venerdì 28 marzo 2025

LIBIA - Sabratha


Il sito archeologico di Sabratha è situato sulla costa mediterranea, a circa 1,5 km a nord ovest dal centro della moderna Sabratha, in Libia. È oggi fruibile grazie al lavoro compiuto nel 1920 dagli archeologi italiani, diretti da Renato Bartoccini (a quel tempo ispettore presso la "Soprintendenza ai monumenti e scavi della Tripolitania"), che hanno riportato alla luce e parzialmente ricostruito gran parte dei reperti oggi presenti nell'area.
Quando la Libia divenne una colonia italiana, il sito di Sabratha fu oggetto di scavi da parte di Renato Bartoccini prima e Giacomo Guidi poi (a partire dal 1928). Dal 1932 Guidi si occupò della ricostruzione della scena del teatro romano (oggetto di scavi dal 1927), sulla base dei filari di muratura ancora in piedi e delle numerose colonne rinvenute. I lavori si conclusero nel 1937 ad opera di Giacomo Caputo e il teatro fu inaugurato alla presenza di Benito Mussolini con una rappresentazione dell'Edipo re" di Sofocle.
Il monumento più importante del sito è il grande teatro romano, localizzato nella zona est. La data di costruzione non è certa, si ritiene sia stato realizzato tra il II ed il III secolo. La parte più spettacolare è costituita dal muro della scena, che è formato da tre piani con colonne di marmo sovrapposte. Anche la scalinata è ben conservata e offre uno spettacolo suggestivo. Si calcola che sui suoi 11 gradini circolari potessero trovare posto circa 5.000 persone.
Nella zona ovest si trova il Forum con alcuni templi e altri monumenti. Fra questi il tempio di Antonino Pio, il tempio di Giove e la Basilica cristiana fatta costruire da Giustiniano con il pavimento a mosaico (visibile nel museo). Altri mosaici colorati molto ben conservati sono visibili nelle terme prospicienti la spiaggia.
Altri interessanti monumenti di epoca romana sono: il Tempio di Liber Pater, il Tempio di Serapide, il Tempio di Ercole e, nella zona est, sul mare, il Tempio di Iside.
Nella zona ovest, al di qua delle mura bizantine che circondano il Forum ed i templi romani, si trova il mausoleo di Bes. Trattasi di una costruzione del II secolo a.C. in stile architettonico punico-ellenistica molto simile a quello del "Mausoleo di Massinissa" a Thugga. Questo mausoleo è stato in gran parte ricostruito da archeologi libici dopo il 1920.
A meno di un chilometro di distanza dal sito, in direzione ovest, alla periferia della città, si trovano i resti dell'anfiteatro romano costruito nel II secolo d.C. che poteva ospitare circa 10.000 spettatori. Le gradinate sono abbastanza ben conservate e sono ben visibili le gallerie sotterranee utilizzate per far entrare le belve nell'arena.
Il sito è completato da due musei: il Museo Romano ed il Museo Punico. Il primo contiene oggetti ritrovati nelle tombe di Sabratha, mosaici e statue. Notevole un busto di Giove. Nel museo punico il reperto più interessante è una statua che rappresenta il dio Bes.

(da Wikipedia, l'enciclopedia libera)


LIBIA - Apollonia

 

