dalla fase antica per le decorazioni si utilizzano il rilievo, le incisioni e la decorazione a stampo, che termina alla fine del VII secolo a.C., applicati agli ornamenti come ai fregi continui animalistici o con figure umane; a partire dal "bucchero di transizione" (625-575 a.C.) si applicano disegni a stampo mediante cilindretti fatti ruotare sulla superficie ancora molle del vaso. La decorazione plastica a tutto tondo (come le statuette di sostegno per il calice) si trova a Chiusi, Chianciano Terme, Orvieto, Vulci e Tarquinia, nel "bucchero pesante" di VI e V secolo a.C. I motivi decorativi più comuni sono la doppia spirale, i ventagli, le striature verticali e i raggi. I modelli per il bucchero etrusco, incisioni o rilievi, sono corinzi, all'inizio mescolati con influenze orientali dirette e a partire da lavori in metallo. Rari gli esemplari di bucchero con decorazione argentata, a incavo e colorati, con aggiunte, dopo la cottura, in bianco, porpora, blu o verde, questi ultimi datati al terzo quarto del VI secolo a.C. e limitati alle anfore nicosteniche.


Nelle foto, dall'alto:
- Oinochoe in bucchero, Etruria_meridionale, fine VII-inizio VI secolo a.C.
- Attingitoio in bucchero pesante, 600-580 a.C. circa
- Bucchero Kantharos 600-500 a.C.
- Pisside su piede mobile in bucchero, da Cerveteri, 650 a.C. circa
- Cratere in bucchero con decorazioni a rilievo, da_Poggio Buco (Grosseto) 550-525 a.C.
- Hydria in_bucchero pesante,_Museo Civico di Viterbo, dalla Collezione Rossi-Danielli., 339-472 a.C.


KERAMOS - Kalpis

 

La kalpis è un vaso greco che come l'hydria era utilizzato per trasportare acqua.
Si tratta di una variante dell'hydria, con corpo più tondeggiante e spalla meno pronunciata, con la caratteristica di avere corpo e collo uniti in modo continuo.
Come l'hydria ha il corpo ovale, con la parte più fine verso il piede. Ha tre manici: i due orizzontali, posti a 180° l'uno dall'altro dove il corpo è più largo, servivano per il sollevamento e il trasporto del recipiente; il terzo è verticale, si trova fra collo e corpo, a 90° dagli agli altri due serviva per versare l'acqua.
Fu prodotto dalla fine del VI secolo a.C. fino alla fine del periodo a figure rosse.
La sua altezza variava da un minimo di 30 cm ad un massimo di 60 cm.

Nelle foto, dall'alto:
Kalpis a figure rosse nel museo del Louvre (G51)
Kalpis, Pittore di Saffo, ca. 510 BC, Museo nazionale di Varsavia


KERAMOS - Trozzella

 

La trozzella è una forma vascolare caratteristica della civiltà messapica.
La trozzella ha un corpo ovoidale più o meno rastremato al piede, con alte anse nastriformi che terminano con quattro rotelline, due in alto e due all'attacco col ventre. Solitamente prodotta nella tipica argilla chiara locale, veniva spesso decorata con pittura bruno-rossastra o rosso-nerastra.
La parola trozzella è la forma italianizzata della voce dialettale salentina tròzzula (dal latino trochlea = carrucola), che significa rotella. Probabilmente si tratta della trasposizione in ceramica dell'anfora in metallo (bronzo) munita di un sistema di corde e rotelle (carrucola) utilizzata per l'emungimento di acque sorgive (da falde) o di acque di raccolta (da cisterne). Il suo valore simbolico può essere inteso pienamente in considerazione delle condizioni climatiche e idrogeologiche della sitibunda Apulia.
Si tratta comunque di un vaso a destinazione essenzialmente funeraria, riservato forse solo a determinate donne di alto rango o ruolo sociale.
La trozzella compare in Messapia intorno al VI secolo a.C.: inizialmente è decorata con pittura monocroma in stile geometrico, prima più rigido (meandri, scacchiere, zig-zag) e poi meno (cerchi, rosette, stelle e volute); successivamente intervengono elementi vegetali (rami di edera, fronde di olivo); la decorazione figurata talvolta si arricchisce di rare rappresentazioni umane e animali (galli, grifi); con l'avvento dell'ellenismo sulle trozzelle compaiono anche decorazioni timidamente policrome ispirate alla ceramica di Gnathia.
La trozzella messapica ha ispirato la produzione di anfore simili nelle aree limitrofe abitate dai Peuceti e dai Lucani.

