
Prassitele (in greco
antico:
Πραξιτέλης, Praxitélēs; Atene, 400/395
a.C. – 326 a.C.) è stato uno scultore greco
antico vissuto nell'età classica e attivo dal 375 a.C.
alla sua morte. Viene considerato uno dei grandi maestri
della scultura greca del IV secolo a.C. insieme
a Skopas e Lisippo.
Le fonti più antiche relative a
Prassitele sono di età ellenistica. Esse riferiscono di opere
variamente diffuse nel territorio greco e in Asia Minore. Benché
lavorasse anche il bronzo, egli era conosciuto soprattutto per i suoi
lavori in marmo (Plinio, Nat. hist., XXXIV, 69) che il
pittore Nicia trattava per lui con cere colorate le quali
creavano una particolare patina lucente detta gànosis (Nat.
hist., XXXV, 133). Gli sono stati attribuiti almeno ventisette tipi
scultorei in uso in epoca romana, il più ammirato dei quali fu
l'Afrodite di Cnido.

Prassitele visse ad Atene in
un'epoca caratterizzata da una vera e propria crisi, sia del modello
della polis sia per quanto riguarda l'identità della
popolazione ateniese. Questa cominciò a percepire il mondo in una
dimensione più isolata rispetto al periodo classico di Pericle,
quando la vittoria contro i Persiani, nel 480 a.C. a Salamina,
aveva determinato un sentimento di superiorità capace di coinvolgere
gran parte della civiltà greca. Il mutamento causato dalle guerre
peloponnesiache diede origine ad una nuova interpretazione della
realtà.
Scultore
ateniese, probabilmente figlio di Cefisodoto il Vecchio ebbe
a sua volta due figli entrambi scultori, Cefisodoto il
Giovane e Timarco. Plinio (Nat. hist., XXXIV, 50) riferisce
che la sua arte fiorì negli anni intorno al 364-361 a.C. L'elenco
delle sue opere attestate dalle fonti letterarie è superiore alle
possibilità consentite dalla vita di un solo uomo, occorre quindi
immaginare l'esistenza di un'officina ad Atene dotata di numerosi
collaboratori, ereditata dal padre già entrato a far parte di
importanti ambiti sociali. Se l'esegesi delle iscrizioni sulla base
in calcare che doveva reggere la colonna di acanto dedicata
a Delfi dagli ateniesi nel 375 a.C. recante la firma di
Prassitele è corretta, l'opera sarebbe tra le prime importanti
commissioni affidate a Prassitele all'interno dell'officina di
Cefisodoto I; l'attribuzione tuttavia non è concorde. La
data indicativa per la morte dello scultore invece si deduce dai
numerosi documenti epigrafici che attestano il pagamento da parte di
Cefisodoto II di ingenti liturgie navali, i quali
starebbero ad indicare l'avvenuto passaggio di proprietà
dell'eredità di famiglia.
Opere, copie e attribuzioni
Pochi sono i reperti scultorei originali datati al IV secolo a.C. e
collegati alla bottega di Prassitele. Il cosiddetto Efebo di
Maratona, statua in bronzo di giovane atleta, è datato al 340-330
a.C. circa (Atene, Museo archeologico nazionale 15118); le
teste Leconfield a Petworth (forse collegabile al tipo
della Afrodite di Alessandria al Latmo in Caria) e
Aberdeen a Londra (British Museum, Sculpture 1600), sono
datate a partire dalla fine del IV secolo a.C. Attribuibile alla
bottega di Prassitele si ritiene anche la testa di
Eubuleo (Atene, Museo archeologico nazionale 181), datata al
330-320 a.C. circa, della quale si conoscono numerose copie;
l'opera di Atene è stata trovata nei pressi della Grotta di
Eubuleo a Eleusi nel 1885, apparteneva forse ad una statua
completa perduta e presenta segni di rilavorazione. I tre pannelli
marmorei trovati a Mantinea nel 1887, reimpiegati nella
pavimentazione di una chiesa bizantina, ora al Museo archeologico
nazionale di Atene (nn. inv. 215-217), sono collegati a Prassitele
tramite l'attribuzione a quest'ultimo, da parte di Pausania (VIII,
9.1), di una triade apollinea per il tempio di Leto a
Mantinea, con base decorata a rilievo. I pannelli datati alla metà
del IV secolo a.C. vengono considerati opera di bottega.
Satiro
versanteÈ
ritenuta una delle prime opere di Prassitele; l'originale era in
bronzo e ne esistono diverse copie di età romana. A descrivere
l'opera è Pausania che riferisce di averlo visto sulla via
dei Tripodi ad Atene e che lo lega cronologicamente, tramite un
aneddoto, all'Eros di Tespie (Paus., I, 20.1), così chiamato
dalla città di Thespies in Beozia, patria di Frine,
ricordata in letteratura come amante di Prassitele.
ErotiStando alle
fonti letterarie l'Eros marmoreo condotto da Frine a Tespie
(Paus., I, 20.1) andò distrutto in un incendio a Roma e fu
sostituito a Tespie dalla copia eseguita dallo scultore ateniese
Menodoros (Paus., IX, 27.3); Adolf Furtwängler riconobbe
il tipo dell'Eros di Tespie nella copia romana di Centocelle
(Roma, Musei Capitolini 1092). Un secondo Eros in marmo dedicato
a Pario, di cui narra Plinio (Nat. hist., XXXVI, 22), è stato
riprodotto sul verso delle monete del luogo in età romana e
l'immagine numismatica è stata collegata con l'Eros Borghese del
Louvre (n.inv. MR 140).