Apollonia era un'antica colonia greca della Cirenaica i cui resti si trovano presso la città libica di Marsa Susa. Apollonia era il porto della vicina città di Cirene, da cui distava circa 13 km. Faceva parte della Cirenaica, regione dell'odierna Libia nord-orientale.
La fondazione della città risale al VII secolo a.C. per opera di coloni greci. La città faceva parte della cosiddetta Pentapoli cirenaica, di origine greca, insieme a Cirene, a Berenice (l'attuale Bengasi), a Arsinoe (l'odierna Tocra), e a Barca (l'odierna Al Marj) il cui porto era allora Tolemaide che si aggiungerà alla pentapoli.
Nel 331 a.C. fu conquistata da Alessandro Magno e alla sua morte restò nella sfera di influenza ellenistica del Regno Tolemaico d'Egitto.
Nel I secolo fu conquistata da Roma e divenne un municipio indipendente rispetto a Cirene. Nel 300 fu elevata da Diocleziano al rango di capitale della neonata provincia della Libia Superiore.
In quell'epoca fu ribattezzata Sosouza ("salvatrice") per la divinità che vi era venerata (probabilmente Iside).
Nel 365 subì ingenti danni a causa di un terribile terremoto verificatosi a sud ovest dell'isola di Creta (Grecia) e del conseguente tsunami che si abbatté su tutta la Cirenaica per cui gran parte della città fu inghiottita dal mare.
All'inizio del V secolo conobbe un rinnovato splendore diventando un porto strategico della flotta bizantina. Nel VI secolo fu ulteriormente fortificata durante la cosiddetta Ananeosis (Ἀνανέωσις), cioè la rinascita della Cirenaica, voluta dall'imperatore Giustiniano.
In seguito alla conquista araba del VII secolo, però, la città si andò spopolando fino all'abbandono definitivo nel medioevo. Solo nel corso del XIX secolo si ripopolò di musulmani profughi provenienti dall'isola di Creta che le diedero il nome dell'attuale città araba, Marsa Susa, ricavandolo da quello antico di Sosouza.
I resti archeologici di Apollonia comprendono edifici risalenti alle tre civiltà che si sono succedute nel governo della città: greca, romana e bizantina.
All'epoca greca appartengono le mura, ricostruite nel III secolo, e il teatro greco scavato nella roccia, anch'esso ricostruito dall'imperatore Domiziano.
Risalgono all'epoca romana le terme, fatte costruire dall'imperatore Adriano.
Dell'epoca bizantina restano le basiliche a ovest, al centro e a est ed il palazzo del governatore.
In mare, abbastanza vicino alla riva, si trovano alcuni relitti di navi e resti di colonne greche e romane.



MAROCCO - Volubilis

 


Volubilis (in berbero: ⵡⴰⵍⵉⵍⵉ ) è un sito archeologico romano, situato ai piedi del monte Zerhoun, a 27 km a nord di Meknès, e a 80 km a nord-est dell'Atlante. È il sito archeologico più noto del Marocco ed è inserito nell'elenco dei patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.
Questa località, già abitata nel neolitico, subì l'influenza cartaginese, fu poi un regno berbero indipendente e infine venne romanizzata. Augusto vi stabilì un regno "cliente", ponendo sul trono Giuba II - figlio di Giuba I e nipote di Massinissa sovrani di Numidia - e la moglie di costui, Cleopatra Selene. La giovanissima regina - figlia di Cleopatra VII la Grande e di Antonio - era stata, come il marito, educata a Roma nella cultura latina e greca. I due regnarono congiuntamente avendo per capitali sia detta Cesarea sia Volubilis, costruirono per sé una tomba di tipo "imperiale" a
Tipasa, scrissero opere di notevole interesse storico e geografico delle quali si ha traccia soltanto negli autori più tardi; ebbero un figlio, Tolomeo, che regnò dopo di loro fino al 42 d.C., quando fu ucciso per ordine di Caligola.
Il regno di Mauretania, che comprendeva tutto il nord dell'attuale Marocco e gran parte dell'Algeria costiera, venne soppresso ed annesso all'Impero, diviso in due province: Mauretania Tingitana (la parte corrispondente all'attuale nord Marocco, da Tingis oggi Tangeri ) e la Mauretania
Cesariensis. La Mauretania era collegata alle strade imperiali che attraverso la Spagna arrivavano alle Colonne d'Ercole. Una volta divenuta residenza del procuratore, Volubilis ebbe il comando del limes della Mauritania Tingitana ma nel 117 subì attacchi da parte dei Mauri, capeggiati da Luzio Quieto; infine, nel 168, per difendersi dagli attacchi delle tribù berbere venne eretto un muro di cinta attorno alla città. Fu abbandonata dalle autorità romane verso il 284-285 e rimase fuori dai nuovi confini della provincia fissati da Diocleziano.
Anche se ad un certo punto l'acquedotto che alimentava la città cessò di funzionare, le iscrizioni
superstiti attestano che verso la metà del VII secolo vi fu ancora una civiltà latina e cristiana che proseguì (così sembra) sino all'arrivo degli arabi. Il sultano Idris I, nel 789, vi stabilì la sua capitale. Il declino di Volubilis iniziò con il regno di Mulay Isma'il, il quale utilizzò i marmi della città per abbellire i palazzi di Meknès. Nel 1755 fu la volta di un funesto terremoto, che la rase al suolo. Solo nel XIX secolo furono avviati gli scavi per recuperare quanto oggi si può ammirare.
Oggi si possono ammirare resti imponenti quali la basilica che presenta due esedre contrapposte,
il capitolium dei Severi (nel Foro), templi risalenti al I secolo, l'acquedotto e le terme. Poco prima dell'ingresso ovest si trova un imponente arco di trionfo costruito da Marco Aurelio Sebastiano in onore di Caracalla, come testimoniano i nomi suo e di sua madre, scolpiti sul frontone. Proseguendo verso sinistra (in direzione SSO) dopo il Foro e la basilica più a sud si giunge ai bagni pubblici.
È caratteristica la presenza in numerose case di frantoi e vasche per la produzione dell'olio d'oliva. Sono riconoscibili quattro porte, la principale delle quali, collegata alla strada proveniente da Tangeri, immette nel decumanus maximus che prosegue fino all'ingresso ovest. Lungo il decumano si trovano i resti di numerose case decorate con mosaici policromi, alcuni dei quali in ottime condizioni di conservazione. Tra i più importanti quelli situati nella casa di Orfeo (Orfeo con lira che incanta gli animali, Anfitrite su biga trainata da ippocampo, i nove delfini), nella casa del corteo di Venere e nella casa delle colonne.

