giovedì 27 marzo 2025

SCULTORI - Eutichide

 
Eutichide
 (in greco antico: Εὐτυχίδης, Eutychides; Sicione, ... – ...; fl. 300 a.C. circa) è stato uno scultore e pittore greco antico, allievo di Lisippo e attivo intorno al 300 a.C. circa, soprattutto come bronzista.
La data entro la quale Plinio indica il floruit di Eutichide (la 121ª Olimpiade) corrisponde alla commissione che egli dovette ricevere per la creazione della statua commemorativa della fondazione di Antiochia. L'opera ci è nota attraverso riproduzioni su gemme, monete e opere di toreutica, grazie alle quali è stato possibile identificarla in alcune copie di epoca romana: tra queste la statuetta marmorea ai Musei vaticani (nella foto). La Tyche, personificazione della città, era un colosso bronzeo ed era rappresentata seduta su una roccia con ai piedi il fiume Orontes. Doveva essere una figura potente e monumentale, dotata di un ritmo chiuso e spiraliforme, movimentato dalle pieghe del manto, dall'incrociarsi delle gambe e dalla torsione del busto.
Gli si attribuiscono anche una statua del fiume Eurotas (Nat. hist., XXXIV, 78), descritta anche in un epigramma della Antologia palatina (IX, 709), la statua di un atleta fanciullo vincitore a Olimpia (Pausania, VI, 2, 6), un Dioniso confluito in seguito nella collezione di Asinio Pollione (Nat. hist., XXXVI, 34) e il dipinto di una Nike su una quadriga (Nat. hist., XXXV, 141).

SCULTORI - Damofonte di Messene

 
Damofonte di Messene
(Messene, II secolo a.C. – II secolo a.C.) è stato uno scultore greco antico appartenente al periodo del medio ellenismo.
Fu uno dei primi classicisti e la sua attività segna il momento in cui la perdita di vitalità della scultura ellenistica cede il passo alla rievocazione delle opere di epoca classica, quella che le fonti di Plinio definirono "la rinascita dell'arte" datata alla metà del II secolo a.C. (v. Neoatticismo). Le opere di Damofonte sono state descritte da Pausania, la più nota è il gruppo scultoreo colossale eseguito per il tempio di Despoina a Licosura in Arcadia, i cui frammenti, rinvenuti nel 1889, sono conservati in parte nel museo locale e in parte nel Museo archeologico nazionale di Atene. L'opera, riprodotta su monete, rappresentava Despoina con la madre Demetra alla presenza di Artemide e del titano Anytos, tutore di Despoina.

SCULTORI - Mirone di Elètuere

 