Nelle foto:
Trozzella del IV secolo a.C. (Museo di Belle Arti di Lione)
Trozzella (Museo archeologico di Fiesole)
Trozzella (Musée du Louvre)   


KERAMOS - Phiale

 

La phiale (φιάλη, plurale φιάλαι, phiàlai) è un antico vaso rituale greco, in ceramica o in metallo.
Ha la forma di un recipiente circolare, con bordi bassi, senza piede o maniglie (a differenza della kylix).
Si trova inizialmente a Corinto e a Chio, all'inizio del VI secolo a.C. Gli esemplari metallici sono più diffusi, forse modellati a partire da lavori toreutici orientali.
Alcune phialai, dette mesonfaliche, presentano una depressione al centro della parete esterna dell'invaso, la quale si presenta all'interno come un elemento, più o meno elaborato, a rilievo.
Le phialai venivano usate per il rituale della libagione, cioè lo spargimento di vino, olio, latte o altra sostanza gradita offerta alla divinità.
L'uso della phiale durante la cerimonia è testimoniato da numerose rappresentazioni vascolari; l'omphalos aveva una funzione nella manipolazione della phiale la quale veniva tenuta con una sola mano inserendo il dito medio nella depressione esterna e tenendo il pollice sul bordo.
Tipologie di phialai (o patere a medaglione), sono presenti anche nella produzione ceramica calena.
Phialai si trovano anche in scultura riprodotte nei rilievi come elementi decorativi, per esempio al centro di festoni come nell'Ara Pacis.

Nelle foto, dall'alto:
- Phiale attica del Pittore di Londra, 450 a.C. Sette giovani donne danzano tenendosi per i polsi. L'ottava suona il doppio flauto, rivolta all'altare.Tutte indossano un lungo chitone ed un himation rosa.
Museum of Fine Arts, Boston
Motivo con piovra e delfini su un piatto di ceramica (510-500 a.C., da Eretria, Eubea), Museo del Louvre, Parigi

KERAMOS - Gutto

 

Il gutto era un manufatto in ceramica calena di epoca romana. Oltre a contenere liquidi, serviva anche a versarli goccia a goccia (gutta in latino è "goccia").
Poteva essere di varia forma, dal tipo globulare ad alto piede, lungo collo a beccuccio e piccola ansa di presa, a quello askoide di sagoma allungata.
Un tipo particolare di gutto è il guttus tintinnabula dedicato ai neonati (prevalentemente in area Magna Grecia)


Nella foto, Gutto in vetro del sec. III/IV d.C. Museo archeologico di Milano

KERAMOS - Coppa a uccelli

 
La coppa a uccelli è un prodotto della ceramica subgeometrica greco-orientale, che impiega motivi decorativi derivanti dal geometrico tradizionale. Si sviluppa dal kotyle tardo geometrico senza labbro nel primo quarto del VII secolo a.C., semplificandone la decorazione e appiattendo la forma, che presenta solitamente un diametro di 15 cm. L'argilla è fine e generalmente di un marrone chiaro, qualche volta con ingubbiatura biancastra; la pittura è tendente al nero.
La decorazione tipica è composta da tre metope nella fascia all'altezza delle anse, delle quali la centrale contiene la rappresentazione di un uccello, e le laterali figure geometriche romboidali; entrambi i motivi sono riempiti con linee diagonali.
La cronologia è suddivisa in quattro stadi evolutivi: 700-675 a.C. per il primo stadio, 675-640 a.C. per il secondo, 650-615 a.C. per il terzo e 615-600 a.C. per il quarto. Le coppe a uccelli si trovano in quasi tutti i siti ionici, ma la tipologia standard sembra essersi sviluppata nella Ionia settentrionale. Le esportazioni coprono un'area molto ampia, giungendo fino in Etruria, Malta e Sparta.
La tipologia più antica aveva il piede ad anello, una fascia di punti sotto il campo decorato, e la parte inferiore della ciotola interamente dipinta di nero. Nella tipologia successiva la fascia di punti sparisce e al terzo stadio la parte inferiore della ciotola viene riservata e decorata con raggi a linea di contorno, mentre nella fascia principale piccoli raggi rimpiazzano le figure geometriche a tratteggio. L'evoluzione si applica anche alla composizione, con un progressivo allargamento del pannello centrale. A eccezione di una piccola fascia riservata o un tondo contenente raggi o altri semplici motivi, a partire dal terzo stadio l'interno è ricoperto con pittura nera, movimentata da strisce alternate di bianco e porpora.
Dalle coppe a uccelli dell'ultima fase si sviluppa la tipologia della coppa a rosette (ultimo quarto del VII secolo a.C. - seconda metà del VI secolo a.C.) che presenta la stessa forma ma ampliata. Sotto la fascia principale, con rosette a sette punti, si trovano raggi o bande di pittura nera; qualche volta, probabilmente nella fase più antica, le rosette sono racchiuse in pannelli. L'interno è coperto con pittura nera, fasce di bianco e porpora, e un cerchio riservato al centro. L'analisi dell'argilla ha localizzato il centro produttivo delle coppe a uccelli dell'ultima fase e delle coppe a rosette destinate all'esportazione nel nord della Ionia, nei pressi di Clazomene.
Altre varianti sono le coppe a fiore di loto e le coppe con gli occhi; queste ultime, prodotte all'inizio del VI secolo a.C. sono poco frequenti ma largamente esportate.