Afrodite
di CnidoQuesto tipo
scultoreo deriva dalla statua di culto eretta presso il tempio di
Afrodite Euploia a Cnido. Il collegamento tra l'originale
descritto in letteratura e le numerose copie riconosciute venne
effettuato sulla scorta di riproduzioni monetali cnidie di epoca
romana. Seguendo Plinio (Nat. hist., XXXVI, 20) due statue in marmo
di Afrodite erano state scolpite da Prassitele e offerte per lo
stesso prezzo agli abitanti di Coo che scelsero di
acquistare l'Afrodite vestita, mentre quella priva di vesti fu
acquistata dagli abitanti di Cnido. Da questo racconto ci giunge
l'immagine (non l'unica) di una officina in cui i lavori venivano
condotti non esclusivamente su ordinazione; si deduce inoltre
l'aspetto innovativo della statua acquistata dagli Cnidi: il nudo
integrale nella rappresentazione di una divinità femminile in
dimensioni più grandi del vero è una innovazione prassitelica e
così la creazione di una sorta di narrazione ai fini di un maggiore
coinvolgimento da parte dell'osservatore. Attraverso elementi
incorporati nella struttura della statua, in questo caso la veste e
l'hydria, Prassitele introduce aspetti narrativi che dovevano essere
posti in relazione al culto della dea e ai rituali ed esso connessi.
L'opera sopravvive nelle numerose e diffuse copie, le più antiche
delle quali, in dimensioni ridotte, sono datate al II secolo a.C. La
replica più famosa è la Venere Colonna nei Musei
Vaticani (n. inv. 812) che Hans von Steuben in un
lavoro del 1989 ha descritto come copia di una rielaborazione di
epoca ellenistica.
Apollo
sauroctonoQuesto tipo viene attribuito a
Prassitele in base ad un passo di Plinio (Nat. hist., XXXIV, 70) che
si riferisce all'originale come ad un'opera bronzea. Il concetto
originario dell'opera potrebbe essere collegato
all'Apollo alexikakos, ossia "che allontana il male" e
si tratterebbe dunque di una statua di culto.
Hermes
con Dioniso
Trovato nell'Heraion di Olimpia nel 1877, durante una campagna
di scavo tedesca, fu ritenuto a lungo l'opera originale in marmo
vista da Pausania nello stesso luogo 17 secoli prima (Paus., V, 17).
L'unica testimonianza che collega questa scultura a Prassitele è
Pausania, nessun altro autore la menziona nei propri scritti e non se
ne conoscono altre copie. Il primo studioso a porre in dubbio
l'originalità dell'opera fu Carl Blümel: fu
evidenziato infatti come alcune parti, la schiena in particolare,
presentassero tracce di rielaborazione. La scultura viene
generalmente datata al 100 a.C. circa, ma non sembra siano ancora
stati evidenziati dati considerati unanimemente conclusivi.
Satiro in riposo (anapauomenos)
Il tipo del Satiro in riposo (Roma, Musei Capitolini S
739), caratterizzato da una posizione particolarmente instabile e
dotata di necessario supporto laterale, potrebbe corrispondere a
quello che Plinio (Nat. hist., ΧΧΧΙV, 69) chiama Satiro
periboetos, ossia particolarmente noto perché conosciuto
attraverso un numero altissimo di riproduzioni in Italia, Grecia,
nord Africa e Asia Minore. Essa è stata attribuita a Prassitele
sostanzialmente per l'affinità stilistica con l'Ermes di
Olimpia.
Venere
di SinuessaLa Venere di Sinuessa (o Venere
Sinuessana o, più propriamente, Afrodite di Sinuessa) è
una scultura antica dell'età classica, rinvenuta
nel 1911 nell'area archeologica dell'antica città
di Sinuessa, nei pressi dell'attuale Mondragone (CE).
È di stile ellenistico ed è
tradizionalmente attribuita allo scultore greco Prassitele
o alla sua bottega, facendo così risalire la sua datazione al IV
secolo a.C..
Tuttavia, il Museo archeologico
nazionale di Napoli, nella quale la scultura è custodita col numero
di inventario 321153, la riporta come "scultura di Afrodite,
da Sinuessa, Mondragone, villa romana, marmo, II
secolo a.C.".
La
peculiarità attribuite da una tradizione critica ormai secolare
all'arte prassitelica vengono indicate solitamente nella dolcezza del
modellato delle statue marmoree, caratterizzate da una
sorta di languore, spossatezza ed abbandono. Queste caratteristiche
in realtà sono proprie dell'Hermes di Olimpia e le attribuzioni a
Prassitele dei tipi scultorei diffusi in epoca romana sono state
effettuate in base a collegamenti stilistici con questa statua; solo
in alcuni casi sono supportate dai riferimenti letterari. Tra queste
attribuzioni si possono citare quasi tutte le figure maschili, gli
eroti, i satiri, l'Apollo sauroctono e l'Apollo
Licio o Liceo.
In queste
opere il baricentro della figura si sposta su un lato, rendendo
necessaria nelle opere marmoree la presenza del sostegno. Rispetto
al Doriforo di Policleto (V secolo a.C.), maestro
d'equilibrio, si è di fronte ad un mutamento essenziale, che
caratterizza la nuova tendenza artistica; allo stesso tempo
l'espansione della figura nello spazio sembra mantenersi nell'ambito
della frontalità senza coinvolgere approfondimenti
tridimensionali.