MAROCCO - Ait-Ben-Haddou

 

Ait-Ben-Haddou è nata come città fortificata, o ksar, lungo la rotta carovaniera tra il deserto del Sahara e l'attuale città di Marrakech. Si trova sul fianco di una collina lungo il fiume Ouarzazate. Il Ksar è considerato un ottimo esempio di architettura marocchina in terracotta ed è protetto dall'UNESCO come Patrimonio dell'umanità dal 1987.
Il sito dello ksar è stato fortificato a partire dall'XI secolo durante il periodo della dinastia degli Almoravidi. Si ritiene che nessuno degli edifici attuali risalga a prima del XVII secolo, ma probabilmente furono costruiti con gli stessi metodi e progetti di costruzione utilizzati secoli prima. L'importanza strategica del sito era dovuta alla sua posizione nella valle di Ounila, lungo una delle principali rotte commerciali trans-sahariane. Il passo Tizi n'Tichka, raggiungibile tramite questo percorso, era uno dei pochi percorsi attraverso la catena montuosa dell'Atlante, attraversando Marrakech e la valle del fiume Draa ai margini del deserto del Sahara. Altre kasbah e ksour erano situate lungo tutto questo percorso, come la vicina Tamdakht a nord.
Oggi lo ksar è abitato solo da poche famiglie. Lo spopolamento nel corso del tempo è il risultato della perdita di importanza strategica della valle nel XX secolo. La maggior parte degli abitanti locali ora vive in abitazioni moderne nel villaggio sull'altra sponda del fiume e la loro economia è basata sull'agricoltura e soprattutto sul commercio legato al turismo. Nel 2011 venne completato un nuovo ponte pedonale che collega il vecchio ksar con il villaggio moderno, con l'obiettivo di rendere lo ksar più accessibile e di incoraggiare gli abitanti a trasferirsi nelle case storiche.
Il sito è stato danneggiato dal terremoto del settembre 2023 che ha colpito il sud del Marocco. Una prima valutazione dei danni ha evidenziato crepe e crolli parziali, con rischio di ulteriori crolli.


Il sito
Lo ksar si trova sulle pendici di una collina vicino al fiume Ounila (Asif Ounila). Gli edifici del villaggio sono raggruppati all'interno di una cinta muraria difensiva che comprende torri angolari e una porta, con abitazioni di varie dimensioni che vanno dalle case modeste alle alte strutture con torri. Alcuni edifici sono decorati nella parte superiore con motivi geometrici. Il villaggio ha anche una serie di edifici pubblici o comunitari come una moschea, un caravanserraglio, una kasbah (fortificazione simile a un castello) e il marabutto di Sidi Ali o Amer. In cima alla collina, che domina lo ksar, si trovano i resti di un grande granaio fortificato (agadir). Inoltre è presente anche una piazza pubblica, un cimitero musulmano e un cimitero ebraico. L'area al di fuori delle mura dello ksar era utilizzata per la coltivazione e la trebbiatura del grano.


Le strutture dello ksar sono realizzate interamente in terra battuta, mattoni, mattoni di argilla e legno. La terra battuta (nota anche come pisé, tabia o al-luh) era un materiale altamente pratico ed economico, ma che richiedeva una manutenzione costante. Era fatta di terra e fango compressi, solitamente mescolati con altri materiali per favorire l'adesione. Le strutture di Ait-Ben-Haddou e di altre kasbah e ksour in tutta questa regione del Marocco utilizzavano tipicamente una miscela di terra e paglia che era relativamente permeabile e facilmente erosa nel tempo dalla pioggia. Di conseguenza, villaggi di questo tipo possono iniziare a sgretolarsi già pochi decenni dopo il loro abbandono. Ad Ait-Ben-Haddou le strutture più alte furono realizzate in terra battuta fino al primo piano, mentre i piani superiori furono realizzati in mattoni più leggeri in modo da ridurre il carico dei muri.