Mirone di Elètuere (Eleutere, ... – V secolo a.C.) è stato uno scultore greco antico attivo tra il 480 e il 440 a.C. Fu uno dei più elogiati rappresentanti dello stile severo. Originario di Eleutere, in Beozia (Plinio il Vecchio, Nat. hist., XXXIV. 57-58), e specializzato nella lavorazione del bronzo, Mirone viene vagamente indicato dalle fonti come allievo di Agelada di Argo, stabilendo un collegamento con la scuola peloponnesiaca effettivamente riscontrabile nel Discobolo, ossia nell'opera più antica tra quelle identificate. Visse ad Atene dove ottenne la cittadinanza (Pausania, VI.2.2) ed eseguì i suoi capolavori, destinati a varie città, negli anni tra il 460 e il 440 a.C. I riferimenti cronologici, più sicuri per l'attività di Mirone sono dati dalle statue degli atleti vittoriosi ai giochi olimpici, ricordate da Plinio e da Pausania.
Nessuna sua opera è giunta fino a noi in forma diretta, ma possiamo avere idea dell'arte di Mirone attraverso copie romane in marmo, che dimostrano la popolarità di cui godeva sin dai tempi antichi.
Citato da Luciano e Cicerone, venne ricordato da quest'ultimo (Brut., XVIII.70) come capace di eseguire opere belle ma non ancora abbastanza vicine alla realtà, sottintendendo un giudizio che riconosceva alla sua opera ancora molti elementi dell'arte arcaica. Il Discobolo è un'opera indiscutibilmente nuova, ma è possibile collegare l'atteggiamento di Mirone verso il movimento a simili tentativi tardo arcaici esemplificati nelle figure dei frontoni di Egina inserendolo in quella linea di ricerca, percorsa anche da Pitagora di Reggio, che sarà abbandonata in favore di una più naturale e piana ricerca ritmica. Oltre alle due opere principali identificate nelle copie di età romana, il Discobolo e il gruppo di Atena e Marsia (ai Musei Vaticani, foto di apertura in alto), altre e numerose sono quelle menzionate dalle fonti: rappresentazioni di divinità e di eroi mitologici, la Mucca consacrata originariamente sull'acropoli di Atene (foto qui in alto, a destra), ricordata da Procopio e celebrata in diversi epigrammi dell'Antologia greca, i quattro tori bronzei attribuiti a Mirone da Properzio (II.21.7). Tentativi di identificazione sono stati effettuati per il Perseo ricordato da Pausania (I.23.7).
Non sono mancati i tentativi di attribuzione su base esclusivamente stilistica, come l'attribuzione dei Bronzi di Riace da parte di Vagn Häger Poulsen, estremamente variabili e sempre ridimensionati.
Anche il figlio e allievo di Mirone, Licio, fu un apprezzato scultore e bronzista.
La sua opera più nota è il Discobolo (a sinistra: Copia in marmo del II secolo d.C. - provenienza: scavi dell'Esquilino, 1871 - da originale bronzeo di Mirone datato al 450 a.C. circa. Roma, Museo nazionale romano, Palazzo Massimo, Collezione Lancellotti) le cui copie di età romana furono identificate grazie alla descrizione fornita da Luciano (Philops., XVIII, 45-46). L'originale bronzeo, forse fuso per Sparta, viene datato verso il 460 a.C. per la vicinanza stilistica con le teste dei Lapiti nel frontone occidentale del tempio di Zeus in Olimpia. Rappresenta l'atleta nudo nel momento del massimo sforzo e della massima concentrazione, quando raccoglie tutte le sue energie prima di lanciare il disco. Con il suo perfetto congegno di moti, il Discobolo appare immobile, in una posa fuori del tempo. L'interesse per il naturalismo e la contingenza che domineranno l'arte greca in età ellenistica sono esclusi non appena si considerino i rapporti geometrici che governano l'intera composizione: l'artista non ha voluto rappresentare il movimento di un singolo uomo in un dato attimo, ma l'idea stessa di movimento. Le proporzioni geometriche non collimano con quelle del corpo umano, creando delle impercettibili imprecisioni.
L'identificazione del Satyrum admirantem tibias et Minervam ricordato da Plinio (Nat. hist., XXXIV.57) con il Marsia Laterano venne effettuata da Heinrich Brunn nel 1858 attraverso riproduzioni su monete di epoca romana e su un chous a figure rosse di Berlino; l'Atena venne invece identificata nella copia marmorea ora conservata a Francoforte (Liebieghaus, 195) da Oscar Pollak. Il gruppo è generalmente datato fra il 457 ed il 447 a.C. e ritenuto inerente alla propaganda ateniese contro la Beozia (il flauto era ritenuto invenzione beotica), in un periodo di inimicizia tra le due popolazioni; nel 1940 Rhys Carpenter mise in discussione l'attribuzione a Mirone tramite confronto con opere della fine del V secolo a.C.




Discobolo Lancellotti. 