Nelle foto, dall'alto:
- Coppa a uccelli di produzione rodia VII secolo a.C. , Museo Archeologico di Rodi
- Coppa a uccelli da Paros, probabile fine VIII sec. a.C., Museo Archeologico di Paros

KERAMOS - Ceramica urfimis

 
Con il termine urfirnis si definiscono due tipi di ceramica originari dell'antica Grecia risalenti al Neolitico medio e alla prima età del bronzo, con superficie liscia e lucida di colore rosso o nero. Il primo tipo può avere decorazioni geometriche o in rilievo. Ceramiche urfirnis di tipo nero si diffondono nella Grecia continentale, nelle Cicladi, a Lemno e in Asia Minore (principalmente nella Troade e in Cilicia) nel periodo Elladico Antico/Cicladico Antico, tra il 2800 e il 2000 a.C., il che suggerisce che le popolazioni di tali aree condividessero una cultura comune. La scomparsa di queste ceramiche, a cui a partire dal 2000 subentra la ceramica minia, è da imputare all'arrivo di popolazioni indoeuropee in Grecia.


KERAMOS - Ceramica protogeometrica

 

La ceramica protogeometrica è la produzione vascolare della civiltà greca che si pone tra la fine del submiceneo e l'inizio dello stile geometrico, ossia tra il 1050 e il 900 a.C. È il primo momento di rinascita tecnologica e creativa nell'antica Grecia dopo il crollo della cultura minoico-micenea e dell'arte palaziale. Nel nuovo stile è l'Attica la regione greca maggiormente creativa, forse con qualche iniziale influenza proveniente da Cipro, come suggerito dall'adozione del pennello multiplo. Ad Atene gli scavi nel Ceramico e nell'Agora hanno permesso di ricostruirne l'evoluzione; altrove i ritrovamenti sono insufficienti alla definizione coerente degli stili regionali e lo stile attico viene frequentemente usato come paradigma del protogeometrico inteso come un insieme unico e valido per la Grecia intera. Per convenzione la transizione dal submiceneo viene generalmente posta al X secolo a.C.
La decorazione astratta ma spontanea e poco curata della ceramica viene trasformata dai ceramisti protogeometrici attici in un sistema ordinato e rigoroso che vive in rapporto con le forme del vaso. Lo stile, che dipende dall'alternarsi di zone chiare e scure, dalla composizione di parti distinte e chiaramente articolate, non dal singolo dettaglio, viene dagli studiosi generalmente posto alla base del successivo e durevole atteggiamento dell'arte greca nei confronti della forma.
Origine del protogeometrico
Fu Wilhelm Kraiker nel 1939 a porre per primo in evidenza le caratteristiche formali della ceramica protogeometrica, e furono gli autori tedeschi, Bernhard Schweitzer in particolare, a guardare a questi esiti formali come ad un principio per gli esiti futuri. La differenza sostanziale con i vasi micenei ha portato molti studiosi a ritenere tale scarto giustificabile unicamente con l'invasione da parte di nuove popolazioni. L'avanzamento rispetto al submiceneo è stato spiegato da Vincent Desborough (Protogeometric Pottery, 1952) con l'introduzione di nuove capacità tecniche, quali un tornio più veloce e il compasso per i cerchi concentrici.
Durante il XIV secolo a.C. lo spontaneo naturalismo della ceramografia minoico-micenea divenne sempre più convenzionale e stereotipato. La ceramica micenea, benché riuscisse a mantenere alti standard tecnici, ridusse la decorazione ad un sistema di semplici fasce e di motivi lineari. L'ultima fase dell'arte minoico-micenea, chiamata submicenea, nell'XI secolo a.C., vide una decadenza anche tecnica. Le ipotesi più accreditate circa l'origine dello stile protogeometrico lo ritengono elemento connaturato alle prime popolazioni greche e già presente nel medio elladico, oppure importato dalle popolazioni