Lo ksar è stato restaurato in modo significativo in tempi moderni, grazie in parte al suo utilizzo come location per le riprese di produzioni cinematografiche e alla sua iscrizione nella lista dei Patrimoni dell'Umanità dell'UNESCO nel 1987. L'UNESCO riferisce che lo ksar ha "preservato la sua autenticità architettonica per quanto riguarda la configurazione e i materiali"  continuando a utilizzare materiali e tecniche di costruzione tradizionali ed evitando in gran parte nuove costruzioni in cemento. Un comitato locale è incaricato del monitoraggio e della gestione del sito.


MAROCCO - Lixus

 


Lixus o Lisso (anche Λίξ e Λίγξ, Λίξος, Λίξα; e Lixos) è un'antica città del Marocco, situata poco a nord dell'attuale porto di Larache sul fiume Luccus. Si trattava di una delle principali città della provincia romana di Mauretania Tingitana.
L'antica Lixus si trova sul colle Tchemmich, sulla riva destra del Loukkos, poco a nord di Larache. Il sito si trova nel perimetro urbano di Larache, e circa tre chilometri nell'entroterra partendo dalla foce del fiume e dall'oceano Atlantico. Dai suoi 80 metri di altitudine, domina il territorio paludoso nel quale scorre il fiume. A nord Lixus è circondata da colline contornate a loro volta a nord ed est da foreste di querce. Tra le rovine vi sono bagni, templi sconosciuti, mura del IV secolo, un pavimento a mosaico e i resti della collina del Campidoglio.
Antica città della Mauretania Tingitana, Lixus fu colonizzata dai Fenici nel VII secolo a.C., ed in seguito annessa da Cartagine. Lixus faceva parte della catena di insediamenti fenicio-cartaginesi lungo la costa atlantica di quello che oggi è il Marocco. Gli altri importanti insediamenti, situati più a sud, erano Chella e Mogador. Quando Cartagine cadde sotto il controllo romano, Lixus, Chellah e Mogador divennero avamposti imperiali romani.
Le fonti antiche concordano nel ritenere Lixus in origine anti-fenicia, il che è confermato dalla scoperta archeologica di materiale databile all'VIII secolo a.C. Crebbe gradualmente d'importanza, prima di passare sotto il dominio cartaginese. Dopo la distruzione di Cartagine, Lixus passò sotto il controllo romano e divenne una colonia imperiale, raggiungendo l'apice durante il regno dell'imperatore Claudio (41-54).
Alcuni antichi scrittori greci posizionano a Lixus il mitologico giardino delle Esperidi, custodi delle mele d'oro. Il nome della città era spesso citato dagli scrittori, da Annone il Navigatore al geografo di Ravenna, e confermato dalla leggenda riportata sulle sue monete e nelle inscrizioni. Gli antichi credevano anche che Lixus contenesse un santuario di Ercole, quello in cui Ercole raccolse le mele d'oro, più antico di quello di Cadice in Spagna. Non esistono però le basi per poter credere che Lixus sia stata fondata alla fine del II millennio a.C. Il posto rimase abitato fino alla conquista omayyade del Nord Africa, come dimostrato dalla presenza di una moschea e di una casa con patio e mura ricoperte di stucco colorato.
Il sito fu scavato con continuità dal 1948 al 1969. Negli anni sessanta Lixus fu restaurata e consolidata. Nel 1989, in seguito ad una conferenza internazionale a cui parteciparono numerosi scienziati, specialisti, storici ed archeologi del Mediterraneo, il sito fu parzialmente chiuso. Vennero studiati i mosaici del sito, che costituivano una vera ricchezza e sono ora conservati al museo archeologico di Tetuan. Lixus copre una superficie di circa 75 ettari, di cui la zona scavata costituisce il 20% circa. Il sito è stato proposto come nuovo patrimonio dell'umanità dell'UNESCO il 1º luglio 1995, per la sua importanza culturale.