SCULTORI - Menelao

Menelao
 (I secolo a.C. – I secolo) è stato uno scultore greco antico, di cittadinanza romana.
Allievo di Stefano e quindi membro della scuola dello scultore e scrittore greco antico Pasitele, Menelao fu attivo sotto i regni di Augusto e di Tiberio.
Realizzò e firmò il celebre «Gruppo Ludovisi» raffigurante Oreste ed Elettra, conservato al Museo nazionale romano di palazzo Altemps.
L'opera evidenziò tutti i caratteri della scuola accademica classicheggiante e arcaizzante, come l'eclettismo influenzato dalle sculture del IV secolo a.C., l'elegante equilibrio compositivo, la correzione accademica del modellato, che manifestano energia espressiva.
Oreste ed Elettra, fratello e sorella,vengono raffigurati in un momento emozionante, forse un addio o un ricongiungimento, con la figura di Elettra in una pura espressione di dolce devozione, e in un pregevole abbigliamento.
Menelao eseguì anche altre opere contraddistinte dallo stesso stile: una statua maschile e una femminile da Palazzo Doria-Pamphili; una testa da Villa Mattei, conservata al Museo delle Terme; una statua proveniente da Ercolano

SCULTORI - Mirone di Tebe

  
Mirone di Tebe
 (Tebe, III secolo a.C. – III secolo a.C.) è stato uno scultore greco antico. Mirone di Tebe fu uno scultore attivo intorno alla metà del III secolo a.C. alla corte di Pergamo, dove fu rintracciata la sua firma nel Tempio di Atena Poliàs, assieme a quelle di Isigono, Genocrate e di altri scultori che realizzarono le statue in bronzo per commemorare le vittorie degli Attalidi sui Galati.
Plinio il Vecchio (Naturalis historia, XXXVI, 32) attribuisce la statua della Vecchia ubriaca al Mirone più celebre, di Eleutère, attivo tra il 480 e il 440 a.C., ma la statua, in marmo, ch'era a Smirne, conosciuta anche grazie alle copie della Gliptoteca di Monaco di Baviera e dei Musei Capitolini, è sicuramente stata realizzata nel III secolo a.C.
Il soggetto è aderente alla mentalità realistica ellenistica, in particolare a quella alessandrina, nella quale prevale il gusto per la rappresentazione della vita reale di tutti i giorni, anche degradata, tendente al particolare e non all'universale, anche arrivando al grottesco: la figura di anziana, seduta al suolo, tiene in grembo spasmodicamente la lagena, recipiente usato per il vino, cinta di edera, e gli storici dell'arte attribuiscono l'opera a Mirone di Tebe, anche se ci furono molti omonimi tra i discendenti del più antico e più famoso Mirone, di Eleutère.
La statua di Smirne ebbe molto successo, perché fu copiata anche per bottiglie di terracotta.
Tra le altre attribuzioni riguardanti Mirone di Tebe, menzioniamo il Guerriero di Delo, la statua del pugile vincitore olimpico Filippo di Pellene, quella di Ladas da Aigai, corridore ad Argo, e lo Pseudo-Seneca.

SCULTORI - Peonio di Mende

Peonio di Mende
(in greco antico: Παιώνιος, Paiónios; Mende in Calcidica, V secolo a.C. – ...) è stato uno scultore greco antico attivo tra il 430 e il 420 a.C.
L'unica opera che può essergli attribuita con certezza è la statua di Nike trovata negli scavi di Olimpia nel 1875, originariamente posta su un pilastro marmoreo a sezione triangolare ancora presente sul posto. Secondo l'iscrizione posta sulla base, la statua fu dedicata dai cittadini di Messenia e Naupatto dopo una vittoria riportata in una non specificata battaglia. È Pausania (V, 26, 1) ad aggiungere che, secondo i Messeni, l'occasione della dedica fu la battaglia di Sfacteria.
L'iscrizione sulla base della Nike in volo indica Peonio anche come vincitore della gara per la realizzazione degli acroteri del Tempio di Zeus ad Olimpia (circa 430-420 a.C.), mentre la presunta partecipazione di Peonio alla decorazione del frontone occidentale è un errore di Pausania.