doriche. Quest'ultima teoria sembra essere contraddetta dalla tradizione letteraria secondo la quale l'Attica sarebbe stata l'unica regione greca a non essere stata toccata dall'invasione dei Dori, oltre che dall'evidenza di una certa derivazione formale del protoattico dalla ceramica micenea. Quale ne sia stata l'origine lo stile protogeometrico segnò l'inizio di una nuova era, e non è escluso che il metodo geometrico, dopo il completo esaurirsi della tradizione culturale precedente, sia stato selezionato tra altri ugualmente utili e possibili.
Attica
Nello stile protogeometrico si distinguono due schemi fondamentali, entrambi ereditati dal miceneo. Il primo era usato principalmente su vasi di grandi dimensioni e divenne meno popolare verso la fine del periodo; si distingue per una decorazione su fondo chiaro la cui luminosità veniva enfatizzata dagli scarsi ornamenti e dalle fasce dipinte in scuro. Il secondo, complementare al precedente, è chiamato black style o stile a fondo scuro. Anche gli ornamenti a cerchi concentrici e a scacchiera si caratterizzavano per una alternanza di toni chiari e scuri andando a costituire parte dello stesso sistema decorativo.
La decorazione si concentrava sulla spalla nei vasi chiusi e nella fascia tra le anse nei vasi aperti. I grandi vasi chiusi potevano avere una fascia decorativa secondaria a metà del ventre, dove si trovavano cerchi concentrici o linee ondulate; verso la fine del protogeometrico questa fascia secondaria divenne il campo decorativo principale e si sperimentarono le decorazioni sul collo del vaso, che diverranno sistematiche durante il successivo periodo geometrico.
I disegni ornamentali più frequenti erano cerchi e semicerchi disegnati con pennelli multipli montati su compassi, triangoli, losanghe e scacchiere, clessidre e file di denti di lupo, diagonali, zig-zag e linee ondulate. La disposizione degli elementi era simmetrica con una tendenza a complicarsi negli esemplari più recenti. Il protogeometrico era uno stile rigorosamente astratto e le rarissime forme organiche venivano introdotte occasionalmente e senza convinzione: tra queste la singolare silhouette a forma di cavallo su un'anfora del Ceramico (Atene, Museo del Ceramico 560).
Rispetto al periodo submiceneo le forme si diversificano e si distinguono più chiaramente le funzioni. Le forme più comuni sono le anfore, che frequentemente svolgevano una funzione funeraria, a collo distinto, con maniglie verticali o orizzontali, poste a collegare il collo e la spalla o con entrambe le terminazioni all'altezza di quest'ultima, il cratere, i vasi per versare liquidi come le oinochoai con labbro trilobato o tondo, le lekythos, le coppe per bere come lo skyphos, il kalathos, le pissidi sferiche. Molte di queste forme erano ereditate dal miceneo benché modificate: generalmente i contorni si presentano più tesi e più definiti, i corpi passano dal globulare all'ovoidale, con il diametro massimo più alto, i colli sono più larghi e più forti, il piede diviene più evidente e su tazze e crateri può assumere forma conica.
L'argilla varia tra il pallido e il medio marrone; i vasi grandi a fondo chiaro possono presentare un sottile rivestimento giallastro. La pittura varia dal bruno scuro al nero, talvolta virata al rosso in fase di cottura; anche il grado di diluizione si presenta variato negli ornamenti. Sia le superfici dipinte che quelle non dipinte mostrano una certa lucentezza. Generalmente i vasi più tardi, specialmente quelli del black style, sono più curati e la loro argilla scura dipinta con nero lucido è difficilmente distinguibile dai primi lavori del periodo geometrico.
Altre scuole regionali