MAROCCO - Arco di Caracalla

 


L'arco di Caracalla è un arco romano degli inizi del III, situato a Volubilis in Marocco. L'arco, a un solo fornice, si trovava sul lato ovest del foro, al quale serviva di accesso. Non si trova tuttavia sul decumano massimo cittadino. L'arco, come ricorda l'iscrizione, fu eretto in onore di Caracalla e della madre Giulia Domna nel 216-217. Le rovine dell'arco erano state descritte o disegnate da numerosi viaggiatori del XVIII e XIX secolo: il viaggiatore inglese John Windus, che lo visitò in occasione di un'ambasceria, lo riprodusse nel 1721 prima del crollo della volta
I resti dell'arco furono rimessi in luce tra il 1915 e il 1917, in occasione dei primi scavi nel sito. Nel 1931 l'arco venne ricostruito, senza però tener conto delle raffigurazioni antiche del monumento e dei rilievi rinvenuti nei pressi. L'arco, insieme all'intero sito archeologico di Volubilis, è stato inserito dal 1997 nella lista dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO. 
L'arco, a un solo fornice, raggiunge un'altezza di 9,23 m fino all'architrave, una larghezza di 19,28 m e una profondità di 4,74 m. Il passaggio centrale è largo 5,33 m
Su entrambi i lati del fornice, ai piloni sono addossati quattro piedistalli che sorreggono colonne corinzie con le retrostanti lesene. Le coppie di colonne inquadrano delle nicchie che in origine servivano da fontane. Al di sopra di esse sono attualmente collocati, forse fuori posto, dei medaglioni con busti delle stagioni.


Probabilmente la cornice e il fregio aggiunti nella costruzione non sono quelli originali: il fregio è riportato nei disegni settecenteschi di considerevole altezza e doveva ospitare nella parte centrale l'iscrizione, oggi collocata sopra la trabeazione.
Su entrambi i lati dell'attico era un'iscrizione di dedica: IMP(ERATORI) CAES(ARI) M(ARCO) AURELLIO ANTONINO PIO FELICI AVG(GVSTO) PARTH(ICO) MAX(IMO) BRITT(ANNICO) MAX(IMO) GERM(ANICO) MAX(IMO) | PONTIFICI MAX(IMO) TRIB(VNICIA) POT(ESTATE) XX IMP(ERATORI) IIII CO(N)S(VLI) IIII P(ATRI) P(ATRIAE) PROCO(N)S(VLI) ET IVLIA AUG(VSTAE) PIAE FELICI MATRI | AVG(VSTI) ET CASTRORUM ET SENATUS ET PATRIAE RESP(VBLICA) VOLUBILITANORVM OB SINGVLAREM EIVS ERGA VNIVERSOS ET NOVAM SUPRA OMNES RETRO PRINCIPES INDVLGENTIAM ARCVM | CUM SEIVGIBVS ET ORNAMENTIS OMNIBVS INCOHANTE ET DEDICANTE M(ARCO) AVRELLIO | SEBASTENO PROC(VRATORE) AVG(VSTI) DEVOTISSIMO NVMINI EIVS A SOLO FACIENDVM CVRAVIT
Tra i rilievi, probabilmente appartenenti all'arco, si conservano:
- scudi esagonali, che in origine dovevano trovarsi sopra le nicchie
- due Vittorie alate che tengono in una mano una corona e nell'altra un ramo di palma
- rilievi decorativi con insegne o candelabri vegetali, pertinenti a fusti decorati di piccoli pilastri
- pannelli con panoplie di armi
- decorazioni geometriche (losanghe e quadrati).
La scarsa qualità dei rilievi ha permesso di ipotizzare che fossero stati realizzati da un'officina locale.
Al di sopra dell'attico, che manca nella ricostruzione, dovevano trovarsi le statue di Caracalla e Giulia Domna, su carri a sei cavalli (come ricordato dall'iscrizione).

MAROCCO - Tamuda


Tamuda
è un sito archeologico della Mauretania Tingitana (attuale Marocco), nella periferia di Tétouan, sulla riva destra del fiume Martil. Tamuda è una parola libica che significa "palude".
Tamuda fu fondata verso la fine del III secolo a.C. da Baga, primo re della Mauretania, sulla riva destra del fiume Tamuda (Flumen Tamudae, attuale fiume Martil). Nel secolo successivo, la presenza e il commercio dei cartaginesi si intensificarono. Durante il I secolo, la città, come molte altre città della regione, godette di autonomia politica e di un'economia forte, principalmente a causa dell'aumento dell'agricoltura e del commercio estero, specialmente con Roma, la cui influenza stava via via diventando sempre più importante. Nel 40, in seguito all'assassinio del re della Mauretania Tolomeo di Mauretania per ordine di Caligola, si svolse una rivolta di diverse città mauritane, tra cui la stessa Tamuda, la quale subì ingenti danni. In seguito, Tamuda venne annessa, insieme alla Mauretania Tingitana, all'impero romano nel 42. Durante l'occupazione romana, Tamuda fece parte della Mauretania Tingitana. Tra il I secolo e il III secolo, la città fu ricostruita e diverse piante curative furono installate nei pressi della foce del fiume Martil, così come i frantoi. La provincia si integrò rapidamente nel commercio mediterraneo dell'Impero. 
Verso la fine del III secolo, l'autorità romana incominciò a sgretolarsi e le tribù dei Mauri si ribellarono, costringendo Roma a ritirarsi e di concentrarsi vicino allo stretto di Gibilterra. Tamuda era, tuttavia, ancora occupata dai romani in quel momento. Secondo il Notitia dignitatum, verso la fine del IV secolo, il castrum di Tamuda fu la sede di un'ala di cavalleria romana: ala Herculea, legata a una coorte, stabilitasi a Lixus. Il sito fu, in seguito, abbandonato durante il V secolo.
Il sito archeologico di Tamuda è uno dei siti archeologici più studiati e meglio conservati della regione. L'archeologo Miquel Tarradell effettuò importanti scavi negli anni '50 e nel 2012, grazie a un team internazionale composto da professori, ricercatori e studenti dell'Università di Abdelmalek Essaadi, l'Università di Cadice e il Ministero della Cultura del Marocco. Molti reperti del sito sono conservati nel museo archeologico di Tétouan.