SCULTORI - Menofanto

Menofanto
 (in greco antico Μηνόϕαντος) (fl. I secolo a.C.-I secolo) è stato uno scultore greco antico, attivo a Roma tra la fine del I secolo a.C. e gli inizi del I secolo d.C..
Lo scultore è noto solo per aver firmato con il suo nome una statua del tipo della Afrodite pudica, simile alla Venere capitolina.
L'iscrizione, in lingua e caratteri greci ("ἀπὸ τῆc / ἐν Τρῳάδι / Ἀφροδίτηc / Μηνόφαντοc / ἐποίει"", trascritta "Apo tes / en troadi / Afrodites / Menofantos / epoiei"), riferisce inoltre che si tratta di una copia da un originale di Alessandria Troade, probabilmente dell'inizio dell'epoca ellenistica (fine del IV - inizi del III secolo a.C.).
La statua, rinvenuta presso il monastero di San Gregorio Magno al Celio nel 1760, fu in possesso del principe Chigi e venne descritta dal Winckelmann. In seguito sarà esposta presso il Museo nazionale romano di palazzo Massimo.

SCULTORI - Firomaco

Firomaco
 (in greco antico: Φυρόμαχος) di Atene (Atene, ... – ...; fl. III secolo a.C.) è stato uno scultore e pittore greco antico, attivo a Cizico, a Delo e a Pergamo, frequentemente in collaborazione con Nicerato, come testimoniato da rinvenute iscrizioni su basi marmoree.
La cronologia di Firomaco è dibattuta e posta variamente dagli studiosi tra la fine del IV secolo a.C. e l'inizio del II, ma le datazioni più basse sono improbabili: nel II secolo a.C. egli è già inserito da una fonte anonima (Laterculi Alexandrini) tra i grandi bronzisti dopo Mirone, Policleto e Lisippo.
Plinio ne pone il floruit alla 121ª olimpiade (296-293 a.C.), negli anni in cui «l'arte decadeva» (Nat. hist., XXXIV, 51), secondo la fonte di Plinio, ossia si allontanava dallo stile classico sviluppando nuove forme che nella conquista dello spazio, nell'eccentricità della struttura, univano alla scuola attica gli insegnamenti sicioni e lisippei; innovazioni formali che sarebbero state sviluppate in seguito dalla scuola di Pergamo. Poco oltre Plinio nomina Firomaco insieme a Epigono, Stratonico di Cizico e Antigono di Caristo come autore delle galatomachie eseguite per gli Attalidi a Pergamo (Nat. hist., XXXIV, 84).
Lo si dice autore della statua di Asclepio per il santuario di Pergamo che Prusia I di Bitinia portò via nel 156 a.C., un'attribuzione che lo lega alla politica culturale di Filetero (282-263 a.C.). Un suo Priapo in ginocchio davanti a una Carite è ricordato in un epigramma di Apollonide (Antologia greca, II, 120, 9) e Plinio ne ricorda una quadriga con Alcibiade, realizzata forse in collaborazione con Nicerato (Nat. hist., XXXIV, 8o).
Della sua attività come pittore Plinio ne ricorda gli insegnamenti ad un altrimenti sconosciuto Milone di Soli (Nat. hist., XXXV, 146).
La copia di età repubblicana di un'iscrizione che ricorda Firomaco come autore del ritratto di Antistene, noto attraverso diverse copie, è stata ritrovata a Ostia nel 1969. L'iscrizione doveva appartenere alla base di una statua bronzea. Le copie del ritratto, una delle quali riportando il nome del filosofo ne ha permesso l'identificazione, rimandano a influenze di tradizione lisippea, con quell'esasperazione dei tratti fisionomici che darà vita al barocco pergameno.