L'Argolide, che è stata la regione dominante nella tarda età del bronzo, ha prodotto l'unica scuola protogeometrica paragonabile a quella attica. Da Corinto provengono pochi e modesti esemplari a fondo scuro; qui il protogeometrico dura più a lungo e questo indica solitamente la presenza di una scuola minore. Il nord-est del Peloponneso sembra in contatto con l'Attica, mentre c'è una prevalente influenza argiva in Arcadia. In Beozia sono state trovate alcune importazioni dall'Attica. Quel poco che è conosciuto delle Cicladi meridionali suggerisce modelli attici. Molto protogeometrico è stato trovato a Rodi dove ancora una volta lo stile è quello attico o argivo. A Smirne, Samo, Mileto e in Caria il primo protogeometrico è identico allo stile attico.
In Eubea, in seguito agli scavi di Lefkandi, si è pensato che uno stile protogeometrico fosse iniziato nello stesso periodo e indipendentemente da Atene. In una prima fase le decorazioni non vanno oltre la linea ondulata, ma intorno alla fine dell'XI secolo a.C., ossia nel medio protogeometrico, nuovi ritrovamenti hanno mostrato l'esistenza di una scuola locale originale, nata dall'unione di tradizioni locali e imitazione attica, la quale avrebbe avuto influenza anche in altri territori. Il tardo protogeometrico euboico introdusse la coppa decorata con semicerchi pendenti (PSC cup), una tipologia esportata a Cipro, nel Levante e in Etruria, testimonianza dell'espansione commerciale euboica in questi territori. Uno stile protogeometrico semplificato chiamato sub-protogeometrico persiste fino alla metà dell'VIII secolo a.C. con qualche importazione dal geometrico ateniese.
Dai santuari della Laconia proviene un discreto numero di frammenti che presentano uno stile conservativo di origine differente rispetto alla diffusa influenza attica. I solchi orizzontali sul corpo sono una particolarità di questa scuola; l'argilla è più scura che altrove, il marrone profondo si avvicina al nero ed è dotato di un luccichio metallico. La decorazione è prevalentemente a motivi lineari, ma l'uso occasionale del cerchio può essere indice di una influenza attica, forse giunta attraverso Argo. La più vicina connessione nel sistema dei motivi decorativi è con la Messenia dove sono ugualmente frequenti i motivi rettilinei e dove si trovano, come altrove nella Grecia settentrionale, i semicerchi pendenti talvolta uniti ad altri emergenti dalla base del medesimo pannello. Un protogeometrico non attico è stato individuato anche in Tessalia, dove le influenze attiche sembrano giungere attraverso l'Eubea.
A Creta una più tenace tradizione minoica poneva un limite alle influenze esterne dovute alle importazioni di ceramica attica, e il protogeometrico si diffonde nella zona centrale dell'isola mischiandosi alle sopravvivenze di tradizioni precedenti, evidenti soprattutto nelle forme dei vasi. Vi si trovano il vaso a staffa, il kalathos, una pyxis con pareti alte e scoscese, i vasi a forma di anatra, e una coppa profonda che si trasforma in una sorta di cratere a campana. Altre forme comuni sono un tipo di anfora con collo corto o collare e un'anfora senza piede a base piatta. La tipica decorazione protogeometrica con alternanza di elementi chiari e scuri è poco curata. Gli ornamenti più usati sono i cerchi concentrici che spesso fluttuano nel campo mentre le bande di colore che dividono le zone del vaso sono usate a Creta in modo più libero che altrove. Motivi e stilemi decorativi vengono utilizzati ed abbandonati velocemente senza mostrare la tendenza attica alla stabilizzazione dello stile. A Cnosso il protogeometrico cretese finisce a verso la metà del IX secolo a.C.