 

MAROCCO - Chella / Sala Colonia

 


Chella
, (anticamente Sala Colonia in latino), è un sito archeologico a nord di Rabat, in Marocco. Il sito è la prova della più antica presenza umana nel delta del fiume Bou Regreg, lungo le cui rive Fenici e Cartaginesi stanziarono diverse basi. A circa 3 km dal centro, il complesso si trova al di fuori delle mura della città e occupa il sito della romana Sala, su una bassa collina coperta di vegetazione, rifugio delle cicogne nella stagione riproduttiva. Gli scavi hanno rivelato la presenza di un importante agglomerato e infatti Chella conserva le vestigia di una città romana, con i resti del Decumano Massimo, di un foro presso il quale si riconoscono le tracce della Curia, di una fontana monumentale e di un arco di trionfo.
Il sito rimase poi in stato di abbandono per diversi secoli, fino a che i sultani della dinastia dei Merinidi lo scelsero per edificarvi la loro necropoli nel XII secolo. Circondata da una cinta di mura fortificate, ad essa si accede attraverso una porta monumentale, riccamente decorata e aperta ad arco acuto, ai cui lati sono poste due massicce torri merlate semi-ottagonali. Nella parte superiore del portale è presente un'iscrizione in caratteri cufici, dalla quale si apprende che la costruzione dello stesso fu iniziata dal sultano Abu Yusuf Ya'qub e terminata nel 1339 sotto il regno di Abū al-Ḥasan b. ʿUthmān, il più grande sultano della sua dinastia.
All'interno della necropoli si trovano alcune tombe di marabutti (santi uomini che vivevano monasticamente in un ribāṭ) e, presso una sorgente trasformata in fontana per abluzioni, la necropoli reale con la tomba di Abū al-Ḥasan b. ʿUthmān, la cui stele finemente decorata è sovrastata da una tettoia a muqarnas. Nelle vicinanze sono presenti la moschea di Abū Yūsuf Yaʿqūb con un minareto decorato con maioliche policrome ora in rovina e una zawiya con un oratorio (masjid).
Nella terrazza ai piedi del complesso si estende un incantevole giardino alimentato dalle acque della vicina sorgente ʿAyn Mdafa, che serpeggia nell'incavo della valletta.