SCULTORI - Glicone

Glicone (in greco antico: Γλύκων, Glykon; Atene, I secolo a.C. – ...) è stato uno scultore greco antico, attivo nel I secolo a.C.
È conosciuto dalla firma su una famosa copia della statua di Ercole di Lisippo (originale del IV secolo a.C.). La copia potrebbe tuttavia essere anche un lavoro romano del III secolo d.C.; le altre firme di Glicone sono considerate dei falsi.
La statua, rinvenuta nel 1546 alle Terme di Caracalla a Roma, entrò nella collezione Farnese e da allora è conosciuta come Ercole Farnese. Assieme al resto della collezione, l'Ercole fu trasferito nel 1787 da Roma a Napoli dove tuttora si trova, al Museo Archeologico Nazionale.
Johann Wolfgang von Goethe, che si trovava a Roma nel 1787, descrisse l'Ercole Farnese come «una delle più perfette opere del tempo antico» (Goethe, Viaggio in Italia)
Copie dell'Ercole Farnese furono create nel XVII e XVIII secolo in varie parti d'Europa, tra cui il monumentale Ercole di Kassel.

SCULTORI - Prassitele


Prassitele (in greco antico: Πραξιτέλης, Praxitélēs; Atene, 400/395 a.C. – 326 a.C.) è stato uno scultore greco antico vissuto nell'età classica e attivo dal 375 a.C. alla sua morte. Viene considerato uno dei grandi maestri della scultura greca del IV secolo a.C. insieme a Skopas e Lisippo.
Le fonti più antiche relative a Prassitele sono di età ellenistica. Esse riferiscono di opere variamente diffuse nel territorio greco e in Asia Minore. Benché lavorasse anche il bronzo, egli era conosciuto soprattutto per i suoi lavori in marmo (Plinio, Nat. hist., XXXIV, 69) che il pittore Nicia trattava per lui con cere colorate le quali creavano una particolare patina lucente detta gànosis (Nat. hist., XXXV, 133). Gli sono stati attribuiti almeno ventisette tipi scultorei in uso in epoca romana, il più ammirato dei quali fu l'Afrodite di Cnido.
Prassitele visse ad Atene in un'epoca caratterizzata da una vera e propria crisi, sia del modello della polis sia per quanto riguarda l'identità della popolazione ateniese. Questa cominciò a percepire il mondo in una dimensione più isolata rispetto al periodo classico di Pericle, quando la vittoria contro i Persiani, nel 480 a.C. a Salamina, aveva determinato un sentimento di superiorità capace di coinvolgere gran parte della civiltà greca. Il mutamento causato dalle guerre peloponnesiache diede origine ad una nuova interpretazione della realtà.
Scultore ateniese, probabilmente figlio di Cefisodoto il Vecchio ebbe a sua volta due figli entrambi scultori, Cefisodoto il Giovane e Timarco. Plinio (Nat. hist., XXXIV, 50) riferisce che la sua arte fiorì negli anni intorno al 364-361 a.C. L'elenco delle sue opere attestate dalle fonti letterarie è superiore alle possibilità consentite dalla vita di un solo uomo, occorre quindi immaginare l'esistenza di un'officina ad Atene dotata di numerosi collaboratori, ereditata dal padre già entrato a far parte di importanti ambiti sociali. Se l'esegesi delle iscrizioni sulla base in calcare che doveva reggere la colonna di acanto dedicata a Delfi dagli ateniesi nel 375 a.C. recante la firma di Prassitele è corretta, l'opera sarebbe tra le prime importanti commissioni affidate a Prassitele all'interno dell'officina di Cefisodoto I; l'attribuzione tuttavia non è concorde. La data indicativa per la morte dello scultore invece si deduce dai numerosi documenti epigrafici che attestano il pagamento da parte di Cefisodoto II di ingenti liturgie navali, i quali starebbero ad indicare l'avvenuto passaggio di proprietà dell'eredità di famiglia.
Opere, copie e attribuzioni
Pochi sono i reperti scultorei originali datati al IV secolo a.C. e collegati alla bottega di Prassitele. Il cosiddetto Efebo di Maratona, statua in bronzo di giovane atleta, è datato al 340-330 a.C. circa (Atene, Museo archeologico nazionale 15118); le teste Leconfield a Petworth (forse collegabile al tipo della Afrodite di Alessandria al Latmo in Caria) e Aberdeen a Londra (British Museum, Sculpture 1600), sono datate a partire dalla fine del IV secolo a.C. Attribuibile alla bottega di Prassitele si ritiene anche la testa di Eubuleo (Atene, Museo archeologico nazionale 181), datata al 330-320 a.C. circa, della quale si conoscono numerose copie; l'opera di Atene è stata trovata nei pressi della Grotta di Eubuleo a Eleusi nel 1885, apparteneva forse ad una statua completa perduta e presenta segni di rilavorazione. I tre pannelli marmorei trovati a Mantinea nel 1887, reimpiegati nella pavimentazione di una chiesa bizantina, ora al Museo archeologico nazionale di Atene (nn. inv. 215-217), sono collegati a Prassitele tramite l'attribuzione a quest'ultimo, da parte di Pausania (VIII, 9.1), di una triade apollinea per il tempio di Leto a Mantinea, con base decorata a rilievo. I pannelli datati alla metà del IV secolo a.C. vengono considerati opera di bottega.