KERAMOS - Tecnica a fondo bianco

 

L'espressione tecnica a fondo bianco per convenzione si riferisce propriamente ad una tipologia di decorazione ceramografica nata ad Atene durante il secondo quarto del V secolo a.C. e utilizzata fino alla fine dello stesso secolo prevalentemente nella produzione di piccoli unguentari o lekythoi a scopo funerario. Benché un ingubbio bianco, privo di ossidi di ferro, venisse utilizzato in altre produzioni e classi ceramiche come in quelle greco-orientale, cicladica e laconica, solo ad Atene questa tecnica diede luogo per sé stessa ad uno stile autonomo e compiuto che si pone al fianco dei due stili principali a figure nere e a figure rosse.
Un primo utilizzo del fondo bianco si ebbe, nel periodo delle figure nere, sul kantharos (Museo archeologico nazionale di Atene, Acropolis 611) di Nearchos, datato 570 a.C. circa e sul suo ariballo del Metropolitan Museum of Art di New York, probabilmente come imitazione della tecnica corinzia. La tecnica introdotta da Nearchos non fu ripresa, se non sporadicamente, dai suoi contemporanei, ma ritornò ad essere impiegata in uno dei momenti più sperimentali nella ceramica attica, quello che vide il passaggio dalle figure nere alla nuova tecnica a figure rosse. Il fondo bianco venne utilizzato nella bottega di Nikosthenes, dal Pittore di Andocide, da Psiax e da altri pittori a figure nere fino ai primi del V secolo a.C.
Nel periodo arcaico delle figure rosse erano frequenti le kylikes con il fondo bianco nel tondo interno e le figure rosse per la decorazione esterna, ma uno stile vero e proprio nacque solo nel secondo quarto del V secolo a.C. quando il fondo bianco venne a formare una nuova tecnica insieme al disegno a contorno, quest'ultimo non più realizzato con la netta e precisa linea a rilievo tipica delle prime figure rosse, ma tramite una pittura molto diluita; inoltre un maggiore spazio era riservato alle zone colorate in rosso mattone, porpora e giallo, dando vita ad uno stile particolarmente pittorico, probabilmente influenzato dalla pittura murale contemporanea. 
All'inizio la nuova tecnica venne impiegata sulle coppe, sulle pyxides e sugli alabastra (da ricordare in questo ambito il Pittore di Pistosseno e il Pittore di Pentesilea), ma dalla metà del secolo la forma comune per questa decorazione delicata e di difficile conservazione divenne la lekythos a scopo funerario dove era possibile, grazie alla limitata manipolazione di tali oggetti, usare i colori opachi poco stabili, poiché aggiunti dopo la cottura, come il rosa e il blu, e l'ingubbio bianco, privo di ossidi di ferro, tipicamente friabile. Normalmente l'ingubbiatura bianca ricopriva solo le parti del vaso che avrebbero ricevuto le decorazioni, ossia il corpo e la spalla, mentre il labbro, il collo e le parti inferiori del corpo erano ricoperti di nero. La diffusione delle lekythoi a fondo bianco per i riti funerari è limitata ad Atene e all'Attica con una eccezione per l'Eubea, che ha restituito numerosi esemplari databili anteriormente al colpo di Stato del 411 a.C.
Il ceramografo che definì lo standard per le lekythoi funerarie a fondo bianco fu il Pittore di Achille, nel terzo quarto del secolo. Due o tre figure riempivano i campi alti e stretti delle lekythoi; i soggetti più comuni erano donne con le proprie cameriere, l'addio del soldato alla moglie, la visita alla tomba ove spesso compariva il defunto e più tardi scene dal mondo dei morti con Caronte e Hermes. 
Sul finire del secolo si aggiunsero alla gamma dei colori il verde e il malva; i numerosi seguaci del Pittore di Achille si specializzarono nella tecnica separandosi dagli altri pittori a figure rosse senza riuscire tuttavia a impedire il declino e la fine dello stile, nel momento in cui tornarono ad essere frequenti le stele funerarie. Queste ultime avevano subito un periodo di declino, sostituite da segnacoli tombali marmorei in forma di lekythos che recavano, come le stele, figurazioni a rilievo o solo dipinte. Con la diffusione di queste lekythoi marmoree si spiega il piccolo gruppo di lekythoi giganti in ceramica (due trovate a Ampelokipoi, antica Alopeke, e conservate a Berlino) prive di fondo e caratterizzate inoltre da una decorazione che si allontana dalla ceramografia contemporanea: le figure non sono disegnate a contorno su fondo bianco, ma costituite da colore aggiunto, un secondo bianco per le pelli femminili e un marrone per le pelli maschili. Su queste ultime si rintracciano segni di ombreggiatura interna, priva di lumeggiature chiare, che sembrano collegarsi alle innovazioni introdotte nella pittura parietale dello stesso periodo (ultimo decennio del V secolo a.C. o poco dopo) e attribuite dalle fonti letterarie a Zeusi e ad Apollodoro.
Tra i pittori di lekythoi a fondo bianco ancora collegati all'officina del Pittore di Achille occorre ricordare, oltre al Pittore della phiale, il Pittore di Thanatos e il Pittore di Monaco 2335. Della generazione successiva, ormai specializzata nella produzione delle lekytoi funerarie a fondo bianco, fanno parte il Pittore della donna, il Pittore del canneto e il suo gruppo (Gruppo R).