MAROCCO - Thamusida


Thamusida è stata un'antica città romana della provincia della Mauretania Tingitana, sorta intorno ad un campo fortificato preceduto da un villaggio berbero (Regno di Mauretania. I resti si trovano presso la località di Sidi Ali ben Ahmed, a circa 10 km dall'attuale città di Kenitra in Marocco.
L'insediamento copriva circa 15 ettari di un pianoro sopraelevato di circa 12 m sulla riva sinistra del fiume Sububus (odierno Sebou), a metà strada tra le antiche città di Sala Colonia (odierna Chella), a sud, e di Iulia Valentia Banasa, a nord, sul percorso di una via tra Tingis (Tangeri) e Sala Colonia.
Il sito era stato frequentato in epoca preistorica e un piccolo insediamento berbero del Regno di Mauretania era sorto nel II secolo a.C., in corrispondenza di un guado sul fiume Sebou. Il fiume era navigabile e le ceramiche ed i bronzi rinvenuti testimoniano che vi arrivavano merci dalla Spagna (Cadice) e dall'Italia.
Al momento dell'occupazione romana e della creazione della provincia della Mauretania Tingitana (nel 40 d.C.), il villaggio venne distrutto. Poco dopo, in epoca flavia (seconda metà del I secolo d.C.) sul pianoro venne costruito un campo militare per un distaccamento dell'esercito, intorno al quale si sviluppò una piccola città, con templi, case e attività produttive. Nella seconda metà del II secolo fu costruito un campo militare più grande e la città venne cinta da mura. Il campo fu abbandonato alla fine del III secolo, ma la città continuò ad essere abitata e fu definitivamente abbandonata solo con la conquista araba, nel VII-VIII secolo. I materiali della città furono riadoperati nel XVII secolo per la costruzione alla foce del fiume della rocca di Mehdya da parte degli spagnoli e le rovine furono definitivamente distrutte da un terremoto nel secolo seguente.
I resti furono identificati con la città citata dalle fonti antiche nel 1874 dal diplomatico e archeologo Charles-Joseph Tissot. I primi scavi furono condotti da studiosi francesi negli anni 1932-1935, 1952-1955 e 1959-1962 e quindi da una cooperazione italo-marocchina a partire dal 1999.
Dell'insediamento berbero precedente alla conquista romana rimangono pochi resti, rinvenuti al di sotto delle strade della successiva città romana, con tracce di distruzione e incendio; le strutture erano probabilmente disposte con una certa regolarità. Un tratto delle mura che circondavano il villaggio fu riutilizzato in seguito come muro di un edificio romano.
Nella zona nord-ovest del sito sono state rinvenute delle fornaci tra cui sono stati individuati cinque forni per la produzione di anfore destinate al commercio del garum, attivi tra la fine del I secolo a.C. e la prima metà del I secolo d.C. e successivamente riutilizzati nella città romana come discariche o come calcara.
Al primo insediamento romano, di epoca flavia, risalgono i resti di un edificio ("Tempio a bugnato" o "Temple à bossages"), interpretato come un tempio con tre celle, di cui resterebbe il lato anteriore del podio, in blocchi bugnati.
Alle origini della città risale anche il primo impianto delle "Terme del fiume" ("Thermes du fleuve"), interamente riportate in luce dagli scavi francesi e che ebbero numerose fasi costruttive (età flavia, età severiana, prima metà del III secolo e seconda metà del III secolo), fino a raggiungere un'estensione di circa 3.000 m quadrati e che costituiscono il più grande impianto termale della provincia. Consistevano di due complessi giustapposti, forse utilizzati separatamente da uomini e donne.
Nel quartiere sud-est della città si trova un santuario di tipo punico, a pianta quadrata ("Temple carrè"), che sorse su un precedente tempio extraurbano del villaggio berbero. Doveva essere dedicato a Venus Caelestis (erede della dea punica Tanit) e al suo paredro, Saturno (erede del dio punico Baal Hammon). Consisteva in una cella quadrata innalzata su un basso podio con due basi per statue e un altare; una scalinata tra due colonne ornamentali precedeva l'altare. Intorno la cella era circondata da un porticato.
Un terzo tempio ("Tempio a tre celle"), lungo la riva del fiume, con la pianta del tipico santuario africano (cella con un porticato antistante) ebbe probabilmente una prima fase con un'unica cella, della fine del I secolo d.C. e fu successivamente trasformato a tre celle affiancate, probabilmente alla metà del II secolo, quando il "Tempio a bugnato" scomparve.
Nella seconda metà del II secolo fu realizzato un grande horreum lungo il fiume ("Bâtiment rectangulaire"), utilizzato come granaio. Ha una pianta leggermente trapezoidale (40,9 m a est e 39,3 m ad ovest per 23,15 m sui lati nord e sud) con una sola entrata sul lato nord verso il fiume. All'interno era articolato in tre navate separate da pilastri con arcate e il pavimento era costituito da un tavolato in legno rialzato.
Tra le abitazioni è stata rivenuta una sola domus ("Domus au dallage"), situata nel quartiere orientale e addossata alla cinta muraria. L'ingresso dà accesso ad un corridoio su cui si aprono quattro botteghe e il vestibolo che permette di entrare nel peristilio, con colonne in mattoni e con una fontana. Intorno al peristilio si aprono le diverse stanze e sul fondo un tablino (stanza di rappresentanza) fiancheggiato dagli appartamenti dei proprietari. Le altre abitazioni erano del tipo "a corridoio centrale", con un corridoio fiancheggiato da tre stanze per lato, alcune di maggiori dimensioni, probabilmente gli ambienti di rappresentanza. Da questo corridoio si accede ad un secondo disimpegno più piccolo, sul quale si aprono altre stanze, probabilmente gli alloggi privati. Esistevano anche case più semplici nei sobborghi della città, con basamenti in pietra e muri in terra, costituite da una o due stanze e in alcuni casi con un cortile con piccoli ambienti (mangiatoie o depositi), che si trovavano principalmente nei suburbi della città.
Il campo militare sorse intorno alla metà del I secolo d.C. sul pendio della collina sopra il pianoro[4] e fu rimaneggiato all'epoca di Marco Aurelio (165,85 m x 138.78 m): si tratta del campo militare più grande della Mauretania[13]. Il campo era circondato da un muro con 14 torri interne a pianta quadrata e con quattro porte, fiancheggiate ciascuna da due torri quadrate sporgenti all'esterno. Gli edifici sono allineati su due strade che si incrociano ad angolo retto e al centro si trovavano i principia (quartier generale), consistente in un cortile porticato con ambienti su tre lati; l'ambiente al centro del lato ovest, con un podio (alto 1.2 m e di 10 m x 7 m) accessibile da una serie di gradini, doveva essere il sacrario delle insegne e si presentava come un'edicola con due semicolonne e due lesene. Il sacrario fu costruito in epoca flavia e rimaneggiato all'epoca di Marco Aurelio.
Il lato nord dei principia fu trasformato in epoca severiana, con la costruzione di un ambiente a pianta basilicale che occupò parte del cortile: si tratta di una basilica exercitatoria, per lo svolgimento delle esercitazioni militari al coperto.
Gli edifici per l'alloggiamento delle truppe erano una dozzina: erano costituiti da un passaggio centrale scoperto sul quale si aprivano le stanze da letto, precedute da una tettoia poggiata su pilastri. Nella parte ovest dovevano trovarsi stalle e ambienti di servizio, tra cui un forno per la cottura del pane, e un granaio (10 m x 45 m) con pavimento in legno sopraelevato e intercapedine aerata per mezzo di aperture. Costruito in età flavia, la pavimentazione venne rifatta nella prima metà del II secolo, abbassando l'intercapedine.
La città romana fu cinta da mura nel II secolo (epoca di Commodo), nello stesso periodo in cui anche altri centri della provincia costruirono cinte difensive, a testimonianza di una situazione non tranquilla in corrispondenza della frontiera dell'impero in quest'epoca. Le mura hanno una pianta a forma di trapezio irregolare e sono dotate di torri semicircolari esterne. Sono orientate secondo i punti cardinali, con il lato nord lungo il fiume. Sul lato est inglobarono edifici precedenti.
Sui tre lati sud, est ed ovest si aprono tre porte principali e ci sono altre due postierle (sul lato est, all'angolo nord-ovest e probabilmente sul lato sud in corrispondenza di una strada. Anche sul lato nord è ipotizzabile un accesso verso il porto, forse in corrispondenza del granaio.
La porta est, la più monumentale, aveva due fornici, uno più grande e uno più piccolo, destinato ai pedoni, e all'interno un grande arco che chiudeva lo spazio tra le torri formando un cavedio.
Nel suburbio fuori dalle mura sorgevano abitazioni sparse e strutture produttive o commerciali. Nella zona est doveva sorgere la necropoli della città.