Satiro versante

È ritenuta una delle prime opere di Prassitele; l'originale era in bronzo e ne esistono diverse copie di età romana. A descrivere l'opera è Pausania che riferisce di averlo visto sulla via dei Tripodi ad Atene e che lo lega cronologicamente, tramite un aneddoto, all'Eros di Tespie (Paus., I, 20.1), così chiamato dalla città di Thespies in Beozia, patria di Frine, ricordata in letteratura come amante di Prassitele.


Eroti

Stando alle fonti letterarie l'Eros marmoreo condotto da Frine a Tespie (Paus., I, 20.1) andò distrutto in un incendio a Roma e fu sostituito a Tespie dalla copia eseguita dallo scultore ateniese Menodoros (Paus., IX, 27.3); Adolf Furtwängler riconobbe il tipo dell'Eros di Tespie nella copia romana di Centocelle (Roma, Musei Capitolini 1092). Un secondo Eros in marmo dedicato a Pario, di cui narra Plinio (Nat. hist., XXXVI, 22), è stato riprodotto sul verso delle monete del luogo in età romana e l'immagine numismatica è stata collegata con l'Eros Borghese del Louvre (n.inv. MR 140).


Afrodite di Cnido

Questo tipo scultoreo deriva dalla statua di culto eretta presso il tempio di Afrodite Euploia a Cnido. Il collegamento tra l'originale descritto in letteratura e le numerose copie riconosciute venne effettuato sulla scorta di riproduzioni monetali cnidie di epoca romana. Seguendo Plinio (Nat. hist., XXXVI, 20) due statue in marmo di Afrodite erano state scolpite da Prassitele e offerte per lo stesso prezzo agli abitanti di Coo che scelsero di acquistare l'Afrodite vestita, mentre quella priva di vesti fu acquistata dagli abitanti di Cnido. Da questo racconto ci giunge l'immagine (non l'unica) di una officina in cui i lavori venivano condotti non esclusivamente su ordinazione; si deduce inoltre l'aspetto innovativo della statua acquistata dagli Cnidi: il nudo integrale nella rappresentazione di una divinità femminile in dimensioni più grandi del vero è una innovazione prassitelica e così la creazione di una sorta di narrazione ai fini di un maggiore coinvolgimento da parte dell'osservatore. Attraverso elementi incorporati nella struttura della statua, in questo caso la veste e l'hydria, Prassitele introduce aspetti narrativi che dovevano essere posti in relazione al culto della dea e ai rituali ed esso connessi. L'opera sopravvive nelle numerose e diffuse copie, le più antiche delle quali, in dimensioni ridotte, sono datate al II secolo a.C. La replica più famosa è la Venere Colonna nei Musei Vaticani (n. inv. 812) che Hans von Steuben in un lavoro del 1989 ha descritto come copia di una rielaborazione di epoca ellenistica.