KERAMOS - Stile delle capre selvatiche 

 

Lo stile delle capre selvatiche (Wild Goat Style) è il nome assegnato ad uno stile regionale della ceramica greca, così denominato per via dell'animale comunemente rappresentato sui prodotti appartenenti a questa classe. Nato poco prima della metà del VII secolo a.C. nella Ionia meridionale, forse a Mileto, che l'analisi dell'argilla indica come il più importante centro esportatore dei prodotti ceramici del luogo nell'ultimo quarto del secolo, il Wild Goat è stato per circa un secolo lo stile principale della fase orientalizzante della Grecia orientale dove si è diffuso in modo uniforme benché in fasi differenti.
Classificazione e descrizione

Una prima suddivisione è stata effettuata tra la produzione della zona meridionale e quella settentrionale della Ionia, quest'ultima intesa come la zona continentale presso la penisola di Mimas. La fase antica e il periodo medio dello stile (entro il quale si distinguono una fase iniziale I e una fase finale II) sono localizzati nel sud della Ionia; il periodo recente è di produzione settentrionale. Dalla Ionia settentrionale si escludono Chio, che ha una produzione autonoma (→ Ceramica chiota) ed Eritre che ne è stilisticamente dipendente. Un secondo sistema usato prevalentemente in Germania divide la classe in tre gruppi che corrispondono all'incirca al periodo medio (Kameiros), ai piatti della regione dorica (Euphorbo) e al periodo recente (Vlasto).
L'argilla ha una grana meno fine rispetto a quella impiegata nel precedente periodo geometrico, essa dà luogo ad una terracotta tipicamente marrone e tendente al rosa; la superficie è coperta da una ingubbiatura pallida che può essere omessa nel periodo recente. La pittura è marrone scuro e può virare al rosso. I ritocchi porpora sono comuni a partire dal medio II mentre il bianco è più usato nel periodo recente, quando è più frequente la tendenza ad una decorazione policroma. I soggetti sono prevalentemente fregi con animali dipinti a silhouette, linea di contorno e a risparmio, con intenti esclusivamente decorativi.
Il Wild Goat Style è stato esportato prevalentemente a est (Siria, Naucrati); alcuni esemplari sono stati trovati in Sicilia e nel sud della Francia; rari i ritrovamenti nell'entroterra greco e in Etruria, maggiori nelle Cicladi dove lo stile ha influito nella produzione delle anfore melie.
Ionia meridionale
La fase antica ebbe breve durata e può essersi concentrata nel primo decennio della seconda metà del VII secolo a.C. Le forme, l'oinochoe e il cratere, derivavano dal subgeometrico contemporaneo.
Il periodo medio viene suddiviso in una fase I e una fase II con il momento di cesura posto intorno al 625 a.C. quando la decorazione inizia ad essere fissata in formule stereotipate, che utilizzano un limitato repertorio faunistico il quale, come accade anche nella ceramica corinzia, tende ad assumere forme ingrandite e allungate, atte a riempire velocemente la superficie del vaso. La stessa evoluzione informa il fiore di loto, piccolo e delicato all'inizio e più grande nella fase finale del medio periodo. Le fasce con decorazione secondaria diminuiscono e sono sostituite da semplici strisce colorate, prive di ornamentazione.
Tra le forme vascolari, la oinochoe a corpo globulare schiacciato, collo lungo e imboccatura tonda, di tradizione geometrica, prevalente nel medio I, tende ad essere sostituita da una oinochoe a labbro trilobato e corpo slanciato. Verso la fine del medio II appare una varietà più schiacciata con decorazione a pannello sulla spalla e fasce dipinte sul corpo. Tipico del medio II è anche il piatto rialzato, con decorazione centrale fitomorfa circondata da fasce color porpora e da meandri, con il bordo decorato da raggi invertiti alternati a pannelli che inquadrano rosette, altri semplici motivi e protomi animali. Contemporanei del piatto rialzato, ma senza decorazione figurata, sono altri piatti con piede ad anello. Altre forme comuni sono il cratere e il dinos. Le anfore sono rare, sostituite, come nella ceramica corinzia contemporanea, dall'oinochoe; anche le coppe sonno rare, forse a causa delle argille grossolane poco adatte allo scopo.
Per la ceramica del medio II non si conoscono contesti databili posteriormente al 600 a.C. e i ritrovamenti nelle colonie del Mar Nero suggeriscono che anche l'importazione finisca in questo periodo. Esistono tuttavia alcune indicazioni che un tipo degenerato dello stile medio sia sopravvissuto a Mileto (un ipotetico medio III).
Ionia settentrionale