MAROCCO - Iulia Valentia Banasa

 

Iulia Valentia Banasa
 fu una delle tre colonie romane della Mauretania Tingitana (Marocco settentrionale) fondate da Augusto tra il 33 e il 25 a.C. per i veterani della battaglia di Azio.
Si trovava sulla riva meridionale del fiume Sebou, sul sito oggi noto come Sidi Ali Boujenoun. All'inizio del regno di Marco Aurelio, Banasa divenne la Colonia Aurelia. Nel 285 la provincia romana della Mauretania Tingitana si ridusse ai territori a nord di Lixus. Banasa fu quindi abbandonata.
Tra le rovine di Banasa si trovano i caratteristici elementi di una città romana: un forum con una basilica, a campidoglio ed i bagni, oltre a strade disposte regolarmente. Molti degli edifici risalgono all'inizio del III secolo. Il nome latino Valentia significa "giovane", "forte", e può essere paragonato a Valence (Francia) e Valencia (Spagna), anch'esse colonie. Augusto fondò almeno dodici colonie romane in Mauritania, nonostante fosse un regno assoggettato e non una vera provincia dell'impero. 
Alcune delle principali città romane contemporanee alla Iulia Valentia Banasa, furono Chella e Volubilis, con quest'ultima che condivide con Banasa la presenza di una basilica e di strade disposte regolarmente.
I reperti scavati a Banasa sono esposti presso il Museo archeologico di Rabat.