Apollo sauroctono

Questo tipo viene attribuito a Prassitele in base ad un passo di Plinio (Nat. hist., XXXIV, 70) che si riferisce all'originale come ad un'opera bronzea. Il concetto originario dell'opera potrebbe essere collegato all'Apollo alexikakos, ossia "che allontana il male" e si tratterebbe dunque di una statua di culto.


Hermes con Dioniso

Trovato nell'Heraion di Olimpia nel 1877, durante una campagna di scavo tedesca, fu ritenuto a lungo l'opera originale in marmo vista da Pausania nello stesso luogo 17 secoli prima (Paus., V, 17). L'unica testimonianza che collega questa scultura a Prassitele è Pausania, nessun altro autore la menziona nei propri scritti e non se ne conoscono altre copie. Il primo studioso a porre in dubbio l'originalità dell'opera fu Carl Blümel: fu evidenziato infatti come alcune parti, la schiena in particolare, presentassero tracce di rielaborazione. La scultura viene generalmente datata al 100 a.C. circa, ma non sembra siano ancora stati evidenziati dati considerati unanimemente conclusivi.


Satiro in riposo
(anapauomenos)
Il tipo del Satiro in riposo (Roma, Musei Capitolini S 739), caratterizzato da una posizione particolarmente instabile e dotata di necessario supporto laterale, potrebbe corrispondere a quello che Plinio (Nat. hist., ΧΧΧΙV, 69) chiama Satiro periboetos, ossia particolarmente noto perché conosciuto attraverso un numero altissimo di riproduzioni in Italia, Grecia, nord Africa e Asia Minore. Essa è stata attribuita a Prassitele sostanzialmente per l'affinità stilistica con l'Ermes di Olimpia.


Venere di Sinuessa

La Venere di Sinuessa (o Venere Sinuessana o, più propriamente, Afrodite di Sinuessa) è una scultura antica dell'età classica, rinvenuta nel 1911 nell'area archeologica dell'antica città di Sinuessa, nei pressi dell'attuale Mondragone (CE).
È di stile ellenistico ed è tradizionalmente attribuita allo scultore greco Prassitele o alla sua bottega, facendo così risalire la sua datazione al IV secolo a.C..
Tuttavia, il Museo archeologico nazionale di Napoli, nella quale la scultura è custodita col numero di inventario 321153, la riporta come "scultura di Afrodite, da Sinuessa, Mondragone, villa romana, marmo, II secolo a.C.".

La peculiarità attribuite da una tradizione critica ormai secolare all'arte prassitelica vengono indicate solitamente nella dolcezza del modellato delle statue marmoree, caratterizzate da una sorta di languore, spossatezza ed abbandono. Queste caratteristiche in realtà sono proprie dell'Hermes di Olimpia e le attribuzioni a Prassitele dei tipi scultorei diffusi in epoca romana sono state effettuate in base a collegamenti stilistici con questa statua; solo in alcuni casi sono supportate dai riferimenti letterari. Tra queste attribuzioni si possono citare quasi tutte le figure maschili, gli eroti, i satiri, l'Apollo sauroctono e l'Apollo Licio o Liceo.
In queste opere il baricentro della figura si sposta su un lato, rendendo necessaria nelle opere marmoree la presenza del sostegno. Rispetto al Doriforo di Policleto (V secolo a.C.), maestro d'equilibrio, si è di fronte ad un mutamento essenziale, che caratterizza la nuova tendenza artistica; allo stesso tempo l'espansione della figura nello spazio sembra mantenersi nell'ambito della frontalità senza coinvolgere approfondimenti tridimensionali.