Lo stile recente inizia poco prima del 600 a.C. nel nord della Ionia, dove i principali centri di produzione sono stati localizzati a Clazomene, Teo e Smirne. Se lo stile del periodo medio non aveva subito grandi influenze da parte della ceramica corinzia, benché ampiamente importata, lo stile recente si presenta come una diretta imitazione delle figure nere corinzie, nella fauna come nella decorazione secondaria. L'importanza assegnata alla nuova tecnica risulta dai vasi più impegnativi, dove le figure nere vengono applicate per la decorazione sulla spalla e sul collo, mentre la tradizionale pittura a risparmio viene relegata alle fasce delle parti inferiori del vaso.
Le forme più comuni differiscono da quelle dello stile medio della Ionia meridionale, benché non sia chiaro se si tratti di forme nuove o di evoluzioni di forme già presenti localmente. L'oinochoe condivide la sua popolarità con l'anfora che ha una struttura simile. Altre forme comuni sono i crateri (inclusi i crateri a colonnette), i dinoi e i piatti con piede o senza.
Lo stile a risparmio risulta indipendente e poco influenzato dal contemporaneo stile a figure nere. Vi si introducono nuovi schemi figurativi, come le capre retrospicienti, e le catene di fiori di loto cedono il posto a nuovi ornamenti continui. Il disegno ha tratti rapidi e si fa uso abbondante del porpora; l'ornamento di riempimento tende a diminuire verso la fine del periodo. Col tempo anche i fregi animali diminuiscono finché, nel secondo quarto del VI a.C., la decorazione tenderà ad impiegare solo ornamenti floreali.
Le figure nere di imitazione corinzia non vedranno alcuno sviluppo e tenderanno presto ad inglobare gli ornamenti tipici dello stile a risparmio. Si introduce il libero uso del porpora e, verso la metà del VI secolo a.C., l'aggiunta di dettagli in bianco; allo stesso tempo si introducono le figure umane dando vita ad una tipologia dalla quale discende la ceramica clazomenia.
Convenzionalmente lo stile recente del Wild Goat viene fatto terminare intorno alla metà del VI a.C.; in seguito lo si troverà impiegato nella decorazione dei sarcofagi clazomeni.
Eolide

La ceramica più conosciuta dell'Eolide è quella trovata nel santuario di Larisa (Buruncuk), una città minore nell'entroterra, dove le forme più diffuse sono lo skyphos-krater e l'oinochoe a labbro trilobato. La caratteristica tecnica di questa produzione è l'impiego contemporaneo di due pitture brillanti, marrone scuro e rosso, insieme ai ritocchi porpora. L'ingubbiatura è color crema. Anche qui vi è compresenza di tecnica a risparmio e figure nere di derivazione corinzia, ma ha carattere eccezionale e non sistematico, inoltre non vi si trova l'ordine di precedenza riscontrato nel nord della Ionia. La mancanza di esemplari simili fuori Larisa porta a ritenerli prodotti localmente. Un altro luogo di ritrovamenti è la necropoli di Pitane (Çandarli), che ha restituito prevalentemente anfore il cui stile potrebbe essere una derivazione del gruppo di Larisa.
In Eolide ebbe particolare importanza il cosiddetto "gruppo del dinos di Londra", una scuola fiorita nel primo quarto del VI secolo a.C. che ebbe un buon successo commerciale e che fu esportata a Naucrati e sul Mar Nero; il gruppo era basato generalmente sul medio II delle capre selvatiche, con un pesante ornamento secondario, ma aveva ereditato anche qualcosa dei fregi animalistici tipici dello stile a risparmio della Ionia settentrionale.
Altre scuole minori
La produzione di Samo risulta scarsa e destinata prevalentemente all'esportazione; alcuni ritrovamenti ad Efeso possono essere il prodotto locale di una singola ed eccezionale bottega.
Il "gruppo di Nisiro" (primo quarto del VI secolo a.C.), composto prevalentemente da piatti, è una produzione della regione dorica, la parte più a sud della Grecia orientale; qui lo schema ricorrente è dato da un singolo animale (generalmente una sfinge o un cane) realizzato con tecnica a risparmio, tra un pesante ornamento secondario al di sopra di una linea di esergo. Alcuni esemplari con figure umane sono di qualità superiore (il piatto di Euforbo, il piatto della Gorgone e il piatto di Perseo), ma non è chiaro come si inseriscano all'interno del gruppo; appartengono al primo quarto del VI secolo a.C., ma il luogo preciso di origine è sconosciuto; l'ornamento del piatto di Euforbo comprende stilemi di derivazione sia meridionale sia settentrionale.
In Caria l'imitazione del Wild Goat Style si sostituisce al locale subgeometrico non prima del 600 a.C. assumendo uno stile stabile tra il 575 e il 550 a.C., periodo in cui si nota la compresenza di decorazione derivata dal Wild Goat Style e dalla ceramica di Fikellura. La ceramica orientalizzante della Caria sembra derivare dal medio II della Ionia del sud, ma la figura emergente del Pittore di Bochum, alla metà del VI secolo a.C., sembra allontanarsene.